L'avrete notato no? Il nostro Tonino Bettanini, da una decina di giorni tace e ha accantonato il suo PressKit settimanale. No, non l'abbiamo licenziato. E' solo chiuso in casa a limare ogni virgola del suo romanzo, che naturalmente siamo onorati di pubblicare. Anche per il Barbiere della Sera, come per Tonino, e' un debutto nella narrativa. Il primo romanzo (breve, non temete) di Bettanini si intitola "Contro tutte le paure". E' un "soft thriller"

Nelle sequenze della narrazione molti riconosceranno piu' di un personaggio, oltre naturalmente a episodi autobiografici di Bettanini che, come voi sapete, ha lavorato per alcuni anni al fianco dell'ex vice presidente del consiglio e ministro della Giustizia Claudio Martelli. Buon divertimento


Contro tutte le paure 

romanzo breve di Antonio Bettanini


 

Prima parte


- Ma chi è questa qui? -
-E chennesò - gli ho risposto seccato del suo essere seccato.
Conversavamo passeggiando, il mio amico ed io, immersi nel tenero verde di una campagna romana che avrebbe invitato chiunque alla distensione. E se il nostro fosse stato il dialogo di un film ora la camera ci avrebbe lentamente lasciato carrellando all'indietro. 

Allora avreste visto intorno a noi - alla giusta distanza che la discrezione impone - due uomini armati. E il grandangolo, poi, avrebbe allargato fino ad abbracciare la recinzione della villa che ci ospitava: lentamente vi avremmo visto scorrere un fuoristrada, con altri due uomini a bordo intenti a perlustrare con lo sguardo il territorio.

Ho pensato allora che di scazzi proprio non ce ne era bisogno e motivo tra noi. Così gli ho detto:

-Lo so cosa pensi. Che adesso ci mancava anche la telefonata, sotto tiro come siamo; del resto tu stesso non fai che ripeterci che dobbiamo stare il più possibile tranquilli. - Mi ascoltava, ma con lo sguardo perso lontano… 

E allora ho aggiunto:
-Guarda che sono io per primo a sospettare che potrebbe essere stato un tentativo di aggancio, visto che ti dico e ti informo che quel numero di telefono lo conoscevamo veramente in pochi. E' anche vero che uno per telefono si diverte a fare scherzi, magari facendo un numero a caso…E poi, credimi, non me ne fotte niente di entrare nell’elenco dei possibili obiettivi...

- Che vuoi dire? - mi ha nuovamente interrotto brusco.

- Niente. Soltanto che so benissimo che siamo sotto schiaffo, ma mi sforzo di guardare con distacco a quello che mi capita. In pericolo ci sei tu. E anche noi, certo, ma solo se e quando siamo con te..

- Appunto, solo se e quando siete con me - mi ha ribattuto asciutto - e meno male che te ne rendi conto...

Ho detto una cazzata e gliene ho dato subito atto:
-Hai ragione, scusami, sono completamente fulminato e ho bisogno di staccare, almeno per oggi. Comunque ci starò attento…

- E lui di rimando:
-Tu ora te ne stai tranquillino e non fai un passo senza che noi lo si sappia. Parlerò oggi stesso con la sicurezza
-Attendo istruzioni…

Gli ho fatto un cenno affettuoso e ironico, un saluto militare, e mi sono diretto, lungo lo stradino ghiaioso, verso la casa di campagna che da mesi ormai tutti insieme abitiamo. Mi ha preso una gran voglia di doccia. Ma fatti pochi metri mi sono voltato verso di lui ridendo:
-A proposito, dobbiamo commentare il trappolone
-Lo faremo stassera in volo per Bonn - mi ha risposto, questa volta con un cenno di complicità.

Pochi minuti dopo, sotto la doccia, avvolto da vapori che finalmente spargono quiete ho cominciato il ripasso di questa storia.

* * *

Tutto è iniziato poco più di un anno fa, dopo che Ennepì è tornato da Parigi.

Ennepì
, l'amico con cui prima parlavo, sta per Nota personalità, l'espressione che nella lingua-radio delle pantere della polizia indica il trasportato di riguardo.

Stipato in una macchina di scorta - mentre il corteo procedeva avvolto nelle nebbie che fasciano una città del nord - mi sono accorto che gli agenti indicavano così via radio il mio amico. Lui, la nota personalità, a bordo dell’alfa che mi precedeva, da quel giorno è diventato per me le iniziali di quella formula in codice, che per esteso fa’ Ennepì.

Ennepì
dunque. E ancora sono suo collaboratore, in veste di capo ufficio stampa e portavoce, e lo accompagno quasi dovunque e comunque.

Francamente non ricordo perché quella volta di Parigi non ho seguito Ennepì e del resto ora il motivo non è proprio decisivo. Ancora mi rivedo andargli incontro allo sbatter pesante delle portiere della blindata, preceduto dalla festosa allegria di Tob, il nostro bianco maremmano.

