telaio

Arno Salarno Adamé
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Incisioni di Sonico pag. 1 Incisioni di Sonico pag. 2 Incisioni di Sonico pag. 3

Valcamonica Preistorica


costruzione

le immagini sono tratte dai volumi:
"I Camuni" -Jaca Book- e "Valcamonica una storia per l'Europa -edizioni del Centro- di E. Anati

BENVENUTI IN VALLE CAMONICA


capanne rituali


frammento di statua menhir


ideogrammi


ideogrammi


il "sacerdote" che corre


personaggio con casco raggiato


scene di danza


idolo farfalla


scena di incantazione


dio "Cernunnos"


ideogrammi


ideogrammi


figura umana, telai e palette


personaggio con casco raggiato


scene di danza


idolo farfalla


scena di incantazione


dio "Cernunnos"


ideogrammi


ideogrammi


figura umana, telai e palette

Si riporta integralmente la descrizione della "nuova guida ai percorsi",
Ministero per i Beni Culturali
Soprintendenza Archeologica della Lombardia
Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri
Terza edizione Ikonos 2000

 

nuova guida ai percorsi

NAQUANE LA STORIA NELLA ROCCIA

Il Parco Archeologico Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naqua­ne offre al visitatore una delle ma­nifestazioni di Arte Rupestre pre­istorica più importanti del mondo. Le figure incise raccolte in quest’a­rea non sono state completamente censite, ma il loro numero è stimato in molte decine di migliaia; la loro importanza per la conoscenza della storia più antica dell’umanità è grandissima.

Le incisioni rupestri presenti sulle rocce della Valcamonica coprono un arco di tempo molto lungo, dal­l’Epipaleolitico (circa 10.000 anni prima di Cristo) fino all’arrivo nella valle delle Legioni Romane, alla fine del I sec. a.C. Con la romaniz­zazione della zona non cessa tutta­via l’usanza di incidere immagini e scene sulla roccia, come docu­mentano, ad esempio, alcune lscri­zioni latine. Più rare e sporadiche invece le istoriazioni nel Medioe­vo e nei secoli più vicini a noi.

CENNI STORICI

La valle deriva la sua denominazione dai Camun­ni, la popolazione dell’età del Ferro il cui nome compare per la prima volta, insieme a quello di altre genti, sul trofeo fatto innalzare da Augusto a La Turbie, in Francia, a suggello dell’avvenu­ta conquista, sul finire del I sec. a.C., dei popoli alpini. Le incisioni rupestri della Valcamonica sono prevalentemente raggruppate in due aree:
nella bassa valle sulle colline di Luine e di Gor­zone (al limitare delle sorgenti di acque ferrugi­noso-magnesiache di Boario Terme) e nella zona di Capo di Ponte, dominata a Est dal suggestivo Pizzo Badile e adOvest dal Concarena. In quest’a­rea, su ambedue i versanti della vallata, vi è una grande concentrazione di incisioni, soprattutto dove la roccia affiorante, lisciata dai ghiacciai, offrì superfici ben levigate per il lavoro degli antichi artisti. Le incisioni erano ottenute pic­chiettando la superficie con un percussore litico (tecnica della martellina) o, più raramente, inci­dendola con uno Strumento a punta acuta (incisio­ni filiformi).

Dopo la prima segnalazione di rocce istoriate data da Gualtiero Laeng nel 1914 sulla Guida d’Italia del Touring Club, in varie zone della valle si sono susseguite indagini e ricerche da parte di nume­rosi studiosi. Ma il primo tentativo di scansione tipologica e cronologica dell’arte rupestre camu­na, condotto sull’analisi e lo studio dello stile, del contenuto e delle sovrapposizioni di migliaia di incisioni, si deve ad Emmanuel Anati, fondatore, nel 1964, del Centro Camuno di Studi Preistorici. L’arte rupestre risulta così scandita dallo studioso in quattro gruppi stilistici principali corrispon­denti al periodo preistorico (dall’Epipaleolitico all’età del Bronzo: stili I-III), caratterizzato da un’arte schematica con figure isolate o raggrup­pate in composizioni di carattere simbolico (armi e altri manufatti), e protostorico (età del Ferro: stile IV), contraddistinto da un’arte naturalistico­ narrativa con figure in movimento e descrizione di vere e proprie azioni.

