SIRACUSA in età Greca

 

Il nome della città, Siracusa, deriva dalla forma greca originaria Syracoùssai. Recenti studi, hanno dimostrato che risale agli Joni, e con tutta probabilità ai Calcidesi di Eubea, la responsabilità di tal genere di toponimi.

       Le dotazioni naturali del sito si possono cosi sintetizzare : disponibilità di acque (fonte Aretusa in Ortigia), possibilità immediata di difesa, disponibilità di due porti sicuri, territorio suburbano ricco dal punto di vista agricolo, prossimità alla foce di un fiume (Anapo) che permetteva il controllo e il rapporto con le popolazioni dell'hinterland. E' in questo felicissimo contesto di dotazioni naturali che sorge la colonia greca adattando, in primo luogo, alle esigenze della vita urbana il suo nucleo più antico, Ortigia.

       Sicuramente il primo impianto della città si estese dall'isola sulla terraferma, in diretto rapporto con l'istmo con cui era collegata, ove si venne costituendo un altro importante quartiere detto Acradina. II VII sec. a.C. fu fondamentale non solo per l'espansione della città e delle sue fortificazioni, ma anche per l'espansione della zona di influenza di Siracusa nel triangolo sud-orientale della Sicilia. Infatti, ancora della fine dell'VIII sec. è il primo impianto di Eloro, sulla foce del Tellaro, a dominio della ubertosa fascia costiera. 

Nel 664 a.C. Siracusa fonda Acrai nell'alta valle dell'Anapo, affermandosi poi con la fondazione di Casmenai nel 644, nel cuore di questo territorio interno presso il nodo orografico di monte Lauro e, infine, con la fondazione di Camarina (599 a.C.), di nuovo sulla costa, quella meridionale, al limitare del territorio di Gela.

        Questi sono segni di un preciso disegno espansionistico a cui dovette corrispondere un assetto interno fatto di potenza e di floridezza economica, ma che non cela, come dalle scarse notizie disponibili, il disagio dovuto alla irrequietezza della subcolonia più lontana, Camarina, che arriva ad allearsi con i Siculi, o il malessere di lotte interne fra i cosiddetti Gamoroi, proprietari terrieri discendenti dai primi coloni e i Kyllirioi, classe popolare asservita, che agli inizi del V secolo, riesce ad espellere dalla città i Gamoroi. Fu questo tipo di lotta interna a creare l'occasione dell'intervento di Gelone, figlio di Deinomenes, succeduto a Ippocrate tiranno di Gela, il quale aveva ormai stretto da presso Siracusa, dopo la sottomissione di Callipolis, Naxos, Zancle, Catane e Lentinoi. Gelone riporta i Gamoroi a Siracusa, se ne impadronisce insediandovisi e portando a compimento la volontà dei tiranni di Gela di fare di Siracusa, dal cui popolo e subito acclamato re, l'epicentro del loro grandioso programma di affermazione in Sicilia e nel Mediterraneo. 

       Lascia il governo di Gela nelle mani del fratello Ierone, concentra ben presto nella città grandi masse di popolazioni forzatamente trasferite (sinecismi) da varie città. Infatti trasferisce metà dei cittadini da Gela a Siracusa, trasferisce tutti i cittadini da Camarina di cui distrugge la rocca; distrugge Megara, trasferendo tutti i cittadini a Siracusa, ma vende il popolo come schiavo, e salva "i ricchi" cui concede la cittadinanza; stessa sorte riserva agli Eubesi: è un incalzare di terribili avvenimenti attraverso i quali, con cinismo senza pari assicura il suo potere tirannico con il consenso di gruppi aristocratici o di ceti ricchi, sradicati dai propri luoghi di origine e completamente asserviti. Intanto la città viene a subire una radicale trasformazione sociale per quest'imponente arrivo di nuove masse di cittadini e di migliaia di mercenari, che l'antica area urbana non può contenere. Si sviluppano, cosi, i due nuovi quartieri di Tyche e Neapolis, rispettivamente a nord-est e a nord-ovest di Acradina. La città si amplia e si monumentalizza adeguandosi, per immagine, alle aspirazioni di potenza del suo tiranno.

