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L'invisibile mistero della creazione
2° L’IPOTESI EXTRATERRESTRE E LA RAZZA DEI SERPENTI
La più antica ipotesi extraterrestre, c'è stata trasmessa dalle tradizioni braminiche, la casta indiana dei discendenti di Bramha, da un’interpretazione di queste tradizioni si ritiene che 18.617.837 a.C. un gruppo d’alieni chiamati Kumaras, legati in qualche modo a Sirio, la stella luminosa di Orione, forse quegli stessi “Esseri Serpente” che i Dogon del Mali ricordano, o quei “Vigilanti” che gli esoterici chiamano “Spiriti Planetari” o custodi dei pianeti, comunque esseri evolutivamente superiori giunti un tempo nel nostro pianeta. Provenienti da Venere, i Kumaras sarebbero sbarcati su un’isola nell’attuale deserto del Gobbi, allora un oceano; c’è chi suppone che proprio loro, sarebbero intervenuti geneticamente sugli esseri terrestri viventi di quel tempo, creando le prime dinastie e proclamandosi loro dei. Il Teosofo David Childress, afferma che i russi di recente avrebbero rinvenuto proprio nel deserto del Gobbi degli strani oggetti semisferici che loro chiamano “vecchi strumenti per la navigazione spaziale”, questi sarebbero costruiti di vetro e porcellana, e conterebbero alcune gocce di mercurio. Curioso è collegare il fatto con un poema di tremila anni fa dove si afferma che: “Le macchine volanti, Vimanas, erano a forma sferica e navigavano nell’aria per mezzo del Mercurio che produceva un forte getto propulsore”. Se la notizia fosse vera, spiegherebbe, il senso e la funzione delle piramidi Maya delle mastaba egizie, delle ziggurat babilonesi e delle linee e figure Nazca. Personalmente, credo ipotizzabile pensare che questi esseri siano i “Creatori” da relazionare alla “razza dei serpenti”, i primi iniziati al sapere e i loro diretti discendenti, vedi: i Naga, i Nacaal, i Druidi celti, “la Città dei Dodici Serpenti” per i cinesi con la dinastia dei re Draghi, i “Vishap” di Media per gli Armeni, che una leggenda ricorda come “divoratori di cervelli umani”, ricollegabili ai taumaturghi ebrei che usavano forare il cranio ai defunti, genti conosciute dagli iraniani come “màr”, cioè serpenti, e discendenti da “Azhi Dahàka”, in armeno, serpente, discendenti da Hayk, figlio di Togom, discendente da Yapheth figlio di Noè; quindi relazionabili ancora una volta ai figli di Noè, come con i camiti, i canaaniti, notoriamente ritenuti i discendenti della “razza dei serpenti”, come lo sono i djinn e i Vigilanti,” descritti da Enoch e dai redattori dei frammenti di Quram, e ancora come il serpente antropomorfo adorato nella metropoli di Tigranavand in Kurdistan ecc.. Ricordo, che per “l’evoluzionista”, l’uomo è un mammifero e secondo i paleontologi i primi mammiferi comparvero nel periodo Triassico, circa 215 milioni d’anni fa, discendendo dai sinaspidi, rettili mammifero, circa 250 milioni d’anni or sono, che a loro volta discesero dagli anfibi e così via fino ai primi esseri unicellulari comparsi sul pianeta; addirittura secondo D Russel e R. Seguin il bipedismo degli ominidi deriverebbe dal bipedismo rettiliano del stenonicosauro. Per questo motivo, probabilmente, gli antichi sacerdoti egizi, babilonesi, celti e cinesi, consideravano sacri draghi e serpenti, anzi a volte si consideravano figli del serpente o del drago, addirittura i druidi, (coloro che sanno), detentori del segreti del “shark”, il potere del “Graal” e il potere sacro del “Nah-om”, l’odierna “wicca”, cioè le umane potenzialità ancestrali base della fede nel contatto divino, affermavano chiaramente: “Io sono un serpente” e rappresentare dei con fattezze umane per loro era un’offesa. Forse relazionavano il serpente a quell’energia del nostro corpo che gli esoterici e i massoni chiamano “Kundalini”, il seme giunto a fecondare “l”Uovo, la Veste” dell’uomo, che risveglia l’iniziato rendendolo “Drago di Saggezza”, probabilmente lo stesso “Spirito Santo”, cioè la “Supercoscienza” che scende a “illuminare”, in altre parole un probabile “intervento genetico”. Il drago, non a caso per gli antichi, oltre a simboleggiare la saggezza e l’immortalità rappresentava, anche la rinascita; del resto il serpente era connesso ai quattro elementi alchemici (acqua, fuoco, aria, terra), anzi è il quinto elemento nascosto degli iniziati pagani detto “Akasha”, la Luce Astrale, l’agente magico che li lega, rendendosi veicolo per l’energia spirituale divina permettendo la Vita, l’esistenza fisica, il cerchio infinito che racchiude l’universo manifesto, legato alla Dea “Madre Terra”, alla fecondità, all’Eva primordiale, alle luminose essenze intellettive come gli angeli, alieni, ecc, legato simbolicamente allo spermatozoo nella sua corsa verso l’uovo per originare una nuova Vita. Questo profondo legame con il serpente mi richiama un’invocazione popolare ricordatami da mio padre, che si faceva un tempo prima di bere l’acqua sorgiva: “Acqua corrente, che beve il serpente, che beve Dio, che bevo anch’io”. Già al tempo degli antichi egizi alla fine del simbolico viaggio di dodici ore dell'anima verso gli astri del Duat, per la rinascita siderale, rappresentata dal globo solare sul loro capo esclamavano: “Io prendo possesso del cielo, dei suoi pilastri e delle sue stelle. Io sono un serpente pieno di spire”; infatti, per gli egizi lo scarabeo era Il sigillo che veniva posto sulla mummia e simboleggiava il proposito dell’anima del corpo fisico di “ritornare a Casa”, ritornare all’origine per poi rinascere. Il rettile era rappresentato ovunque, nel secondo santuario e nella corona di Tutankhamen, vi esistevano addirittura dei, come la dea cobra egizia Edjo, Osiride stesso divenne serpente nel Duat, il disco solare alato in effige sui templi egizi era vigilato da cobra e altre strutture sacre erano effigiate da cobra, come quelle a Saqquara vicino la piramide a gradoni di Zoser, la stele del re serpente della tomba di Djet Abydos risalente al 3.100 a.C. propone per l’appumto un’identificazione dell’uomo con il serpente. In Cabala Baal è rappresentato in un loto stilizzato con un serpente a due teste e nello stesso modo viene rappresentato a Mohenjo Daro. Gli Hopi in onore del rettili, praticano tutt’ora una suggestiva danza dei serpenti, in Sardegna e in altre parti del mondo, nei periodi di luglio Agosto, sempre in onore dei serpenti, si pratica ancora oggi il “Nagapanchami”. Nel Yucatan, come raccontano i sedici libri di Chilam Balaam, sembra che in tempi remoti siano giunti a bordo di zattere che scintillavano come le squame di un rettile, uomini biondi dalla carnagione chiara e occhi azzurri, gli stessi sacerdoti discendenti di questo popolo si facevano chiamare come i druidi celti, Chanes, “Serpenti”, o Ahtzai, “Popolo del Serpente a Sonagli”, suggestivo è il tempio di Kukulkan a Chichen Itza, dove la luce solare ai due equinozi crea sulla scalinata nord un serpente formato da sette triangoli splendenti, “il dorso del Crotalo”. In Grecia nel V sec. a. C. esisteva la setta degli Ofiti dal greco “Ojiv”, Serpente, essi affermavano che l’uomo era nato da un uovo primordiale generato dall’unione dell’oscurità con il vento nelle sembianze di un serpente “Ofione”, e la somiglianza con l’intestino li portò a leggere le viscere per scopi divinatori. Ai misteri orfici fa parte il culto della triplice Ecate, che dal greco significa “che opera da lontano” rappresentata con tre teste o tre corpi, suoi attributi erano i serpenti, era sposa di Tritone il “grandemente potente” figlio di Poseidone e di Anfitrite, mezzo uomo e mezzo pesce che viveva nella reggia sottomarina con il padre. I Sethiani invece chiamavano “Serpente” il potere creatore, che plasmava con il sibillare armonico e ritmico del Logos, quindi della ragione. Gli Ofiogeni del antica popolazione dell’Ellesponto, facevano risalire la loro discendenza ad un rettile unitosi con la regina Alia, mentre gli Ateniesi attribuiscono la nascita della stessa polis al fondatore serpente Cecrope e al figlio Erittonio, lo stesso dio della medicina Asclepio riportò in vita il figlio di Minosse con un’erba medicamentosa rivelatagli da un rettile; per i romani era il serpente “Genius Loci” a rendere puro in vita l’uomo. Probabilmente è sulla consapevolezza della loro origine evolutiva che alcuni antichi popoli hanno fondato le loro credenze, esaltando infine a “Dei”, coloro che probabilmente intervenendo geneticamente favorirono questa loro “consapevolezza”, come alcuni strani reperti archeologici dimostrerebbero, vedi le rappresentazioni anacronistiche delle pietre di Ica, che oltre a confermare una coesistenza tra uomini e dinosauri, concezioni supportate anche dalle rappresentazioni delle divinità orientali spesso accompagnate da ambigui animali come Makara il “serpente-squalo” del dio Veruna, “l’Urano greco”, sembrano comunicarci addirittura interventi genetici. Ricordo che non è tanto chiara l’origine delle rappresentazioni degli dei vedici, quindi prima che queste rappresentazioni diventassero simbologie filosofiche “dell’Essere Universale” come per esempio “Viratarupa”, probabilmente erano rappresentazioni antichissime di un tempo in cui animali e dinosauri coesistevano, proprio come quelle effigiate nelle pietre di Ica. Tutto questo senza tener conto dei molti arcaici reperti, ritrovati, e ritenuti d’impossibile fattura antica per l’eccezionale esecuzione e sapienza di realizzo. Non a caso il 23 aprile 1982, il dottor Javier Cabrera Darquea scrisse: ”Non avrei mai immaginato che le strane pietre in cui ho avuto la fortuna di imbattermi avrebbero stimolato il mio interesse tanto da farmi proseguire gli studi di micro-biofisica intrapresi all'Università di Lima. Grazie a questi studi ho ultimato un nuovo ordinamento molecolare, vale a dire una tavola nella quale ho ordinato le molecole in funzione dei valori crescenti dei raggi atomici degli atomi che le costituiscono. La funzione di questa tavola è di prevedere molecole sconosciute. Con questa base, e sapendo che nei processi di concepimento e gestazione partecipano ormoni esteroidi quali la follicolina, il testosterone e il progesterone - perfettamente conosciuti - ho ipotizzato la formula dell'ormone "anti-rigetto" : C20 H30 O2 , e dell'ormone "anti-cancro" : C22 H32 O5 . Se riuscissimo a sintetizzare questi ormoni, potremmo evitare il rigetto di organi trapiantati, e scomparirebbe il flagello del cancro. Ho saputo, con profonda soddisfazione, che i dottori Ronald Finn e Charles St: Hill, del Royal Hospital di Liverpool, hanno realizzato ricerche sperimentali su animali, nel febbraio del 1980, che confermano la presenza di un ormone anti-rigetto nel plasma di femmine gravide. E due anni più tardi, nel febbraio del 1982, il dottor Covey, ricercatore nordamericano, ha impiegato la chimica computerizzata per modellare una molecola capace di distruggere tessuti cancerosi, partendo da esteroidi quali la follicolina, il testosterone e il progesterone. Queste ricerche coincidono perfettamente con le conoscenze dell'Endocrinologia Glittolitica”.
