Inpgi, Casagit, Ordine dei giornalisti

Un mutuo? Un molare da estrarre dal dentista? Un piccolo prestito? Vuoi vedere quanto ti manca alla pensione, ammesso che tu riesca a prenderla? Hai bisogno di informazioni sulle attività dell'Ordine dei Giornalisti? Ecco i links che ti servono, o le persone giuste con cui parlare. Inpgi, Casagit e Ordine avranno piena ospitalità in queste pagine per trasmettere ai colleghi i loro comunicati.


 

 

11 Ottobre 2001 - Meglio di un Cruise, l'Abruzzo non perdona

Si sa come vanno queste cose. Uno lavora, scrive, filma, va in voce, registra, naviga su Internet, taglia, copia e incolla. Tutti i giorni che Dio (o Allah) mandano sulla Terra.

E chi ce l’ha il tempo di studiare? Per prendersi la prima o seconda laurea? Macché, semplicemente per andare a Roma ("Roma ladrona") e sostenere un esame di Stato - quello di abilitazione alla professione giornalistica (luogo: hotel Ergife, data: 30 ottobre ’01, oggetto: priva prova scritta, prove: "tema", "riassunto", "quiz di cultura generale") – che tutti quelli che l’hanno fatto ti dicono "ma va, è una fregnaccia! Si copia tutto, al bagno, ovvio", ma tutti quelli che lo devono fare gli tremano le vene nei polsi.

Pivelli praticanti? Macché, giornalisti fatti e finiti (c’è persino qualche direttore di giornale, che si sta preparando a sostenere tale ordalia...), inviati di lungo corso, redattrici provette, free lance pronti a tutto, maghi di Internet, cronisti d’assalto.

Però, cavoli, l’esame... La scena del delitto sono in molti a conoscerla e a ricordarla come un incubo: migliaia di quasi giornalisti, un ticchettio infernale di macchine da scrivere, residuati bellici o poco più che immancabilmente si rompono al primo a capo, rulli che saltano, nastri d’inchiostro che si seccano, svenimenti, scene di panico, urla, cinguettii, corteggiamenti persino, nei corridoi, nei bagni.

 Ecco, i bagni, veri e propri hamam, saune e bagni turchi di terrore anche se fuori grandina o nevica, bazar infernali di lingue e risposte più improbabili e bizzarre che scatenano ondate di follia, atti d’isterismo, crolli emotivi.

Insomma, un inferno. Altro che il Panshir, il Kosovo o il Vietnam. Si tratta della prova del fuoco finale. Dopo, se si passa, "libertà duratura", "giustizia infinita", "pace perpetua". E l’agognato tesserino.

Come porre riparo a questo vero e proprio atto di terrorismo psicologico, sociologico e politologico che la centrale-guida degli islamici della categoria, l’Ordine nazionale dei giornalisti, vuole infliggere a dei poveri e inermi praticanti, rei solo di doverlo superare, l’esame, per poter dire – a un poliziotto, a un vigile urbano, a un tramviere - di stare svolgendo legittimamente quello che già fanno sostanzialmente?

Bombardare l’Ergife? Occupare la sede della corporazione manu militari? Abolire l’Ordine, radendolo al suolo? A Milano, Lombardia (regione, si sa, d’avanguardia) si svolgono da decenni regolari corsi di preparazione all’esame.

Li organizza l’Ordine regionale, all’avanguardia, nella materia. E sono in molti, tutti i giovedì sera, in candidati che si rinchiudono in uno squallido palazzo di uno squallido quartiere, a sostenere e a sudare con le cosiddette "simulazioni", proprio come i parà, pancia a terra.

Prima prova scritta, seconda prova scritta, quiz. Un’odissea, una carneficina, un’ecatombe, un eccidio. Nessuno ricorda nulla, tutti sbagliano qualcosa, veterani del giornalismo commettono errori madornali. Ce la faremo, si chiedono in molti, tremanti, ma certi che si andrà ad affrontare il nemico a viso aperto?

Tranquilli, ragazzi, ogni medicina ha il suo rimedio, ogni attacco vigliacco trova la sua ferma reazione. Sta per uscire "l’Abruzzo" ("Codice dell’informazione", si dovrebbe dire, ma nessuno lo chiama così), lo pubblica il Centro di documentazione giornalistica, consta di soli due volumi e di un numero di pagine assai modesto, 2000 (duemila). Anche il prezzo è modico, 160.000 (centosessantamila) lire.

E’ uno scherzo? Nient’affatto, l’Abruzzo è così, degno del suo autore, Franco detto "Ciccio" Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, "comma 28" come lo chiamano dei ragazzacci.

E’ una pioggia micidiale e precisa all’articolo, al paragrafo, al comma. Abruzzo "è" l’Abruzzo, sono la stessa persona, un corpo solo fatto a forma e a parola di libro, un sacro testo contenente centinaia di leggi, codici, atti, regolamenti, costituzioni, trattati e convenzioni nazionali, internazionali, sovranazionali, che "fanno" la professione giornalistica e, soprattutto, "sono" oggetto di domande della commissione d’esame.

Morale: l’Abruzzo di Abruzzo è indispensabile, decisivo, imprescindibile. Non a caso, lo vogliono tutti, in prestito, in fotocopia, persino disposti a comperarlo, costi quel che costi, "piuttosto prendo il vecchio, però, certo, se uscisse il nuovo...".

Bene, è ufficiale, c’è, sta per uscire, correte a prenderlo (ai giornalisti nelle librerie fanno persino lo sconto. Del 10 percento?, e vabbé...), vale il suo prezzo. Dentro, c’è tutto, persino il trattato della Nato, nel primo volume, quello delle leggi, persino la storia del giornalismo dalle origini ai giorni nostri, nel secondo volume, quello dei quiz, la sezione dell’opera omnia del giornalismo italiano più preziosa, quella più utile, tanto per capirci... Magari non si riesce a leggerlo tutto, "prima" dell’esame (non fosse altro che mancano 20 giorni e l’Abruzzo consta di 2000 pagine...), ma se si arriva all’esame con l’Abruzzo il successo è garantito.

In definitiva, se proprio dovesse andarvi di sfiga, l’Abruzzo un suo uso pratico ce l’ha e lo mantiene: sollevatelo da terra, un volume in una mano, un volume nell’altra, prendete la mira e tiratelo addosso al commissario che vi ha appena bocciato. Altro che missili Cruise o Tomawack. L’Abruzzo non perdona.
Ambrogio

10 Ottobre 2001 - Cazziatone di Franco Abruzzo all'Inpgi

Ordine dei Giornalisti della Lombardia - comunicato stampa

Istanza di Franco Abruzzo ai ministri della Giustizia, dell’Economia e del Lavoro

Cessione dei diritti d’autore: “Il Governo istruisca l’Inpgi”

L’Inpgi svolge compiti sostitutivi rispetto all’Inps: libertà di cumulo per i giornalisti pensionati!

Milano, 9 ottobre 2001. L’Inpgi batte cassa e non ritiene lecito che alcuni giornalisti, anche ottantenni, siano retribuiti, per i loro articoli o le loro interviste, con la cessione dei diritti d’autore. Secondo l’Istituto, costoro, anche se ottantenni, sarebbero dei redattori!!! Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, ha chiesto, con motivata istanza, ai Ministri della Giustizia, dell’Economia e del Lavoro:

a) di esprimersi sulle vicende che vedono contrapposti Inpgi e giornalisti pensionati;

b) di esercitare la vigilanza sull’Inpgi (prevista dal Dlgs n. 509/1994), impartendo  istruzioni  all’Istituto sul rispetto della legislazione vigente in tema di cessione dei diritti d’autore collegata all’attività dei giornalisti liberi professionisti iscritti negli elenchi dell’Albo tenuti dagli Ordini regionali e interregionali.

Le iniziative dell’Inpgi  sono la spia di una situazione, che vede l’Inpgi ancora abbarbicato a una visione “corporativa” della professione giornalistica. Secondo lo schema, creato dal regime fascista negli anni 1925-1928, il giornalista professionista, che allora aveva l’Albo ma non l’Ordine professionale, è un dipendente.

La libera professione è una conquista recente, ancorata alla legge professionale n. 69/1963, al Codice civile (che disciplina il lavoro autonomo), al Cnlg (che dal 1° marzo 2001 disciplina anche il lavoro autonomo dei giornalisti), all’articolo 2 (comma 26) della “legge Dini” n.  335/1995 e alla nascita (con delibera del Consiglio nazionale dell’Ordine) della gestione separata dell’Inpgi.