Le istoriazioni dell’ultimo periodo possono esse­re attribuite alla popolazione dei Camuni, prima ricordati, che le fonti storiche definiscono ora Reti (Strabone) ora Euganei (Plinio).

IL PARCO:ISTRUZIONI PER L’USO

Il Parco, creato nel 1955 dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia, si estende per circa 35 ettari lungo la riva sinistra del fiume Oglio, sulle colline esposte a mezzogiorno, tra i 400 ed i 600 metri di altitudine. Al suo interno vi sono numerosi sentieri, tutti facilmente transitabili, che consentono di osservare da vicino la maggior parte delle incisioni:
Per rendere agevole la visita al Parco sono stati individuati cinque PERCORSI, riportati nella pianta qui sotto e contraddistinti da colori.
Partendo dall’itinerario ARANCIONE (che inizia all’ingresso del Parco) il visitatore può percorre­re uno o più itinerari, scegliendo in funzione del tempo disponibile o delle incisioni che desidera vedere.
Il PERCORSO ARANCIONE forma un anello dal quale partono e al quale ritornano tutti gli altri percorsi. Per effettuare una visita completa del Parco (che richiede circa 4 ore) è sufficiente quindi percorrere in successione tutti gli itinerari.
Ogni roccia possiede un segnale con l’indicazio­ne del numero e del colore del percorso nel quale è inserita. La numerazione delle rocce non è pro­gressiva, giacchè è stata data dagli archeologi nel corso degli anni, via via che le incisioni venivano ‘scoperte’. Alcune rocce dispongono di pannelli illustrativi nei quali gli studiosi hanno trattato i temi iconografici più importanti tratti dal vasto re­pertorio di figure e simboli creato dalle antiche popolazioni che abitarono la valle.


L’ANTIQUARIUM

In prossimità della ROCCIA 1 si trova l’Antiqua­rium nel quale sono conservati reperti preistorici e protostorici provenienti dalla valle. La raccolta comprende stele e massi erratici incisi durante l’età del Rame (III millennio a.C.) e oggetti rin­venuti in corredi tombali o in insediamenti, sco­perti casualmente o identificati nella ricerca di su­perficie o parzialmente indagati con scavi strati­grafici.

I PERCORSI

 

Percorso arancione - UN’ORA E 45 MINUTI -

Roccia 50

LE ISCRIZIONI CAMUNE - Le iscrizioni inci­se sulle rocce all’aperto sono spesso inserite in contesti figurativi con i quali sono, almeno in alcuni casi, sicuramente in relazione. L’alfabeto usato, come in altre aree dell’Italia settentrionale nello stesso periodo, è l’alfabeto etrusco adattato alle esigenze fonetiche della lingua (ancora da specificare) parlata nella zona. Da qui la defini­zione di “alfabeto nordetrusco”. Sulla ROCCIA 50 compaiono non meno di 10 iscrizioni di cui 8 sono apparentemente connesse con raffigurazio­ni di orme di piedi, una scala, una casa, figure an­tropomorfe e animali.

UCCELLI E BARCHE ORNITOMORFE – La figura di uccello è presente nelle incisioni rupe­stri sin dall’età del Ferro. In forma più stilizzata osserviamo qui anche il motivo della barca solare a protome ornitomorfa, cioè con terminazione a testa d’uccello.
Questo motivo si trova raffigurato pure su vasi bronzei, armi, rasoi e fibule. Sulla ROCCIA 50 lo possiamo osservare in una delle sue ultime rappre­sentazioni (siamo verso la fine del VI sec. a.C.), associato anche ad iscrizioni che, se decifrate, aiuteranno certamente nella comprensione del significato. Il motivo è probabilmente legato al mondo sacrale, forse al culto del sole e dei morti (trasporto delle anime nell’aldilà).