Sulle pietre peruviane di Ica, animali scomparsi, operazioni in corso e uomini che scrutano i cieli usando un cannocchiale. Nella prima immagine una rappresentazione grafica viene descritta come un'astronave o "uccello d'acciaio" con dei cosmonauti intenti a praticare un intervento sul coccige e sull'ipofisi al fine di diminuire la mole dei dinosauri sopravvissuti alla catastrofe geologica dello spostamento dell'asse polare.
La piramide di Itza Mexico; a fianco Teocalli della “Guerra Sacra” che rappresenta una piramide maya con la scala centrale che porta in cima allo spiazzo dove vi è, tra Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, una “pietra calendario”, o un disco volante, rappresentato prospetticamente in senso verticale, per una più informata raffigurazione, “come quando i bambini rappresentano il pesce con la lisca o il corpo dei genitori attraverso i vestiti, perche ne hanno l’informazione, e in quella primitiva fase evolutiva sentono il bisogno di comunicarlo. Noterete infatti che a fianco un particolare di un disegno idiano dove viene rappresentato un sacrificio, “Un astronave in sosta sopra la piramide maya”, al centro il 4 OLIN identificato da Quix Cardinale nel suo “il Ritorno delle Civiltà Perdute” come l’ideogramma del movimento. 3° ANGELI E SERPENTI NELL’EDEN Ricordo che nella Genesi è “l’Elohim ribelle”, il Serpente, l’avversario di Dio dell’eden a tentare Eva, volendo farle mangiare il frutto dell’albero della sapienza del bene e del male, che le avrebbe fatto aprire gli occhi. La parabola evangelica in (Gi.12, 24), afferma che il grano di frumento non può germogliare, se prima non putrefà, questo può alludere alla possibilità di raggiungere evolutivamente il potere dei creatori, del serpente, cioè degli Elohim, causa del peccato creativo Adamitico, oppure vuole far capire, che il peccato è necessario ed entra attraverso il cibo di cui uno si nutre, Ipocrate diceva: “Fai del cibo la tua medicina, e della medicina il tuo cibo”, del resto l’uomo è fatto per forza di ciò che si nutre, e quindi può diventare per le altre creature più o meno velenoso, come del resto lo erano le stesse Potenze, gli Elohim ribelli che si accoppiarono con le figlie degli uomini, quelle figlie di Eva, contaminando quel puro popolo di uomini voluto da Yahweh per la terra; come si apprende dalla Tanhuma Buber Genesi, la Genesi Rabba e il Bereshit Erubin. Una favola caldea conservata da Ferecide e citata da Origene nel suo libro “Contro Celso”, narra di una lite tra Dio e il Serpente, forse lo stesso rappresentato nelle processioni in onore di Baco, o nei petti degli imperatori cinesi. Una leggenda vuole che i Merovingi siano dicendenti da Meroveo, il “dubbio figlio” di Faramondo, re pescatore e nipote di Boaz discendente di Giosuè; e figlio di Argotta che fu violentata da un dio Serpente. I Merovingi erano iniziati alla magia e alle scienze, perciò venivano chiamati anche re taumaturghi, che s’identificavano in quella setta d’ebrei guaritori, come i Giudei d’Alessandria, che operavano con erbe, muffe, radici e minerali polverizzati, ed avevano, per l’appunto, come simbolo un bastone con attorcigliato un serpente, che probabilmente rappresentava il potere degli Elohim e la conoscenza attribuiti al rettile; una cosa curiosa avveniva quando uno di loro moriva, infatti, pare che si praticasse uno strano rito nel quale veniva forato il cranio del defunto. Secondo il Midrash, lo stesso Dio, o Elohim, Yahweh, assumeva forma di serpente per compiere le sue vendette, In Esodo (4, 24) è Yahweh ad assalire, in forma di rettile, Mosè, nella sua dimora deserta, di notte, ingoiandolo fino ai lombi. Del resto i Medianiti e i Canaaniti sono ricordati anche come i discendenti dei Serpenti, forse per questo motivo godevano la protezione di Yahweh, forse per questo Mosè si umiliò innanzi a Hobab figlio di Raguel, “uno degli angeli santi”, come lo chiama Enoch. Il movimento Cataro, di matrice cristiana, in voga nel XIII secolo, sosteneva che Yahweh fosse il diavolo e la terra un pianeta punitivo, fu per questo che la chiesa reagì con le crociate, che portarono solo massacri come quello francese di Simone di Monfort ad Albi nel 1229. Nel testo apocrifo, tardo medievale, di Giovanni evangelista, si parla degli uomini creati dal diavolo e delle anime, gli angeli decaduti, che entrano nella materia a corrompere, riferendosi forse a quei angeli Cherubini caduti con Satana. La tradizionale storiella del “Peccato originale” della Genesi 3.1, dove si racconta che Sama’el trovò il serpente in sembianza di cammello e lo montò andandosene poi a tentare la donna, viene stravolta; qui Il diavolo sarebbe entrato nel serpente del Giardino dell’Eden per sedurre l’angelo del corpo di Eva, versando la lussuria su Adamo, Eva poi avrebbe generato “i figli del serpente”, in pratica i figli del diavolo, l’Elohim ribelle, “forse per questo gli dei hanno preteso dagli uomini sempre tanta malvagità”. In effetti nel folklore ebraico, Eva è anche la generatrice dei Nefilim, o awwim, i “Serpenti distruttori”, nel testo di Enoch, cap. 69, è l’angelo Gabriel, uno degli angeli caduti, che fa errare Eva. I kurdi yarezan riferiscono che Azazel, trasformato in un bellissimo angelo, con l’aiuto del “Serpente e del Pavone”, entrò nel Paradiso Terrestre per tentare Adamo ed Eva, facendogli mangiare il grano proibito; una variante della stessa, giuntaci dagli ebrei kurdi del Kurdistan, afferma che Azazel avrebbe tentato Adamo non Eva, e che già da prima egli abitava il Paradiso Terrestre. Un testo kurdo degli yaresan del tredicesimo secolo “Ajaveb ol-makhluqat”, narra che i djinn sono una specie di animali che hanno il potere di cambiare forma, proprio come accade nei pleniluni dei miti indiani delle americhe spesso legati al lupo, e agli spiriti; questi sarebbero stati creati duemila anni prima di Adamo, si afferma, che erano esseri affini agli angeli ed erano capeggiati da Ebilis; questi per aver rifiutato di inchinarsi dinanzi ad Adamo sarebbero stati scacciati dal cielo e condannati a vagabondare in terra come demoni, proprio come accade a Lilith, la prima moglie di Adamo che a lui non voleva sottomettersi. Sono esseri associabili ai vampiri “Edimmu” degli antichi assiro-babilonesi, giganti violenti che divorano le carni degli uomini svuotandone le vene, demoni piumati, umanoidi, che abitavano un regno sotterraneo, “la Casa delle Tenebre” del dio Irkalla, visitato anche da Ishtar. Forse era il regno della regina della magia nera e degli inferi mesopotamici “Erekigal”, “colei che registra e giudica coloro che giungono tra le ombre” nel Regno delle Tenebre, “dell’Arallù”. Quel mondo sotteraneo identificato da alcuni studiosi nella Capadocia nella Frigia terra d’origine dei cabiri, come afferma Plutarco e Stradone, in prossimità dei camini dei Peri, anzi degli “djinn”. Quei luoghi sotterranei ricovero di alcuni esseri sopravissuti all’ultima Era Glaciale avvenuta all’incirca, tra il 9.500 e il 9.000 anni a. C.; quegli stessi esseri che nell’antico Giappone dimoravano nelle buche, chiamati Emisi, Kuzu, Kappas, o meglio “uomini dei canneti”. Forse quegli stessi esseri dell’antica leggenda egizia, nella quale, la Dea leonessa egizia, Sekhmet, o Hattor era incaricata a distruggere l’umanità per suoi peccati, con il suo terribile “occhio”, per ordine dello stesso dio Rà, che pentendosi, la fermò, incaricando nello stesso tempo Geb, il dio della terra, a sorvegliare i serpenti che lo hanno indotto a colpire e che si trovano nel suo territorio, e che la “luce” di Geb dovrà trovare nelle loro buche e caverne sotterranee; forse gli stessi Naga, i serpenti velenosi che Krsna volle distruggere, bruciando la foresta di Kandhava, come descritto nel Mahabharata, quei serpenti tanto odiati, che amati dagli stessi dei vedici, vedi Arjuna sposa di Ulupi figlia di re Naga. Una leggenda degli Ofiti, da “Ojiv”, Serpente, una setta greca risalente al V sec. a. C., ricordata dai gnostici “Maestri della Libera Muratoria”, racconta: “Che camminando sulle fluttuazioni del Chaos, la Grande Luce fece discendere nella profondità la goccia irradiante di Sofia. Lo spazio fu percorso dal fremito della vita e scorsero le acque, mentre in alto prendeva il Settenario delle Potenze. Ma per necessità di mistero, quell'unico Potere si lacerò indefinitivamente e dalla oscillazione delle “Forze” emerse il “Nous, ossia il Serpente”. Egli raccolse, riscaldò ed alimentò nelle sue spire le forme visibili, la prima fu lo Spirito, la seconda l'anima e la terza l’irrefrenabile sequela dei corpi. Quando Jadalbaoth si nominò Dio e richiese obbedienza all'uomo terrestre, nel cui corpo stesso sulla terra aveva soffiato l'alito vitale, questi si chiamò Adamo, e restò chiuso nell'illusione della solitudine. Le Potenze allora diedero vita alla Donna terrestre, Eva, ed ambedue erano nel giardino di Jadalbaoth, ignari della loro origine. Essi furono quindi illuminati, per volontà di Sofia, da Nous, mostratosi ancora serpente. Banditi dall'ira del loro Padre illusorio, essi presero su di sé le immagini fisiche, e l'Uomo cinse il primo grembiule di pelle per assolvere al “Lavoro” che lo rendeva egualmente schiavo e libero. Fino a quando la sapienza di Sofia invocò dalla Grande madre il prodigio, e questo fu il Cristo. Egli attraversò il cielo per raccogliere le Sette Luci e le portò sulla terra, in congiunzione alla Sapienza. Gesù il Cristo rivelò il Padre ignoto ai discendenti di Adamo, consacrò il grembiule del Lavoro dalla schiavitù alla Libertà, portò egli stesso la veste da carpentiere fino a trenta anni e compì le più alte opere della trasmutazione. Infine, quando le potenze terrene lo crocifissero, egli diede l'esempio di essere il primo ritornato dai Morti, e questa fu la massima opera della “Trasmutazione”. “Siate candidi come colombe e saggi come serpenti…”. Alcuni antichi versi gaelici affermano chiaramente: “Non del seme di Adamo siamo, né è Abramo nostro padre. Ma del seme dell’angelo fiero cacciato dal cielo”, e così la pensava anche il profeta zoastriano Mani che, informato del sapere di Enoch, vedeva il mondo e i prim’evi adamitici, un’opera del Potere delle Tenebre; del resto c’è veramente da chiederci quale dio può volere che la vita sia una sanguinosa lotta per la sopravivenza tra esseri viventi; inoltre la fisica moderna ha spesso rivelato che esiste più “luce nell’oscurità” che