 Il vertice dell’Inpgi, quando si è accorto che la cessione dei diritti d’autore non comporta l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata, è corso ai ripari, ottenendo dal Ministero del Lavoro un parere su una materia che era di competenza del Ministero delle Finanze (oggi Ministero dell’Economia). Senza dimenticare il Ministero della Giustizia, che esercita la sua vigilanza (ex Dlgs n. 300/1999) sulle professioni intellettuali.

L’Inpgi stenta a comprendere che i giornalisti, anche quando percepiscono l’assegno di quiescenza, sono sempre dei professionisti “in attesa di clienti” e che il loro diritto al lavoro (professionale) è tutelato dall’articolo 4 della Costituzione.

Oggi i giornalisti in quiescenza hanno anche libertà di cumulo (ex articolo 72 della legge 388/2000), principio generale dell’ordinamento statale che l’Inpgi nega in maniera ostinata, irrazionale e illegittima.

Il punto centrale è questo in sintesi: l’Inpgi è una cassa di previdenza privatizzata (non... privata) come quella degli avvocati. I giornalisti sono  dipendenti, gli avvocati sono liberi professionisti. L’Inps dà la pensione solo a cittadini ex dipendenti. Ne consegue che l’Inpgi come l’Inps deve consentire il cumulo ex art. 72 della legge 388/2000. L’Inpgi svolge, infatti, compiti sostitutivi rispetto all’Inps (art. 76 legge  388/2000). 

“La situazione  è paradossale. L’Inpgi, che si regge sull’esistenza dell’Ordine professionale, disconosce - osserva Abruzzo - la pecularietà della professione giornalistica,  negando di fatto ai giornalisti  con i capelli grigi il diritto di lavorare e di arricchire la società italiana con  contributi intellettuali maturati nel corso di decenni dedicati alla professione  giornalistica”.


3 Ottobre 2001 - Tessera rossa in "marilenghe"

Elisabetta Pozzetto, (27 anni, di Reana del Rojale, provincia di Udine, dottoressa in Conservazione dei beni culturali e redattrice de “la Vita Cattolica”) è la prima giornalista che ha sostenuto l’esame di idoneità professionale in lingua friulana

E’ diventata professionista venerdì scorso, superando brillantemente il colloquio davanti alla commissione presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti a Roma.  

È stato un evento senza precedenti dato che ha sostenuto parte dell’esame in «marilenghe». Compiuto il praticantato di 18 mesi, Elisabetta ha chiesto di poter sostenere la prova scritta in lingua friulana, avvalendosi della legge di tutela (482/99) per le minoranze linguistiche. 

Il Consiglio dell’Ordine (non senza un lungo e lacerante dibattito interno all’Ordine regionale) ha accolto l’istanza ed ha provveduto ad integrare la commissione con un esperto di lingua friulana, Silvano Bertossi.  

Così Elisabetta Pozzetto ha potuto scrivere in friulano l’articolo di attualità – ha scelto il tema di politica estera- e la tesina da discutere nel colloquio (tema: l’uso della lingua friulana nella pubblicità di una multinazionale estera).

In occasione dell’entrata in vigore, venerdì 28 settembre, del regolamento attuativo della legge di tutela -che permette ufficialmente di far entrare la lingua friulana e le altre 11 lingue delle minoranze presenti in Italia negli enti locali, nella scuola, nelle istituzioni e nei media- l’ Ordine dei giornalisti, solitamente un po’ lento a recepire le istanze della categoria, ha ufficialmente spalancato le porte alla comunicazione, non solo in friulano o in lingue che fanno riferimento a stati confinanti (tedesco, sloveno, francese, ecc…), ma anche ai sardi, agli albanesi di Cosenza e Catanzaro, ai ladini di Ortisei, Canazei e Cortina, ai catalani di Alghero, ai greci di Reggio e Lecce, agli occitani di Guardia Piemonte, Olivetta San Michele e delle province di Cuneo e Torino. Oltre ai serbi e ai croati del Molise.

“Ho trovato da subito molta disponibilità - ha commentato la neo giornalista in marilenghe- da parte dell’Ordine e dei componenti della Commissione esaminatrice, presieduta da un giudice della Corte d’Appello di Roma. 

Anche durante il colloquio, colleghi e esaminatori hanno mostrato grande curiosità e attenzione. Si è trattata di un’occasione nella quale ho potuto testimoniare e raccontare la ricchezza culturale e linguistica del Friuli-Venezia Giulia, su cui si fonda la specialità della nostra Regione”.
 

In virtù del mio plurilinguismo- limitato dal fatto che l’inglese lo leggo, ma non lo scrivo, né lo parlo- il Barbiere è il primo a intervistare colei che, ai sensi di legge, potrebbe costringere Del Boca ad assumere dodici nuove segretarie bilingui all’Ordine dei giornalisti. 

Più una traduttrice (mi offro in quanto giornalista disoccupata, che conosce quanto meno il friulano scritto e parlato). Per avere la traduzione dell’intervista…pagatemi. 

Sto già organizzando (a nord est si può fare) un giro di giornalisti in grado di tradurre in italiano dallo sloveno, tedesco, francese, friulano, croato, serbo, albanese, greco, catalano, occitano, sardo, ladino dolomitico. Se po’ fa…se po’ fa…che se po’ fa per sopravvivere…

PS: Del Boca, ma adesso mi assumi, però, parlo anche romanesco… 

Il to esam di gjornaliste, il prin in lenghe furlane, al è colât propit intal dì de jentrade in vigôr dal regolament atuatîf de leç di tutele des minorancis lenghistichis d’Italie. Un event tal event.

“Sì, il gno esam in lenghe furlane al è la prime aplicazion concrete de leç di tutele e al è un event no dome pai furlans — che a jerin pardabon in spiete di cheste leç di agnorums —, ma ancje par todescs, sardenui, ocitans, franco-provenzâi, ect. Insumis, par ducj chei che a fevelin lis dodis lenghis mancul pandudis d’Italie. Il regolament de leç al puarte une schirie di novitâts te vite di ducj i citadins che a puedaràn doprâ la lôr lenghe tai ents locâi, te scuele, tai uficis publics, e pardabon tal gjornalesin. Cumò ancje cul timbri uficiâl dal Ordin di Rome”.

Al è stât dificil presentâ domande?

“No, anzit. Daurman o ai cjatade une grande disponibilitât sedi dal Ordin sedi de Comission che e veve di esaminâmi. Il teme scrit, voltât di un tradutôr, Silvano Bertossi, nomenât dal Ordin, al è stât valutât une vore ben de Comission e ancje la prove orâl e je stade seguide cuntune sclete curiositât. O presentavi un argoment atuâl, l’ûs de marilenghe tal marketing”.

Une pensade che tu vevis di timp o ise stade une idee dal ultin moment?

“O scrîf ogni setemane une pagjine dute in lenghe furlane e o fâs cronache. O ai vût la fortune di davuelzi il gno praticantât intun setemanâl che al à une tradizion storiche di gjornalesin in lenghe furlane e che si è batût di simpri pe aprovazion de leç di tutele. Duncje cheste e je stade la fonde de mê decision. Po o ai fat dut dibessole. Al cors che al prepare al esam, a Fiuggi, o ai cognossût une mê coleghe di Gurize che e scrîf par sloven. E o ai pensât: “Ve che o podin presentâ pe prime volte la ricjece lenghistiche e culturâl dal Friûl –Vinesie Julie”: daspò dal sloven, cumò il furlan e di cà a un pôc ancje i todescofonos dal Friûl. E cussì al è stât”.

Cemût isal scrivi un toc di politiche foreste par furlan. Tu as sielzût il teme dal titul impegnatîf “I cento giorni del governo Bush a confronto con il governo Clinton”?

“La mê e je stade une sielte precise. Dispès al è il pregiudizi che une lenghe di minorance no sedi buine di “fevelâ di robis altis”: Tancj a pensin che e vadi ben dome par contâ folklôr. Nol è cussì. Anzit o pensi che oltri al contignût, il gno toc al sedi stât valutât une vore ben propit parcè che la marilenghe e je vivarôse e sclete. Sintetiche. E duncje juste pal lengaç dai gjornâi”.

I coleghis ce disino?

“Mi an cjalade cun afiet. Cuant che o soi rivade in chest stanzon cun dentri altri 300 candidâts cui mei vocabolaris di furlan — cuatri, tancj a son — in tancj a son vignûts dongje cun curiositât, e infin ancje i plui difidents a àn preseât la braure che o ai vût tal frontâ une novitât che e podeve jessi un ostacul ae riessude dal esam”.

Il panoram informatîf in marilenghe al è a bon seont te in Friûl?