Era incazzato nero. Perché la Corte di Cassazione aveva riconteggiato i tempi della custodia cautelare di 40 mafiosi in attesa di giudizio, ma in modo così vantaggioso per loro da rimetterli fuori all’improvviso.

La notizia, prima che scandalosa, era diventata per i francesi quasi curiosa e dunque tipicamente italiana. Anche per questo Ennepì adesso mi appariva fuori di sé, ancora incrociando la mia lenta sorpresa, lo sguardo ebete-sorridente di chi proprio non aveva indovinato l’umore del nuovo arrivato. Chissaperchè ci abituiamo a pensare felice ogni ritorno.

E se proprio devo pensare a un inizio, allora eccolo, quella sera stessa. Dopo cena, davanti al camino, a mezz’aria tra le volute di un sigaro, bluastre in controluce, Ennepì ha così interrotto una sua lunga silenziosa meditazione:
- Bisogna rimetterli dentro.
Non mi è rimasto che dirgli:
- Lo sai che questa è una dichiarazione di guerra?


***

Infatti il primo attacco era iniziato ufficialmente pochi giorni dopo, tra saloni austeri e silenziose anticamere. Gli esperti ministeriali che adesso le attraversavano preceduti da sussiegose livree, avevano messo a punto praticamente la beffa: un decreto di interpretazione autentica della legge che ne avrebbe di fatto provocato una rilettura ad hoc proprio per la parte relativa al calcolo del tempo di carcerazione preventiva. 

Anzi, praticamente una rilettura ad homines perché il decreto avrebbe dovuto consentire infatti di riarrestarli tutti, quegli uomini, o galantuomini.

Mi aggiravo nel salone delle Galere facendo ogni tanto capolino nelle anticamere dove ci si imbatte nel concitato lavorìo delle burocrazie di Gabinetto. E me ne stavo, per niente tranquillo, in attesa di consegne, mentre ancora correzioni e bozze (non corrette) dei testi legislativi passavano dalle mani febbrili di affidabili segretarie a quelle di eleganti commessi, e da loro ancora verso il salone circolare della riunione; da dove sarebbero tornate per inevitabili ulteriori ribattute.

Le finestre prospicienti l’atrio del palazzo pullulavano di maniaci e professionisti della telefonia cellulare. Da lì soltanto, infatti, e probabilmente, si aprivano brecce nella fitta schermatura dell’edificio e si potevano così aggiungere comunicazioni alle comunicazioni già concitate e confuse di corridoi, passaggi e salottini.

Tra sigarette, toscani e capannelli, addetti ai lavori e semplici osservatori, cooptati e abusivi - gente che insomma riesce sempre a dirti che lui c’era -, quella task force della macchina-Italia lavorava a interpretare con le parole delle leggi le direttive della politica.

***

Se ne era appena andata così - in fumo tra i fumi - metà mattina, quando il mio nome era risuonato in bocca ad un commesso, proprio all’esterno della sala oro. Era Ennepì che mi faceva recapitare un biglietto dal breve messaggio: "Niente conferenza stampa. Annulla tutto".

Ho subito pensato che volevano giocarsi un bluff in cambio di una manciata di ore di tempo. Simulando un rinvio del decreto, un intoppo tecnico e dunque più che persuasivo, il governo avrebbe meglio potuto essere operativo e riacciuffare i buoi fatti scappare.

Non mi ero sbagliato. Scusate, ma questo lavoro spesso vive di intuizioni. Ci sono momenti in cui non puoi chiedere di più, e neppure saperne. O la va, o te ne vai.

Avevo dunque eseguito l’ordine di Ennepì , veloce giù in sala stampa, ricorrendo al mestiere e alla miglior mimica della contrizione. Di fronte a giornalisti isterizzati dall’attesa e soprattutto dall’idea di un pezzo bello pronto per il giorno dopo, e ormai saltato, avevo tentato la difficile strada di una pacata rassicurazione.

-Per oggi niente da fare, ci spiace moltissimo... il varo del decreto è stato rinviato. Ci sono problemi di stesura, nodi legislativi e tutto è nelle mani degli esperti che ancora ci lavorano. Mi spiace veramente che questa vostra attesa sia stata inutile…E' anche responsabilità nostra, me ne scuso, abbiamo sottovalutato le difficoltà…

-Tempi?
-Ma allora quando?
-E adesso? Ma vi rendete conto?

Mi sono beccato questa gragnuola di domande circondato da fari e telecamere, giocandomi in una volta sola quella mia fama di non conoscere la parola menzogna…

Intanto la finta impasse dei tecnici ingarbugliati, mentre in sala stampa se la bevevano, consentiva alle forze dell’ordine di cominciare, indisturbate, a fare il mestiere loro coi boss: rimetterli dentro.

Insomma è certamente iniziato allora questo gioco pericoloso di Ennepì, il gioco mortale che Francesco - il magistrato esperto di organizzazioni criminali, da pochi giorni con noi al ministero - aveva definito, con un sorriso dolce e allusivo, un vero e proprio sgarro.