I CAVALIERI DELLE ROCCE - L’uomo arma­to inciso sulla ROCCIA 50 era probabilmente un personaggio importante dell’età del Ferro perchè le armi, a quel tempo, erano considerate oggetti di prestigio e riservate ad un ceto sociale ristretto. Un altro elemento di distinzione è fornito dalla presenza del cavallo: in Italia, dove compare già nell’età del Bronzo, la sua ampia diffusione è at­testata soprattutto dall’VIII sec. a.C., periodo cui risalgono le prime apparizioni, nei corredi tombali, di morsi equini e di statuette di terracotta raf­figuranti cavalieri. Al momento della sua compar­sa il cavallo, ancora poco diffuso, è riservato ai capi ed ai guerrieri: il possesso o l’utilizzo di una cavalcatura attestano quindi una condizione pri­vilegiata. Il fatto che il personaggio raffigurato non cavalchi ma sia in piedi sul cavallo può inoltre farci pensare a particolari cerimoniali, forse lega­ti al rito di iniziazione: solo dopo aver dimostrato la propria destrezza ed il proprio valore potrà anche lui entrare nel novero dei guerrieri.

Roccia 44

LE ASCE-ALABARDE - Le due asce-alabarde con taglio semilunato, qui raffigurate con incisio­ne filiforme, appartengono aIl’armamentario delle popolazioni alpine che, come scrive anche Ora­zio in un’ode dedicata a Druso, che nel 15 a.C. aveva combattuto i Reti nella Valle dell’Adige, usavano l’ascia in combattimento, secondo una tradizione diffusa per tutta l’età del Ferro.
Dal raffronto con oggetti rinvenuti in tombe del medio e tardo La Tène, ci è consentito datare gli esemplari a taglio semilunato della ROCCIA 44 ad un arco di tempo compreso tra il III-II sec a.C. e l’età augustea (fine del I sec.a.C.), quando gli eserciti romani conquistarono definitivamente le vallate alpine.

Roccia 1

L’ENIGMA DELLE PALETTE - La paletta è forse la figura che ha suscitato più dibattiti e ipotesi interpretative tra gli studiosi. Presenti su molte rocce della Valcamonica, le figure di palet­ta si trovano anche nelle incisioni rupestri della Svezia, della Francia e della penisola iberica. Il problema interpretativo, malgrado le numerose ipotesi e gli anni di studi, resta tuttora irrisolto.
I primi ricercatori le immaginarono come remi o pagaie dei “Camuni palafitticoli”. Altri vi hanno visto slitte, carri, armi, rasoi, martelli, bicchieri, campane, animali, specchi e vanghe. Esse sono state anche considerate, sulla base delle associa­zioni, simboli di fecondità e potere.
L’interpretazione più seguita (e probabilmente più vicina alla realtà) resta però quella che assimila la figura di paletta alle palette in bronzo rin­venute nelle tombe ad incinerazione del Bronzo Finale e dell’età del Ferro (XII-V sec .a.C.) adibi­te alla raccolta delle ceneri dei defunti.

IL LABIRINTO - Il labirinto è una delle raffigu­razioni più suggestive e misteriose non solo delle incisioni rupestri della Valcamonica, ma in gene­rale dell’iconografia del mondo antico.
Immagini simili a questa si trovano anche nel mondo etrusco: ricordiamo, ad esempio, la figu­ra di labirinto su una brocca di Cerveteri, dove l’iscrizione Truia ed un gruppo di cavalieri ci chiariscono che si tratta del famoso Ludus Troiae, descritto anche da Virgilio. Il labirinto sarebbe cioè il percorso seguito dai cavalieri nel gioco equestre in cui dovevano assalirsi e rincorrersi, secondo uno schema prestabilito. Il fatto che accanto al nostro labirinto vi siano due duellanti legati alle gambe può convalidare analoga inter­pretazione anche per questa figurazione.