“Si à di rivâ a jentrâ tal servizi di Stât, ma la leç lu proviôt, duncje o podin jessi fiduciôs. Par il rest, a esistin di timp radio, emitence privade e gjornâi che si impegnin cun professionalitât a dâ informazion in lenghe furlane. Cumò o speri di vê viarzût une strade par ducj i coleghis che daspò di mê a puedaràn sostegnî l’esam, dant professionalitât al setôr”.

La ragazza del bar


3 Ottobre 2001 - Chi si candida al Fondo complementare


IL FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE, STRUMENTO DEL SINDACATO AL SERVIZIO DELLA CATEGORIA 

Programma e candidati della Lista Unitaria 1 

Una proposta per il  radicamento del Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti Italiani, perché la sua valenza  in termini di certezze economiche dell’oggi e, soprattutto, del domani, cresca con il contratto quale parte essenziale dell’organizzazione sindacale e professionale della categoria. Un Fondo ancora giovane e gracile da condurre e gestire gelosamente con efficienza, professionalità e massimo rigore , capitalizzando al massimo le opportunità di un collegamento forte con la Fnsi,  evitando ogni tentazione di trasformarlo in un carrozzone  e ogni rischio di renderlo subalterno ad interessi più svariati, come potrebbe accadere nel caso di un   rapporto sbilanciato con la Fieg, che, per legge, lo gestisce paritariamente con i giornalisti.

In estrema sintesi si tratta della proposta che una larga area rappresentativa nel sindacato dei giornalisti fa con una propria lista di nominativi per la prima elezione della componente di parte giornalistica del Consiglio di Amministrazione del collegio dei sindaci prevista per i giorni 13, 14, e 15 ottobre 2001.

I candidati  per il C.d’A. sono:
Franco Siddi
-   Cagliari, consigliere di amministrazione uscente, Vicesegre. Fnsi

Marina Cosi -    Milano, consigliere di amministrazione uscente, Vicesegre. Fnsi

Pierluigi Franz -   Roma, cons. Inpgi, Pres. Associazione Stampa Romana

Luigi Ronsisvalle – Palermo, consigliere di amministrazione uscente, Giunta Fnsi

Giovanni Rossi - Bologna, già Pres. Associazione Stampa Emilia Romagna, cons. Fnsi

Marco Volpati – Milano, cons. Inpgi, già Vicesegre. Fnsi  

(Si possono scrivere fino a quattro nomi sulla scheda)

Per il collegio dei sindaci  questa lista candida gli uscenti, in possesso dei requisiti di legge:
Andrea Di Segni – Pubbl. Revisore uff. dei conti; Giovanni Marras –Pubbl. Rev. uff. conti
(Indicare un solo nome sulla scheda)                                                                                             

Costituito dal 1987, il Fondo è diventato operativo grazie alle scelte compiute dalla Giunta esecutiva e dal Consiglio Nazionale della Fnsi usciti dal Congresso di Villasimius, che ne hanno voluto fare uno degli elementi qualificanti del rinnovo biennale del contratto nazionale di lavoro sottoscritto con la FIEG il 4 giugno 1998.

Obiettivo della Federazione della Stampa, che insieme alla Federazione degli editori, in quanto parti costitutive, ha messo a punto il nuovo statuto del Fondo e che ha nominato direttamente, nella prima fase, i consiglieri di amministrazione espressione degli iscritti, è stato e resta quello di realizzare uno strumento operativo che, da un lato, utilizzando tutte le possibilità offerte dalla legislazione sui fondi pensione complementari, garantisca il massimo di trasparenza, di efficienza e di professionalità, non disgiunte da un rigoroso contenimento dei costi. Agli iscritti è stata assicurata inoltre ogni possibile flessibilità operativa, che consente a chiunque di costruirsi una pensione integrativa secondo personali esigenze e le proprie disponibilità.

Questo obiettivo è stato  ampiamente raggiunto ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Il Fondo, che trova la sua fonte nel contratto nazionale di lavoro, ha alla sua base il criterio della capitalizzazione (è questo un obbligo di legge).

Con il rinnovo contrattuale del giugno ’98, si è previsto l’obbligo per le aziende editoriali di versare mensilmente per ogni giornalista iscritto al fondo un contributo che è pari all’1% della retribuzione. Questa cifra è a carico dell’azienda. Il giornalista contribuisce ad alimentare la sua posizione con una contribuzione minima pari allo 0,1% della sua retribuzione mensile, ma può aumentare il suo contributo sino al 12% e può variarlo in qualsiasi momento. 

Oltre al contributo aziendale ed a quello del giornalista, il capitale individuale è alimentato annualmente da una quota del TFR (trattamento di fine rapporto) maturato nell’anno. Questa quota è stata nel ’99 e nel 2000 pari alla somma dei contributi  dovuti annualmente dall’azienda. Con il 2001, grazie al nuovo contratto di lavoro sottoscritto dalla FNSI, la quota di TFR da destinare al fondo complementare è stata raddoppiata. 

Ogni collega può non solo scegliere (e modificare in ogni momento) quanto della sua retribuzione destinare alla sua previdenza complementare, ma anche scegliere come il suo capitale debba essere investito. Infatti, sono stati realizzati tre comparti di investimento, che possono ampiamente soddisfare tutte le esigenze personali: prudente (per la maggior parte titoli obbligazionari e per una piccola parte titoli azionari); conservativo (titoli obbligazionari); misto, nel quale i titoli azionari salgono al 40% a fronte di un 60% di titoli obbligazionari. 

Sempre nella logica della massima flessibilità è stata prevista la possibilità per i colleghi che si trovino temporaneamente senza lavoro e che siano iscritti al Fondo di proseguire nella contribuzione volontaria scegliendo la misura percentuale più rispondente ai loro obiettivi. 

Con una selezione tra i più importanti gestori europei è stata individuata una “Banca depositaria”, la Banca Commerciale Italiana, che ha il compito di riscuotere i contributi dalle aziende e di controllare sulla correttezza degli investimenti, sono stati individuati due gestori finanziari, uno internazionale (il gruppo olandese ING, leader mondiale nella gestione di fondi pensionistici), uno italiano (la banca Fideuram, del gruppo San Paolo di Torino), che hanno il compito di investire al meglio il capitale complessivo del Fondo, è stato individuato il gestore amministrativo (la PREVINET, società  costituita dalla Banca Commerciale e dalle Assicurazioni Generali), che gestisce le posizioni individuali, controllando i versamenti delle aziende e ripartendo annualmente sulle singole posizioni gli utili maturati.  

Quindi, come si vede, è stato assicurato il massimo di trasparenza e il massimo di professionalità, ma anche il massimo di risparmio. Infatti, il Fondo non ha dipendenti (e spese conseguenti), non eroga emolumenti ai suoi amministratori.

Questo è possibile perché esiste, e ci auguriamo continui ad esistere, uno stretto rapporto tra Fondo e Federazione della Stampa. Il sindacato, consapevole della necessità di non gravare il fondo di costi, si è accollato l’onere di garantire il funzionamento e la funzionalità degli uffici del Fondo. Ha utilizzato i suoi strumenti per comunicare con gli iscritti: il sito Internet e le sue pubblicazioni periodiche (Galassia e FNSI-informazioni). I consiglieri del Fondo, tutti componenti della Giunta esecutiva della FNSI sino ad oggi, non hanno preteso prebende per la loro attività, considerandola un servizio al sindacato e alla categoria. 

Questo è il lavoro che è stato fatto in questi anni. Su questi risultati i colleghi sono chiamati ad esprimere con il loro voto il loro parere.

  Cosa serve al Fondo? 

Non servono “esperti” di previdenza, esterni in trasferta, né particolari grandi competenze di finanza. Il Fondo, tramite i suoi gestori finanziari e la banca depositaria, possiede già il meglio delle professionalità disponibili al riguardo.

Cosa occorre, allora?

Occorre che il Fondo continui ad essere parte essenziale dell’organizzazione sindacale dei giornalisti. Perché il Fondo è frutto e parte del contratto nazionale di lavoro. Perché soltanto così potranno essere contenuti i costi generali di gestione. La categoria deve continuare a sentire il Fondo come cosa che le appartiene, come un istituto contrattuale che cresce e si trasforma con la crescita e la trasformazione del contratto. Non a caso, uno dei primi prossimi obiettivi dovrà essere quello di allargare il Fondo anche ai colleghi free-lance. 

Occorre, in altri termini, che il Fondo non diventi un “carrozzone” di spese, che ne segnerebbe in breve volgere di tempo una fine ineluttabile. 

