Il
primo romanzo di Thomas Mann, del 1901, narra le vicende di una
famiglia mercantile nella Lubecca del XIX secolo. Johann senior, che
nel 1768 ha fondato la ditta Buddenbrook, è un uomo che vive in
conformità con i propri principi: i suoi modi di comportamento e i
suoi criteri di giudizio nei confronti degli uomini e delle cose non
sono incrinati, sebbene si renda conto che la struttura sociale in
cui la sua attività di commerciante in granaglie ha potuto
prosperare è destinata a scomparire con l'industrializzazione. La
sua concezione del mondo laica e illuministica affonda le radici nel
classicismo tedesco: non a caso il romanzo si apre nel 1835, quando
Goethe è morto da appena tre anni. Nel figlio Jean sì presentano
già alcuni tratti nuovi: è profondamente religioso e sebbene le
sue decisioni nell'ambito degli affari coincidano con quelle del
padre, egli tuttavia nutre non pochi dubbi a proposito del rapporto
esistente tra l'etica commerciale e il cristianesimo: II terzo
esponente della famiglia è Thomas, nipote del capostipite: l'unità
organica tra mondo interiore e mondo esterno in lui ormai si è
dissolta; il contegno, il decoro di Thomas poggiano su fragilissime
basì: da un lato perché in seguito ad alcuni investimenti
azzardati la sua prosperità è più apparente che reale,
dall'altro, e soprattutto, perché sono venute a mancare le
motivazioni etiche che sostenevano invece il nonno. Thomas combatte
strenuamente contro l'intimismo e il desiderio di morte, ma non vi
è dubbio che questi elementi siano profondamente radicati in lui.
Emergono quando, «un po' cercato e un po' per caso», gli capita di
leggere il mondo come volontà e rappresentazione di A.
Schopenhauer. Per una notte si abbandona al pensiero della morte, al
desiderio di annientamento: un anelito che alla sua coscienza non si
presenterà mai più con la stessa chiarezza e che tuttavia guiderà
i suoi atti, fra cui la stesura del testamento in cui è decretata
la fine della ditta Buddenbrook. L'ultimo esponente della famiglia
è Hanno: se per suo padre pensare al futuro era fonte di dubbi e
inquietudine, per Hanno il futuro è addirittura impensabile, tanto
è intenso il suo amore per la morte che è tutt'uno con l'amore per
la musica. II progressivo distacco dalla vita, l'accentuarsi della
tendenza all'introspezione, sono disposizioni d'animo presenti in
quasi tutti gli esponenti della famiglia Buddenbrook, che ai loro
dubbi trovano risposte diverse: Jean cercherà una soluzione nella
religione, Thomas punterà sul contegno ed eviterà ogni situazione
pericolosa (eccezion fatta per la lettura di Schopenhauer), mentre
Hanno non opporrà alcuna resistenza e morirà, adolescente, di
tifo. Intorno ai tre rappresentanti maschili ruotano altri
personaggi, come Christian - che «in tutto il fianco sinistro ha i
nervi troppo corti» -, il nevrotico alter ego di Thomas, o Tony, la
sorella, destinata a passare da una sventura matrimoniale all'altra,
ma ironicamente anche l'unica che grazie alla sua non-consapevolezza
sapravviverà, conservando sino alla fine la propria fiducia (ma
dovremmo dire fede) nei destini della famiglia; o Gerda, la esotica
moglie del senatore, una figura femminile tipicamente manniana,
colei che per la prima volta porta nella famiglia il germe mortifero
della musica, della musica di Wagner in particolare.
In quello che molti critici considerano il capolavoro assoluto dello
scrittore, sono condensate le tematiche che caratterizzeranno la sua
opera anche in futuro: il tormentato rapporto fra borghesia e arte,
I'ínconciliabile antitesi tra volontà e sensibilità, e, più in
generale, la crisi spirituale e dei valori di un'Europa che si stava
avviando verso la prima guerra mondiale.
Sui Buddenbrook come romanzo della decadenza della borghesia
mercantile tedesca proponiamo un breve passo di Cesare Cases.