nella materia percepita; più conoscenza, più interazioni meccanicistiche, in altre parole proprio quel sapere “del bene e del male” o meglio del Serpente. Del resto anche Gesù non ha mai detto di essere venuto a salvare l’uomo dal peccato di Adamo, l’idea è nata con S. Paolo, anzi l’apocrifo di Tommaso ci riferisce,“Gesù disse: gli Uomini probabilmente pensano che io sia venuto per gettare pace sul mondo ed essi non sanno che sono venuto per gettare divisione sulla terra, fuoco, spada e guerra. Perché saranno cinque in una casa: tre saranno contro due e due contro tre, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, ed essi staranno come solitari”. Nel Physiologus II-IV sec. si legge:” La scimmia è un immagine del demonio: essa ha infatti un principio, ma non fine, cioè una coda, così come il demonio in principio era uno degli arcangeli, ma la sua fine non si è trovata.” Mosé forgiò un serpente di rame nel deserto per guarire l’epidemia di serpenti dannosa agli israeliti, nel Vangelo, Giovanni fa dire a Gesù: “E come Mosè inalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il figlio dell’uomo, affinché chi crede in lui avrà la vita eterna”. Sempre sull’importanza dei rettili e dei serpenti, una leggenda orientale narra che una delle opere mistiche più antiche, “Paramartha”, fu data al grande Arhat (illuminato, degno) dai Naga Sarpa, la “razza dei serpenti”, nome dato allora, agli antichi iniziati, che si potrebbero identificare con i “Serafini Sarapa”, in sanscrito Sarpa sta per serpentiforme, per cui il resto del termine può derivare da Sera, “il nome del serpente citato nel poema sumero di Gilgamesh, da cui Noè, probabilmente, trasse la sua storia”, e saraph “ardere”, e quindi aggiungendo il significato etimologico del termine Serafini, vale a dire il mesopotamico “Seraphim”, che sta per “serpente alato del deserto”, ossia Sera+ Elohim cioè “Serpenti-Dei”, si deduce la descrizione seguente: “Serpenti alati ardenti”, gli Elohim, i nati dal fuoco, non dall’argilla come Adamo; quegli “Esseri caduti” come Nahash, il “Serpente biblico”, o i Naga orientali. Probabilmente gli stessi Kumaras di Venere, che nella “classificazione angelica” si possono individuare al grado più alto, assieme a quegli angeli fatti d’amore, luce e fuoco. Quegli angeli che sono stati descritti con sei ali e si potrebbero benissimo identificare con quegli angeli che per gli esoterici e i massoni sono portatori di quel seme che favorisce l’unione tra l’energia materiale e spirituale, cioè “le Nozze Alchemiche”, risvegliando il “serpente che dorme in noi”, il Vril, probabilmente la “Supercoscienza”, lo stesso “Spirito Santo” che scende a illuminare nel momento evolutivo di rottura, come quando l”’acqua naturalmente gela”, cambiando così forma, nel nostro caso lo stato cosciente. Ciò ci porta a ricordare il mito greco di Trittolemo, che per ordine di Cerere fu condotto da serpenti alati a portare i frumenti sulle terre incolte. Da Seraph deriva anche Seraphel che però, al contrario, è parte di quella schiera di demoni chiamati “Corvi della morte” diretti da Baal. Originalmente questa tipologia d’esseri è descritta da Sanconiatone di Berito nella sua “Storia Fenicia”, che li descrive come veicoli spaziali “lucescenti”, che emettono fiamme e brillano velocissimi nella notte.
4° ANGELI E SERPENTE NELLE AMERCHE
Gli angeli Serafini ricordano anche Quetzalcoatl, per l’appunto il “Serpente Piumato” degli Olmechi, poi passato ai Toltechi e Aztechi che personificava il leggendario dio barbuto dalla pelle chiara (come Jawe), della creazione e del sapere. Quetzalcoatl, giunto anch’esso sulla terra da Venere, “la stella dell’alba”, assieme a Tezcatlipoca, “la stella della sera”; fu colui che insegnò i rudimenti basilari della civiltà all’uomo, che aveva creato spruzzando il suo sangue sulle ossa prese nella “terra dei morti”. Qetzalcoatl, il “serpente piumato”, si sarebbe poi opposto al feroce Tezcatlipoca chiamato anche “scudo giacente, o specchio fumante” e lo costrinze ad andarsene promettendo però, che sarebbe tornato a instaurare una nuova era. Sembra proprio di parlare della solita biblica caduta angelica. Il significato di Qetzalcoatl, nome di questo dio, che è descritto esteticamente come una sorta di “Gesù”, significa “serpente ornato di belle piume”, o “serpente delle nubi”, egli sarebbe nato come tutti gli Avatar o Avatara, “il soffio vitale divino di coloro che discendono”, dal dio del cielo “Mixcoatl” e dalla madre Chipalaian detta anch’essa “scudo giacente”, dopo che aveva ingerito uno smeraldo. Qui ci si può ricollegare ad una grossolana descrizione dello stesso intervento genetico che ha fatto emergere l’uomo dalla bestialità scimmiesca, intervento apportato da alieni, citato anche nell’antropogenesi dell’antichissimo testo tibetano le “Stanze di Dzyan” e nel “Vecchio Testamento”, interpretando la caduta angelica, e la creazione di Adamo come una clonazione, per l’appunto dal greco “kloon”, ramoscello; quindi ricollegabile anche all’albero del giardino dell’Eden; e ai citati scritti di Enoch, dove si parla dell’unione dei figli di Dio con le figlie degli uomini. Se invece fosse reale descrizione, “lo smeraldo ingerito” si ricollegherebbe all’essenziale elemento carbonico e alla formazione degli inorganici individui cristallini dei cristalli che avviene per una disposizione regolare delle particelle come accade anche ai semplici individui organici quali le cellule e le “monere”, quegli organismi dove alcuni generi si rivelano senz’organi e si presentano solo come un grumo amorfo albuminoide del carbonio; quindi quegli esseri sarebbero sempre i nostri vigilanti “Costruttori”. Se si collega quanto detto alla recente scoperta del “Diamante Cosmico” distante circa 50 anni luce dalla terra, il quale sarebbe soltanto il “fine” di una stella simile al nostro Sole che da sempre è ritenuto creatore della “Vita”, diventa facile credere alla leggendaria origine dell’Avatar, e anche al significato di leggende come quella egizia che racconta di dodici camere sotterranee rappresentanti lo zodiaco che nasconderebbero “il Cristallo Creatore”, o meglio “l’Uovo Cosnico”, o la camera sotterranea che sarebbe locata a livello del Nilo, citata da Erodoto nelle “Storie”, in cui si accenna anche all’esistenza di un sarcofago nella Grande Piramide posto sopra un “isola artificiale”. Il “Serpente Piumato” è stato interpretato, dal “contattista” Eugenio Siragusa, come “l’Avatar Adoniesis”, il nostro “spirituale progenitore” voluto dagli “Elohim”, coordinatori dei “Geni Solari,” fautori dei “corpi astrali intellettivi”, coloro che diedero “l’Ego Sum”, la scintilla della mente all’uomo, l’animale primitivo. Questi esseri, “serpenti o archeorniti infuocati”, ricordano “Jarapiri”, il serpente primordiale degli aborigeni australiani, che ricordano l’antica “era del sogno” in cui i coccodrilli si unirono con i serpenti dalla testa nera, che li resero uomini; ed ricordando questa origine praticano un rito nel quale si fanno incidere la pelle a scaglie, a forma di squame, rito che li rende “uomini coccodrillo”. Curioso è il fatto che proprio in Australia, oltre al ritrovamento di impronte fossili di scarpe e piedi giganti, vi sono pitture rupestri che mostrano esseri con scafandri, tuniche, caschi, guanti e scarpe nere. “Questi serpenti ardenti” ricordano anche “l’Araba Fenice”, anch’esso simbolo alchemico della trasformazione e della creazione, che per gli egizi procurava il soffio che animava il dio Shu o sahu (anima corporale), in effetti Atum – Rà simbolo di vita e salvezza assume le sembianze dell’uccello “Bennu”, che volò sul Benhen. Inoltre si possono ricollegare ai sopra citati miti anche alcune delle “visioni ardenti” narrate nel libro di Enoch e “nell’ Odissea spaziale” di Baruk.
Il Dio del Sole Quetzalcoatl, il “Serpente Piumato” delle civiltà precolombiane, a fianco figure rupestri Australiane e la foto di un’ Impronta di scarpa, completa di cuciture, impressa in una roccia del Triassico. ritrovamento di W.H. Ballou in Nevada; 1922
5° ANGELI E SERPENTE NELL’INDIA
Lo stesso Rama, sarebbe arrivato sulla terra da Venere con la “Razza dei Serpenti”, a bordo dei vimana, quei mitici “dischi volanti”, descritti nel “Ramayana”, nel Mahabharata collocato intorno al settimo millennio a. C., nel trattato scientifico “Samara Sutradhara” e in particolare nel documento “Vaimanika Sastra”, scritto in sanscrito, “la lingua degli dei”, (una lingua artificiale di origine dravidica, vedi il bahui del Beluchistan, documento che la tradizione orale fa risalire intorno al III-VI sec a. C.) dall’illuminato Bharadvajy e rinvenuto in un antico tempio indiano nel 1875. Rama, giunto sulla Terra, avrebbe fondato le sette grandi città a nord dell’India, nel Pakistan, ove ancora oggi affiorano rovine di antiche città sconosciute risalenti a circa 15.000 anni fa. Quindi anche la tradizione dell’India ci dimostra che il sapere e la creazione, un tempo erano molto legati ai rettili, specie al serpente, quindi una motivazione ci dovrà pur essere e a noi il compito di intuirla fra le mille possibili. Tralasciano al momento l’importanza dei rettili, ricordo che nel mondo antico, tra gli scritti indù, di fondamentale importanza, tra quelli citati, vi troviamo i Sacri Veda, “testi sacri Veda, cioè della Conoscenza, o della sapienza”, che contengono le antiche e famose “Uphanishad” e il poema epico indù “Mahabharata” contenente la famosa “Bhagavad Gita”, la disciplina dell’azione, o meglio il “Canto del Signore,” che insegna ancor oggi saggi comportamenti ai suoi seguaci, ad esempio che per ogni azione compiuta non bisogna esigerne il frutto, in essa c’è scritto: “ Come le acque entrano nell’oceano che se ne riempie eppure resta fermo e immobile, così l’uomo che si domina ottiene la pace sebbene in lui penetrino tutti gli oggetti dei desideri”. Alcuni studiosi fanno risalire alcuni di questi scritti addirittura a più di cinquemila anni fa, e per quanto se ne sa, fu la fratellanza Jainista, da Jaina, “vittorioso sul corpo”, una delle più antiche scuole dei misteri, che insegnò ad amare, a “vivere e lasciar vivere”, sempre nel rispetto dell’infinito ripetersi ciclico naturale. Fu lo Jainismo, la religione Brahamana e la Buddista di Siddhartha Gautama contemporaneo dello Jainista Mahavira, che insieme soddisfarono gli antichi indù nella loro via delle “illuminazioni”.
