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Prima
parte
- Ma chi è questa qui? -
-E chennesò - gli ho risposto seccato del suo
essere seccato.
Conversavamo passeggiando, il mio amico ed io, immersi
nel tenero verde di una campagna romana che avrebbe
invitato chiunque alla distensione. E se il nostro fosse
stato il dialogo di un film ora la camera ci avrebbe
lentamente lasciato carrellando all'indietro.
Allora
avreste visto intorno a noi - alla giusta distanza che la
discrezione impone - due uomini armati. E il grandangolo,
poi, avrebbe allargato fino ad abbracciare la recinzione
della villa che ci ospitava: lentamente vi avremmo visto
scorrere un fuoristrada, con altri due uomini a
bordo intenti a perlustrare con lo sguardo il territorio.
Ho pensato allora che di scazzi proprio non ce ne
era bisogno e motivo tra noi. Così gli ho detto:
-Lo so cosa pensi. Che adesso ci mancava anche la
telefonata, sotto tiro come siamo; del resto tu stesso
non fai che ripeterci che dobbiamo stare il più
possibile tranquilli. - Mi ascoltava, ma con lo sguardo
perso lontano
E allora ho aggiunto:
-Guarda che sono io per primo a sospettare che potrebbe
essere stato un tentativo di aggancio, visto che ti dico
e ti informo che quel numero di telefono lo conoscevamo
veramente in pochi. E' anche vero che uno per telefono si
diverte a fare scherzi, magari facendo un numero a caso
E
poi, credimi, non me ne fotte niente di entrare nellelenco
dei possibili obiettivi...
- Che vuoi dire? - mi ha nuovamente interrotto brusco.
- Niente. Soltanto che so benissimo che siamo sotto
schiaffo, ma mi sforzo di guardare con distacco a quello
che mi capita. In pericolo ci sei tu. E anche noi, certo,
ma solo se e quando siamo con te..
- Appunto, solo se e quando siete con me - mi ha
ribattuto asciutto - e meno male che te ne rendi conto...
Ho detto una cazzata e gliene ho dato subito atto:
-Hai ragione, scusami, sono completamente fulminato e ho
bisogno di staccare, almeno per oggi. Comunque ci starò
attento
- E lui di rimando:
-Tu ora te ne stai tranquillino e non fai un passo
senza che noi lo si sappia. Parlerò oggi stesso con la sicurezza
-Attendo istruzioni
Gli ho fatto un cenno affettuoso e ironico, un saluto
militare, e mi sono diretto, lungo lo stradino ghiaioso,
verso la casa di campagna che da mesi ormai tutti insieme
abitiamo. Mi ha preso una gran voglia di doccia. Ma fatti
pochi metri mi sono voltato verso di lui ridendo:
-A proposito, dobbiamo commentare il trappolone
-Lo faremo stassera in volo per Bonn - mi ha risposto,
questa volta con un cenno di complicità.
Pochi minuti dopo, sotto la doccia, avvolto da vapori che
finalmente spargono quiete ho cominciato il ripasso di
questa storia.
* * *
Tutto è iniziato poco più di un anno
fa,
dopo che Ennepì è tornato da Parigi.
Ennepì, l'amico con cui prima parlavo, sta per Nota
personalità, l'espressione che nella lingua-radio
delle pantere della polizia indica il trasportato
di riguardo.
Stipato in una macchina di scorta - mentre il corteo
procedeva avvolto nelle nebbie che fasciano una città
del nord - mi sono accorto che gli agenti indicavano
così via radio il mio amico. Lui, la nota
personalità, a bordo dellalfa che mi
precedeva, da quel giorno è diventato per me le iniziali
di quella formula in codice, che per esteso fa Ennepì.
Ennepì dunque. E ancora sono suo collaboratore, in
veste di capo ufficio stampa e portavoce, e lo accompagno
quasi dovunque e comunque.
Francamente non ricordo perché quella volta di Parigi
non ho seguito Ennepì e del resto ora il motivo
non è proprio decisivo. Ancora mi rivedo andargli
incontro allo sbatter pesante delle portiere della blindata,
preceduto dalla festosa allegria di Tob, il nostro bianco
maremmano.
Era incazzato nero. Perché la Corte di Cassazione aveva
riconteggiato i tempi della custodia cautelare di 40
mafiosi in attesa di giudizio, ma in modo così
vantaggioso per loro da rimetterli fuori allimprovviso.
La notizia, prima che scandalosa, era diventata per i
francesi quasi curiosa e dunque tipicamente italiana.
Anche per questo Ennepì adesso mi appariva fuori di sé,
ancora incrociando la mia lenta sorpresa, lo sguardo
ebete-sorridente di chi proprio non aveva indovinato lumore
del nuovo arrivato. Chissaperchè ci abituiamo a
pensare felice ogni ritorno.
