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Matematica dei frattali | ||||||||||||||
Nell’insieme dei numeri reali nessun numero elevato al quadrato dà come risultato un numero negativo; di conseguenza, è impossibile, in R, estrarre radici di indice pari di un numero negativo. Per poter estrarre la radice di indice pari di un numero negativo, e per poter quindi risolvere equazioni come x2+1=0 è necessario dunque introdurre un nuovo insieme numerico: l’insieme dei numeri immaginari. In particolare, ricordiamo che nessun numero reale elevato al quadrato dà il numero -1. Nulla ci impedisce però di introdurre un nuovo ente, cioè di immaginare un nuovo numero (naturalmente non reale) il quale, elevato al quadrato, dia proprio -1. Conveniamo
di indicare con i questo numero e di chiamarlo unità immaginaria;
avremo quindi: i2
= -1 e,
volendo far valere anche per questo nuovo numero le regole dei segni per il prodotto,
avremo pure: (-i)2 = -1 e quindi:
sqrt(-1) = +/- i. A
questo punto, l’equazione prima menzionata, non risolvibile in Â, ha due soluzioni: i e –i. Indicando ora con b un qualsiasi numero reale, diamo al prodotto b * i il nome di numero immaginario, tenendo conto di due convenzioni: 0 * i = 0 e 1 * i = i. Affinché
valgano anche per i numeri immaginari le consuete proprietà delle operazioni (commutativa
per la somma ed il prodotto, associativa e dissociativa per la somma ed il prodotto,
invariantiva per la differenza ed il quoziente, distributiva del prodotto rispetto
alla somma, ecc.), estenderemo ad essi le regole di calcolo dei numeri reali. Una volta introdotto il concetto di numero immaginario, possiamo introdurne uno nuovo: quello di numero complesso, definito come la somma indicata tra un numero reale a e un numero immaginario bi. Il numero complesso è quindi un’espressione del tipo: a
+ bi. I
numeri reali a e b vengono rispettivamente chiamati parte reale
e coefficiente della parte immaginaria. Due
numeri complessi si dicono uguali quando sono rispettivamente uguali le
parti reali ed i coefficienti delle parti immaginarie; in caso contrario si dicono
disuguali. Non è invece possibile stabilire tra due numeri complessi delle
relazioni di maggiore o di minore. Due
numeri si dicono complessi coniugati quando hanno uguali le parti reali
ed opposti i coefficienti delle parti immaginarie. Sono, per esempio, complessi
coniugati i numeri 5 + 7i e 5
- 7i. Due
numeri complessi si dicono opposti quando hanno opposte sia le parti reali
sia le parti immaginarie. Ad esempio sono opposti i numeri 5 + 7i e -5
- 7i. Definiamo
ora le operazioni tra i numeri complessi, tenendo naturalmente presente che per
esse devono valere le consuete proprietà. A) La somma di due numeri complessi è il numero complesso avente per parte reale la somma delle parti reali degli addendi e per coefficiente della parte immaginaria la somma dei coefficienti delle parti immaginarie. B) La differenza di due numeri complessi è il numero complesso che ha per parte reale e per coefficiente della parte immaginaria rispettivamente la differenza tra le parti reali e la differenza tra i coefficienti delle parti immaginarie. C) Il prodotto di due numeri complessi è il numero complesso che si ottiene moltiplicando a termine a termine i due fattori mediante la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma. D) Due numeri
complessi si dicono reciproci quando il loro prodotto è 1. il reciproco
del numero complesso a + bi (con a e b non contemporaneamente
nulli) è E) Il quoziente di due numeri complessi è il numero complesso che si ottiene moltiplicando il primo per il reciproco del secondo. F) La potenza di un numero complesso si esegue mediante le stesse regole che permettono di svolgere rapidamente le potenze dei binomi; per cui avremo: (a
+ bi)2 = a2 + 2abi + b2
i2 . Facciamo
a questo punto presente che ogni numero complesso può essere rappresentato in
un piano cartesiano mediante un punto immagine, avente per ascissa la sua parte
reale e per ordinata il coefficiente della sua parte immaginaria. Tale piano cartesiano
è detto piano di Gauss. Si
dice dimensione di un numero complesso la distanza dal suo punto immagine
dall’origine del sistema di riferimento. Illustriamo ora uno strumento fondamentale in matematica e informatica e necessario nella geometria frattale: l’iterazione. L’iterazione consiste nella ripetizione di una procedura, che nel nostro caso si configura come un algoritmo ricorsivo atto a determinare soluzioni di equazioni espresse nella forma x=g(x). I numeri complessi durante le iterazioni possono venire sommati o moltiplicati. Attraverso il processo iterativo che genera l’insieme di Mandelbrot, si può notare che le parti immaginarie e reali di un numero complesso possono crescere, diminuire o cambiare di segno. Se il processo continua, i numeri generati crescono progressivamente di dimensioni. La