Il libro uscì nell'agosto del 1901, in due volumi. Da principio,
nonostante alcune buone recensioni il successo fu scarso ma l'anno
seguente l'editore trovò il coraggio di fare un'edizione a buon
mercato in un volume solo, e questa si esaurì rapidamente. Da
allora il romanzo resterà il più venduto tra tutti quelli di Mann
e uno dei massimi successi editoriali di ogni tempo. Le ragioni di
questo successo sono evidenti. Di romanzi di ambiente borghese ce
n'erano stati infiniti molti anche fondati sull'idea di decadenza,
che in epoca positivistica era associata alla decadenza organica, al
deperimento fisiologico. In modi diversi e opposti, Paul Bourget e
Emile Zola, due letture del giovane Mann, avevano descritto in molti
loro romanzi questa parabola. Tale concetto di decadenza è
indubbiamente presente anche in Mann. La terminologia usata è qui
ancora quella di Paul Bourget, lo sborghesizzamento è visto come la
conseguenza di un affinamento patologico del sistema nervoso. Che
questo sia un aspetto della «decadenza di una famiglia», come
suona il sottotitolo del romanzo, risulta già a una prima lettura,
e fin qui non c'era niente di nuovo. Tuttavia tale processo non era
mai stato situato in una così robusta cornice sia sociale che
ideologica.
L'estrema concentrazione dell'elemento sociale è data non soltanto
dalla tematica familiare ma dall'omogeneità e dalla densità dello
sfondo lubecchese. Si pensi solo all'assenza, praticamente totale,
del ceto nobiliare. In ogni parte della Germania che non fosse una
città libera la nobiltà aveva un ruolo essenziale che condizionava
anche la coscienza che la borghesia aveva di se stessa. La decadenza
non può essere osservata in vitro là dove la borghesia ha ancora
da fare i conti con l'aristocrazia: un decadente che combatte, o che
si piega, non è un vero decadente. Anzi la sua mancanza di
autonomia lo rende inadatto alla parte di protagonista quando si
vogliano configurare dei conflitti interiori: Theodor Fontane,
l'unico romanziere tedesco che si possa considerare un predecessore
immediato di Thomas Mann, in parecchi romanzi di ambiente prussiano
dedicati al conflitto tra ordine sociale e passione ha descritto
tale conflitto in personaggi aristocratici. Anche nella Francia
della Terza repubblica, dove pure la borghesia regnava
incontrastata, la classe esautorata restava socialmente se non
politicamente importante, aveva velleità di rivincita e disponeva
del forte partito monarchico, né la letteratura poteva fare a meno
di tenerne conto, in senso positivo o negativo. Ma a Lubecca
l'aristocrazia non era semplicemente mai esistita.
All'altro capo della scala sociale, si può osservare che il popolo
ha una parte ridottissima nei Buddenbrook. Se si prescinde da
qualche pura comparsa ci sono solo i due amori impossibili di Tony e
di Thomas, Morten Schwarzkopf, il figlio del marinaio, e la fioraia,
poi signora Iwersen. Essi sono al centro dei due episodi che più
ricordano Fontane. Tuttavia anche queste due figure restano
episodiche, non assumono la statura umana e il valore paradigmatico
che hanno in Fontane. In questa estrema riduzione dell'elemento
popolare c'era, come si vide dipoi, una scelta deliberata, perché
esso non appare praticamente più nel Mann posteriore. La «vita»
nel conflitto tra vita e spirito rivestirà sempre forme
borghesi,anche sotto i drappeggiamenti dei pastori orientali. Il
popolo è in sostanza per Thomas Mann (anche per il Mann politico)
quello che sono gli ebrei nel racconto La legge: una «pasta informe»
che Mosè, e in generale le classi dirigenti degne di questo nome,
hanno il compito di far lievitare. Solo nel Doctor Faustus Mann
sentirà di nuovo il bisogno di introdurre una sana popolana
bavarese, la signora Schweigestill, come contrappunto al dramma e
alla follia di Leverkiihn, ma si tratterà più di un simbolo che di
un personaggio vero e proprio. Quanto all'assenza del proletariato
industriale, se essa è totale in tutta l'opera di Mann, nei
Buddenbrook è giustificata dall'ambiente lubecchese.
Il processo di decadenza della borghesia può quindi svolgersi tutto
all'interno di questa classe. La sua differenziazione interna ci fa
vedere chi saranno i successori dei Buddenbrook, i nuovi padroni
della casa della Mengstrasse e dell'intera città: gli Hagenstròm,
i parvenus senza tradizioni e senza scrupoli. Tuttavia nulla
permette di supporre che l'autore di questo libro creda nella fine
dei valori borghesi, nemmeno in una fine di fatto, e non di diritto,
ad opera degli Hagenstróm. Ciò che progressivamente decade e si
estingue, fino a provocare l'estinzione della dinastia, è la volontà
di affermarli, la sicurezza di sé, la decisione dei propositi.
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