6° LE ENTITA’ CREATRICI DI DIO DISCESE SULLA TERRA
Secondo le concezioni esoteriche, tratte da molti antichi scritti, la creazione dell’uomo dipende dai sette pianeti che regolarono il benefico flusso cosciente del fuoco d’amore, che è il nostro “Logos, Verbo o Parola, la ragione”, che in un certo tempo formò l’insieme delle coscienze umane. Il nostro pianeta sotto l’egida cosmica, secondo gli esoterici, cominciò a condensarsi lentamente e nel tempo tentò con gerarchie creatrici impreparate spiritualmente alla creazione dei primi esseri, e ci furono i primi risultati creativi, che l’uomo ricorda come “mostri e chimere”, io credo s’intendano quegli ectoplasmi, draghi e mostri mitologici delle varie leggende sulla creazione: sumere, egizie, celtiche, vichinghe, maya, ecc., oggi rapportabili ai famigliari dinosauri, riportati virtualmente in vita, con i nuovi mezzi tecnici messi a disposizione dalla scienza. Ma questo non so quanto possa essere tenuto in considerazione, in quanto esistono tuttora varie specie animali veramente strane e la criptozologia ogni tanto ne riscopre ancora qualcuna. I cabalisti, invece, raccontano che Dio ha creato il mondo gradualmente, la luce divina della creazione sarebbe scesa dalla trascendenza eterea di Dio, verso una materialità tangibile, occultando inevitabilmente l’infinito e rivelandone il finito, che doveva essere anch’esso rivelato a Dio, in un processo graduale chiamato “Seder hishtalshelùt”. L’uomo, a quanto pare, diventa “l’occhio di Dio” sulla terra, con il compito di svilupparsi sempre più interiormente, rivelando i vari gradi di finito, necessari alla conoscenza di Dio, questo fino a diventare l’uomo stesso un Dio; ecco perché più volte, il Signore e Gesù Cristo rivelano nelle sacre scritture che noi stessi procedendo in divenire, diverremmo degli dei. Quanto detto, però, potrebbe far sospettare un Dio limitato come l’uomo, inconsapevole del “micro-mondo” che lo compone, che lo fa sussistere, in quanto non necessario “all’essere senziente superiore” che riflette per natura il “meccanicismo creativo” in uno stadio superiore, verso il macrocosmo”. Ma se fosse così, anche i nostri compagni animali sono da considerarsi, “l’occhio di Dio”, per logica non potrebbe essere altrimenti, del resto lo confermano anche gli antichi testi, nella Genesi fu sempre Dio a creare gli animali, sono loro i primi ad’essere divisi sessualmente, nel testo di Ezechiele, il profeta vede tre volti d’animali assieme ad un volto d’uomo, e questo dovrà pur significare qualcosa? Questa concezione cabalica sull’occultamento dell’infinito, rievoca la teoria sui buchi neri, di Roger Penrose, che suggerisce l’ipotesi da lui chiamata “Censura Cosmica”; teoria in cui le singolarità prodotte dal collasso gravitazionale si verificherebbero solo in luoghi nascosti da osservatori esterni ai buchi neri, chiamati anche azzardatamene e non a caso: “tunnel Spazio-temporali”, che probabilmente generano quelle strabilianti forze di “controrotazione stellare” di recente osservate. Quanto detto sembra legare perfettamente, ma c’è di più, ora voglio proporre alcuni sconcertanti versi dell’apocrifo “Libro dei Vigilanti” anteriore di 150 anni del libro apocrifo dei Giubilei, dove, a mio parere, Enoch sembra essere davanti a un buco nero, nel testo (XXI,7) si legge: “E di colà io andai in un altro luogo più tremendo di questo e vidi una cosa tremenda: un grosso fuoco colà ardente e fiammeggiante e, in esso, una spaccatura la cui fine era fino in fondo, pieno di grandi colonne di fuoco che vi si facevano discendere ed io non potetti osservarne n, le misure n, la grandezza e fui incapace di vederne l’origine”……. Più avanti del capitolo (XXI,10) si legge: “E mi disse: “questo luogo E’ la prigione degli angeli e qui, essi saranno tenuti in eterno”. Nel capitolo (XXXVI,2-3) si legge: “E di là andai verso est, ai confini della terra e lì vidi tre porte del cielo, aperte verso oriente e, su di esse, porte più piccole. Da ognuna di quelle piccole porte passavano le stelle de cielo e andavano a occidente, per la via che ad esse appariva innanzi”. Nel capitolo (XXIII,1-3) si legge: “ E di là andai in un altro luogo, verso occidente, fino ai confini della terra e vidi un fuoco ardente che correva senza nè, fermarsi nè, rallentare, notte e giorno, proprio così. E Chiesi: “che è questo, che non ha riposo? Allora Raguel, uno degli angeli santi che stava con me, mi rispose: “Questo fuoco ardente, di cui tu vedi la corsa verso occidente, E’ tutte le luci del cielo”. Raguel, secondo gli scritti ufficiali, era uno dei Medianiti, era padre di Hobab, colui che vide umiliarsi innanzi a sé persino Mosè, il profeta di Yaheweh. Non a caso i Medianiti e i Canaaniti erano conosciuti anche come i discendenti dei Serpenti. Qui Enoch sembra essere trasportato da Raguel e i compagni “Vigilanti” nello spazio, fino ad oltrepassare la “singolarità”, e vedere di là dal buco nero, perfino la sorgente delle stelle, o sembra allegoricamente descrivere una scorribanda di oggetti luminosi. Oltre ad Enoch anche nell’odissea spaziale del profeta Baruk vi si possono trovare descrizioni che ci ricordano, ad una certa interpretazione, i buchi neri, le potete trovare, dettagliatamente, alla fine del testo. D’altro canto già gli egizi nel Libro dei Morti cap. XCIX riportano: “Man mano che io mi approssimo verso la zona maledetta, nella quale sono cadute, precipitate verso l’Abisso, le stelle…”. Non a caso, come alcune antiche credenze orientali narrano, la scienza oggi teorizza, che l’universo sia nato da una “Singolarità”, un’esplosione, il “Big Bang”; quindi anche per gli scienziati, come i cabalisti, l’energia è comparsa prima della materia che successivamente condensandosi ha dato origine al “Creato”. Lo scrittore Paolo Bergamo nel libro “Gli Occhi di Dio” ricorda che nel 1985 alcuni studiosi con Harold Kroto scoprirono una struttura sferoide basata sul carbonio che viene prodotta dalle stelle Giganti rosse, come Aldebaran nella costellazione del Toro e Beltegeuse in quella di Orione, questa struttura attirerebbe altri atomi divenendo così il “Mattone Cosmico” che nel 1990 fu artificialmente riprodotto dagli studiosi W. Kretscemer e D. Uffman. Da questa scoperta che l’autore collega ai tentativi per la costruzione dei cyborg giunge a confermare il fatto che l’uomo è un Entità elettrobiologica sotto l’egida dei fullereni che sono delle molecole a gabbia uniche nella loro specie per la loro molteplicità legata alla dimensione, forma, peso molecolare e per la forma simmetria icosaedrica cioè come una gabbia sferica a facciate triangolari. Ciò mi ricorda il pensiero che oggi alcuni studiosi alimentano, cioè l’idea che nel rapporto sessuale uomo-donna, gli “atomi pensanti” che vivono nei livelli di energia plasmica hanno la possibilità di scendere nella materia densa e fissarsi in un corpo fisico per accumulare esperienze. Per “atomo pensante” intendo la base delle informazioni possedute che regolano il “gene” e l’agire stesso, in altre parole, un movimento energetico analogo o similare al singolo essere umano nei confronti del divenire della collettività, cioè che è una rielaborazione del “pensiero” di Epicureo e Democrito. In alcune credenze e mitologie si parla della creazione dell’uomo dall’argilla, dal fango o dalla polvere, per i Greci popolo di origine preceltica molto simile agli Arya, cioè “della distesa Iraniana”, è Prometeo, prima del tempo, per gli Egiziani era il dio ariete Khnum, venerato ad Elefantina, per i maya furono gli dei che mischiarono il loro sangue con il mais dopo due tentativi falliti con il fango ed il legno, per i babilonesi furono degli dei che usarono il fango, in una leggenda vichinga, sulla creazione si racconta che Audumla cibandosi, leccando le pietre salate coperte di brina, in tre giorni modellò l’uomo, Buri il generante, nonno del leggendario Odino, nel culto di Zarathustra, Mithra nasce dalla roccia che in persiano significa anche cielo. Per le genti del Titicaca fu Viracocha che plasmo l’uomo con l’argilla e vi soffiò la vita, come per gli ebrei fece il Dio di Abramo; la stessa parola Adamo, anzi Adama, significherebbe: “colui che viene dalla terra”, in Cabala significa sia unigenito che terra rossa cioè “adamah”, percui in ebraico Adamo significa sia “rosso che vivente”, infatti si attribuisce ad Adamo una pelle rossa e questo rende difficoltosa la credenza che sia anche il progenitore dei neri dai capelli lanati. L’origine di Adamo nel libro della Genesi rievoca probabilmente le antiche reminiscenze fenice ed egiziane di Mosè, non a caso un papiro egiziano di tarda epoca diviso in tre sezioni, rappresenta il mondo degli dei in alto, il mondo degli uomini capovolto in basso e nel mezzo un gruppo di babbuini che adorano il sole nascente, nella forma del capro Knun, il Vasaio dei Vasai, colui che creò l’uomo proprio con l’argilla. In India, la stessa storiella brahmana di Adimo e Procriti, che molto prima della stesura della Genesi, assumono lo stesso significato dell’Adamo ed Eva fenici, cioè rispettivamente “il generatore figlio della terra” e “la vita”, come evidenziato nel Ezour-Veidam degli indiani, uno dei libri sapienziali più antichi del mondo, citato nel dizionario filosofico di Voltarie e ritenuto però, da alcuni anche un apocrifo realizzato dalle missioni gesuite. In Cabala l’ebraico Adam composto dalle lettere Alef, Dalet, Mem, significa “uomo”; il valore di tale termine è 45, valore numerico che equivale alla parola Mah, “Cosa?”, e al tetagramma di Dio Y.H.V.H. con i suoi riempimenti di Alef, che rappresenterebbe la forza operativa del “Mondo della Rettificazione”, l’Olam ha tikkun, dove Olam significa per l’appunto il “misteriosamente nascosto” che ci riporta al concetto della “Creazione” e ancora all’unico elemento atomico essenziale. Gli esoterici affermano che fu solo il quinto raggio, “una forma o entità di intelligenza cosmica”, che stabilizzandosi, creò le condizioni per il manifestarsi dell’umanità e così la gerarchia planetaria prese posto sulla terra.