Per questo invitiamo tutti gli iscritti a votare per i nominativi indicati dal sindacato e che, nella maggior parte sono anche i colleghi che hanno amministrato il Fondo nella sua fase costitutiva e di decollo e per il resto da colleghi di sicura e provata esperienza e rettitudine, secondo criteri di efficienza, continuità e sviluppo, integrazione di professionalità rappresentative, capaci di rapportarsi autorevolmente con gli editori, con i quali deve essere gestito il Fondo e con il nuovo sistema della previdenza integrativa.


3 Ottobre 2001 - Che succede all'Edisport?

La dottoressa Vigo, ispettrice dell'istituto di previdenza dei giornalisti, sta svolgendo da alcuni giorni accertamenti presso la societa' editrice Edisport, su diverse posizioni "ambigue". Si tratta dei soliti "collaboratori", pagati e inquadrati come tali ma utilizzati come giornalisti dipendenti a tutti gli effetti. Persone che stazionano quotidianamente in redazione, che rispettano orari, che hanno scrivanie, computer e linee telefoniche dedicate.

Alcune di queste hanno nel frattempo avviato cause legali contro l'azienda, mentre l'Ordine di Milano ha già riconosciuto i legittimi praticantati d'ufficio a chi ha fatto presente il problema.

Non è la prima volta oltretutto che l'Ordine si vede costretto a ricorrere al riconoscimento d'ufficio del praticantato per collaboratori di Edisport. Franco Abruzzo infatti sa di avere con questa casa editrice una lunga tradizione in tal senso. Insomma, la solita vecchia storia degli abusivi in redazione.

Sarà anche per questo motivo che, in questi ultimi mesi si è verificato una sorta di fuggi fuggi dalla Edisport. Prima Luigi Bianchi, direttore di Motociclismo; poi Marcello Crespi, direttore generale per la pubblicità, Renato Dainotto, caposervizio di Automobilismo e altri ancora. Ma la scomparsa più curiosa è stata quella di Matteo Bacchetti, figlio del presidente della società, Piero Bacchetti e nipote dell'amministratore delegato della medesima, Massimo Bacchetti.

Quest'ultimo è anche direttore responsabile della maggior parte delle testate del gruppo e.. udite, udite...aveva fatto per anni, dalle pagine della sua rivista Automobilismo, lezioni di etica imprenditoriale alla Fiat, accusando il gruppo industriale torinese di non comportarsi correttamente nei confronti di dipendenti e azionisti ed ergendosi a difensore degli interessi dell' industria nazionale, della nazione ecc.

Sta di fatto che se il rapporto con i dipendenti lascia molto a desiderare, quantomeno Massimo Bacchetti tutela (o cerca di tutelare) gli interessi  dei soci. La Edisport Editoriale Spa infatti è una società che vede come unici soci, al 50 per cento ciascuno, Piero e Massimo Bacchetti. Speriamo almeno che ora agli interessi dei dipendenti ci pensi l'Inpgi.
Anonimo

28 Settembre 2001 - Fondi complementari, i candidati di Puntoeacapo e Quarto Potere

UN FUTURO PIU’ SERENO PER LE NOSTRE PENSIONI 

IL 13, 14 e 15 OTTOBRE SI VOTA PER ELEGGERE I RAPPRESENTANTI DEI GIORNALISTI NEL FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE. 

Date un voto per ottenere trasparenza, efficienza, competenza e consulenza!

Cari colleghi, il Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti Italiani, costituito nel 1987, serve a integrare le pensioni Inpgi ed è gestito da un consiglio di amministrazione composto da sei rappresentanti votati dai giornalisti e da sei delegati della Fieg. Quando raggiungeremo l'età della pensione non avremo il 100% della nostra retribuzione, ma qualcosa che - secondo i dati della Fnsi - potrebbe assestarsi mediamente attorno al 70 per cento: in realtà parecchio meno per i giovani che andranno in pensione con il sistema retributivo.

Finora il Fondo è stato gestito dalla maggioranza uscente della Fnsi, la stessa che ha firmato l’ultimo contratto nazionale di lavoro contestato da gran parte della categoria, in particolare da chi vive ogni giorno la realtà delle redazioni. E adesso questa maggioranza uscente della Fnsi (un ‘correntone’ che comprende tutte le vecchie componenti sindacali tradizionali della Prima Repubblica) presenta anche la sua lista per il Fondo, puntando a occupare tutti i sei posti del consiglio d’amministrazione.

C’è però un’alternativa possibile, una lista sostenuta da due nuovi gruppi di giornalisti: Quarto Potere, costituito a Milano nel 1999, e Puntoeacapo, nato quest’anno a Roma, che si sono alleati e con l’appoggio di molti Cdr hanno condotto prima la battaglia per il no al contratto, poi la raccolta di firme per ottenere il referendum (negato dalla maggioranza uscente della Fnsi) e ora si candidano alle elezioni del Fondo per consentire ai giornalisti di scegliere in base a un programma innovativo che si basa su quattro punti.

1) TRASPARENZA

Il Fondo è stato gestito finora in modo poco trasparente: il consiglio d'amministrazione uscente (Serventi, Del Boca, Cosi, Siddi, Borghesan e Ronsisvalle), autonominatosi nella Giunta Fnsi, non è stato neanche in grado di far pervenire a tutti gli iscritti un rendiconto su quanto hanno reso i soldi versati nel Fondo a partire dal 1987. 

Noi ci impegniamo se eletti a ricostruire i rendimenti passati, per quanto sarà possibile, in modo che a ogni iscritto venga inviata la sua situazione personale specificando quanto è stato versato e quanto ha reso il denaro. Inoltre bisognerà aggiornare in futuro ogni anno le posizioni permettendo un check-up previdenziale personalizzato e in tempo reale. Inoltre il Fondo in futuro dovrà stabilire un collegamento operativo con l’Inpgi, in modo che ogni iscritto possa conoscere la propria situazione previdenziale complessiva.

Per assicurare la massima trasparenza e favorire la partecipazione dei colleghi, chiederemo inoltre in consiglio d’amministrazione che in futuro le elezioni del Fondo avvengano con seggi nei posti di lavoro (come avviene in quasi tutti gli altri fondi pensione) e prevedendo la possibilità di voto elettronico per chi è fuori sede. Purtroppo però il regolamento, approvato dal consiglio uscente, per queste elezioni prevede ancora norme che limitano il voto: perciò tutti i colleghi che vogliono cambiare queste norme, il 13, 14 e 15 ottobre devono andare di persona a votare nei seggi che si trovano nelle sedi delle associazioni o nei seggi decentrati. 

2) EFFICIENZA

Il patrimonio del Fondo è affidato a due gestori: la Banca Fideuram e il gruppo olandese ING. Non sono ancora noti i risultati della gestione: fino all’anno scorso il denaro veniva amministrato dalla Casagit che si limitava ad investimenti a breve (Bot o pronti contro termine). Occorre verificare l’efficienza della gestione, confrontandola con i risultati di altri fondi pensione comparabili con il nostro. E indire per il prossimo mandato una vera e propria gara, in modo da consentire a tutte le società che operano sul mercato di proporsi: così il Fondo potrà spuntare le migliori condizioni.

Vanno poi date più informazioni ai colleghi: tutti i ‘vecchi’ assunti sono considerati già iscritti al Fondo e versano automaticamente lo 0,1% della retribuzione contrattuale, esclusi i superminimi aziendali e individuali mentre il datore di lavoro versa l'1%. In più a partire da quest'anno (2001) per ogni dipendente viene versata una quota di Tfr pare al doppio dell'ammontare del contributo del datore di lavoro. Ma chi è assunto più recentemente e non è stato a sufficienza informato, se non si iscrive perde il versamento a carico del datore di lavoro. 

3) COMPETENZA

Per realizzare questo programma è importante che i rappresentanti dei giornalisti nel Fondo siano persone di grande competenza, che garantiscano una buona gestione e soprattutto forniscano tutti i dati necessari perché i singoli iscritti al Fondo siano in grado di scegliere con ragione di causa.

I gruppi Puntoeacapo e Quarto Potere, insieme ai giornalisti che vogliono rinnovare radicalmente il sindacato e gli altri organismi di categoria, propongono per il consiglio d’amministrazione del Fondo quattro nomi di persone che hanno i requisiti della competenza e dell'affidabilità personale:

Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, autore di numerosi saggi in materia, componente del collegio dei sindaci dell'Inpdap, ha fatto parte della Commissione di vigilanza sui fondi pensione; già dirigente nazionale della Cgil, è collaboratore del Sole 24 ore e giornalista pubblicista.

