|    Home Page    |     Il Santuario      |      Il Santo      |      Religiosità     |      Gallery     |     English     |      Finisterre     |      Email     |

 

 

 

 

 

                       E proprio a S. Antonio abate, a cui venne dedicato il Santuario di Fosso Magno in agro di Grottole,  è dedicata questa sezione del sito dove cercheremo di ricostruire la storia umana e spirituale di questo eremita.

Infatti S. Antonio abate non è un illustre sconosciuto, ma è il monaco più illustre della Chiesa antica (250-356), di cui ci è pervenuto uno dei più begli esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di Antonio era amico e zelante discepolo.
Il biografo non ha trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla personalità, le abitudini, il carattere, le opere e il pensiero del caposcuola del monachesimo.
Nato a Come nel cuore dell'Egitto, a vent'anni Antonio si sentì chiamato a seguire il Signore nel deserto udendo nella liturgia il Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” (Mt 19, 21); “Non affannatevi per il domani” (Mt 6, 34).   Dopo aver abbandonato ogni cosa per seguire alla lettera il consiglio di Gesù. 

Si rifugiò dapprima in una plaga deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse per ottant'anni vita di anacoreta.
L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato, è ormai un metodo di vita ascetica, fatto di austerità, di sacrificio e di estrema solitudine: S. Antonio, se non l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante. Infatti, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un grande influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la Chiesa.

Il richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in assenza dei mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si propagò a tal punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi, e anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui per ricevere consigli o conforto. Lo stesso Costantino e i suoi figli si mantennero in contatto con il santo anacoreta.
Pur prediligendo la solitudine e il silenzio, Antonio non si sottrasse ai suoi obblighi di cristiano impegnato a riversare sugli altri i doni con cui Dio aveva ricolmato la sua anima: due volte egli lasciò il suo eremitaggio per recarsi ad Alessandria, sapendo che la sua presenza avrebbe infuso coraggio ai cristiani perseguitati da Massimino.
La seconda volta vi si recò dietro invito di S. Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi fedeli alla dottrina sancita nel concilio di Nicea (325).

Non è possibile parlare di questo illuminato "contestatore" senza accennare alle tentazioni che turbarono la sua solitudine nel deserto e che fornirono a pittori come Hieronymus Bosch il pretesto per ritrarlo tra mille conturbanti tentazioni diaboliche, infatti S. Antonio fu  bersaglio di molteplici tentazioni del maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali.
Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine dell'anacoreta, è veneratissimo come protettore degli animali domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato. 

 

 

 

Sant'Antonio abate.
Il senso di una scelta cristiana


La presenza di S. Antonio
nella conversione di Sant'Agostino


L'iconografia di S. Antonio abate
nell'arte religiosa