       Il teatro e il celeberrimo Athenaion sono i simboli di questo rinnovamento monumentale. Il mondo della cultura viene ad essere attratto e coinvolto nella celebrazione del potere tirannico da un accorto mecenatismo che, indubbiamente, ha ritorni molto positivi nei rapporti culturali col mondo greco, nelle manifestazioni sportive, letterarie, artistiche e teatrali. La presenza a Siracusa sotto i Dinomenidi di figure come Eschilo per soggiornarvi e per rappresentare le sue tragedie, è emblematica. Certo, Eschilo venne a Siracusa non solo per la dignità del suo pur splendido e famoso teatro, ma anche per il clima culturale particolare che si realizza nella prima metà del V sec. a Siracusa, che già per tradizione di antichi rapporti era sentita come punto di riferimento dal mondo della cultura in Grecia. E' in questo senso che viene interpretata la notizia circa la presenza in Sicilia di Arione di Metimna, e del capo della scuola rapsodica, Cineto di Chio, che introdusse a Siracusa l'uso di recitazioni omeriche, o del poeta Eumelo di Corinto che sarebbe venuto a Siracusa al seguito dell'ecista Archia.

       Tornando alla politica tirannica di Gelone è opportuno ricordare come anche a fini di potere furono improntati persino i suoi rapporti di parentela: sposa Damarete figlia di Terone tiranno di Agrigento al quale dà in moglie la nipote, figlia di Polizelo.

       Ma tutto questo tipo di strategia di potere manifesta certamente nell'affermazione militare il suo esito più eclatante e di fondo. I due principali poli dell'attenzione politica, militare ed economica, dei Dinomenidi sono il pericolo cartaginese che dalle basi della Sicilia occidentale si manifestava in maniera sempre più preoccupante nell'aspirazione alla supremazia su tutta 1'isola e la presenza etrusca gravitante sul Mediterraneo, che aveva interesse a monopolizzare il commercio internazionale.

       Contro il fortissimo esercito dei Cartaginesi, comandato da Amilcare, intenzionato a cancellare la grecità dal suolo di Sicilia, Gelone con Terone di Agrigento riportano, a Himera, nel 480 a.C. una strepitosa vittoria che diede grande lustro ai vincitori, visti come paladini della grecità in Occidente nello stesso anno, e forse nello stesso giorno, in cui i Greci a Salamina annientavano i Persiani, barbari di Oriente.

       La vittoria di Himera diede a Siracusa gloria e ricchezza: a celebrazione del grande evento si costruisce con ogni splendore il tempio di Athena in Ortigia; e viene coniata una famosa moneta, detta Damarateion, dal nome della regina, realizzata con il metallo prezioso avuto come tributo dai Cartaginesi in conseguenza della vittoria.

       Tocca a Ierone, succeduto a Gelone nel 478, affrontare gli Etruschi nelle acque di Cuma, ove, nel 474 a.C. egli riporto un'altra vittoria storica per i destini di Siracusa. A eterna memoria dell'importante affermazione militare è una famosa iscrizione eseguita su un elmo dedicato a Olimpia, che dice: "Ierone figlio di Deinomenes e i Siracusani a Zeus, dal bottino fatto sugli Etruschi a Cuma".

       Anche il periodo del regno di Ierone fu splendido per Siracusa nonostante il tiranno fosse ricordato come avaro e violento, certamente non dotato delle qualità "umane" del fratello Gelone. Siracusa continua a essere uno dei poli principali della politica commerciale e culturale nel Mediterraneo. Grandi personalità tengono rapporti con Siracusa e ne fanno oggetto delle loro attenzioni. Il poeta Simonide è ricordato per la sua azione mediatrice fra Ierone e Terone di Agrigento; Bacchilide e Pindaro esaltano nelle loro celebri composizioni le vittorie agonistiche di Ierone; Pindaro ancora celebra, per Ierone, la fondazione di Etna, per la quale Eschilo compose le "Etnee".

       E' con Trasibulo, alla morte di Ierone (467 a.C.), che termina il potere tirannico della dinastia dei Dinomenidi. Uomo violento e sanguinario, non riesce a dominare la situazione fino a quando è colpito dall'esilio. A Siracusa, si instaura, finalmente, un regime democratico: il che significò nuova costituzione, nuove forme di governo e di amministrazione della giustizia attraverso tribunali regolari.