Marcella Ciarnelli, del Cdr dell’Unità, dal 1995 fa parte del consiglio generale dell’Inpgi; giornalista parlamentare, dal 1996 (governo Prodi) segue l’attività della Presidenza del Consiglio ed è tra i fondatori di Puntoeacapo.

Francesco Gerace, capo servizio dell’Ansa, già nel Cdr, consigliere d’amministrazione Inpgi, è fra i giornalisti più esperti di pensioni e svolge consulenza previdenziale (gratuita) per i colleghi di tutta Italia; ha pubblicato vari libri, tre dei quali trattano di pensioni, ed è tra i fondatori di Puntoeacapo.

Edmondo Rho, inviato di Panorama Portfolio, giornalista economico esperto di risparmio e fondi d’investimento, autore di libri di divulgazione finanziaria; consigliere nazionale della Fnsi (dove si è opposto all’ultimo contratto), è tra i fondatori di Quarto Potere.

Per il collegio dei sindaci il candidato è:

Enrico Corio, amministratore, consulente finanziario e revisore dei conti di diverse importanti società. 

4) CONSULENZA

Per far capire l’importanza del Fondo, è necessario dare una buona consulenza a tutti gli iscritti. Infatti i contributi a carico dei giornalisti possono aumentare volontariamente fino a un massimo del 12 per cento della retribuzione contrattuale. Esiste un complicato regime fiscale che consente di dedurre dal reddito quanto versato al Fondo. Al di là della maggiore o minore propensione di ciascuno al risparmio, esistono differenti soglie di convenienza all'accantonamento: su questo occorre dare una consulenza personalizzata, affidata a tecnici qualificati in grado di fornire anche proiezioni sul ‘gap previdenziale’ da colmare, cioè quanto manca per raggiungere una pensione adeguata.

Va anche data una consulenza personalizzata sulla scelta tra le tre diverse linee di gestione oggi previste - conservativa, prudente, mix - a seconda che si scelga di investire tramite il Fondo soprattutto su titoli obbligazionari o azionari.


3 Settembre 2001 - Fondi complementari. Elezioni a rischio

FONDO PREVIDENZA GIORNALISTI: CORSA AD OSTACOLI PER LE ELEZIONI

Partenza a rischio per il Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti Italiani. Lo denunciano i movimenti di giornalisti "Puntoeacapo" e "Quarto Potere".

Le prime elezioni del Fondo sono indette per il 13-14-15 ottobre ma, a meno di due settimane dal termine ultimo (13 settembre) per presentare i candidati, non ci sono ancora indicazioni concrete sulla raccolta delle 250 firme necessarie, secondo il regolamento, a sostegno delle candidature.

A tutt’oggi il Fondo non ha definito le modalità della raccolta di firme. In assenza di indicazioni precise nel regolamento, i componenti del seggio elettorale centrale avrebbero deciso di far presentare le candidature firmando appositi moduli. Ma di questi moduli non c’è ancora traccia, né nella sede della Fnsi né in quelle delle associazioni regionali della stampa.

Non vogliamo essere maligni pensando che si voglia impedire la presentazione di una lista di candidati alternativa a quella della maggioranza uscente della Fnsi, la stessa maggioranza (guidata da Paolo Serventi Longhi, che è anche presidente del Fondo) che ha approvato un contratto nazionale duramente contestato dalla base della categoria.

Concretamente, però, essendo ormai i tempi strettissimi, chiediamo che entro poche ore vengano date indicazioni chiare. Modalità adeguate a garantire il diritto di tutti a partecipare alle elezioni per il Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti Italiani, cioè il futuro delle nostre pensioni integrative.
I giornalisti di "Puntoeacapo" e di "Quarto Potere"

4 Luglio 2001 - Scrivi una tesi e vinci 5 zucche

Promosso e organizzato  dal Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia Via al  4° Concorso  tesi  di laurea sul giornalismo A  ogni  vincitore 5 milioni - I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre.

 Milano, 5 luglio 2001. - Promosso dal Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, prende il via la  quarta edizione del «Concorso» destinato a valorizzare le tesi di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della professione.

Giudice insindacabile del Premio è lo stesso  Consiglio dell'Ordine. Le tesi (in duplice copia e anche su dischetto in programma word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell'Ordine (via Appiani 2 - 20121 Milano) entro il  31 dicembre 2001.

Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre 2001. 

Le sezioni del Premio sono sei e ogni vincitore di sezione riceverà 5 milioni di lire. L'impegno finanziario dell'Ordine è, pertanto, di 30 milioni complessivi. La cerimonia della consegna avverrà in occasione dell'assemblea degli iscritti all'Albo  dell'Ordine della Lombardia.

La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2002 al Circolo della Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati su «Tabloid», organo mensile dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

Per la valutazione delle tesi il  Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell'opera di  consulenti (giornalisti e professori universitari).  Queste le sezioni:
1) Storia del giornalismo italiano (testate e personaggi);
2) Storia del giornalismo europeo e nordamericano (testate, deontologia e personaggi);
3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l'inquadramento  contrattuale dei giornalisti  in Italia, Europa e Nord America;
4) Professione giornalistica e sue specializzazioni  anche telematiche e radiotelevisive;
5) Giornalismo economico e finanziario;
6)  Giornalismo culturale, sociale, scientifico. 

ORDINE  DEI  GIORNALISTI  DELLA  LOMBARDIA
, via Appiani  2, 20121 Milano   -   telef.    026361171  -   fax   026554307   -   www.odg.mi.it   - 
odg@galactica.it


4 Luglio 2001 - Mi tirate proprio per i capelli

Caro Figaro, tirato per i capelli infrango la regola che mi sono imposto da una quarantina di anni, quella di non scrivere lettere ai giornali. Il BdS, miglior giornale della nostra categoria ospita giustamente le domande de "il solito giovane collega curioso"sull'IFG di Milano definito "una fabbrica delle illusioni"che costa parecchi soldi alla comunità e che con l'avvento dei corsi universitari perderebbe l'unicità.

Fortunatamente un collega più anziano ha confortato il giovane postulante spiegandogli che chi ruota attorno all'Istituto gode di profumati introiti e che al momento giusto, quello elettorale, l'IFG diventa una prezioa fucina di voti per gli organismi della categoria.....

E' troppo: e allora chiariamo. L'Associazione per la formazione al giornalismo "Walter Tobagi" che gestisce l'IFG ha tutte le sue cariche elettive (Presidente, Vice Presidenti, Segretario ecc.) a titolo gratuito, ma così gratuito che non viene rimborsato neppure il tram per recarsi al lavoro.

I docenti dell'IFG,tutti con ruoli elevati nelle maggiori testate o professori universitari, percepiscono per le lezioni un compenso pari o addirittura inferiore a quello di un tecnico che esce per riparare un elettrodomestico.

Con le nuove regole universitarie, in particolare con la nascita di Scienze della comunicazione, l'"unicità" dell'Istituto è assicurata dal fatto che un anno fa è stato siglato il protocollo d'intesa con l'Università Statale di Milano per trasformarsi in Istituto per la specializzazione in giornalismo dopo la laurea,il famoso 3+2.

Resta la facezia del serbatoio elettorale:dirigenti e docenti, una dozzina in tutto,votano evidentemente come cavolo pare a loro. Il grosso della fucina elettorale, i quaranta allievi, non votano in quanto praticanti....

Per quanto riguarda le spese sostenute dalla comunità per finanziare, poco e male, la scuola di giornalismo, il giovane collega può essere sereno perchè la cosiddetta "fabbrica delle illusioni" ha sistemato nella professione tutti i suoi allievi con la punta raggiunta con questo Corso che sta concludendosi che ha visto ben 15 allievi su 40 già assunti subito dopo il primo anno del biennio.