 Certo non si può proprio dire che di questo gioco conoscessimo gli esiti e neppure la successione delle mosse. Sapevamo solo che in quella prova c’era bisogno di un buon avvio.
-Un segnale che si fa’ sul serio - ci eravamo detti.

***

E che facessimo sul serio me lo dicevano - anche ora che sdocciato mi asciugavo con studiata lentezza sul bordo del letto - quelle strane immagini ( un attentato?) che almeno da un mese mi attraversavano la mente. Sotto forma di sogno, a interrompere un faticato dormiveglia oppure, come ora, a chiudere il racconto della memoria.

Mi sono rimesso a fuoco che il cellulare stava squillando. Era Malù , giornalista, nostra amica e tifosa:
-Ma cosa avete combinato stamattina con quell'agenzia? - mi ha assalito con quel suo tono che è pur sempre festoso.

-Lasciamo perdere…E' stato un trappolone
-In che senso?
-Cazzo! Alle undici sono passato dall’ufficio. Per pura dipendenza…
-Tossicodipendenza
, vorrai dire! Non avevi altro da fare? Sei proprio andato… - mi ha interrotto.
-Siì, lo ammetto. Sono andato in ufficio anche per senso del dovere, ma soprattutto per unire l’utile all’utile. Pensa, avevo deciso di fare un salto dal barbiere…

-Cosa c'entra il barbiere con l'ufficio?
-Scusa non sai che noi uomini lì abbiamo il barbiere? - le ho fatto in tono di sfida -. 

Insomma, hanno avuto in molti la mia stessa idea e allora ho deciso di rinunciare alla coda per rifugiarmi tra le mie carte al piano di sopra. Pensa che oltretutto non passo mai dall’ufficio il fine settimana. Tu lo sai, il lavoro lo sbrigo per telefono, ma da casa.

-Lo sappiamo, lo sappiamo…- ha cantilenato lei.
-E mentre sono lì, da nemmeno cinque minuti, sento il rumore della stampante delle agenzie. Batteva una notizia….Prendo il foglio, leggo e non capisco. Rileggo la notizia e il titolo non mi dice niente di niente, niente di interessante, sembra galleggiare nel testo. Mi sono chiesto: ”Chissaperché è scattato l’automatico.

-Se la stampante l’ha battuta in automatico - ha completato lei - era perché evidentemente il testo conteneva una delle parole-chiave che avete insegnato al computer...

-Brava! Ma l'unica cosa che capivo era, in quel momento, che era sabato, il tempo delle distrazioni -.

- Se non c'era niente allora perché trappolone?-

-Accidenti perché! Le ultime tre righe riportavano, ben nascosta, una dichiarazione di Ennepì, contro la magistratura. Durissima e - ho aggiunto sarcastico - di grande utilità per chi, come lui, stasera dovrebbe esser riconfermato nel suo incarico istituzionale.

-Una bomba! - se ne è uscita Malù finalmente lasciata l'incredulità.
-Sì, a orologeria. Se poi pensi che le parole di Ennepì erano la cosa più importante del testo... Eppure nel titolo neppure compariva il suo nome e, addirittura, la sua dichiarazione era preceduta da un’altra, di un membro qualunque della Direzione.

-E' chiaro - mi ha interrotto - che è stata confezionata in modo che prima di tutto sfuggisse a voi, per danneggiarvi…
-Infatti - osservo -, dichiarazioni di un ministro e per giunta così dure da innescare sicuramente una polemica, scatenare un casino…secondo te non meritavano il titolo? Invece Ennepì c’è, ma in fondo non c’é.

-Cazzarola! E allora?
-Ho guardato l’ora: 12,26. Mi ha chiamato il TG1 al telefono per conferma, per saperne di più, più stupiti di noi. Ho preso tempo allora e ho cercato Ennepì

-Che faceva?
-Mi ha risposto con voce oltretombale che no, non ha rilasciato alcuna dichiarazione, né ieri, né tanto meno oggi. Non ho motivo per non credergli. Ma non c’era un minuto da perdere e mi ha dettato un testo, poche righe, taglienti - come il rasoio di Ockham - come lui ama dire.

-E poi?
-Ho chiamato l'agenzia, me li sono mangiati. Non sono mai stato così incazzato. Evidentemente lo hanno pensato anche loro perché la mia smentita li ha obbligati alle 12,57 ad annullare la notizia. Insomma siamo stati rapidi ed efficienti, ma ti giuro Malù adesso sono come prosciugato...

-Compliments! - è esplosa - ma avete capito chi ha fatto il trappolone?
-Per ora la soddisfazione si mangia l’incazzatura. Non ho nemmeno avuto tempo di parlarne con lui perché tornando a casa mi è capitata un'altra cosa strana…

-Che cosa?
-Una telefonata…al radiotelefono della macchina di servizio….
Ma adesso è un altro telefono a suonare, quello di casa. Rispondo, è Franchi, il responsabile della sicurezza… così congedo Malù al volo, per sentirmi dire:
-Dottore, il ministro mi ha accennato l'episodio di stamane, la telefonata… faccia un salto a trovarmi.