       Nasce e si afferma l'arte dell'oratoria, mentre Corace e Tisia siracusani scrivono i loro trattati di retorica. A dimostrazione della vitalità nel campo della produzione letteraria si ricorda che in quest'epoca Sofrone di Siracusa crea un nuovo genere letterario, il mimo, composizione non in versi destinata alla scena, con la quale il realismo della vita comune fa il suo ingresso nella letteratura. 

    Nel campo militare continua la politica di affermazione di Siracusa sia in Sicilia, contro Ducezio (459-451 a.C.), sotto la cui guida i Siculi avevano tentato una riscossa e contro Agrigento nel 446 a.C., sia nel Tirreno, nel quale la flotta siracusana opera intorno alla metà del V sec. a.C. degli interventi a danno dell'isola d'Elba e della Corsica. Questo tipo di politica espansionistica non poteva non preoccupare Atene, inducendola a cercare l'occasione per intervenire contro Siracusa impegnata contro le città ioniche. Così Atene interviene con due spedizioni senza esito tra il 433 e il 427, finché, nel 424, con il trattato di Gela sembrò che la pace fra le città siceliote fosse ristabilita. Ma poco dopo la ripresa delle ostilità indusse Segesta e Leontinoi, impegnate rispettivamente contro Selinunte e Siracusa, a richiedere l'aiuto di Atene. Inizia, cosi, lo storico conflitto tra Atene e Siracusa che durò dal 416 al 413 a.C.

       E' una serie straordinaria di avvenimenti bellici di cui lo storico Tucidide dà una impareggiabile narrazione e il cui primo atto è rappresentato dall'arrivo a Siracusa della potente flotta ateniese, comandata da Nicia e da Demostene, e dai primi successi su Siracusa dovuti alla conquista dell'Epipoli da parte delle truppe ateniesi sbarcate al Trogilon e che avevano guadagnato la terrazza calcarea non ancora protetta da fortificazione. Inizia, cosi, il lungo, travagliato periodo di assedio di tre anni di cui il racconto di Tucidide dà le serrate vicende e che sovente fa temere il tracollo di Siracusa. A ribaltare la situazione in favore di quest'ultima è l'arrivo degli invocati rinforzi inviati da Sparta al comando di Gilippo, ma soprattutto l'esito di alcuni scontri sia per terra che per mare, i quali permisero il blocco della flotta ateniese nel Porto Grande e il suo totale annientamento. Analoga sorte subirono le truppe di terra, invano ripiegate sul fiume Assinaros (413 a.C.).

       I prigionieri, in gran numero, vennero rinchiusi nelle latomie cittadine ove quasi tutti perirono. L'epico scontro fra le due massime città del mondo greco nel V sec. a.C. aveva visto sì la supremazia di Siracusa, ma nel quadro dei rapporti internazionali aveva, in generale, segnato un palese indebolimento dell'elemento greco contro cui, in Sicilia, presto riaffiorò il pericolo cartaginese.

       Infatti nel 409 a.C. i Cartaginesi distruggono prima Selinunte e poi Himera, mentre Siracusa si impegna con Ermocrate in un inefficace tentativo di contrastare gli invasori. E il momento in cui Dionigi, partigiano di Ermocrate, morto nel 408 a.C., appare sulla scena della storia di Siracusa. L'aggressione cartaginese, intanto, continua contro Agrigento (406 a.C.), che viene rasa al suolo e minaccia (405 a.C.) Gela, in soccorso della quale accorre inutilmente Dionigi, pervenendo ad una umiliante pace con i Cartaginesi che si impadroniscono anche di Gela e Camarina.

       Da questo momento Dionigi inizia un'attenta azione di recupero di forze militari e di capitali, che gli consentono di rafforzare il suo potere personale che diventa totale e indiscusso. Trasforma Ortigia in roccaforte, vi si insedia espellendone gli abitanti, circonda di fortificazioni con una straordinaria e rapida impresa costruttiva, tutta la terrazza dell'Epipoli che culmina nella famosa fortezza del Castello di Eurialo, costruisce macchine da guerra, potenzia le dotazioni portuali, costruisce vasti ginnasi e templi agli dei, fa di tutto per accrescere la magnificenza e la potenza di Siracusa.

       All'esterno, dopo aver conquistato tutto il territorio della Sicilia orientale, distruggendo Naxos, Catana e Leontinoi, si prepara, nel 397, ad affrontare di nuovo Cartagine. Conquista Mozia, ma il potente Imilcone la riprende subito dopo e in rapida progressione, sottomette Lipari e Messana, supera la flotta di Dionigi nel mare di Catania e arriva a Siracusa sottoponendola a duro assedio (396 a.C.) con l'esercito e la flotta nel porto grande.