A questo punto un dubbio: che il giovane collega si sia rivolto per l'interpretazione a uno di quei esponenti di una fazione che nell'arroventata campagna elettorale per l'Ordine ha pubblicato un giornaletto con le stesse, identiche fesserie, quella capeggiata da Feltri, per intenderci, non a caso duramente sanzionata dall'esito delle urne. Sfumatura bassa, Please.
Bruno Ambrosi Presidente dell'Associazione Walter Tobagi per la Formazione al Giornalismo


2 luglio 2001 - Sirchia - Repubblica,  uno a zero e palla al centro

Delibera del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia

Sirchia contro Repubblica per un articolo sulla perquisizione della Guardia di Finanza:

assolti i due giornalisti  (in nome del diritto di cronaca) 

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia nella sua seduta del 15 maggio 2001;

sentito il relatore, Sergio D’Asnasch, (articolo 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241);

visti gli articoli 21 della Costituzione; 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; 2 e 48 della legge 3.2.1963 n. 69 sull’ordinamento della professione giornalistica;
lette la sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale secondo la quale l’Ordine <....con i suoi poteri di ente pubblico vigila, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possono comprometterla> e la sentenza n. 7543 del 9 luglio 1991 (Mass. 1991) della Cassazione civile secondo la quale <la fissazione di norme interne, individuatrici di comportamenti contrari al decoro professionale, ancorché non integranti abusi o mancanze, configura legittimo esercizio dei poteri affidati agli Ordini professionali, con la consequenziale irrogabilità, in caso di inosservanza, di sanzione disciplinare>;

espletate le sommarie informazioni di cui all’art. 56 della Legge 3.2.1963 n.69;

tenuto conto della sentenza 14 dicembre 1995 n. 505 della Corte Costituzionale;

Considerato quanto segue: 

1. I fatti e l’avviso disciplinare

Il professor Girolamo Sirchia, assessore ai servizi Sociali del Comune di Milano, ha inviato in data 17 aprile 2001 esposto contro i giornalisti della Repubblica Zita Dazzi e Marco Mensurati per un articolo del 6 aprile 2001, relativo ad una indagine giudiziaria, che aveva visto la Guardia di Finanza recarsi presso gli uffici comunali, dove lavorava l’assessore Sirchia, per acquisire documenti. Nell'articolo si diceva fra l'altro: "A tarda sera è cominciata a circolare anche la voce che nel regi­stro degli indagati fosse finito il nome dell'assessore Girolamo Sirchia". "Non ne so nulla - ha detto l'interessato - davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica pre-elettorale".

Nell'esposto Sirchia afferma che nessuna "informazione di garan­zia era (ed è) mai stata ad oggi a lui notificata" e che anche il sosti­tuto procuratore Fabio Napoleoni, che dirige le indagini relative al caso, ha smentito l'iscrizione nel registro degli indagati. Sirchia accusa, quindi, i due giornalisti di comportamento scorretto, avendolo comunque danneggiato, prospettando la possibile esi­stenza del provvedimento giudiziario, anche se dando la sua smentita. Si appella anche alla nota precisazione del Garante della Privacy, che vieta la pubblicazione di notizie di avvisi di garanzia prima che siano notificati agli interessati (pronuncia 1 luglio 1997 su caso di cesare Romiti e Francesco Paolo Mattioli).

In data 20 aprile il presidente di questo Consiglio notifica un avviso disciplinare ai due giornalisti, allegando l’esposto disciplinare: “Questa richiesta va collocata nel contesto dell’istituto delle <sommarie informazioni> di cui all’articolo 56 della citata legge n. 69/1963. In tale fase del procedimento opera il diritto costituzionale di difesa. Avete pertanto la facoltà di farvi assistere da un legale di fiducia. Con riferimento alla legge n. 241/1990, questo <avviso> viene trasmesso ai controinteressati e alla Procura generale della Repubblica di Milano, titolare del potere di iniziativa disciplinare nei riguardi dei giornalisti iscritti all’Albo tenuto dall’Ordine della Lombardia (ex art. 48, II comma, della legge n. 69/1963)”. 

2. La difesa di Zita Dazzi e Marco Mensurati

In data 9 maggio 2001 l’avvocato Maurizio Martinetti dello studio Ripa di Meana deposita una memoria scritta con la risposta alla richiesta di chiarimenti sollecitata dal presidente di questo Consiglio. Ecco il testo della memoria:

I giornalisti Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati mi hanno conferito incarico di riscontrare la Vostra del 20 aprile 2001, in relazione alla quale Vi sottopongo qui di seguito alcune brevi considerazioni in merito all'esposto presentato avanti codesto Ill.mo Consiglio Regionale della Lombardia dal Prof. Girolamo Sirchia.
Peraltro, prima di passare ad esaminare il merito delle doglianze svolte dal Prof. Sirchia, i giornalisti Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati non possono non manifestare, per il mio tramite, il proprio vivo stupore e disappunto per l'iniziativa del Prof. Sirchia, e ciò in considerazione del fatto che proprio in considerazione della loro gravità, i fatti oggetto dell'articolo che ci occupa sono stati al centro (i) di una denuncia presentata dal Consigliere Comunale, Sig.ra Emilia De Biasi; (ii) di un procedimento in essere presso la Procura della Repubblica di Milano; (iii) di un accertamento ed una ispezione da parte della Guarda di Finanza; e, conseguentemente, (iv) dell'interesse dei mezzi di informazione nazionale e dell'opinione pubblica.

Ed infatti, come risulta per tabulas, (cfr. docc.ti nn. 1 e 2):

A) in data 5 aprile 2001 (e cioè, si precisa per quanto necessario, il giorno precedente alla pubblicazione sul quotidiano La Repubblica dell'articolo che ci occupa) le Agenzie di Stampa "A.G.I." ed "A.N.S.A." pubblicavano i seguenti comunicati dal titolo, rispettivamente, "Avviso di garanzia ad assessore Comune di Milano Sirchia" e "Anziani: Milano; GDF acquisisce documenti in Assessorato":

         A.G.I.: "La Guardia di Finanza ha notificato un avviso di garanzia all'assessore comunale ai Servizi Sociali. Girolamo Sirchia, su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica di Milano Fabio Napoleone. L'atto fa seguito ad un esposto di un consigliere di minoranza sui rapporti fra l'assessorato ai Servizi Sociali e la Fondazione S. Francesco per contributi pubblici per un centro di accoglienza per senza tetto. Questa mattina la Guardia di Finanza ha perquisito gli Uffici dell'assessorato ";

         A.N.S.A.: "La Guardia di Finanza di Milano questa mattina ha acquisito una serie di documenti nella sede dell'assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Milano. L'operazione, disposta dal pm Fabio Napoleone, è il passo iniziale di una inchiesta, ancora allo stato embrionale, nata dopo una segnalazione presentata dalla consigliera comunale Emilia De Biasi (Ds) relativa alla campagna Buon Natale Anziani 1999 = 2000 lanciata allo stesso assessorato per raccogliere fondi per l'assistenza. L'esposto presentato in marzo da Emilia De Biasi indicava che l'anno scorso per la raccolta dei fondi erano stati aperti due conti correnti: uno intestato alla Fondazione Fratelli di San Francesco, coinvolta nella iniziativa, e l'altra al dott. Andrea Mascaretti, quale consigliere della Fondazione. La consigliera, inoltre, segnalava che la campagna 1999 ‑ 2000, a differenza di quella svolta quest'anno, non era stata deliberata e che il denaro raccolto non era transitato sul bilancio del Comune. Oggi è circolata notizia di un avviso di garanzia all'assessore ai servizi Sociali, prof. Girolamo Sirchia. Voce immediatamente smentita dallo stesso Sirchia, che ha affermato: "Sono tutte falsità, è stata una semplice acquisizione di documenta".

B) in data 5 aprile 2001 il TG3 nel corso del Telegiornale Regionale Lombardo delle ore 19, 30, ha riportato il fatti e gli avvenimenti di cui sopra (al riguardo, si svolge si d'ora, ove ritenuto necessario da codesto Ill.mo Consiglio, di produrre la registrazione);
C) in data 6 aprile 2001 sul quotidiano "Il Giorno" è stato pubblicato un articolo dal titolo "Sirchia, giudici all'attacco" e con un occhiello del seguente tenore "Sevizi sociali. Avviso di garanzia all'assessore dopo un esposto sulla Campagna Anziani '99" (cfr. doc. n. 3);
D) nessuna richiesta di rettifica ex articolo 8 della Legge sulla Stampa è stata inviata al Direttore Responsabile del quotidiano "La Repubblica".

Ed è proprio per tale motivo che si contesta fermamente la suggestione nonché la non corretta ricostruzione dei fatti svolta dal Prof. Sirchia nell'esposto (nel quale, in particolare, lo stesso richiama una non meglio identificata "...campagna che il quotidiano "La Repubblica sta conducendo sulla iniziativa benefica in questione, in polemica con gli enti che l'hanno promossa e patrocinata . ...") nell'evidente tentativo di individuare un inesistente episodio contrario alle norme del Codice Deontologico ovvero, comunque, di giustificare la proposizione dell'esposto che ci occupa nei confronti, peraltro, non già dei giornalisti tutti che hanno come sopra avuto modo di occuparsi della vicenda sugli altri mezzi di informazione ma, a quanto è dato conoscere, solo ed esclusivamente dei giornalisti di "Repubblica", Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati (???) .