E se proprio devo pensare a un inizio, allora eccolo,
quella sera stessa. Dopo cena, davanti al camino, a mezzaria
tra le volute di un sigaro, bluastre in controluce, Ennepì
ha così interrotto una sua lunga silenziosa
meditazione:
- Bisogna rimetterli dentro.
Non mi è rimasto che dirgli:
- Lo sai che questa è una dichiarazione di guerra?
***
Infatti il primo attacco era iniziato
ufficialmente pochi giorni dopo, tra saloni austeri e
silenziose anticamere. Gli esperti ministeriali che
adesso le attraversavano preceduti da sussiegose livree,
avevano messo a punto praticamente la beffa: un decreto
di interpretazione autentica della legge che ne
avrebbe di fatto provocato una rilettura ad hoc proprio
per la parte relativa al calcolo del tempo di
carcerazione preventiva.
Anzi, praticamente una rilettura
ad homines perché il decreto avrebbe dovuto
consentire infatti di riarrestarli tutti, quegli uomini,
o galantuomini.
Mi aggiravo nel salone delle Galere facendo ogni
tanto capolino nelle anticamere dove ci si imbatte nel
concitato lavorìo delle burocrazie di Gabinetto. E me ne
stavo, per niente tranquillo, in attesa di consegne,
mentre ancora correzioni e bozze (non corrette) dei testi
legislativi passavano dalle mani febbrili di affidabili
segretarie a quelle di eleganti commessi, e da loro
ancora verso il salone circolare della riunione; da dove
sarebbero tornate per inevitabili ulteriori ribattute.
Le finestre prospicienti latrio del palazzo
pullulavano di maniaci e professionisti della telefonia
cellulare. Da lì soltanto, infatti, e probabilmente, si
aprivano brecce nella fitta schermatura delledificio
e si potevano così aggiungere comunicazioni alle
comunicazioni già concitate e confuse di corridoi,
passaggi e salottini.
Tra sigarette, toscani e capannelli, addetti ai lavori e
semplici osservatori, cooptati e abusivi - gente che
insomma riesce sempre a dirti che lui cera -,
quella task force della macchina-Italia lavorava a
interpretare con le parole delle leggi le direttive della
politica.
***
Se ne era appena andata così - in fumo tra
i fumi - metà mattina, quando il mio nome era risuonato
in bocca ad un commesso, proprio allesterno della sala
oro. Era Ennepì che mi faceva recapitare un
biglietto dal breve messaggio: "Niente conferenza
stampa. Annulla tutto".
Ho subito pensato che volevano giocarsi un bluff
in cambio di una manciata di ore di tempo. Simulando un
rinvio del decreto, un intoppo tecnico e dunque più che
persuasivo, il governo avrebbe meglio potuto essere
operativo e riacciuffare i buoi fatti scappare.
Non mi ero sbagliato. Scusate, ma questo lavoro spesso
vive di intuizioni. Ci sono momenti in cui non puoi
chiedere di più, e neppure saperne. O la va, o te ne
vai.
Avevo dunque eseguito lordine di Ennepì ,
veloce giù in sala stampa, ricorrendo al mestiere e alla
miglior mimica della contrizione. Di fronte a giornalisti
isterizzati dallattesa e soprattutto dallidea
di un pezzo bello pronto per il giorno dopo, e
ormai saltato, avevo tentato la difficile strada di una
pacata rassicurazione.
-Per oggi niente da fare, ci spiace moltissimo... il varo
del decreto è stato rinviato. Ci sono problemi di
stesura, nodi legislativi e tutto è nelle mani degli
esperti che ancora ci lavorano. Mi spiace veramente che
questa vostra attesa sia stata inutile
E' anche
responsabilità nostra, me ne scuso, abbiamo
sottovalutato le difficoltà
-Tempi?
-Ma allora quando?
-E adesso? Ma vi rendete conto?
Mi sono beccato questa gragnuola di domande
circondato da fari e telecamere, giocandomi in una volta
sola quella mia fama di non conoscere la parola menzogna
Intanto la finta impasse dei tecnici
ingarbugliati, mentre in sala stampa se la bevevano,
consentiva alle forze dellordine di cominciare,
indisturbate, a fare il mestiere loro coi boss:
rimetterli dentro.
Insomma è certamente iniziato allora questo gioco
pericoloso di Ennepì, il gioco mortale che
Francesco - il magistrato esperto di organizzazioni
criminali, da pochi giorni con noi al ministero - aveva
definito, con un sorriso dolce e allusivo, un vero e
proprio sgarro.
Certo non si può proprio dire che
di questo gioco conoscessimo gli esiti e neppure la
successione delle mosse. Sapevamo solo che in quella
prova cera bisogno di un buon avvio.
-Un segnale che si fa sul serio - ci eravamo detti.
***
E che facessimo sul serio me lo dicevano -
anche ora che sdocciato mi asciugavo con studiata
lentezza sul bordo del letto - quelle strane immagini (
un attentato?) che almeno da un mese mi attraversavano la
mente. Sotto forma di sogno, a interrompere un faticato dormiveglia
oppure, come ora, a chiudere il racconto della memoria.