dimensione di un numero complesso è, fra l’altro, l’ipotenusa di un triangolo
rettangolo i cui cateti sono la parte immaginaria e la parte reale del numero
complesso. Essa si può trovare così tramite il teorema di Pitagora. Quando i numeri
complessi raggiungono una certa dimensione durante il processo iterativo, crescono
molto rapidamente. Fortunatamente si possono ignorare i numeri che si spostano
repentinamente verso l’infinito (di fatto i frattali sono stati scoperti dopo
l’invenzione del computer, a causa della tediosità dei calcoli) in quanto l’insieme
di Mandelbrot comprende i numeri complessi che anche dopo un numero indefinito
di interazioni hanno una dimensione finita. Matematica
dei frattali Fino
agli inizi di questo secolo la geometria ha considerato oggetti per la cui trattazione
è sufficiente la definizione classica e intuitiva di dimensione (Dt=dimensione
topologica), già presente almeno implicitamente in Euclide. In questa definizione,
data compiutamente da Poincaré, si assegna ad un punto o a un insieme totalmente
sconnesso di punti Dt=0; per le rette, induttivamente, la Dt=1
in quanto possono essere divise da elementi di Dt=0 (o meglio, un insieme
F ha dimensione 1 se ogni punto ha un intorno in F arbitrariamente piccolo con
frontiera di dimensione zero); e in generale un oggetto si dice di dimensione
Dt=Dt’ quando ogni punto dell'insieme ha un intorno in F
con frontiera di dimensione Dt=(Dt’-1). Siano
A e B insiemi di punti:
1. A = Âk
Þ dim(A) = k 2.
A Í B Þ dim(A) £ dim(B) 3.
A Í Âk (A è aperto) Þ dim(A)=k 4.
A numerabile Þ dim(A) =
0 5.
dim(A) non varia se A è sottoposto a rotazioni, traslazioni, cambiamenti
di scala (autosimilarità) 6.
dim(AÈB) = max{ dim(A),
dim(B) } A
può essere diviso da una sottoclasse di punti Dt=(Dt’-1). Per
l'insieme di Cantor, si ha Dt(C)=0. Tale definizione non distingue
tra C e l'insieme dei razionali nell'intervallo [0,1]. Per questo B. B. Mandelbrot,
autorevole matematico che ha dato l’impulso allo studio dei frattali, evidenziò
come la dimensione topologica non sia opportuna per le figure frattali, e per
questo nello studiare queste figure si fa riferimento alla definizione di dimensione
data da Kolmogorov-Hausdorff. Si
misuri un insieme di punti A con un’unità di misura h ogni volta più piccola
e si chiami N(h) il minimo numero di segmenti (se il frattale è costituito
da punti appartenenti ad una stessa retta) - o in generale di figure a k dimensioni
se il frattale è costituito da punti tutti appartenenti ad uno spazio Âk - necessari per coprire per intero la figura,
si definisce capacità di A: Analizziamo
ora la dimensione del frattale più classico e studiato: l’insieme C di Cantor.
Questo
insieme è costituito dai punti che “rimangono” sul segmento [0;1] dopo che da
questa è stato asportato (prima iterazione, p=1) il terzo centrale (1/3;
2/3), e da ognuno dei due segmenti risultanti [0;1/3] e [2/3;1] è stato asportato
il terzo centrale, esclusi gli estremi, e così via per infinite iterazioni.
Evidentemente per p® ¥l’insieme C è costituito dagli estremi dei segmenti che
si formano ad ogni iterazione, quindi è costituito da infiniti punti. La lunghezza
dei segmenti asportati, dopo la p-esima iterazione, è data dall’espressione
che
è ovviamente uguale a 1 per p®
¥.
Oggi
calcoliamo invece Df(C) prendendo inizialmente un segmento unitario,
che, essendo della stessa lunghezza del segmento di partenza, lo copre al meglio;
dopo la p=1, i due segmenti rimanenti sono “misurati” da N(h)=2
segmenti di h=1/3; in generale, dopo p iterazioni, N(h)=2p
e h=3-p . Da questo si ricava che
Df(C)=ln 2p
/ ln 1/3-p= ln
2 / ln 3 » 0,6309… Il
fatto che la dimensione di C sia 0 < Df(C) < 1, fa immediatamente
capire come l’insieme C non contenga segmenti continui, ma sia costituito da infiniti
punti, che sono tutti di accumulazione per C stesso, infatti in ogni intorno U(x
E'
interessante osservare che questi infiniti punti hanno la potenza del continuo!
Infatti a ogni numero x Î [0;1], si può associare la rappresentazione ternaria
della misura della distanza dallo zero, e si può scrivere nella forma: x = 0,a1,a2,a3,a4,...,an
, dove an = 0 oppure 1 oppure 2. Tale rappresentazione non è unica:
per esempio 1/3 = 0,1(0) ma anche 1/3 = 0,0(2); in simili casi decidiamo di scegliere
la rappresentazione che contiene meno cifre "1"; in tal modo, ogni numero
è rappresentato in modo univoco. Si può dimostrare che x appartiene all'insieme
di Cantor se e solo se la sua rappresentazione (in base 3) non contiene la cifra
1.
