Fra
la pubblicazione dei Buddenbrook quella della
Montagna incantata (1924) trascorrono più di vent'anni, ricchi di
avvenimenti. Le incertezze, i dubbi che avevano minato l'esistenza
di Thomas Buddenbrook, nel nuovo romanzo vengono rimeditati da Hans
Castorp, un giovane borghese della Germania settentrionale, che si
reca in visita al cugino Joachim Ziem(3en, ospite di un sanatorio di
Davos in Svizzera. Affascinato da questo piccolo mondo che è in sé
un universo compiuto, Hans resta a Davos per sette anni,
sottoponendo a revisione critica tutta la sua visione del mondo, che
è poi quella di una parte della borghesia tedesca e che coincide in
sostanza con quella che lo scrittore aveva delineata nei
Buddenbrook. In questo suo lungo percorso formativo - a proposito
della Montagna incantata si è giustamente parlato di un
Bildungsroman (romanzo di formazione) che si riallaccia alla
tradizione ottocentesca si innamora di una delle ospiti dei
sanatorio, Claudia Chauchat, e discute approfonditamente con altri
due ospiti, l'italiano Settembrini, erede della cultura
illuministica, e il gesuita Naphta, esponente del mondo romantico e
decadente. A questi si aggiunge, nella seconda parte del romanzo,
Mynheer Peeperkorn, uno straordinario olandese, esponente di una
concezione di vita in cui predominano i sensi e la natura. La prima
guerra mondiale strappa Hans Castorp dall'atmosfera incantata dei
sanatorio: lo ritroviamo nelle ultime pagine a combattere una
battaglia che non è solo militare e che riguarda le fondamenta
stesse della civiltà europea.
Al ruolo della musica nell'opera manniana è dedicato un saggio del
musicologo Paolo Isotta, dal quale proponiamo un brano incentrato
sul significato che la Winterreisedi Schubert assume nella Montagna
incantata. (Nel romanzo si parla di cinque composizioni, quattro
delle quali Castorp ritiene non «pericolose»: esse sono il
Prélude à l'après-midi d'un Faune di Debussy, alcune romanze
dalla Carmen di Bizet e dal Faust di Gounod e il finale dell'Aida.)
Verso la fine dello Zauberberg, quando la metamorfosi di Castorp
s'è quasi per intero compiuta, giunge al sanatorio un grammofono,
con una ricchissima collezione di dischi. Hans Castorp scopre allora
la musica. E Mann ci informa intorno alle sue preferenze. Le
composizioni favorite sono cinque. Salvo una, non sono pericolose.
Non più romanticismo tedesco, profondità del sentimento, notte,
morte e Sebnsucbt. Le musiche amate da un uomo approdato alla
"simpatia per la vita" sono tutt'altra cosa. [...] Opere
del tutto incapaci di risvegliare sentimenti che debbono esser
lasciati dormire in fondo all'animo, ai fini della "simpatia
per la vita".
Il quinto pezzo manifesta invece "simpatia per la morte".
E allora andrà maneggiato con cura, esorcizzato. Solo la coscienza
di quel ch'esso rappresenta disinnescherà la sua carica mortifera,
consentendo di gustarne la pura bellezza estetica. L Der Lindenbaum,
quinto Lied dalla prima parte della ZVznterrezse, il Viaggio
d'inverno di Schubert.
Nel suo zelo neofitico a favore della vita, Castorp comprende bene
che la piccola, delicata canzone dal tono popolare è solo
apparentemente innocua. E che il significato di un'opera d'arte può
ampiamente travalicare l'opera stessa.
V'è qualcosa di più importante della bellezza, l'amore per la
Zivilisation. La musica tedesca può essere amata solo nella misura
in cui non osti alle disposizioni umanitarie. Schubert è scelto
quale emblema d'un sentimento del mondo, ma a più forte ragione le
parole che lo riguardano intendono riferirsi a Wagner.
Nell'interesse della salute morale dell'umanità, nell'interesse
della democrazia, non si dovrebbe consentire libero accesso alla
musica tedesca, da Bach a Wagner. Occorrerebbe un'opera di
educazione preventiva, che inoculasse nel popolo il contravveleno
atto a renderlo immune dal suo pericoloso fascino. Ecco una delle
più importanti conclusioni che vanno tratte dalla Montagna
incantata.
Ancora qualcosa sul Lied di Schubert. Davvero, nel giudicarlo così,
nel dedicargli le pagine che abbiamo visto, Thomas Mann mostra un
occhio d'aquila. Der Lindenbaum è infatti il più
"facile" e il più "popolare" dei Lieder della
Winterreise .
Di fatto, esso è addirittura il solo dei dodici Lieder del primo
volume del ciclo che sia scritto in tono maggiore; e la melodia, a
differenza che in quasi tutte le altre canzoni della raccolta, vi
fluisce facile, cattivante, di tono popolare. Evidentemente, Mann si
rende conto, con ben maggiore acutezza della gran parte dei critici,
che la Winterreise è un'unità, e che i singoli pezzi vanno
valutati solo in relazione all'insieme. E infatti, nel sistema
semantico del Viaggio d'inverno, il tono maggiore ha un preciso e
costante significato: esso è il mondo dell'illusione, o della
nostalgia d'una felicità che appare irremissibilmente passata e,
forse, non fu posseduta mai. Così all'interno di tutti i Lieder in
tono minore, così nei pochi altri in maggiore della seconda parte.
In realtà, mai, e diciamo mai pesando la parola, nessuno nella
musica ha elevato un così formidabile atto d'accusa contro la vita
come, nell'apparente modestia dei mezzi impiegati (canzoni - genere
ritenuto minore - per voce e pianoforte), l'umbratile Schubert. Nel
Viaggio d'inverno tutto quello che rappresenta la base della vita,
dall'amore alla convivenza, all'amicizia, alla religione, viene
demolito con un'espressione lapidaria che non sarà trovata più da
nessun altro. Non esiste un'opera d'arte che sia altrettanto
antisociale, che tanto osti al "risoluto amore per
l'umanità".
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