Mi sono rimesso a fuoco che il cellulare stava
squillando. Era Malù , giornalista, nostra amica
e tifosa:
-Ma cosa avete combinato stamattina con quell'agenzia? -
mi ha assalito con quel suo tono che è pur sempre
festoso.
-Lasciamo perdere
E' stato un trappolone
-In che senso?
-Cazzo! Alle undici sono passato dallufficio. Per
pura dipendenza
-Tossicodipendenza, vorrai dire! Non avevi altro da
fare? Sei proprio andato
- mi ha interrotto.
-Siì, lo ammetto. Sono andato in ufficio anche per senso
del dovere, ma soprattutto per unire lutile allutile.
Pensa, avevo deciso di fare un salto dal barbiere
-Cosa c'entra il barbiere con l'ufficio?
-Scusa non sai che noi uomini lì abbiamo il barbiere? -
le ho fatto in tono di sfida -.
Insomma, hanno avuto in
molti la mia stessa idea e allora ho deciso di rinunciare
alla coda per rifugiarmi tra le mie carte al piano di
sopra. Pensa che oltretutto non passo mai dallufficio
il fine settimana. Tu lo sai, il lavoro lo sbrigo per
telefono, ma da casa.
-Lo sappiamo, lo sappiamo
- ha cantilenato lei.
-E mentre sono lì, da nemmeno cinque minuti, sento il
rumore della stampante delle agenzie. Batteva una notizia
.Prendo
il foglio, leggo e non capisco. Rileggo la notizia e il
titolo non mi dice niente di niente, niente di
interessante, sembra galleggiare nel testo. Mi sono
chiesto: Chissaperché è scattato lautomatico.
-Se la stampante lha battuta in automatico -
ha completato lei - era perché evidentemente il testo
conteneva una delle parole-chiave che avete insegnato al
computer...
-Brava! Ma l'unica cosa che capivo era, in quel momento,
che era sabato, il tempo delle distrazioni -.
- Se non c'era niente allora perché trappolone?-
-Accidenti perché! Le ultime tre righe riportavano, ben
nascosta, una dichiarazione di Ennepì, contro la
magistratura. Durissima e - ho aggiunto sarcastico - di
grande utilità per chi, come lui, stasera dovrebbe
esser riconfermato nel suo incarico istituzionale.
-Una bomba! - se ne è uscita Malù finalmente
lasciata l'incredulità.
-Sì, a orologeria. Se poi pensi che le parole di Ennepì
erano la cosa più importante del testo... Eppure nel
titolo neppure compariva il suo nome e, addirittura, la
sua dichiarazione era preceduta da unaltra, di un
membro qualunque della Direzione.
-E' chiaro - mi ha interrotto - che è stata confezionata
in modo che prima di tutto sfuggisse a voi, per
danneggiarvi
-Infatti - osservo -, dichiarazioni di un ministro e per
giunta così dure da innescare sicuramente una polemica,
scatenare un casino
secondo te non meritavano il
titolo? Invece Ennepì cè, ma in fondo non
cé.
-Cazzarola! E allora?
-Ho guardato lora: 12,26. Mi ha chiamato il
TG1 al telefono per conferma, per saperne di più, più
stupiti di noi. Ho preso tempo allora e ho cercato Ennepì
-Che faceva?
-Mi ha risposto con voce oltretombale che no, non
ha rilasciato alcuna dichiarazione, né ieri, né tanto
meno oggi. Non ho motivo per non credergli. Ma non cera
un minuto da perdere e mi ha dettato un testo, poche
righe, taglienti - come il rasoio di Ockham - come lui
ama dire.
-E poi?
-Ho chiamato l'agenzia, me li sono mangiati. Non sono mai
stato così incazzato. Evidentemente lo hanno pensato
anche loro perché la mia smentita li ha obbligati alle 12,57
ad annullare la notizia. Insomma siamo stati rapidi ed
efficienti, ma ti giuro Malù adesso sono come
prosciugato...
-Compliments! - è esplosa - ma avete capito chi
ha fatto il trappolone?
-Per ora la soddisfazione si mangia lincazzatura.
Non ho nemmeno avuto tempo di parlarne con lui perché
tornando a casa mi è capitata un'altra cosa strana
-Che cosa?
-Una telefonata
al radiotelefono della macchina di
servizio
.
Ma adesso è un altro telefono a suonare, quello di casa.
Rispondo, è Franchi, il responsabile della sicurezza
così congedo Malù al volo, per sentirmi dire:
-Dottore, il ministro mi ha accennato l'episodio di stamane, la telefonata
faccia un salto a trovarmi.
Non è nemmeno passata un'ora e già mi hanno scovato.
Maledico Ennepì perché mi brucia persino il
sabato pomeriggio adesso.