SE IL CIBO E’ ANCHE DIO - In Valcamonica il cervo rivestì anticamente un ruolo di grande ri­lievo nell’economia, come ci attesta il gran numero delle sue raffigurazioni. Tale importanza è proba­bilmente all’origine della sua trasformazione da preda a divinità: un elemento che rappresenta un bisogno essenziale finisce con l’assumere conno­tazione sacra, forse riferibile alla pratica dell’iniziazione: l’adolescente che entrava a far parte a tutti gli effetti della comunità veniva messo in contatto con la realtà sacra soltanto dopo aver superato alcune prove. E quale prova migliore della caccia al cervo, animale divinizzato? Il giovane che si apprestava a diventare adulto doveva dimostrare la sua forza ed il suo valore, qualità che sembrano suggerite in questa scena della ROCCIA 1.

Roccia 6

LE LANCE PREISTORICHE - Sin dall’età del Rame (III millennio a.C.) nelle istoriazioni rupe­stri della Valcamonica si trovano frequentemen­te composizioni di armi eseguite su massi o lastre (le stele) o, più raramente, su pareti rocciose. Si tratta di alabarde, asce, pugnali e scudi raffigurati probabilmente a scopo rituale e con intenti sim­bolici. Quale significato attribuire a queste imma­gini di armi? Gli studiosi non sono concordi nel dare a queste composizioni un’interpretazione esclusivamente sacrale, paragonabile cioè alle deposizioni rituali delle armi presso le fonti, sulle pire funerarie o nelle tombe. Taluni hanno pensa­to ad un vero e proprio culto delle armi; altri ancora si sono soffermati sull’intento apotropaico (allontanare influenze magiche maligne) di queste raffigurazioni.

Roccia 99

UN’ISCRIZIONE LATINA - Sulla ROCCIA 99 compare un’iscrizione latina disposta su tre linee di scrittura eseguita a martellina. I caratteri sono latini in maiuscola capitale. Alcune figure zoo­mode confondono i tratti della seconda linea; una di esse pare assumere l’aspetto di una R. Anche se è accertato nelle iscrizioni camune l’uso di sfruttare, da parte degli incisori, eventuali figure preesistenti per raffigurare dei segni alfabetici, tuttavia non è sempre realistico ipotizzare come avvenuta questa operazione.

I DUELLANTI - Agli inizi dell’età del Ferro la figura umana assume un’importanza nuova, en­trando a far parte di scene descrittive nelle quali la lotta armata è l’attività più ampiamente rappresentata. Non compaiono tuttavia quasi mai scene cruente, con ferimenti od uccisioni. Rara­mente infatti i contendenti si toccano con le armi; essi sembrano, per così dire, “congelati” nell’a­zione. Si tratta di scene belliche reali o di duelli rituali ed agonistici? O sono forse rappresentazio­ni di danza armata? La presenza di uno o più personaggi armati che sembrano accompagnare i contendenti ed osservare dal di fuori il combatti­mento ci induce a credere che siamo di fronte a duelli rituali. Del resto la pratica sportiva, anche nel mondo greco, fu sempre legata a feste e mo­menti religiosi.

 

Percorso verde Roccia 73 - 20 MINUTI

UNA CAPANNA ‘A DUE PIANI’ - La figura di costruzione della ROCCIA 73 è uno dei migliori esempi di “capanna” presente nelle incisioni ru­pestri della Valcamonica. La grande scala, pog­giata su uno dei fianchi dell’abitazione, ci chiari­sce che la costruzione è sopraelevata, come gia è possibile notare dai cinque pali di sostegno, di cui quello centrale è portante. Essa doveva perciò svi­lupparsi su più piani. Sulla sommità del tetto si in­crociano due segmenti di forma uncinata simme­tricamente contrapposti, forse motivi zoomorfi come corna di bovidi, protomi d’uccello o di cavallo.
Molto si è discusso sul significato dei piccoli segmenti che compaiono sulle due falde del tetto: si tratta di elementi decorativi o sono invece la raffigurazione delle estremità delle travi di soste­gno del tetto poste in prospettiva “piatta”? Dub­bia anche l’interpretazione dei quattro cerchi che appaiono sulla sommità dei tetti e alle estremità delle falde: forse sono motivi ornamentali, hanno una funzione strutturale o sono segni sacri ed apotropaici, cioè con la funzione di allontanare influssi maligni?