Non è nemmeno passata un'ora e già mi hanno scovato. Maledico Ennepì perché mi brucia persino il sabato pomeriggio adesso.
-Dove devo raggiungerla? - gli ho chiesto, ancora con l'accappatoio indosso, ma con un tono formalmente impeccabile.

-Guardi, abbiamo pensato che la prenderemo in carico noi. Quando tornerete da Bonn definiremo meglio l'organizzazione che la riguarda. Per oggi la attendono già gli uomini della scorta del ministro, sanno tutto loro…La preleveranno e la riaccompagneranno poi per la partenza, la aspetto…

Sono salito in macchina ancora con il nodo della cravatta da fare e ripensando al colloquio in giardino con Ennepì. Sono agitato. Non so decidermi se sia una curiosa e stupida occasione, o una maledizione, ma mi ha così incuriosito, questa cosa, che ho quasi lasciato sullo sfondo il trappolone della falsa agenzia.

Lui infatti si è convinto fin da subito, dal mio racconto in giardino, che sia una cosa seria nonostante che io abbia cercato di scherzarci su :
-La telefonata di una donna anonima, per giunta giovane “alla voce”, è pur sempre degna di considerazione. Aiuta il sentimento di autostima…

-Ma quale autostima, non diciamo fesserie! -, mi ha gelato…
Come anche voi già sapete, Ennepì proprio non ci vuole stare e sostiene che la telefonata non va scherzata - “può essere un tentativo di aggancio” -. E' stato a quel punto che ha detto ne avrebbe parlato con la sicurezza. Poi - ricordate? - Ennepì è sbottato con quel : “Ma chi è questa qui?” e dopo un veloce scambio di battute ho preso congedo da lui “attendendo istruzioni”. Appunto.

***

E sì che un segno del nuovo clima proviene anche dai nostri itinerari stradali abituali, ora puntigliosamente diversi. I percorsi hanno subito il genio dello scarto improvviso e dell’ultimo minuto. Buscare il levante per andare a ponente. E sono tenuti anche assai più riservati via radio.

Per questo il nostro radiotelefono conosce indicazioni avare. Lo attraversa un nuovo vocabolario con l'obiettivo di schermare azioni, mosse, movimenti facendoli sbucare all’improvviso dalla comunicazione. Perfino il luogo presso cui lavoro è stato ribattezzato zebra.

Fa un po' sorridere questo zoo del dialogo ma io stesso, da almeno un mese - giusto da quando hanno ucciso Francesco -, sono stato invitato a non identificare mai per telefono i luoghi da cui mi muovo e verso cui mi dirigo. Come se fossi ascoltato. Ed è proprio sgradevole pensare che da qui in poi alla tua parola telefonica è quasi certo accosti l’orecchio un ospite indesiderato e ostile.

***

Tempo un’ora ed eccomi di fronte ad un uomo alto, fisicaccio, ruvido e riccioluto, un naso un po’ adunco a segnare un viso ben proporzionato. 
E tranquillo, che tranquillamente mi dice:
- Allora cerchi di ricordarsi tutto con precisione e se le è possibile provi a ricostruire la sequenza del dialogo. (“Servito!” - ho pensato guardando la matita con cui le sue mani giocano nervose):

- Avevo appena lasciato l'edicola dei giornali per risalire in macchina che l’autista mi informa di una chiamata per me. E mi guarda strano...
- Telefonata a quello? - faccio io stupito indicando il radiotelefono, perché in macchina, nel casino e nella fretta di scendere verso l'edicola, c'è anche il mio cellulare buttato dietro da qualche parte assieme ad un fascio di vecchie rassegne stampa.

- Sì - mi risponde l'autista mentre io lo guardo solo per esser confermato:
- Avranno chiamato dalla segreteria...- gli ho detto allora, ma con l'intenzione di chiuderla lì . Tanto che mi sono così immerso nella lettura e nemmeno ho fatto caso alla sua risposta.

- No, non era la segreteria, era una persona che ha detto...- Le giuro, dottore, ho come pigiato il tasto di rewind del cervello e gli ho subito chiesto:
- Una persona? E chi può essere? - Ero sinceramente sbalordito… perché il numero della macchina non l’ho mai dato a nessuno, solo alla segreteria di Ennepì. ”Nemmeno lo so a memoria oltretutto”, ho anche pensato e , dottor Franchi, sono qui a confermarglielo.

- E poi? - ha proseguito il detective un po’ infastidito dal mio accaloramento

- L'autista mi ha risposto che proprio non sapeva chi fosse ("Dalla voce mi é sembrata una donna...- ha ammesso con evidente imbarazzo, temendo forse un’intrusione").