       Imilcone riesce anche n penetrare in città, nei sobborghi di Acradina, ove saccheggia il Santuario di Demetra e Kore. Ma gli effetti deleteri di una pestilenza fermano questa incalzante supremazia cartaginese. Dionigi sconfigge Imilcone che toglie l'assedio a Siracusa.

       Si giunge al trattato di pace del 392 e Dionigi ha modo di pensare a un vasto programma di espansione in Sicilia e fonda nuove città come Adrano, Tauromenio e Tyndari. In Italia conquista Reggio, fonda colonie ad Ancona, ad Adria e a Lissa, attacca l'Etruria e la Corsica.

       Riprende la guerra contro i Cartaginesi e dopo alterne vicende si giunge al trattato del 383 col quale il confine fra i territori di Siracusa e quello Cartaginese fu fissato al fiume Alico, confine che permane fino alla conquista romana. L'ultima guerra che vide impegnato Dionigi contro Cartagine (368 a.C.) non mutò sostanzialmente l'assetto conseguente al precedente conflitto. Dionigi moriva nel 367 dopo aver difeso accanitamente l'elemento greco nel Mediterraneo, portando Siracusa al massimo della sua espansione territoriale in Sicilia e in Italia, intervenendo con determinante peso negli affari di Grecia, a sostegno generalmente degli interessi di Sparta. Notevole anche per questo tiranno siracusano 1'interesse per le lettere, la filosofia, le arti: Platone è a Siracusa sotto il regno di Dionigi anche se fu da questi brutalmente venduto come schiavo. Il tiranno certo amava circondarsi di uomini di lettere. Egli stesso scrittore di drammi riportò una vittoria nelle Lenee del 367 e pare che la morte lo colse proprio durante i festeggiamenti di questa vittoria.

       A succedergli fu il figlio Dionigi II, sotto la tutela dello zio Dione. Dionigi II si trovo a regnare sotto il peso della crisi conseguente al lungo e dispotico potere del padre.

       Concluse la pace con Cartagine e cercò, con concessioni di vario tipo, di attenuare la pressione delle città ostili a Siracusa. E mentre continuò la politica estera del padre – aiuti a Sparta contro Tebe, interventi contro i Lucani. Queste intenzioni di governo costituivano a condizione ideale per richiedere la venuta di Platone a Siracusa, sostenuta in particolare da Dione. Il filosofo, che era già stato a Siracusa alla corte di Dionigi I, fu accolto con grandi onori e subito si diede allo studio delle Costituzioni per le città siciliane. Questo nuovo indirizzo di governo sostenuto soprattutto da Dione fu sfruttato dai conservatori che indussero abilmente Dionigi II ad esiliarlo. In conseguenza di ciò Platone lasciò Siracusa, ma una terza volta il filosofo vi tornò a prova dell'immenso significato storico che egli annetteva al ruolo di Siracusa nella storia del mondo. Ma il dissidio divenuto insanabile fra Dione e Dionigi segno il fallimento del programma politico del filosofo, motivo per cui rientrò in Grecia. E' curioso come nella VII lettera Platone, dopo aver descritto i principi del suo programma, ne individua la causa del fallimento nell'eccessiva importanza data dal giovane tiranno al mangiare e al bere.

       Nel 357 Dione, intenzionato a mettere fine alla tirannide di Dionigi II, a capo di un piccolo esercito, da Zacinto, dopo una fortunosa navigazione, giunge a Siracusa occupandone i quartieri esterni, in assenza del tiranno. Impadronitosi del potere restò a capo della città con altri venti strateghi, ma l'impopolarità delle sue azioni gli rivolse contro la popolazione e dovette ritirarsi a Lentini. Essendo stata Siracusa occupata da mercenari campani, Dione vi fu richiamato e la occupò, ma fu ucciso (354) da un condiscepolo dell'Accademia, l'ateniese Callippo che restaurò la tirannide.

       Dionigi II riesce a tornare a Siracusa nel 346 e a impadronirsi del potere. I Siracusani a lui avversi, tramite Iceta di Leontinoi, chiedono aiuti a Corinto, madrepatria di Siracusa, che invia una spedizione con a capo il generale Timoleonte.