-Dove devo raggiungerla? - gli ho chiesto, ancora con
l'accappatoio indosso, ma con un tono formalmente
impeccabile.
-Guardi, abbiamo pensato che la prenderemo in carico noi.
Quando tornerete da Bonn definiremo meglio
l'organizzazione che la riguarda. Per oggi la attendono
già gli uomini della scorta del ministro, sanno tutto
loro
La preleveranno e la riaccompagneranno poi per
la partenza, la aspetto
Sono salito in macchina ancora con il nodo della cravatta
da fare e ripensando al colloquio in giardino con Ennepì.
Sono agitato. Non so decidermi se sia una curiosa e
stupida occasione, o una maledizione, ma mi ha così
incuriosito, questa cosa, che ho quasi lasciato sullo
sfondo il trappolone della falsa agenzia.
Lui infatti si è convinto fin da subito, dal mio
racconto in giardino, che sia una cosa seria nonostante
che io abbia cercato di scherzarci su :
-La telefonata di una donna anonima, per giunta giovane
alla voce, è pur sempre degna di
considerazione. Aiuta il sentimento di autostima
-Ma quale autostima, non diciamo fesserie! -, mi ha
gelato
Come anche voi già sapete, Ennepì proprio non ci
vuole stare e sostiene che la telefonata non va scherzata
- può essere un tentativo di aggancio -. E'
stato a quel punto che ha detto ne avrebbe parlato con la
sicurezza. Poi - ricordate? - Ennepì è
sbottato con quel : Ma chi è questa qui? e
dopo un veloce scambio di battute ho preso congedo da lui
attendendo istruzioni. Appunto.
***
E sì che un segno del nuovo clima proviene
anche dai nostri itinerari stradali abituali, ora
puntigliosamente diversi. I percorsi hanno subito il
genio dello scarto improvviso e dellultimo minuto.
Buscare il levante per andare a ponente. E sono tenuti
anche assai più riservati via radio.
Per questo il nostro radiotelefono conosce indicazioni
avare. Lo attraversa un nuovo vocabolario con l'obiettivo
di schermare azioni, mosse, movimenti facendoli sbucare
allimprovviso dalla comunicazione. Perfino il luogo
presso cui lavoro è stato ribattezzato zebra.
Fa un po' sorridere questo zoo del dialogo ma io stesso,
da almeno un mese - giusto da quando hanno ucciso
Francesco -, sono stato invitato a non identificare mai
per telefono i luoghi da cui mi muovo e verso cui mi
dirigo. Come se fossi ascoltato. Ed è proprio sgradevole
pensare che da qui in poi alla tua parola telefonica è
quasi certo accosti lorecchio un ospite
indesiderato e ostile.
***
Tempo unora ed eccomi di fronte ad un
uomo alto, fisicaccio, ruvido e riccioluto, un
naso un po adunco a segnare un viso ben
proporzionato.
E tranquillo, che tranquillamente mi dice:
- Allora cerchi di ricordarsi tutto con precisione e se
le è possibile provi a ricostruire la sequenza del
dialogo. (Servito! - ho pensato guardando la
matita con cui le sue mani giocano nervose):
- Avevo appena lasciato l'edicola dei giornali per
risalire in macchina che lautista mi informa di una
chiamata per me. E mi guarda strano...
- Telefonata a quello? - faccio io stupito
indicando il radiotelefono, perché in macchina, nel
casino e nella fretta di scendere verso l'edicola, c'è
anche il mio cellulare buttato dietro da qualche parte
assieme ad un fascio di vecchie rassegne stampa.
- Sì - mi risponde l'autista mentre io lo guardo solo
per esser confermato:
- Avranno chiamato dalla segreteria...- gli ho detto
allora, ma con l'intenzione di chiuderla lì .
Tanto che mi sono così immerso nella lettura e nemmeno
ho fatto caso alla sua risposta.
- No, non era la segreteria, era una persona che ha
detto...- Le giuro, dottore, ho come pigiato il tasto di rewind
del cervello e gli ho subito chiesto:
- Una persona? E chi può essere? - Ero sinceramente
sbalordito
perché il numero della macchina non lho
mai dato a nessuno, solo alla segreteria di Ennepì.
Nemmeno lo so a memoria oltretutto, ho anche
pensato e , dottor Franchi, sono qui a confermarglielo.
- E poi? - ha proseguito il detective un po
infastidito dal mio accaloramento
- L'autista mi ha risposto che proprio non sapeva chi
fosse ("Dalla voce mi é sembrata una donna...- ha
ammesso con evidente imbarazzo, temendo forse unintrusione").
-Una donna? E come era? - mi è venuta una irrefrenabile
voglia di scherzarci su e di aggiungergli così imbarazzo
a imbarazzo. Ma lui non aveva proprio voglia di ridere e
semmai unaria preoccupata.
- Ha detto che richiamerà - ha concluso sempre più
intimidito e ricordo che ancora stavamo attraversando il
centro quando il radiotelefono della macchina si è messo
a suonare.