-Una donna? E come era? - mi è venuta una irrefrenabile voglia di scherzarci su e di aggiungergli così imbarazzo a imbarazzo. Ma lui non aveva proprio voglia di ridere e semmai un’aria preoccupata.

- Ha detto che richiamerà - ha concluso sempre più intimidito e ricordo che ancora stavamo attraversando il centro quando il radiotelefono della macchina si è messo a suonare. 

Ho alzato il ricevitore e questa, dottore, mi è partita diretta, sicura e senza preamboli:
-Mi spiace disturbarla…certo si chiederà chi sono…
Infatti…vorrei proprio saperlo.. - ho risposto e dopo una piccola pausa ho aggiunto - ci conosciamo?

-No, ma abbiamo un comune amico…E' da lui che ho avuto il suo numero -. E così e si è infilata, anche lei, nell’angoscia di una giornata per noi già piena di complicazioni .

-E chi sarebbe questo amico? - Sono state queste le mie prime parole con lei, aggressive, ma soltanto nel tono perché questa proprio ci mancava, e non me la aspettavo.

-Per aiutarla - ha fatto lei - posso aggiungere che vi frequentate, che è un intellettuale. E mi ha parlato così bene di lei che non ho resistito a questa curiosità di chiamarla e di giocare un po' con lei…

-Ma questo amico non le ha detto che questo non è proprio il momento di giocare?
Ma lei non è sembrata arrendersi, né intimidirsi, anzi ha subito aggiunto:
-Allora ho proprio sbagliato momento…Dovrò ritentare…Sarò più fortunata?

-Francamente non lo so - ho ribattuto acido - adesso avrà certamente qualcosa di meglio da fare…
-Ma sì posso leggere dei libri…-
-Ecco si riprenda i suoi libri che forse è meglio…
-Sì, lo farò, però se studio poi lei mi interroga?
-E certo! Che materia?
-Scusi - mi ha sparigliato lei - ma non doveva lavorare?

-E lei non voleva giocare?
-Ha esitato forse perché sono entrato nel suo gioco. Neanche io me lo aspettavo…
E' ritornata alla carica:
-Sto preparando un esame di diritto costituzionale. Faccio Giurisprudenza…
-Allora si prepari per bene, perché questa materia dovrei conoscerla…

-Ma lei che fa?
-Come, il nostro amico non glielo ha detto?
-No, deve credermi. Mi ha raccontato soltanto poche cose di lei.
-Poche, ma sufficienti, evidentemente. - l'ho interrotta.

-...che è simpatico, alla mano - ha proseguito lei e tanto per scombinare i giochi mi ha chiesto: -Posso darle del tu?
Ho trovato la sua richiesta impertinente e senza pensarci e fingere entusiasmo:
-Concesso!

Ho guardato Franchi. Ho capito che non apprezza troppo queste mie divagazioni, soprattutto il lato sconsiderato che di me rivela la puntuale ricostruzione di una telefonata che anche a lei ho detto divertente.

“Divertente” - ho detto a Franchi - è l’aggettivo forse meno adeguato che potessi trovare, ma in fondo naturale per farmi stare allo scherzo. E così ho insistito con lei, se non ricordo male, dandole anche una spiegazione non richiesta:
-E’ divertente infatti che mi capiti questa tua telefonata curiosa. Soprattutto in questi giorni.

Ma non mi ero praticamente accorto di essere ormai arrivato a destinazione. La macchina percorreva lentamente il viale di casa…
-Mi devi scusare - le ho detto in un sussulto e con la sensazione che fosse meglio ritirarsi - ma ora ti devo proprio lasciare…
Quasi fosse preparata lei pronta mi ha chiesto:
- Possiamo sentirci più tardi?

Allora ho detto a Franchi, interrompendo il racconto: - Ho pensato che ci fosse del vero in quella sua curiosità. Da ragazzi non facevamo così quando ci piaceva qualcuno?

- Dottore, mi permetta - mi ha interrotto ironico -, da ragazzi...
- Ha ragione - ho confermato quasi arrossendo - comunque le ho detto di sì, soprattutto perché su questa pista dovremo lavorare. Ed allora lei mi ha aggiunto con una naturale praticità: “Io però sarò in giro questo pomeriggio. Ti do il numero del mio teledrin”.

A questo punto me lo ha dettato e sono certo che mi ha lasciato con un: “Mi raccomando. Ci conto”.
- E’ tutto? - mi ha chiesto asciutto Franchi.
- E’ tutto - gli ho confermato.

Ma non gli ho certo detto di come sono rimasto a quelle ultime parole di lei. Sospeso come l’orso del tiroasegno: colpito in pancia, con il secco toc del fucile a telecomando, l’orso sta su con le zampe e caccia un urlo che sa di muggito. 

Proprio così, sono rimasto classicamente sotto tiro e sospeso tra questa telefonica sorpresa e la preoccupazione per un possibile veleno. Anche le telefonate possono averlo in coda. E lei ce lo ha proprio messo.