Roccia 70

CERNUNNOS - Il Dio Cernunnos è raffigurato in piedi, vestito di lunga tunica; sul capo ha corna di cervo, impugna un coltello nella mano destra e sullo stesso braccio porta un’armilla. Dal busto fuoriesce una barchetta a testa d’uccello acquati­co (simile a quelle della ROCCIA 50), accanto vi è un personaggio in atteggiamento da “orante”.
Di questa divinità si hanno immagini provenienti anche dal mondo celtico, più tarde di quella camuna, ove appare con testa sormontata da palco cervino, seduto a gambe incrociate, impugnando torques e spesso associato a serpenti e ad animali feroci.
Lo stile (accuratezza di particolari e gigantismo) e la barchetta a protome ornitomorfa che fuorie­sce dal busto del dio, per anni interpretata come serpente e solo recentemente identificata come barca, forniscono agli studiosi elementi probanti per collocare cronologicamente il Cernunnos camuno tra la Il metà e la fine del VI sec. a.C. Esso sarebbe pertanto la più antica figura di Cernunnos conosciuta in ambito europeo.

Percorso blu - 45 MINUTI -

Roccia 23

IL CARRO A QUATTRO RUOTE - La struttura di questo carro trova confronto nei mezzi di tra­sporto ancor oggi utilizzati in Valcamonica: la forma rettangolare allungata e le ruote piccole, infatti, rendono adatto questo mezzo agli stretti sentieri di montagna.
L’assenza di un piano di carico rivela inoltre l’usanza di fissare il carico direttamente al telaio. Il carro è rappresentato come visto dall’alto, mentre le ruote e i cavalli sono in vista laterale. Nelle incisioni rupestri non sempre sono presen­ti gli animali aggiogati ma dove questi compaio­no si tratta di buoi e, in seguito, di cavalli.

Roccia 32

UNA PROCESSIONE DI ORANTI - Nelle incisioni rupestri neolitiche e dell’età del Bronzo la figura umana viene rappresentata schematica­mente nella posizione dell “orante”: le braccia sono piegate più o meno rigidamente e rivolte verso l’alto; le gambe simmetricamente contrapposte ad esse. Il busto è lineare e la testa spesso è resa con semplice coppella. Anche il sesso è per lo più evidenziato: una piccola coppella tra le gambe rappresenterebbe l’organo sessuale femminile, un piccolo tratto distinguerebbe l’organo maschi­le. Sulla cronologia di queste figure schematiche non vi sono ancora studi approfonditi. Per ora l’analisi delle sovrapposizioni, metodo fonda­mentale per la definizione delle fasi cronologiche, mostra che le figure schematiche oranti sono sempre sottoposte alle figure dell’età del Ferro. Esse sono pertanto più antiche.

Roccia 35

IL PERSONAGGIO IN CORSA - Agli inizi del V sec. a.C. nelle incisioni rupestri della Valcamonica si assiste ad un ritorno dello stile naturalisti­co di tipo descrittivo. Il dinamismo è reso da sem­plici accorgimenti tecnici quali, ad esempio, la raffigurazione degli arti tesi innanzi o piegati a si­mulare la corsa.
Il personaggio della ROCCIA 35 per anni è stato denominato “il sacerdote che corre” a causa del­l’atipica assenza di armamento e della presenza di uno strano copricapo, con le piume che si spo­stano controvento, probabilmente un elmo crestato. Questo attributo ci chiarisce quindi che deve trattarsi di un guerriero in attitudine di corsa o forse di ballo: la posizione del braccio destro sembra infatti tipica di una gestualità della dan­za.