Ho alzato il ricevitore e questa,
dottore, mi è partita diretta, sicura e senza preamboli:
-Mi spiace disturbarla
certo si chiederà chi sono
Infatti
vorrei proprio saperlo.. - ho risposto e
dopo una piccola pausa ho aggiunto - ci conosciamo?
-No, ma abbiamo un comune amico
E' da lui che ho
avuto il suo numero -. E così e si è infilata, anche
lei, nellangoscia di una giornata per noi già
piena di complicazioni .
-E chi sarebbe questo amico? - Sono state queste le mie
prime parole con lei, aggressive, ma soltanto nel tono
perché questa proprio ci mancava, e non me la aspettavo.
-Per aiutarla - ha fatto lei - posso aggiungere che vi
frequentate, che è un intellettuale. E mi ha parlato
così bene di lei che non ho resistito a questa
curiosità di chiamarla e di giocare un po' con lei
-Ma questo amico non le ha detto che questo non è
proprio il momento di giocare?
Ma lei non è sembrata arrendersi, né intimidirsi, anzi
ha subito aggiunto:
-Allora ho proprio sbagliato momento
Dovrò
ritentare
Sarò più fortunata?
-Francamente non lo so - ho ribattuto acido - adesso
avrà certamente qualcosa di meglio da fare
-Ma sì posso leggere dei libri
-
-Ecco si riprenda i suoi libri che forse è meglio
-Sì, lo farò, però se studio poi lei mi interroga?
-E certo! Che materia?
-Scusi - mi ha sparigliato lei - ma non doveva lavorare?
-E lei non voleva giocare?
-Ha esitato forse perché sono entrato nel suo gioco.
Neanche io me lo aspettavo
E' ritornata alla carica:
-Sto preparando un esame di diritto costituzionale.
Faccio Giurisprudenza
-Allora si prepari per bene, perché questa materia
dovrei conoscerla
-Ma lei che fa?
-Come, il nostro amico non glielo ha detto?
-No, deve credermi. Mi ha raccontato soltanto poche cose
di lei.
-Poche, ma sufficienti, evidentemente. - l'ho interrotta.
-...che è simpatico, alla mano - ha proseguito lei e
tanto per scombinare i giochi mi ha chiesto: -Posso darle
del tu?
Ho trovato la sua richiesta impertinente e senza pensarci
e fingere entusiasmo:
-Concesso!
Ho guardato Franchi. Ho capito che non apprezza troppo
queste mie divagazioni, soprattutto il lato sconsiderato
che di me rivela la puntuale ricostruzione di una
telefonata che anche a lei ho detto divertente.
Divertente - ho detto a Franchi - è laggettivo
forse meno adeguato che potessi trovare, ma in fondo
naturale per farmi stare allo scherzo. E così ho
insistito con lei, se non ricordo male, dandole anche una
spiegazione non richiesta:
-E divertente infatti che mi capiti questa tua
telefonata curiosa. Soprattutto in questi giorni.
Ma non mi ero praticamente accorto di essere ormai
arrivato a destinazione. La macchina percorreva
lentamente il viale di casa
-Mi devi scusare - le ho detto in un sussulto e con la
sensazione che fosse meglio ritirarsi - ma ora ti devo
proprio lasciare
Quasi fosse preparata lei pronta mi ha chiesto:
- Possiamo sentirci più tardi?
Allora ho detto a Franchi, interrompendo il racconto: -
Ho pensato che ci fosse del vero in quella sua
curiosità. Da ragazzi non facevamo così quando ci
piaceva qualcuno?
- Dottore, mi permetta - mi ha interrotto ironico -, da
ragazzi...
- Ha ragione - ho confermato quasi arrossendo - comunque
le ho detto di sì, soprattutto perché su questa pista
dovremo lavorare. Ed allora lei mi ha aggiunto con una
naturale praticità: Io però sarò in giro questo
pomeriggio. Ti do il numero del mio teledrin.
A questo punto me lo ha dettato e sono certo che mi ha
lasciato con un: Mi raccomando. Ci conto.
- E tutto? - mi ha chiesto asciutto Franchi.
- E tutto - gli ho confermato.
Ma non gli ho certo detto di come sono rimasto a quelle
ultime parole di lei. Sospeso come lorso del tiroasegno:
colpito in pancia, con il secco toc del fucile a
telecomando, lorso sta su con le zampe e caccia un
urlo che sa di muggito.
Proprio così, sono rimasto
classicamente sotto tiro e sospeso tra questa telefonica
sorpresa e la preoccupazione per un possibile veleno.
Anche le telefonate possono averlo in coda. E lei ce lo
ha proprio messo.
Ma Franchi mi riporta al punto. Professionale, ora mi
guarda diretto da dietro la sua scrivania e pontifica:
- Di tutto quel che mi ha detto, lunico elemento
interessante è il teledrin. Una persona normale
lo usa per farsi trovare e per poter richiamare chi la
cerca. Una persona pericolosa aggiunge a queste due
opportunità quella di poter sapere da dove è chiamata.