Un’antica rappresentazione della costruzione dell’uomo
con l’argilla, notare i profili delle divinità
7° I RICORDI CATASTROFICI
Bisogna ricordare che la terra, circa 200 milioni di anni fa, come si denota dall'odierna conformità, era un unico continente che viene chiamato Pangea. Questo continente avrebbe subito molte trasformazioni e catastrofi dovute a scorrimento della crosta terrestre sotto il peso dei ghiacciai, o al magnetismo solare su quello terrestre, o alla caduta di lune, o di asteroidi, di cui, a quanto pare, sono rimaste tracce anche nella mitologia, vedi per esempio l’interpretazione data al mito di “Orfeo”; di questi ultimi ne sarebbero prova alcuni enormi crateri individuati di recente con la nuova ricerca fotografica satellitare, vedi il cratere formato dalle isole Aleutine e quello a nord dello Yucatan. Il geologo Charles Hapgood già nel 1955, studiando le rocce che registrano i poli magnetici al momento della solidificazione, dimostrò che i poli geografici avrebbero modificato la loro posizione almeno duecento volte, dall’inizio della storia geologica. Oltre ai diluvi provocati da questi particolari eventi sembra, che si sia spostata addirittura la rotazione dell’asse terrestre di 23° - 30°, che avrebbe provocato repentini spostamenti climatici distruggendo la vita dove prima era vegeta e rigogliosa; ne sarebbero prova alcuni mammut congelati di 12.000 anni fa ritrovati ancora con l’erba in bocca. A parte l’argomentazione sul diluvio che commenterò in seguito, prove di questi cataclismi si possono trovare in numerosi scritti ed eventi ormai persi nella notte dei tempi, in un antico papiro egiziano, per esempio, noto con il nome di "Papiro di Harris", si legge: "Il Sud divenne Nord, e la Terra si rigirò". Nell’Apocalisse di Giovanni si legge: ”Non c’è più mare: io vidi un nuovo cielo ed una nuova terra, poiché dal cielo era scomparsa l’immensa minacciosa luna”. Nell’antico libro apocrifo di Enoch si accenna ancora alla scomparsa della luna non più attratta magneticamente dalla Terra, egli dice: "... e ogni volta che gli uomini peccheranno, gli anni sembreranno più corti. I semi daranno frutti tardivi sulle terre e i campi e tutte le cose cambieranno sulla Terra e non appariranno al loro tempo giusto e la pioggia sarà trattenuta su in cielo. Allora i prodotti della terra saranno tardivi e non matureranno in tempo. E i frutti degli alberi saranno acerbi. E la Luna muterà il suo corso e non apparirà puntualmente. E in quei giorni il Sole sorgerà al tramonto in Occidente, invertendo il suo corso e brillerà di una luce più intensa di quella normale… i pilastri della Terra vengono smontati in un solo giorno…". Una leggenda Inca, riferita all'etnologo americano L.Taylor Hansen, racconta di una catastrofe avvenuta nel tempo dell’oscurità, quando si adorava “Ka-Ata-Killa”, la Luna Calante, sarebbe allora che l’oceano si ritirò e gli abitanti, “forse quei bianchi venuti dalle stelle”, furono costretti ad andarsene. Tale racconto e i seguenti studi stratigrafici rivelarono il mistero della costruzione delle città morte sulla cordigliera delle Ande, a 3.500 metri di altitudine. Città queste, citate anche da Peter Kolosimo nel suo libro: “Non è Terrestre”, dove affronta il mistero di Marcahuasi, con le sue mistiche sculture, che appaiono nella loro magnificenza solo con il solstizio d’estate e dove menziona anche le impresse raffigurazioni d’animali preistorici, risalenti da 185 a 130 milioni d’anni or sono. Sono molti i ricordi arcaici che conducono ad una catastrofe, ma l’uomo nonostante tutti questi cataclismi sarebbe sempre riuscito a sopravvivere agli eventi, lasciandocene le tracce come allora poteva; è probabilmente per tali motivi, che esistono antichissime similitudini tra le antiche civiltà, lecita opinione solo facendo retrocedere l’evoluzione umana, confermata tra l’altro da parecchi strani reperti come il “dito fossile del cretaceo”, le raffigurazioni delle pietre di Ica, ecc. che fanno presupporre l’esistenza di una primordiale razza prim'Eva ormai dimenticata. Sarebbe logico ammettere anche una comunicazione prediluviana tra i continenti, che spiegherebbe anch’essa, in ugual modo le similitudini tra le civiltà antiche conosciute. Su quest’ultima ipotesi, esisterebbero delle prove, come le tracce di cocaina e tabacco trovate nei corpi mummificati dei sacerdoti e faraoni egizi, che insieme alle costruzioni piramidali, fanno pensare ad un contatto della civiltà egizia con le civiltà precolombiane; del resto alcuni studiosi hanno riscontrato anche una reciproca somiglianza di alcuni geroglifici.
8° LA NASCOSTA VERITA’ SULLA CREAZIONE DELL’UOMO E LE CINQUE ERE
Tornando alla creazione dell’uomo, per gli esoterici i primi esseri popolarono la terra sotto la guida dei Signori di Venere, insediati in un posto polarizzato magneticamente, dove tuttora convergerebbe tutta la coscienza, un posto chiamato Shamballah. Sempre secondo gli esoterici, la prima razza umana sarebbe stata astrale, dal corpo fluido dei Pitri, o Signori Lunari; i Mani, o i vates di Agni il “fuoco”, coloro che divennero gli Angirasa e i Rishi fondatori della civiltà indo-ariana; “probabilmente quegli stessi esseri, o demoni pre-adamici di cui faceva parte anche la leggendaria Lilith”, e divisa in sette branche che si aprivano a fiore nella terra partendo da Shamballah, proliferando con la scissione dell’entità diafana, che più tardi diventerà l’uomo; in altre parole quei “grandi fantasmi” descritti da W. Scott Elliot nella “Storia della Lemuria Sommersa”. La seconda razza fu eterica, la terza fu la Lemuriana, che 21 milioni di anni fa iniziò a solidificare la propria forma ectoplasmica di gas liquidi e materia, fino a sviluppare la coscienza del corpo fisico, ora mosso dal sistema neuro-vegetativo, con loro convivevano i leggendari giganti e gli angeli, che allora comunicavano con l’uomo, gli iniziati di allora erano aiutati da esseri giunti da altre realtà, da altre sfere e praticavano l’hatha yoga, sostituito poi dal laya yoga che attivò alcuni centri del corpo eterico eccetto quelli della testa e della gola. Fu nel periodo lemurico che si scontrarono la Loggia Nera e la Loggia Bianca, secondo la cosmologia steineriana, si ebbe la separazione di Terra e Luna, e l’evento Lucifero, che oltre a separare i sessi, portò l’uomo alla malattia e alla morte. “La razza delle scimmie”, che probabilmente era di etnia munda chiamata dai dravidi “Vanara” perché inferiore, è chiamata esotericamente “il peccato dei senza mentale”, perché si sarebbe unita fisicamente con il regno animale, essendo fragile il confine e la differenza tra loro, peccato questo, che il fuoco purificatore tolse necessariamente ed inevitabilmente uscendo dai vulcani. In merito a questo tipo di eventi purificatori interessante ricordare uno scritto de Grandi Maestri sconosciuti che riporta queste parole: “La terra si impose e, inquinata e impura, tornò alla terra; così una vita cattiva insozzò e quindi il male penetrò nella primitiva purezza dell’antica madre. Il male sta sepolto nel suolo, e di tempo in tempo emerge nella forma; e solo il dolore ed il fuoco restituiranno alla madre la purità che i figli le hanno tolta”. Successivamente apparve la razza Atlantidea, che sviluppò il corpo emotivo portandosi in stretto contatto con le pratiche magiche, che usò per scopi egoistici. La quinta razza, l’attuale razza Ariana, starebbe sviluppando il corpo mentale o “Manas”. Noi ora, secondo gli esoterici, saremmo la quinta “sotto razza, delle sette sotto razze”, facenti parte della quinta razza Madre, in altre parole la razza Ariana, che Steiner divide in sette epoche culturali, dal 747 a.C. al 1413 d.C. e sono: antico-indiana, antico-persiana, egiziano-caldaico-babilonese e greco-latina. Dal 1413 sarebbe iniziata l’era del razionalismo. La sesta razza Madre, svilupperà l’amorevole corpo buddico, mentre la settima razza svilupperà la volontà, sarà la razza di Atma. Tale termine per lo Jaina diventa, “Atman”, il respiro, lo spirito, il Sé, ed indica l’anima individuale, mentre “Anatman” sarebbe, invece, la concezione buddista “dell’Io Tutto”. Ma a parte questa curiosità, è interessante sapere che anche per i Maya ci furono cinque Ere cosmiche, corrispondenti ad altrettante civiltà; le precedenti quattro Ere sarebbero state: dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco, della Terra e sarebbero tutte terminate con catastrofi ambientali, mentre ora anche per loro saremmo ancora nella quinta era, “l’Età dell’Oro”, che finirà nel 2012. Gli Aztechi suddividono così le cinque Ere: la prima Era nel segno della Terra e del dioTezcatlipoca che divenuto Sole creò una razza vegetariana di giganti terminata nel giorno “4Ocelot, giaguaro”, la seconda Era nel segno dell’Aria e della Scintilla divina di Quetzalcoatl che insegnò le arti e ebbe termine nel giorno “4Ehecatl, vento”, le odierne scimmie sarebbero gli uomini di allora, la terza Era nel segno del fuoco del dio della pioggia Tlaloc che creò una crudele razza di uomini acquatici e in quell’epoca scomparse la Lemuria nel giorno “4piuoggia di fuoco”, la quarta Era nel segno dell’acqua e della dea Chalchiuhtlicue sorella di Tlaloc, in quest’epoca la materia si raffinò e apparvero i primi uccelli fino al diluvio che distrusse Atlantide il giorno “4Ahau, pioggia”; la quinta Era è nata sotto il segno di Tonatiuh “l’aquila che vola in alto” e finirà con terremoti il giorno “4Ollin, movimento”, ogni 52 anni solari, un secolo indigeno, 52x365=18.980 giorni per la Terra, 292x65=18.980 giorni per Venere, cioè i 260 anni del Katun Ahu che porterà lotte e cambiamenti che apriranno la via all’Era dei pianeti e della comunicazione universale. Gli indiani, come i Maya, dividono l'età della Terra in cicli, anche per loro, infatti, questo sarebbe il quinto ciclo terrestre, stessa cosa la suddivisione ciclica separata da eventi catastrofici rilevabile nel Bhagavata Purana. Esiodo, poeta greco del VIII sec. A. C., nella sua opera “Le Opere e i Giorni” narrando il mito delle razze, afferma che gli dei dell’olimpo crearono una prima razza di