IL VILLAGGIO CAMUNO - Nell’età del Ferro assistiamo frequentemente a scene aneddotiche e descrittive. Bisogna sottolineare che le rocce si presentano come palinsesti, cioè come superfici più volte incise e riutilizzate nello stesso punto, per motivazioni che ancor oggi ci sfuggono. Forse gli artisti incisori consideravano come zone sacre le aree già incise precedentemente e di volta in volta potevano completare o modificare prece­denti insiemi di grafemi. La scena che abbiamo ora di fronte ci mostra infatti una serie di costru­zioni - abitazioni, granai, templi - sovrapposte a scene di caccia. Alcune figure - cervi e cani -appaiono così all’interno delle costruzioni, anche se incise anni addietro da un artista diverso. A volte la figura umana appare all’interno delle costruzioni, senza riuscire tuttavia  a qualificare la natura della struttura (abitazione, granaio o tem­pio?), in quanto tali figure potrebbero rappresen­tare simulacri o statue di divinità. Sovrapponen­do le costruzioni alle scene di caccia, l’artista ha forse voluto rappresentare in prospettiva ciò che accadeva attorno al villaggio: scontri armati, battute di caccia a piedi o a cavallo, il lavoro e gli atti religiosi.

Percorso viola - 45 MINUTI

Roccia 60

LA ROSA CAMUNA - Tra le figurazioni sim­boliche presenti nelle incisioni rupestri dell’età del Ferro la “rosa camuna” (così, impropriamen­te, chiamata per la sua somiglianza con un fiore) sembra assumere un’importanza particolare.
I tre tipi fondamentali di rosa camuna (quadrilo­bata, a forma di svastica, a svastica asimmetrica) compaiono a volte isolati, a volte associati tra loro e più spesso in associazione con altre figure tra cui armati, rettangoli e serpentiformi.
E’ difficile dare una interpretazione univoca della rosa camuna: si è pensato che essa rappresenti un simbolo con valenze astronomiche (sole, luna, eclissi) o uno strumento musicale (sistro) o un gioco (tipo dama o altro gioco con pedine), uno stendardo guerresco o totem tribale. Alcuni stu­diosi puntano l’attenzione sul possibile significa­to da annettere al suo orientamento rispetto alla roccia e ad altre incisioni.
Una delle associazioni più frequenti della rosa è quella con guerrieri che sembrano danzarle attor­no o difenderla dall’attacco di altri armati, il che ci fa pensare ad un simbolo molto importante del mondo guerresco, non necessariamente da ricon­nettere all’esclusivo mondo camuno in quanto esso compare anche in incisioni rupestri di altre zone europee, in Gran Bretagna, Svezia e Porto­gallo.

 

Percorso rosso – 25 MINUTI

Roccia 57

I CERVI CAVALCATI - I cervi compaiono nelle incisioni rupestri della Valcamonica già a partire dall’Epipaleolitico, oltre 10.000 anni fa, ma di­vengono più frequenti nell’età del Rame (III mil­lennio a.C.) e nell’età del Ferro (I millennio a.C.). Si tratta di figure isolate o riunite in gruppi in attitudine di pascolo o di corsa per sfuggire ai cacciatori e ai cani.
L’importanza del cervo, oltre che dalle scene di caccia, ci è suggerita anche dalla presenza di Cernunnos, il dio-cervo. Sulla ROCCIA 57 si tro­vano quattro rappresentazioni di cervi cavalcati. I “cavalieri”, così come vediamo fare anche con i cavalli, cavalcano da seduti oppure in piedi sui cervi. Sono scene inusuali da interpretare come fi­gurazioni mitiche o scene reali? E’ davvero pos­sibile cavalcare un cervo? Secondo alcuni, si trat­terebbe di scene reali che testimonierebbero, nell’età del Ferro in Valcamonica, come in altre zone, la semidomesticazione dei cervi.