Ci pensi...
Mi ha fissato con laria di chi sa troppo bene come
va il mondo e ha aggiunto: Quanto al numero di
telefono della blindata cerchi di ricordare se era
poi così riservato come mi hanno detto; insomma
Franchi non rima con simpatia.
Poi torna asettico e consulenziale:
-Comunque la mia idea è che noi si cerchi di saperne di
più di questa faccenda
E il mio consiglio è quello
di richiamare questa persona
Poi mi ricorda che di ogni telefonata dovrò memorizzare
gli elementi utili alla identificazione dellimprovviso
improvvisato contatto. Che avrò i telefoni sotto
controllo. Che il teledrin opera soltanto
localmente, nel nostro distretto telefonico. Che,
soprattutto, per chiamare lei è meglio non usi il mio
cellulare.
Mi domando, ma non oso certo domandarlo a lui: se è vero
come è vero che il teledrin registra il numero da
dove chiami, da dove chiamerò io la bella centralinista
? Non da casa, non dallufficio course .
Poi Franchi aggiunge: - Mi raccomando, dottore. Già gli
uomini hanno disposizioni severe. Non mi faccia
imprudenze e ricordi che quando lei la chiama non deve
stare troppo al telefono. La visualizzazione del numero
dellutente che chiama fa parte - è inutile che
glielo ricordi - del meccanismo del teledrin; per
cui parli poco e lasci velocemente il posto da cui
chiama. E unultima cosa, molto importante: le do
questo cellulare che lei dovrà usare solo in ricezione.
Dia il numero soltanto a lei, mi raccomando.
Non gli ispiro fiducia. E un po' ha ragione. Tanto che se
ne esce con una proposta spariglio:
-Facciamo una cosa, comunque. Visto che dobbiamo
richiamarla, almeno questa prima volta lo faccia da qui.
Questo telefono è sicuro - e si allontana con una
sorprendente discrezione.
***
Telefonata numero due.
Mi tranquillizza il fatto di potermene fottere, dellidentificazione,
se come dice Franchi il suo telefono è sicuro. Mi
immagino che il nemico - se è il nemico - abbia una
mappa e tante bandierine o quegli spilli dalla capoccia
colorata. Visualizzano i miei percorsi e forse ne
potrebbero calcolare le frequenze. Attenzione: i miei
percorsi che portano a Ennepì, è per questo che
non so se in coscienza potrò proprio fottermene.
Compongo il lungo numero del teledrin.
Contatto! - grideranno e forse esulteranno
quelli della squadra nemica -, lei infatti mi richiama
quasi subito, e unemozione, che è buona e cattiva
insieme, mi prende e mi riscalda.
- Ehi, finalmente!
- Perché finalmente? - le ho controdomandato.
- Ti avevo detto che ero in giro, ma non che non mi
avresti trovata oggi pomeriggio... Lo sai che ore sono?
- Le sette e mezza, ti disturbo? - Mi sono proprio
infilato in una scusa non richiesta. In fondo - mi sono
detto - non so nemmeno chi sia e per quanto la curiosità
adesso mi divori lho cercata per pura cortesia.
E
anche per aiutare gli inquirenti... Mi aveva o non mi
aveva detto: Ci conto? Ma lei è così abile
e veloce che ha ribaltato la cortesia in giustificazione.
E ancora attacca:
- Da dove chiami? - E una domanda quasi ovvia e
naturale la sua, di quelle che alimentano il dialogo
telefonico più innocente, ma non per me e non tra di
noi...
- Segreto professionale! - faccio io un po' scherzoso, un
po' emozionato e un po' teso perché ho in mente che
Franchi ascolti tutto e che comunque dovrò bilanciare
naturalezza e vigilanza.
E infatti lei: - Segreto? Ma allora ci risiamo. Che
lavoro fai? Mica ti capisco sai? Sei proprio strano
non hai nemmeno voluto sapere il mio nome!
- Sarebbe? - emergo dal silenzio con cui ho cloroformizzato
il suo sfogo
- E che, adesso gettiamo acqua sul fuoco? Dai, che cè
- ha assunto un tono apprensivo e materno - che hai, non
puoi parlare? Stamane non mi sembravi niente imbarazzato.
Hai preso punti lo sai?
- Ho preso che?
- Sì insomma mi sei piaciuto. Dai! Mi sembri tutto teso
e abbottonato
Come ti chiami? Io Alessandra...
Ho avuto poco tempo per mettere su una strategia
comunicativa forse perché lei è naturalmente diretta e
la sua parola telefonica è persuasiva. Diciamo che lidea
di entrare nella vita di un altro lei la indossa proprio
bene.
Insomma ha mestiere - ho pensato.
Sapete poi cosa significa socievolezza? La capacità di
costruire unatmosfera serena e un dialogo che
intorpidisce i sensi. E ti fa abbassare la guardia.