Ma Franchi mi riporta al punto. Professionale, ora mi guarda diretto da dietro la sua scrivania e pontifica:
- Di tutto quel che mi ha detto, l’unico elemento interessante è il teledrin. Una persona normale lo usa per farsi trovare e per poter richiamare chi la cerca. Una persona pericolosa aggiunge a queste due opportunità quella di poter sapere da dove è chiamata. Ci pensi...

Mi ha fissato con l’aria di chi sa troppo bene come va il mondo e ha aggiunto: “Quanto al numero di telefono della blindata cerchi di ricordare se era poi così riservato come mi hanno detto”; insomma Franchi non rima con simpatia.

Poi torna asettico e consulenziale:
-Comunque la mia idea è che noi si cerchi di saperne di più di questa faccenda…E il mio consiglio è quello di richiamare questa persona…
Poi mi ricorda che di ogni telefonata dovrò memorizzare gli elementi utili alla identificazione dell’improvviso improvvisato contatto. Che avrò i telefoni sotto controllo. Che il teledrin opera soltanto localmente, nel nostro distretto telefonico. Che, soprattutto, per chiamare lei è meglio non usi il mio cellulare.

Mi domando, ma non oso certo domandarlo a lui: se è vero come è vero che il teledrin registra il numero da dove chiami, da dove chiamerò io la bella centralinista ? Non da casa, non dall’ufficio ‘course .

Poi Franchi aggiunge: - Mi raccomando, dottore. Già gli uomini hanno disposizioni severe. Non mi faccia imprudenze e ricordi che quando lei la chiama non deve stare troppo al telefono. La visualizzazione del numero dell’utente che chiama fa parte - è inutile che glielo ricordi - del meccanismo del teledrin; per cui parli poco e lasci velocemente il posto da cui chiama. E un’ultima cosa, molto importante: le do questo cellulare che lei dovrà usare solo in ricezione. Dia il numero soltanto a lei, mi raccomando.

Non gli ispiro fiducia. E un po' ha ragione. Tanto che se ne esce con una proposta spariglio:
-Facciamo una cosa, comunque. Visto che dobbiamo richiamarla, almeno questa prima volta lo faccia da qui. Questo telefono è sicuro - e si allontana con una sorprendente discrezione.

***

Telefonata numero due.
Mi tranquillizza il fatto di potermene fottere, dell’identificazione, se come dice Franchi il suo telefono è sicuro. Mi immagino che il nemico - se è il nemico - abbia una mappa e tante bandierine o quegli spilli dalla capoccia colorata. Visualizzano i miei percorsi e forse ne potrebbero calcolare le frequenze. Attenzione: i miei percorsi che portano a Ennepì, è per questo che non so se in coscienza potrò proprio fottermene.

Compongo il lungo numero del teledrin.
“Contatto!” - grideranno e forse esulteranno quelli della squadra nemica -, lei infatti mi richiama quasi subito, e un’emozione, che è buona e cattiva insieme, mi prende e mi riscalda.

- Ehi, finalmente!
- Perché finalmente? - le ho controdomandato.
- Ti avevo detto che ero in giro, ma non che non mi avresti trovata oggi pomeriggio... Lo sai che ore sono?

- Le sette e mezza, ti disturbo? - Mi sono proprio infilato in una scusa non richiesta. In fondo - mi sono detto - non so nemmeno chi sia e per quanto la curiosità adesso mi divori l’ho cercata per pura cortesia. 

E anche per aiutare gli inquirenti... Mi aveva o non mi aveva detto: ”Ci conto”? Ma lei è così abile e veloce che ha ribaltato la cortesia in giustificazione. E ancora attacca:

- Da dove chiami? - E’ una domanda quasi ovvia e naturale la sua, di quelle che alimentano il dialogo telefonico più innocente, ma non per me e non tra di noi...

- Segreto professionale! - faccio io un po' scherzoso, un po' emozionato e un po' teso perché ho in mente che Franchi ascolti tutto e che comunque dovrò bilanciare naturalezza e vigilanza.

E infatti lei: - Segreto? Ma allora ci risiamo. Che lavoro fai? Mica ti capisco sai? Sei proprio strano… non hai nemmeno voluto sapere il mio nome!

- Sarebbe? - emergo dal silenzio con cui ho cloroformizzato il suo sfogo…
- E che, adesso gettiamo acqua sul fuoco? Dai, che c’è - ha assunto un tono apprensivo e materno - che hai, non puoi parlare? Stamane non mi sembravi niente imbarazzato. Hai preso punti lo sai?

- Ho preso che?
- Sì insomma mi sei piaciuto. Dai! Mi sembri tutto teso e abbottonato…Come ti chiami? Io Alessandra...

Ho avuto poco tempo per mettere su una strategia comunicativa forse perché lei è naturalmente diretta e la sua parola telefonica è persuasiva. Diciamo che l’idea di entrare nella vita di un altro lei la indossa proprio bene.