       Frattanto i Cartaginesi allestivano una grande spedizione in Sicilia favorita dall'appoggio dello stesso Iceta di Leontinoi che riusciva a impadronirsi di Siracusa e si mostrava d'accordo con i Cartaginesi nell'impedire la prosecuzione della spedizione di Timoleonte, partito, intanto, alla volta della Sicilia da Metaponto. Questi riesce a giungere a Tauromenio dove è accolto come liberatore dell'isola. Vincitore su Iceta presso Adrano, Timoleonte si allea con Mamerco di Catania mentre Dionigi II gli si arrende.

       Una serie di scontri con le truppe di Iceta, dalle alterne vicende, si risolve con la vittoria di Timoleonte, mentre Iceta si rifugia a Leontinoi (343). A Siracusa si abbattono le fortificazioni e Timoleonte inizia la sua opera ricostruttiva della città. Il 339 registra un altro importante successo di Timoleonte, questa volta sui Cartaginesi sconfitti sul fiume Crimiso. Timoleonte poté così continuare la sua opera di ricostruzione della Sicilia affrancandola dal potere dei tiranni e controllando i Cartaginesi invasori. Assecondava, in questo modo, con le sue straordinarie doti di politico e di uomo d'armi, le aspirazioni alla pace e alla libertà che animavano i Sicelioti. Per sette anni (344-337 a.C.) Timoleonte svolge questa nobile opera; poi ritiratosi a vita privata e divenuto cieco, muore nel 336 a.C.

       La sua memoria fu degnamente celebrata e ricordata a Siracusa. Il periodo di pace e di democrazia assicurato dal governo di Timoleonte non dura a lungo: le inestinguibili lotte fra oligarchie aristocratiche e difensori della democrazia soggiacciono, alla fine, al potere di un nuovo tiranno, Agatocle, che nel 316 si impadronisce della città con un sanguinoso colpo di stato.

      La principale attenzione della sua strategia militare fu rivolta contro i Cartaginesi chiamati in Sicilia ora da questa ora da quella città che temeva di perdere la propria autonomia. L'aiuto, questa volta, fu chiesto da Agrigento ai Cartaginesi che vincono Agatocle nella battaglia dell'Ecnomo presso il fiume Imera nel 310 a.C.

       La pesante sconfitta lo induce ad un'impresa audacissima e decide, da Scipione Africano ante litteram, di portare la guerra ai Cartaginesi in Africa. L'impreparazione di questi ultimi fa registrare ad Agatocle una serie di successi ai quali si aggiunge anche quello dell'alleanza di Ofella di Cirene, successivamente eliminato. Il suo esercito fu unito a quello di Agatocle. Questi, però, preoccupato della situazione in Sicilia vi ritorna per combattere Agrigentini e Cartaginesi, senza successi esaltanti, tanto che dovette tornare presto in Africa dove suo figlio Arcagato aveva subito una disastrosa sconfitta.

       Ma le sorti della guerra non furono più favorevoli ad Agatocle che riesce a salvarsi a stento con una sola nave; ne segue (306 a.C.) un duro trattato di pace con i Cartaginesi. Agatocle, in seguito, oltre a combattere le oligarchie di varie città siciliane sposta le sue mire espansionistiche sul suolo italico. Come Dionigi I estende il suo dominio in Magna Grecia e conquista Corcira. Questo processo di affermazione e curato da Agatocle anche nei rapporti di parentela: egli sposa Teossena, la figlia di Tolomeo e di sua figlia Lanassa in matrimonio a Pirro, istituendo cosi importanti rapporti con i regni ellenistici del tempo.

       Prepara ancora una guerra contro i Cartaginesi ma le vicende della sua vita si chiudono nel 289 a.C. dopo le truci lotte per la successione che videro il figlio terzogenito, Agatocle il giovane, soccombere per mano del nipote Arcagato. In conseguenza di ciò Agatocle nominava suo successore il popolo siracusano.

       Alla morte di Agatocle a Siracusa riprendono forza le guerre civili e diventa nuovamente incombente il pericolo dei Cartaginesi. Essi arrivano a Siracusa nel 278. Allora, chiamato in aiuto, arriva Pirro, re dell'Epiro, che da eccellente uomo d'armi riesce con 1'aiuto dei Greci di Sicilia a fronteggiare e a respingere i Cartaginesi. Ma presto il grande Epirota lasciò la Sicilia per l'Italia ove urgeva la guerra contro Roma che presto (272) si affaccia sui mari di Sicilia.