uomini perituri, vissuti in un’epoca d’oro; poi, nell’età dell’argento né crearono una seconda inferiore di spirito e di corpo, una razza che Zeus trasformò successivamente in dei degli inferi; nell’età del bronzo crearono una razza crudele di uomini perituri terribile e potente; poi crearono una quarta razza di semidei ed eroi, giusta e divina; della quinta razza Esiodo dice: “Prego il cielo che io non abbia a mio turno a vivere a mezzo degli uomini della Quinta Razza; o che io fossi morto prima, o nato più tardi, poiché questa è la razza di ferro. Essi non cesseranno di soffrire di giorno fatiche e miserie, né la notte di essere consumati dalle anossie che loro invieranno gli dei. L’ora verrà in cui Zeus annienterà a suo turno questa razza di uomini perituri: questo sarà il momento in cui gli uomini nasceranno con le tempie bianche. Il padre allora non assomiglierà ai suoi figli, ed i figli non somiglieranno più ai loro padri. L’ospite non sarà più caro all’ospitante, né l’amico all’amico, il fratello al fratello…”, e questo ci ricorda gli strani concepimenti di Noè, Melchisedec, ecc. . Gli yezidi concepiscono il nostro tempo come l’ultimo dei “settantadue Adami” vissuti diecimila anni ciascuno con un intervallo di assenza di altri diecimila anni tra l’uno e l’altro, curioso il fatto che queste cifre non sono “campate in aria”, ma corrispondono a cicli astronomici e precessionali. Ritornando alle origini di Shamballah, l’occultista Helena Blavatsky, una dei fondatori della società teosofica di New York, sorta nel 1875, afferma che Agharti, che lei chiama la “Loggia Bianca” è sorta sull’isola del Mar dei Gobbi, dove in tempi remotissimi sarebbero atterrati i “Signori della Fiamma”, semidei provenienti da Venere, essi avrebbero donato all’uomo, che aveva allora una mente animale, una mente razionale. Secondo le Upanishad, Sanat Kumara, “il sempre giovane”, chiamato anche Melquisedek che ricorda per certi versi il clemente “Signore delle milizie celesti”, che in Cabala si chiama “Metatron”, per i cristiani l’arcangelo Michele, sarebbe il signore del mondo, il Dio del nostro sistema, o uomo celeste che tiene in vita il nostro pianeta, è chiamato anche “L’Amico dei giorni” e vivrebbe in un corpo di energia che non invecchia; con lui sarebbero arrivati Sanadana, Sanaka e Sanatana ed insieme esprimono la triplice natura del Logos planetario, in altre parole il Verbo o la Parola, la ragione, ”l’Azione”, il Logos, la Manifestazione di Dio, l’espressione della Vita Cosmica. Esotericamente Il primo Logos incarna l’aspetto Vita e l’energia della Volontà o Potere, il secondo Logos incarna l’aspetto Coscienza e l’energia dell’Amore-Saggezza, il terzo Logos incarna l’aspetto Apparenza e l’energia dell’intelligenza e dell’adattamento. Il ricercatore Richard L.Thompson, afferma, che a quei tempi il cielo era navigato da dischi volanti chiamati “vimana”, quindi vi si poteva viaggiare da un mondo all’altro, come testimonierebbero anche i dischi di Bayan Kara Ula, pubblicati su riviste russe da Vinceslav Zaytsev; del resto il fatto che aeronavi rimangano sospese nella nostra atmosfera sembra possibile, infatti, gli scienziati del centro ricerche “dell’Avco Everet” negli U.S.A., A.N. Pirri e R.F.Weiss affermano che un fascio laser, basato su di un campo di tremila megawatt che pulsa a duecentocinquanta Hertz, può sostenere in cielo un veicolo. Inoltre tra le altre cose in loro potere, questi esseri semidivini potevano leggere il pensiero, spostare oggetti con la sola forza della mente e addirittura rendersi invisibili. Thompson inoltre afferma, che gli scritti vedici, “Purana”, raccontano di quattrocentomila razze simili all’uomo che risiederebbero in altri mondi. Alfredo Dissoni, insegnante di religione e scrittore di testi ufologici, fa notare che più volte, nelle sacre scritture, si accenna ad altri mondi, in (Cfr. Isaia, 66,22) si legge: “Quando Dio fece i nostri cieli e la nostra terra di oggi furono inoltre plasmati i nuovi cieli e la nuova terra e i centonovantaseimila mondi che Dio creò per la sua gloria”. L’antico scritto orientale, “Idra Sutra”, afferma l’esistenza di “trecentosessanta miriadi di mondi” e nella Mishnah, vi è un passo apocrifo che dice che Dio concederà ad ogni giusto trecentodieci mondi, affermazione confermata nei commentari Petirat Mosheh e nel Qetoret ha-Samim, e ciò può solo rivelare la possibilità che esistano altri esseri. Nel terzo capitolo del libro di Krsna si narra che sotto particolari corrispondenze cosmiche, circa 5.000 anni fa, nacque per l’appunto Krsna, si dice che gli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara si misero a cantare, e gli esseri di Siddhaloka e i Carapa, dai loro pianeti celesti gli angeli e le loro compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze; al cap. 50 a pag. 391 si legge testualmente: “Mucukunda sapeva che ogni sistema planetario superiore è governato da un deva sovrano. Egli non era dunque nell’ignoranza come l’uomo d’oggi. Infatti l’uomo d’oggi crede che fra tutti i pianeti soltanto la Terra sia abitata”. Oltre ai fatti similari descritti nelle varie culture che questa mia opera mette a confronto, si noterà le somiglianze di alcuni termini che sembrano indicare la stessa manifestazione, o una manifestazione ciclica dello stesso Dio, degli stessi Dei, si noti ad esempio: Krsna - Cristo, Sidhe – Siddhaloka - Sidharta, An – Anu - Danu, Bel – Belial - Baal, Araham – Abrham, e molti altri ancora. A volte, invece, come avrete notato anche in questo testo, sono le storie stesse che si assomigliano, come per esempio nella mitologia greca la conquista del toson d’oro, spece all’inizio è paragonabile, per certi versi, ai primi capitoli del Libro di Krsna. Ammettere che le analogie siano solo delle casualità, a mio parere è improbabile dato il fatto che si ripetono troppo frequentemente; a mio parere, o sono gli stessi racconti rimaneggiati più volte nel tempo, o sono eventi che subiscono ripetizioni cicliche, magari proprio sotto l’egida di quel “orologio cosmico” che è il fenomeno precessionale degli equinozi causato dalle millenarie forze cosmiche che avvolgono il nostro pianeta. Quanto detto mi rievoca alcuni versi del cap. CX "Libro dei Morti" egizio in cui una descrizione conclude: “Io approdo al momento (...) sulla Terra, all'epoca stabilita, secondo tutti gli scritti della Terra, da quando la Terra è esistita e secondo quanto ordinato da (...) venerabile”.
9° GIUNSERO “I FIGLI DI DIO” E VOLARONO I CIELI DELLA TERRA
Esseri provenienti dal cielo, come vedremmo anche più avanti, li ritroviamo in vari culti e miti antichi e come disse G.B.Vico, “i miti nascondono sempre qualche verità”. Ad esempio, tra i testi Manusa dell’India antica, che descrivono fatti realmente accaduti, abbiamo il "Mahavira", nel quale fra le innumerevoli descrizioni, è possibile leggere: "Un carro volante trasporta molte persone verso la capitale Ahyodhya. Il cielo è pieno di macchine volanti sorprendenti; nere come l'oscurità, su cui spiccano gialli bagliori". Nel libro di Krsna al capitolo 49 si legge: “Deciso ad attaccare Mathura, il re predispose ampie misure. Mobilitò migliaia di carri, elefanti, cavalli e soldati di fanteria; e con tredici legioni scese in campo e circondò Mathura, la capitale dei re Yadu, per vendicare la morte di Kamsa. Sri Krishna, nella parte di un uomo comune, vide la formidabile potenza di Jarasandha, un oceano di armi e di guerrieri, un oceano sul punto d’inondare tutta una spiaggia, vide il terrore degli abitanti di Mathura e rifletté sulla Sua missione di avatara come affrontare questa nuova situazione? Lo scopo della Sua missione era quello di ridurre il fardello dei popoli, ed ecco giunta l’occasione di affrontare in una sola volta tanti uomini, carri, elefanti e cavalli. La potenza militare di Jarasandha si schierava di fronte a Lui in tutta la sua imponenza ed Egli l’avrebbe annientata senza lasciare ai nemici il tempo di battere in ritirata e riorganizzarsi. Mentre Sri Krishna era assorto in questi pensieri, due carri da guerra, perfettamente equipaggiati di auriga armi stendardi e altri oggetti bellici, apparvero in cielo e scesero davanti a Lui. (in realtà quali carri potevano allora discendere dal cielo?) Krishna Si rivolse allora a Suo fratello Balarama, chiamato anche Sankarsana: “Mio caro fratello maggiore, Tu sei il migliore degli arya, il Signore dell’universo, e in particolare degli Yadu che sono ora terrorizzati di fronte all’esercito di Jarasandha. Prendi posto sul Tuo carro, che è là, ben armato, e proteggili; vai ad affrontare tutti quei guerrieri nemici e distruggi la loro potenza. Noi siamo scesi sulla Terra al fine di eliminare questi inutili spiegamenti di forze militari e proteggere i virtuosi bhakta. Ecco l’occasione di adempiere la Nostra missione. Andiamo dunque!” Così, Krishna e Balarama, discendenti di Dasarha, il re di Gadadha, decisero di annientare le tredici legioni di Jarasandha.Krishna salì sul carro condotto da Daruka, e al suono delle conchiglie (in realtà cosa si intendeva per suono delle conchiglie?) uscì dalla città seguito da un piccolo esercito. Stranamente, benché il nemico fosse di molto superiore per numero e armamenti, quando il suono della conchiglia di Krishna giunse alle orecchie dei guerrieri di Jarasandha, il loro cuore tremò. Scorgendo Krishna e Balarama, Jarasandha fu preso da un sentimento di compassione perché quei due fratelli, in fondo, erano suoi nipoti; poi, rivolgendosi a Krishna, Lo chiamò Purusadhama, il più vile tra gli uomini, mentre le scritture vediche glorificano Krishna come Purusottama, il più elevato tra gli uomini: Jarasandha non intendeva certo chiamare Krishna Purusottama, ma grandi eruditi hanno messo in luce il vero significato del termine Purusadhama: “Colui che con la sua presenza fa scomparire ogni altra personalità”. In realtà, nessuno può uguagliare o superare Dio, la Persona Suprema” più avanti si legge: “ Gli abitanti dei pianeti celesti, al colmo della gioia, offrirono i loro rispetti al Signore cantando le Sue glorie e lasciando cadere su di Lui