Alessandra mi ha poi dato qualche ulteriore sommario
indizio. Ha tentato un mio identikit ma lì mi
sono difeso fornendo notizie e indicazioni generiche,
insomma cazzeggiando (Né alto, né basso - mi sono
raccontato -, asciutto e senza pancia. Interessante,
proprio interessante - ha commentato lei, ironica,
la descrizione che non descrive) .
- E tu quanti anni hai? - cambio discorso...
-Diciamo tra i 20 e i 30- risponde per riscaldare la mia
curiosità.
-La tua voce è giovane. Sei più vicina ai 20 che ai 30.
E comunque io sono molto più vecchio di te.
-Vuoi che ti chiami papà?
-Per forza penso di averne più del doppio di te e sono
sposato - Mi ero lasciato un po' andare e mi sono
richiamato allordine erigendo una qualche
barriera...
- Che vuol dire, letà mica conta e poi sei un
distinto signore! - ha subito calato queste astute carte.
- Come lo sai - pausa -, lamico comune? - faccio lo
spiritoso.
- Il non comune amico! - , si diverte lei che adesso
aggiunge con aria maliziosa: -Meglio interromperci, no?
Altrimenti scivoliamo dove non si deve...
Lho ascoltata in silenzio aspettando che
proseguisse, tanto mi aveva avvitato con quelle sue
parole, ma lei mi ha segato con una chiusa rotonda
e decisa:
-Chiamami domani.
-Va bene - non mi è restato che dirle un po
imbronciato per lo stop inatteso alla telefonata
che, meno male, avrebbe dovuto esser breve - , vada per
domani. Non so decidermi se onestamente disprezzarmi per
il pollo che sono o fottermene e immaginarla come
una lolita con gli occhiali a forma di cuore...
Ho incocciato Franchi lasciando il suo ufficio, appena
notando alle pareti lesposizione di attestati,
targhe e cotillons che si scambiano gli uomini
delle polizie.
-Dottore - mi ha detto ridendo - scommetto che le brucia
un po' l'orecchio
Non lo faccia più. Quel telefono
era sicuro, d'accordo, ma conosce il cartello del bar:
telefonate brevi
Gli ho sorriso inebetito e lui ha aggiunto:
-A proposito, vediamo di dare una controllata in giro se
questo amico che parla così bene di lei per caso non
esista davvero
Mi sono rifugiato in macchina.
Insomma - ho pensato - da adesso in poi per riavere
la sua voce dovrò buttare quei numeri nel vento senza
conoscerne il rimbalzo. Mentre lei, se la chiamo, lo
vedrà subito materializzarsi in un piccolo display .
Due punti per lei, ho notato con fastidio.
***
Mi hanno fatto fare un lungo giro per
guadagnare casa visto che ormai ognuno di noi -
improvviso bersaglio allimprovviso - deve limitare
al massimo il numero dei passi identici su cui tornare.
Certo queste nuove condizioni rendono ogni spostamento
meno monotono, quando non avventuroso. Gli uomini della
scorta, infatti, trattano il traffico come un gregge
imbranato e fastidioso su cui quasi naturalmente
infierire. Ora lo terrorizzano a colpi di sirena mentre
scivolano lungo la vasca del Circo Massimo.
Lateralizzano
gli indecisi - le guide dei cosiddetti domenicali
dall'inseparabile cappello in testa - sotto la frusta
frenetica e nervosa della paletta. Hanno la stessa
determinata cattiveria di cani da pastore.
Ho pensato che il primo nemico da cui guardarsi e da
battere quando si è sotto minaccia di attentato (con
questa prospettiva, ormai, dobbiamo convivere) è proprio
la routine. La prevedibilità dei movimenti indotta dal
rituale del lavoro.
Il rischio è infatti che quella
santa pigrizia che rende possibile e liscia lorganizzazione
delle abitudini quotidiane ora diventi il miglior alleato
di un nemico che per mestiere debba scovarci.
Finalmente a casa. Ma solo per il tempo di preparare i
bagagli e di raggiungere Ciampino, destinazione Bonn.
In aereo - un Falcon bireattore -mi sono
accovacciato in un angolo tenendo tra le mani il
computer. Con una cuffia davo proprio l'idea di
trascrivere un testo, forse un discorso di Ennepì.
Così certamente deve aver pensato lui avvicinandosi a
me. Mi ha fatto un cenno di vittoria indicando la cuffia
e la cabina del pilota: è arrivata la conferma via radio
del suo incarico ministeriale
Ho stretto i pugni in
alto in segno di gioia e lui vedendomi alla tastiera mi
ha fatto cenno che ci saremmo potuti parlare anche dopo
E invece ho deciso di tenere un diario preciso diquesta
nuova vicenda. Sul tavolinetto estraibile due bicchieri:
uno di whisky e l'altro dacqua ghiacciata. E' come
fossi barricato nella piccola stanza spartana che mi
ospita e che ora si dilata al suono e alla magìa dello
stereo.