       Intanto a Siracusa si veniva affermando il potere di Gerone II, forse discendente dei Dinomenidi, che si era già segnalato come condottiero nella guerra contro i Cartaginesi durante la spedizione di Pirro. Egli e poi protagonista della vittoria riportata dai Siracusani e da altri Greci di Sicilia contro i Mamertini sulle rive del Longano nel 269 a.C., anno in cui assume il titolo di re.  Partecipò nelle vicende del predominio su Messina, ove i Cartaginesi pongono un presidio, cosa che induce i Mamertini a rivolgersi ai Romani, che nel 264, con il console Appio Claudio attraversano lo stretto e occupano Messina. Siracusani e Cartaginesi si alleano, ma la supremazia romana induce Gerone ad unirsi con Roma che riesce ad espellere Cartagine dall'Isola.

       A Siracusa resta il suo regno, comprendente Leontinoi, Megara Hyblaea, Acre, Noto, Eloro e Tauromenio con l'obbligo del pagamento di 100 talenti e di un tributo di 25 talenti per 15 anni. Con questa pace separata Gerone II assicura a Siracusa, fino alla fine del suo regno (215 a.C.), un periodo di pace e di opulenza, durante il quale si dimostrò sempre fedele alleata di Roma nella sua lotta contro Cartagine.

       Gerone II poté, cosi, dedicarsi alla realizzazione di grandi riforme, riguardanti 1'assetto delle istituzioni con la riproposta della legislazione di Diocle e con l'applicazione di un ordinamento tributario (lex Hieronica) adottato poi dai Romani per tutta la Sicilia. Non solo, ma arricchì Siracusa di importanti Monumenti: il teatro fu architettonicamente rinnovato, furono edificati templi, ginnasi, come fu rinnovato il palazzo reale in Ortigia. Le fortificazioni furono potenziate di molto per le poderose macchine belliche inventate da Archimede, uno dei più grandi scienziati dell'antichità, che ebbe la protezione di Gerone II.

       E con Archimede altri spiriti eletti nel campo delle arti e delle lettere, come Teocrito, furono alla corte di Gerone II. Non da meno fu la sua politica internazionale con la quale adeguò Siracusa alle altre grandi capitali del mondo ellenistico, soprattutto Alessandria. Fece dono ai Romani di una Nike d'oro, a Tolomeo III di Alessandria di una famosa nave, la "Siracusana", decorata di ogni splendore, come famosi furono i suoi rifornimenti di grano a Roma. Questo periodo di pace e di prosperità cessa con la morte di Gerone II al quale era premorto (217 a.C.) il figlio Gelone, da lui associato al regno.

       A Gerone II succede (215 a.C.) il giovane Geronimo figlio di Gelone, al quale il nonno aveva affiancato un consiglio di reggenza. Con Geronimo, che asseconda le macchinazioni di Adranodoro genero di Gerone e autorevole membro del Consiglio di reggenza, muta la politica di Siracusa nei confronti di Roma. Assunto il potere dopo aver eliminato il Consiglio, Geronimo prepara la guerra contro Roma d'accordo con i Cartaginesi: a questi sarebbe toccato il dominio sull'Italia e a Siracusa quello su tutta la Sicilia. Grandi furono i preparativi di guerra, ma a Leontinoi, ove si organizzava la spedizione contro Roma, Geronimo fu improvvisamente assassinato (214 a.C.). Breve durata ebbe il successivo governo democratico e la conseguente pace con i Romani. Le iniziative, soprattutto di Ippocrate che, col fratello Epicide, Annibale aveva inviato a Siracusa e che si impadronisce prima di Leontinoi e poi di Siracusa, provocano la reazione di Roma: Marcello pone l'assedio per terra e per mare a Siracusa (213 a.C.), che doveva durare due anni.

       I primi attacchi a Siracusa vengono respinti grazie alle famose macchine da guerra inventate da Archimede. E Marcello deve fronteggiare l'attacco portato da mare e da terra dai Cartaginesi venuti in aiuto di Siracusa: va prima ad Agrigento per contrastarli con successo; torna a Siracusa e presso Acrille sconfigge un esercito greco guidato da Ippocrate.

 

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