Si
osservi ora che le rappresentazioni composte con le cifre 0 e 2 sono tante quante
quelle composte con le cifre 0 e 1 e di queste ultime ve ne è una infinità continua
(cioè con la potenza del continuo), poichè ogni numero dell'intervallo [0;1] si
può rappresentare con una tale successione usando il sistema binario. In conclusione
i punti di Cantor sono un'infinità continua. Inoltre,
un aspetto interessante della matematica dei frattali è l’utilizzo di una numerazione
in basi diverse da quella decimale in relazione alle caratteristiche del singolo
motivo geometrico. Questo procedimento è utile soprattutto per l’elaborazione
da parte di computer, che non sono legati a nessuna base (diversa da quella binaria)
più che a quella decimale. In questo modo, per esempio, prendendo un segmento
unitario e utilizzando la base 3, l’insieme di Cantor è semplicemente costituito
da tutti quei punti xn per
i quali la misura della distanza d(xn) dall’estremo che noi
chiameremo zero (o origine del segmento) è espressa come una successione infinita
di cifre ternarie 0,a1a2a3…an dove
il valore delle an sia solamente zero o due. Infatti riscontriamo
che, dopo la prima iterazione, i punti del primo terzo hanno 0 £ d(xprimo terzo) £ 0,1 e che i punti del terzo di segmento adiacente al secondo
estremo hanno 0,2 £ d(xultimo
terzo) £1. Per
la proprietà di autosimilarità, questo ragionamento può essere esteso alla seconda
iterazione, considerando la seconda cifra dello sviluppo ternario della misura
della d(x) dei punti che appartengono all’insieme dopo la p=1. Facilmente
si capisce come anche il punto x | d(x)=0,1 appartenga all’insieme,
scegliendo opportunamente la rappresentazione di 0,1=0,0(2). Altri
frattali vengono creati da computer attraverso l’uso di basi numeriche non decimali.
Consideriamo per esempio la curva di Von Koch, nata come esempio di curva priva
di tangente in alcun punto.
Per
questa curva Df(K) = ln 4 / ln 3, per p ® ¥, mentre la sua lunghezza è evidentemente
(4/3)p, cioè infinita: per disegnare perfettamente questa curva, anche
supponendo di poterlo fare alla velocità della luce, sarebbe necessario un tempo
infinito. Se prendiamo due punti appartenenti a K, con distanza euclidea e comunque piccola, la lunghezza della curva che porta dal
primo al secondo (e viceversa) è infinita. Inoltre, se costruissimo una curva
di Koch su ogni lato di un triangolo equilatero, la lunghezza del perimetro della
figura così ottenuta sarebbe infinita come già visto, mentre la sua area, posta
l’area iniziale del triangolo Ai=a , Ora
abbandoniamo i frattali “semplici”, generati cioè da successive trasformazioni
geometriche e consideriamo invece frattali F costituiti dai punti che soddisfano
una funzione complessa in Â2
(anche se, teoricamente, non c’è un limite alla dimensione topologica di un frattale,
per comodità di rappresentazione noi studieremo solo frattali Julia e Mandelbrot,
che si rappresentano nel piano di Gauss, facendo quindi uso della matematica complessa)
del tipo Z=f(z), dove zp=Z(p-1), cioè una
funzione nella quale per ogni iterazione, z assume il valore di Z ottenuto nell’iterazione
precedente.
In
altre parole, F={Z|Z=f(f(f(f(…))))
} >E'
proprio questo che genera l'indefinitezza che è una delle caratteristiche
peculiari di tali costruzioni matematiche, ovvero la possibilità di iterare virtualmente
all'infinito per ciascun punto prima di passare al succesivo. Quindi, per "disegnare"
un frattale attraverso un elaboratore, è necessario precisare il numero massimo
di iterazioni: un tempo finito non basterebbe per calcolare un punto del frattale
a infinite iterazioni. Volendo essere un po' più precisi, si può dire che un frattale
non rappresenta altro che la "forma" del bacino di attrazione di una
successione a valori complessi definita per ricorrenza, rappresentata sul piano
di Argand-Gauss. Utilizzando
la funzione f(z): Z=z2+c si ottengono i due tipi di frattali “Julia”
e “Mandelbrot” (che sono generati dalla stessa equazione, ma con valori differenti
per il parametro c). L’equazione
è quella che nella rappresentazione abituale genera una parabola (se z Î Â) traslata col vertice in
(0,c); quello che interessa a noi, tuttavia, non è la solita rappresentazione
sul piano cartesiano (ovvero secondo un incremento della variabile indipendente),
ma come si comporta, dato un punto di partenza, reimpostando nell'equazione i
risultati dell’elaborazione precedente (zp=Z(p-1)).
L'insieme di Mandelbrot si presenta come un otto disposto in orizzontale, sfrangiato e simmetrico rispetto all'asse delle ascisse.
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