Al riguardo, gli odierni deducenti richiamano la attenzione del Prof. Sirchia sulla circostanza che non è certamente nello stile e nel costume della testata "La Repubblica", del Direttore Responsabile ovvero dei giornalisti della stessa, di dare vita a "campagne di stampa" con lo scopo di attaccare persone fisiche e/o giuridiche.
Ciò premesso, e passando ad esaminare le doglianze svolte dal Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa, gli odierni deducenti ritengono innanzitutto doveroso precisare che con la pubblicazione sulla Cronaca di Milano del quotidiano "La Repubblica" del 4 aprile 2001 dell'articolo ex adverso contestato, i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, ed il Gruppo Editoriale l'Espresso S.p.a., società editrice del predetto quotidiano, hanno legittimamente esercitato quel diritto di cronaca, anche giudiziaria, e di critica costituzionalmente garantito e fondamento della libertà di stampa (articolo 21 della Carta Costituzionale) e che, stante le note deroghe contenute nell'articolo 25 della legge 675/1996, e sue successive modificazioni ed integrazioni, non é stato in alcun modo posto in discussione dalla citata fonte normativa.
Ed infatti, nel bilanciamento tra due diritti di pari rango costituzionale (il diritto di cronaca e la tutela della personalità altrui), con la legge 675/96 il legislatore ha inteso riconoscere la priorità al primo, e ciò condizionatamente al rispetto da parte del giornalista dei limiti previsti in materia di diritto di cronaca.
Limiti che nell'articolo che ci occupa sono stati certamente rispettati posto che le notizie nello stesso pubblicate, oltre ad essere di pubblico dominio per essere già state portate a conoscenza della opinione pubblica in epoca precedente alla pubblicazione dell'articolo che ci occupa, sono vere ovvero, comunque, erano tali al momento della pubblicazione degli articoli di cui è causa.

Peraltro, la legittimità dell'esercizio del diritto di cronaca, di informazione e di critica nel caso di specie emerge a chiare lettere dall'inequivocabile rispetto da parte del quotidiano "La Repubblica" dei requisiti individuati dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e dal Codice Deontologico dei Giornalisti per affermare il corretto esercizio del diritto di cronaca e, in particolare:

a) Verità, anche putativa, della notizia

Le notizie tutte pubblicate dal quotidiano "La Repubblica" sono assolutamente vere.

Peraltro, ed anche al fine di meglio comprendere la assoluta infondatezza (i) delle affermazioni svolte dal Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa "...Il comportamento degli autori del pezzo risulta, pertanto, deontologicamente censurabile. Zita Dazzi e Marco Mensurati hanno diffuso una notizia non corrispondente al vero, violando così i precetti di legge professionale e del "codice deontologico ", che dispongono il rispetto della verità sostanziale dei fatti ed il previo accertamento delle informazioni che si intendono divulgare, oltre i doveri di lealtà e buonafede costituenti i limiti all'esercizio della libertà di informazione" e (ii) del richiamo alla "pronuncia" del Garante per la Protezione dei dati Personali nel caso "Romiti", deve precisarsi che:

- il giornalista ha il diritto‑dovere di far conoscere al pubblico dei lettori quei fatti e quelle situazioni che sono noti e risaputi: la verità oggettiva della notizia si riferisce non solo alla verità del fatto raccontato, ma anche alla verità della circolazione della notizia: "Il significato di verità oggettiva della notizia va inteso sotto un duplice significato, potendo tale espressione essere intesa sia come verità dell'atto oggetto della notizia sia come verità della notizia come fatto in sé e quindi indipendentemente dalla verità del suo contenuto. Il fatto riferito può non essere affatto vero e ciò tuttavia non esclude che può essere ben vero e risaputo che lo si racconti, costituendo così di per sé stesso un fatto così rilevante della vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo...." (in tal senso, tra tutte, si veda Corte di Cassazione 12 dicembre 1988, n. 6737 in Dir. inf. 1989, p. 466);
- in materia di cronaca giudiziaria, il limite della verità si atteggia diversamente dall'ordinario. La Corte di Cassazione, ribadendo con esemplare chiarezza un principio mai contestato in sede di legittimità ovvero di merito, ha di recente affermato che: "Ai fini dell'esimente di cui all'art. 51 cp. é sufficiente che l'articolo corrisponda al contenuto di atti e provvedimenti dell'autorità giudiziaria, senza che sia richiesto al giornalista di dimostrare la verità obiettiva o la fondatezza delle decisioni o dei provvedimenti adottati in sede giudiziaria, diversamente opinando, si imporrebbe al giornalista stesso il compimento di un'abnorme indagine parallela a quella degli organi giudiziari" (Corte di Cassazione Sez. V pen. 27 gennaio 1999, dep. 2 marzo 1999, n. 2842/99, n. 27800/97 rg. Mennella ed altri).
- nell'articolo non si afferma affatto che al Prof. Sirchia fosse stato notificato un atto di rinvio a giudizio; al contrario, nell'articolo si legge espressamente che "A tarda sera è cominciata a circolare anche la voce che nel registro degli indagati fosse finito il nome dell'assessore Gerolamo Sirchia.". Inoltre, e di questo il Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa nulla dice, nello stesso articolo i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, hanno correttamente consentito al Prof. Sirchia di precisare la propria versione in merito ai fatti; nell'articolo che ci occupa, infatti, tra l'altro, così si legge tra virgolette: "...Non so nulla ha detto l'interessato davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica preelettorale".
b) Interesse pubblico alla conoscenza ed alla divulgazione della notizia

La collettività ha certamente il diritto di essere resa edotta delle tematiche relative alla vita comunitaria e, in particolare, in merito (i) alle attività poste in essere dalla Pubblica Amministrazione ‑ nella fattispecie il Comune di Milano; (ii) alla entrata nelle casse sociali dello stesso Comune dei fondi raccolti a fini benefici; e (iii) del concreto e corretto utilizzo di tali fondi.

Tutto ciò, peraltro, anche con riferimento a fatti e a problematiche, non sempre gradevoli, quali, appunto, quelli conseguenti (i) alla mancata "entrata" e "contabilizzazione" nelle casse sociali del Comune di Milano di tali fondi e la conseguente mancata appostazione degli stessi nei bilanci Comunali nonché (ii) l'utilizzo di detti fondi da parte di altri e diversi organismi rectius soggetti che nulla hanno a che fare con il Comune di Milano..

Ogni ulteriore rilievo in merito alla utilità sociale dell'articolo che ci occupa, appare peraltro superfluo ove si abbia modo di rilevare:

    la gravità dei fatti e delle accuse mosse dal Consigliere Comunale Emilia De Biasi alle modalità con la quale era e continuava ad essere svolta l'iniziativa;

    i conti correnti sui quali veniva richiesto il versamento dei fondi erano intestati non già al Comune di Milano ma a soggetti diversi;

    il fatto che la Procura della Repubblica di Milano, nella persona del PM Dott. Napoleone era stato investito della questione.

c) Continenza della forma espositiva ed essenzialità dell'informazione

La forma espositiva è assolutamente corretta essendo prospettata negli esatti termini la realtà dei fatti, con l'uso della terminologia appropriata. Inoltre, da una serena lettura dell'articolo e, in particolare, del fatto che nello stesso i giornalisti abbiano riportato, peraltro tra violette la posizione del Prof. Sirchia in merito alla vicenda ("...Non so nulla ha detto l'interessato davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica preelettorale"), appare evidente come nella redazione dello stesso i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, si siano attenuti al noto principio della essenzialità della informazione.

Alla luce di quanto esposto appare evidente come i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, occupandosi in data 4 aprile 2001 di tale vicenda, (i) abbiano usato in modo del tutto legittimo e corretto il diritto di cronaca, anche giudiziaria, e di critica, tutelati dall'articolo 21 della Costituzione e fondamento della libertà di stampa e, inoltre, (ii) abbiano rispettato le norme del Codice Deontologico e come, pertanto, le doglianze del Prof. Sirchia debbano essere disattese
 

3. Valutazioni conclusive

Il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, accogliendo l’impostazione della difesa Dazzi-Mensurati, rileva preliminarmente che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede” (articolo 2 della legge professionale). Il Consiglio ritiene che i fatti, ricostruiti e raccontati da Zita Dazzi e Marco Mensurati con grande rigore, siano veri e che l’impaginazione grafica del servizio giornalistico sia inappuntabile e non scandalistica. La V sezione penale della Cassazione (7 aprile 1992) ha individuato le cause di non punibilità (scriminante: adempimento di un dovere o esercizio di un diritto): “Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'articolo 51 Cp per il reato di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca (e di critica), come ogni diritto, si definisce per mezzo dei suoi stessi limiti, che consentono di precisarne il contenuto e di determinarne l'ambito di esercizio. Tali limiti, secondo il costante insegnamento di questa Corte, sono costituiti:

1) dalla verità del fatto narrato;

2) dalla loro pertinenza, ossia dall'oggettivo interesse che essi fatti rivestono per l'opinione pubblica;

3) dalla correttezza con cui gli stessi vengono riferiti (cosiddetta continenza); essendo estranei all'interesse sociale che giustifica la discriminazione in parola ogni inutile eccesso e ogni aggressione dell'integrità morale della persona.