piogge di fiori; mostrarono così la loro ammirazione per la Sua vittoria” e ancora: “Krishna impugnò il Suo arco, Sarnga. Sfilando una dopo l’altra le frecce dalla faretra, Egli tendeva l’arco e le scoccava contro il nemico con una mira così precisa che gli elefanti, i cavalli e i soldati di Jarasandha passarono ben presto al regno della morte. Quell’incessante pioggia di frecce pareva un turbine di fuoco che distruggeva tutte le armate di Jarasandha. Gli elefanti stramazzavano al suolo decapitati dalle frecce di Krishna, i cavalli crollavano travolgendo carri, stendardi e guerrieri, mentre la fanteria giaceva a terra, testa mani e gambe mozzate…“. Un antico testo tibetano narra: “Bhima volò via con il suo carro radioso come il sole e fragoroso come il tuono…..il carro volante splendeva come una fiamma nel cielo di una notte d’estate….avanzava maestosamente come una cometa…..era come se brillassero due soli. Quindi il carro saliva e tutto il cielo si illuminava”. Anche l’Odissea di Omero ci propone alcune curiosità, Omero nacque a Chio o a Smirne e visse nell'VIII sec. a. C.; sulla vita di Omero le antiche fonti ci hanno lasciato numerose leggende che gli attribuiscono, oltre i due grandi poemi, anche una serie di poemi detti "Ciclici". Nel V sec. a. C venne scritta una biografia, attribuita ad Erodoto. Nell’Odissea di Omero, lungi da essere fantasia, come si sosteneva, dato che l’opera si è rivelata essere una realtà, con la scoperta archeologica dei resti di Troia, Ulisse viene più volte soccorso dagli dei attraverso Atena e l’alato Ermete che lo aiutano a neutralizzare gli incantesimi come quello della ninfa Calipso: il dio alato annuncia infatti alla ninfa la decisione degli dei di ridare la libertà a Ulisse. Giunto presso i Feaci e poi nel paese dei Ciclopi, tocca finalmente le rive di Itaca e teme di non riuscire a vincere i numerosi avversari, è ancora una volta aiutato da Atena. Nell’Odissea tradotta da Ippolito Pindemonte si leggono ambigui versi che possono essere interpretati sotto un’altra ottica: “ Gli sorse incontro co' suoi monti ombrosi L'isola de' Feaci, a cui la strada Conducealo più corta, e che apparìa Quasi uno scudo alle fosche onde sopra. Sin dai monti di Solima lo scôrse Veleggiar per le salse onde tranquille Il possente Nettun, che ritornava Dall'Etïopia…”, più avanti si legge “Molte allor de' Feaci in mar famosi Fur le alterne parole. “Ahi! chi nel mare Legò la nave che vêr noi solcava L'acque di volo, che apparìa già tutta”? Così, gli occhi volgendo al suo vicino, Favellava talun: ma rimanea La cagion del portento a tutti ignota…”:altri versi narramo: “Dimmi il tuo suol, le genti e la cittade, Sì che la nave d'intelletto piena Prenda la mira, e vi ti porti. I legni Della Feacia di nocchier mestieri Non han, né di timon: mente hanno, e tutti Sanno i disegni di chi stavvi sopra. Conoscon le cittadi e i pingui campi, E senza tema di ruina o storpio, Rapidissimi varcano, e di folta Nebbia coverti, le marine spume”, atri ancora raccontano: “Ma la fanciulla il piede alla secreta Movea sua stanza: e raccendeale il foco Eurimedusa, una sua vecchia fante, Nata in Epiro, e su le negre navi Condotta, e al prode Alcinoo offerta in dono Perché ai Feaci ei comandava, e lui, Qual se un dio favellasse, udìan le genti. Costei Nausica dal braccio di neve Rallevò nel palagio, ed ora il foco Raccendeale, e mettea la cena in punto.” i Feaci erano in grado di trasportare Ulisse dalla loro terra fino a Itaca, in Grecia e fare ritorno a Corfù nello stesso giorno, e ciò come potevano farlo? Fatti simili si riscontrano anche nel testo di Krsna, cap. 52 pag.410, dove il dio per rapire Rukmini, parte dal regno di Dvaraka nell’India occidentale per raggiungere a nord il regno di Vidarbha, percorrendo 1.600 chilometri in 12 ore, e lo fa con un carro trainato da 4 cavalli: uno di colore verde chiamato “Saivya”, uno con il riflesso del ghiaccio chiamato “Sorgiva”, uno con il color di una nuvola nuova chiamato “Meghapuspa” e uno color cenere chiamato “Balahaka”. Gli stessi viaggi li faceva il carro di Horo sapaenshu dall’egitto a Saba. Nel papiro di Ani, una versione del Libro egizio dei morti di Hunefer custodito nel Britisch Museum che racconta di strani avvenimenti, al capitolo LXXVII si legge: "io volo via e poi atterro (stando) dentro il falco; il suo dorso misura sette cubiti (3,7 metri), le sue due ali sono come di feldspato verde. lo esco dalla nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna orientale. Probabilmente sono sempre le stesse interpretazioni date ad “areonavi” simili, citate anche nel Libro dei Re (Cap.2:11,12), dove si legge: “Ora, mentre essi camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di loro ed Elia salì in cielo nel turbine”, i probabili nostri argentei ufo degli avvistamenti . I sacerdoti delle antiche civiltà mesopotamiche affermarono che la loro conoscenza, fu insegnata agli uomini da angeli discesi dal cielo. Nella Bibbia si accenna più volte ad esseri semi divini chiamati angeli, che oggi si potrebbero chiamare in tutt’altro modo, già nel 1950 l’astronomo Morris Jessup lo fece notare, scrisse addirittura un libro: “La Bibbia e gli UFO”, quest’idea poi fu ripresa da altri studiosi e ricercatori. Nella mia ricerca personale, ho notato varie, e interessanti descrizioni sulla figura degli ’”Angeli”. Nell’Apocalisse, Giovanni descrive gli angeli simili agli uomini, vestiti con lunghi abiti di lino puro, splendente e cinti al petto di cinture d’oro, Apocalisse (15, 6), descrive l’angelo messaggero, Apocalisse (1, 13, 14,16), con i capelli della testa candidi, simili a lana candida come la neve, gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi con l’aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo, e il suo volto paragonato al sole quando splende in tutta la sua forza. Una cosa interessante è che nell’Apocalisse questi si ritengono solo servitori di Dio, nell’Apocalisse (22, 8, 9) si legge: Sono io Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’Angelo che me le aveva mostrate. Ma egli mi disse:” Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. E Dio che devi adorare”. Nel Nuovo Testamento (Matteo 28: 3,4), anche l’angelo che apparve sulla tomba di Gesù aveva l’aspetto come folgore e la veste bianca come la neve; se andiamo poi a reinterpretare altri scritti come le visioni di Daniele ed Ezechiele, 584 a. C., vissuti durante la cattività babilonese, diventa facile supporre molteplici e possibili contatti con questi esseri, Daniele guardando nella visione notturna “Vede venire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio d’uomo” e scrive: “E il ventiquattresimo giorno del primo mese…alzavo gli occhi e vedevo…un certo uomo vestito di lino, con i fianchi cinti di oro di Ufaz. E il suo corpo era simile al crisolito e la sua faccia simile all’aspetto del lampo e i suoi occhi simili a torce infuocate, e le sue braccia e il luogo dei piedi erano simili alla visione del rame forbito…”(Daniele10-6). In Ezechiele si legge: “Nel trentesimo anno, al quinto giorno del quarto mese, mentre mi trovavo tra gli Esiliati sulle rive del fiume Kebar, il cielo si aprì e vidi quindi levarsi un possente vento proveniente da Nord, accompagnato da una grande nube e da una grande massa di fuoco: un abbacinante bagliore la circondava, in mezzo alla massa di fuoco pareva di intravedere del rame” , poi Ezechiele parla di quattro corpi, ognuno con quattro volti e quattro ali e dei piedi come il "rame lucido", (notare qui la somiglianza con la visione di Giovanni nell’Apocalisse), di ruote che si muovevano e di una figura, e scrive: “E al di sopra della volta posta sulle loro teste, si scorgeva una specie di trono brillante come uno zaffiro, sul quale sedeva un essere simile ad un uomo: la sua figura emanava una grande luminosità, simile all'arcobaleno dopo il temporale; sentivo di trovarmi al cospetto della gloria del Signore, mi buttai quindi al suolo; e qualcuno prese a rivolgermi le seguenti parole: "Alzati, figlio dell'Uomo, perché io possa parlarti". Come sentii questa voce, la vita ritornò in me”. Ezechiele scrisse anche inequivocabilmente nel suo testo: "Essi sfavillavano come un globo di rame terso" 1: 7)…( "le loro ali erano unite l'una all'altra" 1: 9)…( "Sopra le teste degli animali c'era come una volta celeste con lo splendore del cristallo" 1:22)…( "Quando si muovevano io udivo il rumore delle loro ali simile al rumore di acque impetuose ... quando si fermavano le ali si abbassavano" 1: 24). "C'era un rumore sopra la cupola che era sopra le loro teste" 1:25)… (“Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori” 1:13)…(“Gli esseri andavano e venivano come un baleno”1:14)…(“Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota a loro fianco, di tutti e quattro”1:15)...("Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come topazio e tutt'e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo ad un’altra ruota” 1:16)…(“La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro erano pieni d’occhi tutt’intorno" 1:18)...