“Insomma ha mestiere” - ho pensato.
Sapete poi cosa significa socievolezza? La capacità di costruire un’atmosfera serena e un dialogo che intorpidisce i sensi. E ti fa abbassare la guardia.

Alessandra mi ha poi dato qualche ulteriore sommario indizio. Ha tentato un mio identikit ma lì mi sono difeso fornendo notizie e indicazioni generiche, insomma cazzeggiando (“Né alto, né basso - mi sono raccontato -, asciutto e senza pancia”. “Interessante, proprio interessante” - ha commentato lei, ironica, la descrizione che non descrive) .

- E tu quanti anni hai? - cambio discorso...
-Diciamo tra i 20 e i 30- risponde per riscaldare la mia curiosità.
-La tua voce è giovane. Sei più vicina ai 20 che ai 30. E comunque io sono molto più vecchio di te.

-Vuoi che ti chiami papà?
-Per forza penso di averne più del doppio di te e sono sposato - Mi ero lasciato un po' andare e mi sono richiamato all’ordine erigendo una qualche barriera...

- Che vuol dire, l’età mica conta e poi sei un distinto signore! - ha subito calato queste astute carte.
- Come lo sai - pausa -, l’amico comune? - faccio lo spiritoso.

- Il non comune amico! - , si diverte lei che adesso aggiunge con aria maliziosa: -Meglio interromperci, no? Altrimenti scivoliamo dove non si deve...

L’ho ascoltata in silenzio aspettando che proseguisse, tanto mi aveva avvitato con quelle sue parole, ma lei mi ha segato con una chiusa rotonda e decisa:

-Chiamami domani.
-Va bene - non mi è restato che dirle un po’ imbronciato per lo stop inatteso alla telefonata che, meno male, avrebbe dovuto esser breve - , vada per domani. Non so decidermi se onestamente disprezzarmi per il pollo che sono o fottermene e immaginarla come una lolita con gli occhiali a forma di cuore...

Ho incocciato Franchi lasciando il suo ufficio, appena notando alle pareti l’esposizione di attestati, targhe e cotillons che si scambiano gli uomini delle polizie.

-Dottore - mi ha detto ridendo - scommetto che le brucia un po' l'orecchio…Non lo faccia più. Quel telefono era sicuro, d'accordo, ma conosce il cartello del bar: telefonate brevi…

Gli ho sorriso inebetito e lui ha aggiunto:
-A proposito, vediamo di dare una controllata in giro se questo amico che parla così bene di lei per caso non esista davvero…
Mi sono rifugiato in macchina.

“Insomma - ho pensato - da adesso in poi per riavere la sua voce dovrò buttare quei numeri nel vento senza conoscerne il rimbalzo. Mentre lei, se la chiamo, lo vedrà subito materializzarsi in un piccolo display “.
“Due punti per lei”, ho notato con fastidio.

***

Mi hanno fatto fare un lungo giro per guadagnare casa visto che ormai ognuno di noi - improvviso bersaglio all’improvviso - deve limitare al massimo il numero dei passi identici su cui tornare.

Certo queste nuove condizioni rendono ogni spostamento meno monotono, quando non avventuroso. Gli uomini della scorta, infatti, trattano il traffico come un gregge imbranato e fastidioso su cui quasi naturalmente infierire. Ora lo terrorizzano a colpi di sirena mentre scivolano lungo la vasca del Circo Massimo. 

Lateralizzano gli indecisi - le guide dei cosiddetti domenicali dall'inseparabile cappello in testa - sotto la frusta frenetica e nervosa della paletta. Hanno la stessa determinata cattiveria di cani da pastore.

Ho pensato che il primo nemico da cui guardarsi e da battere quando si è sotto minaccia di attentato (con questa prospettiva, ormai, dobbiamo convivere) è proprio la routine. La prevedibilità dei movimenti indotta dal rituale del lavoro. 

Il rischio è infatti che quella santa pigrizia che rende possibile e liscia l’organizzazione delle abitudini quotidiane ora diventi il miglior alleato di un nemico che per mestiere debba scovarci.

Finalmente a casa. Ma solo per il tempo di preparare i bagagli e di raggiungere Ciampino, destinazione Bonn.
In aereo - un Falcon bireattore -mi sono accovacciato in un angolo tenendo tra le mani il computer. Con una cuffia davo proprio l'idea di trascrivere un testo, forse un discorso di Ennepì

Così certamente deve aver pensato lui avvicinandosi a me. Mi ha fatto un cenno di vittoria indicando la cuffia e la cabina del pilota: è arrivata la conferma via radio del suo incarico ministeriale…Ho stretto i pugni in alto in segno di gioia e lui vedendomi alla tastiera mi ha fatto cenno che ci saremmo potuti parlare anche dopo…

E invece ho deciso di tenere un diario preciso diquesta nuova vicenda. Sul tavolinetto estraibile due bicchieri: uno di whisky e l'altro d’acqua ghiacciata. E' come fossi barricato nella piccola stanza spartana che mi ospita e che ora si dilata al suono e alla magìa dello stereo. 