In ordine al primo requisito va osservato che, prescindendo da ogni controversa opinione filosofica sull'argomento, per "verità", ai fini che qui interessano, deve intendersi la sostanziale corrispondenza (adaequatio) tra fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum). Solo la verità come correlazione rigorosa tra il fatto e la notizia soddisfa alle esigenze della informazione e riporta l'azione nel campo dell'operatività dell'art. 51 Cp, rendendo non punibile (nel concorso dei requisiti della pertinenza e della continenza) l’eventuale lesione della reputazione altrui.

Il principio della verità, quale presupposto dell'esistenza stessa del diritto di cronaca, oltreché del suo legittimo esercizio, comporta, come suo inevitabile corollario, l'obbligo del giornalista, non solo di controllare l'attendibilità della fonte, ma altresì di accertare le verità della notizia, talché solo se tale obbligo sia stato scrupolosamente adempiuto, l'esimente dell'art. 51 Cp potrà essere utilmente invocata”. Questa sentenza inquadra perfettamente il comportamento corretto tenuto dai giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati nella “vicenda Sirchia”.
Il “Codice di deontologia sulla privacy” tutela (ad esempio) in maniera rigida le persone comuni, ma non i personaggi pubblici, ubbidendo a questa massima giurisprudenziale: «Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica» (Tribunale di Roma, 13 febbraio 1992, in Dir. Famiglia, 1994, I, 170, n. Dogliotti, Weiss).

Chi ha deciso di mettersi in politica ha una sfera di salvaguardia molto più limitata rispetto all’uomo della strada. Le nuove regole, che sono ispirate dal concetto americano di «etica pubblica», conferiscono «un’attenuata riservatezza per i personaggi politici e i pubblici funzionari sui quali il cittadino ha sempre diritto di essere informato». In dottrina si ritiene, infatti, che l’esercizio del <diritto di cronaca può essere tanto più penetrante quanto più elevata sia la posizione pubblica della persona nelle istituzioni, nel mondo politico, in quello economico o scientifico, nella collettività, per il riflesso che le sue condotte anche private possono assumere sulla sua dimensione pubblica> (M. Polvani, La diffamazione a mezzo stampa, Cedam, Padova 1995, 108).

“Nell’ambito della cronaca politico-sindacale la giurisprudenza, pressoché unanime, riconosce maggiore libertà al giornalista, il quale può riportare tutti i fatti che rilevano ai fini della connotazione del personaggio politico, anche in modo vivace e colorito. In particolare, maggiore ampiezza é riconosciuta al concetto di verità, in quanto il giornalista ha il diritto-dovere di riportare conclusioni anche offensive e in toni aspri, quando esse possano desumersi da circostanze concrete convergenti e sia necessario che siano chiariti di fronte alla pubblica opinione i fatti oggetto della notizia che hanno portato a quelle conclusioni. Anche in riferimento al concetto di interesse pubblico, inteso come orientamento e formazione della pubblica opinione, viene riconosciuta al giornalista politico una più ampia libertà rispetto al cronista di altri settori, attribuendogli il potere di formulare ipotesi, nonché di riferire notizie apprese da fonti mediate” (Sabrina Peron, Tabloid, n. 7 /1998).

Nell’ambito della critica politico-sindacale - intesa come formulazione di giudizi di valore in ordine ai protagonisti ed agli avvenimenti della vita politica del Paese - non vengono riconosciute come lesive dell’onore e della reputazione di una persona “affermazioni anche vivacemente critiche di quest’ultima e tali, se considerate in astratto, da essere stimabili diffamatorie, qualora le medesime vertano su argomenti di sicuro rilievo sociale ” (cfr. Trib. Roma 11.2.1993, in Dir. inf., 1993, 13). In tal modo si ammette l’uso di “toni obiettivamente aspri, o in astratto offensivi, allo scopo di sollecitare dibattiti, confronti di idee o esigenze di far chiarezza su aspetti di qualche rilevanza della vita associata(Trib. Perugia 26.3.1990, in Riv. pen., 1990, 647). Se la critica riguarda personaggi che occupano una posizione pubblica o che comunque operino nell’ambito politico, economico, giudiziario e sindacale, si ammette che questa possa “essere particolarmente aspra e penetrante, ma nel rispetto dei suddetti limiti. La critica può esprimere preoccupazioni fondate e deve sempre essere sostenuta da argomentazioni logiche e la eventuale presa di posizione del giornalista deve basarsi su un esame serio e completo della questione” (Trib. Roma 2.11.1989, in Foro it., II, 258).

Recentemente la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo (sentenza 2 maggio 2000 – caso Bergens Tidende e altri/Norvegia, ricorso n. 26132/95; in Guida al diritto, dossier/8, settembre 2000) è tornata sul ruolo dei media in una società democratica, scrivendo che <I servizi di attualità basati su interviste costituiscono uno dei più importanti strumenti tramite i quali la stampa gioca il ruolo indispensabile di ‘cane da guardia’>;

                                                 PQM 

il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ritenuto che Zita Dazzi e Marco Mensurati abbiano esercitato legittimamente il diritto costituzionale di cronaca richiamato dall’articolo 2 (I comma) della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica e che la loro condotta, tutelata anche dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia pertanto “conforme” alla <dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica> (articolo 48 della legge n. 69/1963 e sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale), 

                                               delibera 

allo stato non esser luogo ad apertura di procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti professionisti Zita Dazzi e Marxo Mensurati 

                                                e dispone

l’archiviazione dell’esposto.

 Avverso il presente provvedimento (notificato ai controinteressati ex legge n. 241/1990) può essere presentato (dall’interessato e dal Procuratore generale della Repubblica) ricorso al Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti (Lungotevere dei Cenci 8, 00186 Roma) ai sensi dell'articolo 60 della legge n. 69/1963 nel termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento stesso e secondo le modalità fissate dagli articoli 59, 60, e 61 del Dpr 4 febbraio 1965 n. 115.

 Il presidente dell’OgL-estensore                                                                  dott. Franco Abruzzo



Vai alla pagina Inpgi del Giugno scorso



Vai alla pagina Inpgi del Maggio scorso

 
INPGI
LE SEDI DI CORRISPONDENZA

LA GESTIONE SEPARATA
TUTTI I MODULI CHE TI SERVONO
I SERVIZI DELL'INPGI
COME OTTENERE UN MUTUO
COME OTTENERE UN PRESTITO
COME CHIEDERE IL SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE
  CASAGIT

COME ISCRIVERSI
COME ISCRIVERE I FAMILIARI
LE PRESTAZIONI SANITARIE
LE CONVENZIONI SANITARIE
IL TARIFFARIO
CHI COMANDA ALLA CASAGIT
LE SEDI IN ITALIA
LE DOMANDE PIU'FREQUENTI
  ORDINE NAZIONALE
SCUOLE DI GIORNALISMO

IL CONTRATTO NAZIONALE
CONSIGLIO PIEMONTE

CONSIGLIO VAL D'AOSTA
CONSIGLIO LOMBARDIA
CONSIGLIO LIGURIA
CONSIGLIO VENETO
CONSIGLIO TRENTINO ALTO ADIGE
CONSIGLIO FRIULI VENEZIA GIULIA
CONSIGLIO EMILIA ROMAGNA
CONSIGLIO TOSCANA
CONSIGLIO MARCHE
CONSIGLIO UMBRIA
CONSIGLIO LAZIO E MOLISE
CONSIGLIO ABRUZZO
CONSIGLIO PUGLIA
CONSIGLIO BASILICATA
CONSIGLIO CAMPANIA
CONSIGLIO CALABRIA
CONSIGLIO SICILIA
CONSIGLIO SARDEGNA

Barba e capelli - Una spia in redazione - Sempre meglio che lavorare?
Diritto di Replica - Bacheca - Sala stampa - PressKit - Curricula
Offerte e convenzioni - Cdr - Associazioni professionali
Inpgi, Casagit, Ordine dei giornalisti - Scrivici - Home