Fu
costruito dai normanni nell’XI secolo, sui resti di una precedente
rocca greca o romana, poi venne quasi interamente distrutto , ai tempi
di Guglielmo I il Malo, ed in seguito, ricostruito e ampliato ad opera
di Federico II. Nel periodo angioino subì notevoli restauri; nel XVI
secolo, la duchessa Isabella d’Aragona, lo adibì a sua reggia, e fece
costruire la cinta bastionata, che cinge da tre lati il centro del
castello. La parte centrale ha forma quadrangolare, con quattro torri
angolari. Recenti scavi hanno portato alla luce le fondamenta di altre
due torri poligonali. Nella parte occidentale del nucleo centrale del
castello, si apre un portale, che probabilmente era l’antico accesso,
quando non esisteva no ancora le mura di cinta. Sul portale vi sono
scolpite delle figure e l’aquila sveva. Fra il portale e le mura
opposte c’è un viale, dove si trovano alcuni reperti, tra i quali
l’emble- ma della città, l’arma della famiglia Pappacoda e una
colonna miliare della via Traiana. Per raggiungere il cortile interno,
si passa attraverso il portale e un vestibolo, incontrando colonne con
splendidi capitelli. Una scala permette di raggiungere i piani superiori
ed ammirare i magnifici saloni. Sulla porta della stanza che fu la
cappella del castello, vi è una scritta che ricorda San Francesco
d’Assisi, quando recatosi a Bari, fu ospitato in quel luogo e fu
tentato dal demonio che gli apparve sotto le sembianze di una fanciulla
impudica, alla quale seppe però resistere. Per scopi difensivi, il
castello fu circondato da un fossato, un tempo colmo d’acqua, tranne
il lato nord che invece, fino a un secolo fa era bagnato dal mare. Alla
punta sud occidentale del castello, dove piazza Federico II collima con
piazza Massari, si apriva la porta principale di Bari, detta <<del
castello>>, demolita nel 1819. All’angolo fra piazza Massari e
Corso Vittorio Emanuele, si erigeva una torre di difesa, chiamata “San
Domenico”, come la chiesa omonima ancora esistente, che si trova
dietro il Palazzo della Prefettura, attaccata al convento dei frati
Domenicani. Nel 1752, degli scavi archeologici effettuati nei pressi del
convento, riportarono alla luce un sepolcro romano, che si suppone fosse
stato collocato al margine della via Traiana, che quindi sfiorava la
città proprio in quel punto. Studi su altri ritrovamenti effettuati nel
punto in cui il corso incontra via Sparano e nelle zone adiacenti,
portano ad affermare che quasi certamente la via Traiana seguisse il
percorso dell’odierno corso Vittorio Emanuele, il quale corrisponde a
quello delle mura. L’ultimo tratto delle mura si estendeva dalla torre
di “San Domenico”, la porta di Piazza Ferrarese e la vicina torre
“del vento”; fu demolito nei primi decenni dell’ottocento, in
seguito alla fondazione del borgo nuovo voluta da Gioacchino Murat nel
1813, mentre il tratto di terra, prima occupata dal fossato, fu
trasformato dal Comune in viale alberato, attualmente esistente. La
fondazione della città nuova, portò alla nascita di grandi edifici,
che adornano l’altro versante del corso, come il teatro “Piccinni”,
e il Municipio.
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