Infatti la mia cuffia è quella di un walkman e mai come adesso Midnight lady si srotola e scorre rotonda come una buona premonizione. La ascolto nel semibuio e il ritmo di questa canzone spalma di percussioni positive questo tempo ritrovato. E’ un benessere inatteso quello che adesso vivo, a caccia di segni e destini, conferme e superstizioni.“Che difesa di burro!" - ho pensato e scritto che è bastata una telefonata perché la mia curiosità capitolasse di fronte alla malizia un poco ovvia, probabilmente di una ragazzina… 

Evidentemente sono stressato, questi nuovi obblighi da vita istituzional-poliziesca mi angosciano e se ci aggiungo questo stracovato sentimento di solitudine...Soffro di orfanite.

Certo mi ha divertito parlare con lei. Ma poi, occhio! su tutto pesa il mistero di partenza: neppure io conoscevo a memoria il numero telefonico della blindata. Sono certo di averlo annotato e comunicato solo e soltanto alla segreteria particolare.

Per cui, seguendo il lato buono della teoria investigativa, mi è anche venuto di pensare che Alessandra possa essere in realtà una voce prestata. Magari ad un’altra persona, invaghita, tipo la segretaria dell’ufficio accanto.

Forse avevo in mente questo, quando a Franchi ho detto che facevamo così da ragazzi.
Pensate a quelle silenziose presenze, quei visi incorniciati da occhiali dalla montatura un po' antica. Insomma timidezze che affidano all’amica del cuore - quella di mondo, così sciolta al telefono - il compito di poter essere come non si sa, e affrontare così, per noi, tutto quel casino là fuori, compresa la paura di non essere accettata, di non piacere, di non saper reggere il carico angoscioso di una telefonata. Ma non può assolutamente essere così. 

Quel numero lo conosciamo in troppo pochi. E l'unica cosa acquisita è che i movimenti di lei possono svolgersi soltanto dentro il distretto telefonico di Roma.

***

Il privato, se do' retta a Franchi, dovrà farsi pubblico per motivi di sicurezza. E tutto ciò che di nuovo e di bello compare sulla scena dovrà essere annusato e considerato sospetto.

Alessandra, sei capitata nel momento sbagliato - ho pensato e scritto - perché hai trovato un amico che dovrà saperti essere all’occorrenza nemico”.

La canzone è finita e mi ha lasciato tra nuove ossessioni. E’ troppo breve questa distanza mentale che separa felicità e tormentone.
”Ma chi è veramente lei?” - il frullatore macina domande. “E perché non dovrebbe ingannarmi? Chi ha guidato la mano della telefonata?

 Davvero un amico comune - come lei ha detto - o un non comune nemico?” Sono come stremato e ho decisamente le pile scariche…
Mi soccorre Ennepì. Mi viene incontro nel corridoio dell'aereo. Mi tolgo la cuffia e lo interrogo ridendo: - Trappolone?
- Parliamone! - e lo raggiungo, nel sedile di fianco al suo, dove finalmente affronteremo lo strano caso della falsa agenzia.

***

Bonn, residenza del ministro della Giustizia. Ho molto tempo davanti a me prima che Ennepì veda la stampa italiana; lo farà dopo pranzo. La mattina se ne andrà negli incontri tra delegazioni retti dal minuzioso cerimoniale che ho potuto aggirare. 

E' presto. Per la prima volta, da oltre un anno, l’uomo della domenica si sveglia anche in me, magari con l'idea di comprare pasticcini per il pranzo della festa, e così potrò continuare a pensare. A quel che sta accadendo, al mio lavoro.

Forse perché la cosiddetta lotta al crimine è rimasta, in questo apparente tempo di guerre televisive, l’unica gloria da spartire - e dunque una possibile ubriacatura di notorietà e di popolarità. Forse perché all’improvviso riappare uno spazio del giusto che la gente desidera veder abitato e attraversato.

Forse perché l’organizzazione sociale ci dà cibo, vestiti e immaginario: ma nessuna vera pulsazione. Forse per tutti questi perché nell’esperienza accanto a Ennepì ho finito per amare della vita proprio quella parte che lambisce la morte.

Ma se anche a me è piaciuto e piace questo giro di vite dell’esistenza - sentirsi parte di una sfida importante -, perché proprio adesso dovrei vigilare anche su di una “innocente”, improbabile e improvvisa materia delle emozioni, imbrigliando questa cosa nuova che mi è capitata?


Fine prima parte.
La seconda parte di "Contro tutte le paure" verra' pubblicata dal Barbiere della Sera mercoledi' 21 Marzo 2001


-Contro tutte le paure -
Copyright 2001 Antonio Bettanini - Il Barbiere della Sera


 


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