Infatti la mia cuffia è quella di un walkman e
mai come adesso Midnight lady si srotola e scorre
rotonda come una buona premonizione. La ascolto nel
semibuio e il ritmo di questa canzone spalma di
percussioni positive questo tempo ritrovato. E un
benessere inatteso quello che adesso vivo, a caccia di
segni e destini, conferme e superstizioni.Che
difesa di burro!" - ho pensato e scritto che è
bastata una telefonata perché la mia curiosità
capitolasse di fronte alla malizia un poco ovvia,
probabilmente di una ragazzina
Evidentemente sono
stressato, questi nuovi obblighi da vita
istituzional-poliziesca mi angosciano e se ci aggiungo
questo stracovato sentimento di solitudine...Soffro di orfanite.
Certo mi ha divertito parlare con lei. Ma poi, occhio! su
tutto pesa il mistero di partenza: neppure io conoscevo a
memoria il numero telefonico della blindata. Sono
certo di averlo annotato e comunicato solo e soltanto
alla segreteria particolare.
Per cui, seguendo il lato buono della teoria
investigativa, mi è anche venuto di pensare che
Alessandra possa essere in realtà una voce prestata.
Magari ad unaltra persona, invaghita, tipo la
segretaria dellufficio accanto.
Forse avevo in mente questo, quando a Franchi ho detto
che facevamo così da ragazzi.
Pensate a quelle silenziose presenze, quei visi
incorniciati da occhiali dalla montatura un po' antica.
Insomma timidezze che affidano allamica del cuore -
quella di mondo, così sciolta al telefono - il compito
di poter essere come non si sa, e affrontare così, per
noi, tutto quel casino là fuori, compresa la paura di
non essere accettata, di non piacere, di non saper
reggere il carico angoscioso di una telefonata. Ma non
può assolutamente essere così.
Quel numero lo
conosciamo in troppo pochi. E l'unica cosa acquisita è
che i movimenti di lei possono svolgersi soltanto dentro
il distretto telefonico di Roma.
***
Il privato, se do' retta a Franchi, dovrà
farsi pubblico per motivi di sicurezza. E tutto ciò che
di nuovo e di bello compare sulla scena dovrà essere
annusato e considerato sospetto.
Alessandra, sei capitata nel momento sbagliato - ho
pensato e scritto - perché hai trovato un amico che
dovrà saperti essere alloccorrenza nemico.
La canzone è finita e mi ha lasciato tra nuove
ossessioni. E troppo breve questa distanza mentale
che separa felicità e tormentone.
Ma chi è veramente lei? - il frullatore
macina domande. E perché non dovrebbe ingannarmi?
Chi ha guidato la mano della telefonata?
Davvero un amico
comune - come lei ha detto - o un non comune nemico?
Sono come stremato e ho decisamente le pile scariche
Mi soccorre Ennepì. Mi viene incontro nel
corridoio dell'aereo. Mi tolgo la cuffia e lo interrogo
ridendo: - Trappolone?
- Parliamone! - e lo raggiungo, nel sedile di fianco al
suo, dove finalmente affronteremo lo strano caso della
falsa agenzia.
***
Bonn, residenza del ministro della
Giustizia. Ho molto tempo davanti a me prima che Ennepì
veda la stampa italiana; lo farà dopo pranzo. La
mattina se ne andrà negli incontri tra delegazioni retti
dal minuzioso cerimoniale che ho potuto aggirare.
E'
presto. Per la prima volta, da oltre un anno, luomo
della domenica si sveglia anche in me, magari con l'idea
di comprare pasticcini per il pranzo della festa, e così
potrò continuare a pensare. A quel che sta accadendo, al
mio lavoro.
Forse perché la cosiddetta lotta al crimine è rimasta,
in questo apparente tempo di guerre televisive, lunica
gloria da spartire - e dunque una possibile ubriacatura
di notorietà e di popolarità. Forse perché allimprovviso
riappare uno spazio del giusto che la gente desidera
veder abitato e attraversato.
Forse perché lorganizzazione sociale ci dà cibo,
vestiti e immaginario: ma nessuna vera pulsazione. Forse
per tutti questi perché nellesperienza
accanto a Ennepì ho finito per amare della vita
proprio quella parte che lambisce la morte.
Ma se anche a me è piaciuto e piace questo giro di vite
dellesistenza - sentirsi parte di una sfida
importante -, perché proprio adesso dovrei vigilare
anche su di una innocente, improbabile e
improvvisa materia delle emozioni, imbrigliando questa
cosa nuova che mi è capitata?
Fine
prima parte.
La seconda parte di "Contro tutte le paure" verra' pubblicata
dal Barbiere della Sera mercoledi' 21 Marzo 2001
-Contro
tutte le paure -
Copyright 2001 Antonio Bettanini - Il Barbiere della Sera
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