L’ARATRO - La pratica dell’aratura si afferma già a partire dalla fine del Neolitico e dall’età del Rame, come attestano le tracce rinvenute, duran­te gli scavi archeologici, in insediamenti e luoghi di culto.
Le numerose raffigurazioni di scene d’aratura su rocce, massi e stele camune si datano ad un lungo arco di tempo, dall’età del Rame, nel III millen­nio a.C., alla media età del Ferro (VI-V sec. a.C.)e ci permettono di seguire l’evoluzione tipologi­ca dell’aratro: lo strumento più antico è a chiodo, ma già nell’età del Bronzo compare il più solido aratro a chiodo triangolare.
Nell’età del Ferro, nel corso del I millennio a.C., si affermano diversi tipi: a chiodo con bure diritta, a chiodo con bure ricurva perforata, a uncino.
L’aratro della ROCCIA 57 appartiene a quest’ul­tima categoria. Lo stile della scena e la tipologia evoluta dello strumento inducono a datare l’inci­sione al VI-V sec. a.C.
Gli animali che trainano l’aratro sono probabil­mente equidi, così come appare in tutte le scene d’aratura dell’età del Ferro. Al contrario, nell’età del Rame e del Bronzo gli animali da tiro erano buoi.

NOTIZIE UTILI

Indirizzo
Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri Località Naquane - 25044 CAPO DI PONTE Tel. 0364/42 140.
Orario di visita
Gennaio/Marzo, Ottobre/Dicembre: 9.00-17.00
Aprile/Giugno, Settembre: 9.00-18.45
Luglio/Agosto:9.00-19.45
Chiuso i lunedì non festivi.

Libri e documentazione
Presso la LIBRERIA DEL PARCO sono dispo­nibili, oltre a poster e cartoline, tutte le guide at­tualmente in commercio relative al Parco Nazio­nale, alle altre località archeologiche, ai Musei della Valcamonica e all’arte rupestre in generale.

Visite guidate Vengono fornite da guide locali su prenotazione.

La presente guida è stata realizzata per la prima volta nel 1989, nell’ambito di un progetto di valorizzazione del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Capo di Ponte, finanziato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ex L 449/1987 e comprendente la creazione di percorsi e pannelli espositivi, l’allestimento dell’antiquariam, il rilievo topografica del Parco, il restauro ed il rilievo grafico e fotografico delle rocce incise ed il programma di informatizzazione della relativa documentazione.

Realizzazione:SOPRINTENDENZA AR­CHEOLOGICA DELLA LOMBARDIA 20123 MILANO. Via E. DeAmicis, 11 Tel. 02-89 40 05 55-fax 02 89 40 44 30 Direzione e coordinamento generale: >Raffaella Poggiani Keller, Soprintendenza Archeologica della Lombardia Progetto e allestimento: IKONOS srl, Servizio Beni Culturali, Treviolo Tel. 035 200 515—fax 035 201 041 Email:ikonos@archivio.it Consulenza scientifica: Raffaele De Marinis, Università Statale di Milano; Vincenzo Fusco, già Università Statale di Milano; Alberto Mancini, Università di Firenze Assistenza:G. Claudio Vaira, con la collaborazione di E. Ruggeri e G. Martinazroli, Soprintend. Archeologica della Lombardia. Testi:Carlo Baruffi; Angelo Fossati; Alberto Mancini; Doriana Piombardi; Raffaella Poggiani KelIer, Mila Simoes de Abreu, Patrizia Toniutti. Rilievi e fotografie: Archivio Soprintend. Archeologica della Lombardia (rilievi della Cooperativa lo Orme dell’Uomo). Prima edizione: IKONOS Editore, 1989.Terza edizione: IKONOS Editore, 2000

Incisioni di Sonico pag. 1 Incisioni di Sonico pag. 2 Incisioni di Sonico pag. 3

Valcamonica Preistorica

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