Dramma in tre atti rappresentato nel 1921 con
clamoroso insuccesso al Teatro Valle di Roma e con
trionfale accoglienza al Teatro Manzoni di Milano.
Una compagnia teatrale sta provando una commedia
di Pirandello, ed ecco che le si presentano sei
personaggi: il Padre, la Madre, la Figliastra, il
Figlio, due bambini. Dicono di essere personaggi
che un autore ha confusamente immaginato ma non ha
saputo o voluto tradurre definitivamente in
un'opera. E loro vogliono vivere, essere
rappresentati, e perciò raccontano a frammenti,
con continue reciproche interruzioni, la loro
misera storia: la Madre, dopo avere avuto il
Figlio, si è innamorata del segretario del Padre e
va a vivere con lui. Dalla nuova unione nascono
tre figli. Dopo molti anni il Padre incontra,
inconsapevolmente, la Figliastra in una casa di
appuntamenti: il tempestivo intervento della Madre
evita il consumarsi di un incesto. Il Padre,
sconvolto da quanto è successo, accoglie in casa
tutta la famiglia, cioè i figli non suoi e la
Madre; ma ne deriva una situazione insostenibile:
il Figlio si isola in un mutismo inaccessibile, la
bambina giocando cade in una vasca del giardino e
il fratello ragazzo, che non ha fatto nulla per
salvarla, si uccide con una rivoltellata. Questa
aggrovigliata storia affascina il Capocomico, che
prova a farla recitare ai suoi attori; ma in
quella recitazione i personaggi non si
riconoscono: la finzione dell'arte è inadeguata
alla dolente realtà.
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