(“Guardai, ed ecco sul firmamento, che era sopra le teste dei Cherubini, si vedeva qualcosa simile a pietra di zaffiro, che all'aspetto aveva forma di toro. Disse all'uomo vestito di lino: «Entra fra le ruote, sotto i Cherubini, e riempi il cavo delle mani di carboni ardenti in mezzo ai Cherubini e spargili sulla città». Sotto i miei occhi, quegli entrò” 10:1-2)…(“lo sentii che le ruote venivano chiamate “Turbine” 10:13). Già nel libro di Giobbe, più antico dei testi giudaici al capitolo XXXVIII Dio parlava dal centro di un “turbine”, cosa che più tardi imitata dalla Genesi. In merito al termine “Turbine” ho letto che è la traduzione incerta del termine “Galgal” che potrebbe significare anche Carro. Del termine Ghilgal, nel libro dei Giudici 2,1 si legge: “Ora l’angelo di Yawe salì da Ghilgal a Bochin”, e qui Ghilgal assume anche il significato di esilio, allontanamento, passaggio da una dimensione all’altra. R. Steiner nel “I profeti di Dio” pag. 49, dice che è il rotare, il passare e vivere dell’anima entro un corpo fisico, il suo passare da un corpo fisico all’altro, infatti, non a caso quando si parla di alfabeto ebraico, c'è un termine ebraico similare “ghilgul” che significa reincarnazione e ha lo stesso contenuto di ghilgal, “il passare da una parte all’altra”. Galgal identifica anche la ruota celeste con i suoi 12 dei 36 Preposti del Drago “Teli”, che nel Corpus Hermeticum, si identificano nei “Vigili Custodi” dell’universo, identificabili nei 36 decani egizi e nei decani zodiacali greci. Le ruote sono state identificate nella “classificazione angelica moderna”, degli esoterici come Alice Baley, con i Troni, “Il Verbo Manifesto”, quegli Angeli che portano la giustizia di Dio e che in Kabbalah vengono chiamati Merkabah, Trono di Dio, o Carri trionfali. Notate adesso, il confronto che ho riscontrato con alcuni versi dell’antichissimo testo tibetano (Le Stanze di Dzyan, § V, vers.1-7), così tradotte: (“I primi Sette Aliti del Drago di Sapienza producono a loro volta, dai Santi Aliti Roteanti, l’Igneo Turbine. Essi fanno di lui il Messaggero della loro Volontà”)…(“ il Rapido Figlio dei Figli Divini, i cui figli sono i Lipika, corre incombenze circolari” )…(“ egli passa come un fulmine attraverso le ignee nubi; egli fa tre e cinque e sette passi attraverso le sette Regioni di sopra e le sette di sotto. Egli alza la sua Voce e chiama le innumerevoli scintille e le unisce insieme. Egli è lo Spirito che le guida e le dirige. Quando comincia a lavorare ei separa le Scintille del Regno Inferiore che ondeggiano e fremono di gioia nelle loro dimore raggianti, e ne forma i Germi delle Ruote. Egli colloca nelle Sei Direzioni dello Spazio ed Una nel mezzo – la Ruota centrale. Fohat traccia linee spirali per unire la Sesta alla Settima – la Corona. Un Esercito di Figli della Luce sta ad ogni angolo; i Lipika nella Ruota Mediana. Essi dicono: << Questo è buono>>. Il Primo Mondo Divino è pronto; il Primo, il Secondo”)…(“ Le ruote invigilano il Cerchio”). I versi di questo testo, presentano stupefacenti analogie con molti altri testi, vedi i viaggi di Enoch e Baruk, con leggende celtiche, maya, ecc. Ad esempio nel cantico messianico di Abacuc che parla del Cristo che doveva venire si trovano frammenti che potrebbero essere interpretati sotto una diversa ottica, egli dice: “Innalzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra con la tua gloria”…” Il suo splendore è come la luce”…”Vi sono bagliori nelle sue mani”…”Salirai sui tuoi cavalli e la tua cavalcata è salvezza”…” Tu che effondi le acque nel tuo cammino”…”Nel balenare dello splendore delle tue armi”…”Hai lanciato nel mare i tuoi cavalli che agitavano molte acque”. Diviene facile pensare agli avvistamenti ufo, alla luce di questi versi, che con un’arcaica terminologia descrivono, apparizioni allucinanti di “esseri cosmici, figli della luce”, angeli con i loro compiti ben definiti. Nelle ricerche e rappresentazioni demonologiche ci si possono ricollegare le apparizioni, di Belial per esempio, che come si legge in uno dei rotoli di Qumram, 11QMelc, portò all’assassinio del sacerdote Melchisedec, si manifesterebbe come un angelo bellissimo sopra un carro di fuoco. Lo stesso Satana, il Drago Rosso, simile al demone pagano Pan, “il dio caprino dei Satiri cioè i “pieni” legati nel VI a. C. con Dionisio”, o meglio il suo nome da serafino, Lucifero, dal latino Lux infer “portatore di luce”, si manifesterebbe come un uomo bellissimo, capelli neri e tunica bianca, inoltre, come affermano i testi sacri, avrebbe la facoltà di apparire come uno lo immagina, in realtà sarebbe un essere putrido simile a un caprone, una concezione allegorica legata forse a qualche antico rituale di sacrificio risalente all’epoca precessionale dell’Ariete, probabilmente al mito greco di Pan che era così rappresentato nella sua qualità androgina di “Satiros” o meglio “Seth Aries” da cui deriverebbe per l’appunto la forma caprina. Nel Libro dei Re (Cap.2:11,12) come abbiamo visto prima si legge: “Ora, mentre essi camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di loro ed Elia salì in cielo nel turbine. Eliseo osservava e gridava: «Padre mio, padre mio; carro di Israele e suoi cavalli!». Quando non lo vide più, afferrò le proprie vesti e le stracciò in due pezzi”. In (Esodo,19,9) Yahweh afferma: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube”, poi si legge: “Al terzo giorno, sul far del mattino, ci furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte Sinai ed un suono fortissimo di tromba. Tutto il popolo fu scosso dal terrore. Il monte Sinai era tutto fumante” (Esodo, 19, 16-17). Come gli antichi irlandesi “I Thuata Dè Danann arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia”, come Enoch viaggiava su una “nube” attraverso i sette cieli, portato dagli angeli, o come il dio celtico Taranis, simile a Giove per l’analogia del tuono il cui simbolo era la ruota, o Teutates analogo a Marte, divinità che guidavano e proteggevano le tribù in guerra, anche Yahweh viaggiava spesso in una nube sopra gli ebrei per proteggerli e guidarli nelle loro battaglie (Esodo 13, 21, 10-34-14). Sull’intraprendente personaggio “alchemico” di Maria Egiziaca, sorella di Mosè, contro la quale “divampò l’ira di Yahweh; la nuvola si ritirò di sopra la sua tenda ed ecco, Maria coperta di lebbra come neve” (Nu. 12, 9), “forse la bambagia degli odierni avvistamenti”. In un’antica moneta Cananea del IV secolo a. C., appare la scritta Yahu cioè Yahweh, ed è rappresentato in effige un vecchio dio barbuto su di un trono simile ad una ruota volante. In questi fatti, come si può notare, la somiglianza con gli “effetti” degli odierni avvistamenti UFO è alquanto sconcertante. L’effige rappresentativa di Yahweh sulla moneta citata, può ricordarci anche la descrizione di quella razza bianca di uomini barbuti che appare straordinariamente, anche nei miti delle civiltà precolombiane vedi: il tolteco Quetzalecoatl, “il Serpente Piumato”, il maya Cuculcan, Gucumatz, il dio lucertola Itzamana, Viracocha, Pacal Votan, “cioè colui che appartiene alla stirpe dei serpenti”; in altre parole i famosi “bianchi venuti dalle stelle”. Raffigurazioni simili alle rappresentazioni di Aura Mazda, come si evince anche dalle affermazioni dello storico Erodoto di Alicarnasso, che lo assimila alle raffigurazioni degli dei vedici, vedi Veruna “l’Urano greco”, una delle tante divinità, assieme a Mithra (il sole), Mah (la luna), Atar (il fuoco), Apam Napat (l’acqua), Vaju (il vento), Ardvi Sura Anahita (la pioggia), a quanto pare “uno degli Elohim simile a Yahweh”. Infatti, nei Rig. Veda X 168 leggiamo di Vayu o Vata: “Correndo sulle vie d’aria, egli non riposa alcun giorno. Amico delle Acque, del primo nato, del beato (Agni) in cui la preghiera nacque, d’onde venne egli al mondo? Animo degli dei, germe del mondo, dio che girovaga come gli pare. Si fa sentire col suono, ma la sua forma non è vista. A questo Vata noi dedicheremo la nostra devota oblazione”. Per comprendere meglio su cosa volava Vata, un altro verso dei Rig. Veda dice chiaramente: “L’aereo di Vata era enorme! Creando mulinelli di polvere, si alzava nell’aria emettendo un fragoroso rumore. Volando nel cielo emetteva una scia di fumo e un accecante sfolgorio rossastro”. Si manifestava proprio ciò che accadeva con le nuvole di Yahweh. Descrizioni similari le ritroviamo, come vedremmo, anche in altri antichi testi, per esempio nel Libro etiopico di Enoch scritto in ge’ez, abbiamo queste descrizioni degli antichi esseri, nella piena manifestazione dei loro poteri: "Essi camminano su lingue di fuoco, sono vestiti di bianco e il loro volto brilla come il cristallo”, e ancora: "Io Enoch stavo benedicendo il Signore, quando gli angeli mi chiamarono e mi presero. E mi portarono in un mondo i cui abitanti erano come fuoco fiammeggiante e, quando lo desideravano, apparivano come uomini". Nel Libro dei Vigilanti (XVII,1), si legge la stessa versione: “Mi portarono in un luogo dove (quelli che c’erano) erano come fiamma ardente e quando volevano, apparivano sotto sembianze umane”. Nel primo capitolo del libro dei segreti, così Enoch descrive chiaramente questi esseri: “In quel tempo, disse Enoc, quando ebbi compiuto 365 anni, nel primo mese, nel giorno solenne del primo mese, ero solo nella mia casa: piangevo e mi affliggevo con i miei occhi. Mentre riposavo nel mio letto dormendo, mi apparvero due uomini grandissimi come mai ne avevo visti sulla terra. Il loro viso (era) come sole che luce, i loro occhi come lampade ardenti, dalle loro bocche usciva un fuoco, i loro vestiti una diffusione di piume, e le loro braccia come ali d'oro, al capezzale del mio letto. Mi chiamarono col mio nome. Io mi levai dal mio sonno e gli uomini stavano presso di me realmente. Io mi affrettai, mi alzai e mi inchinai loro ; il mio viso si coprì di brina per il terrore. Gli uomini mi dissero: "Coraggio, Enoc, non avere paura. Il Signore eterno ci ha mandati da te ed ecco, tu oggi sali con noi al cielo. Dì ai tuoi figli e alle genti della tua casa tutto quello che faranno sulla terra e che nella tua casa nessuno ti cerchi, finché il Signore ti abbia fatto ritornare da loro". Obbedii loro e andai. Chiamai i miei figli Matusalemme e Rigim e raccontai loro tutto ciò che i due uomini mi avevano detto”. Nel misticismo ebraico della Merkabah, del “Carro Celeste”, o “Trono di Dio”, descritto da Ezechiele, questi esseri vengono chiamati le: “Hayot ésc memallelòd”, cioè le “Creature di fuoco parlanti”, o gli “Ittim hashoth ve-“ittim memallelòd”, cioè “Coloro che a volte tacevano e a volte parlavano”, la “classificazione angelica moderna li definisce Troni, o ruote” e sarebbero i portatori della giustizia di Dio, “forse coloro che risvegliano il nostro inattivo campo magnetico, “illuminandoci”, risvegliando quell’energia che gli orientali chiamano Vril, “il serpente addormentato” che è in noi; del resto è risaputo che usiamo solo il 10% della nostra potenzialità mentale. Questi Esseri possono solo essere identificati come coloro che sono una superiore manifestazione del Logos”, o meglio “di ragione”; quei Serafini, cioè “ardenti”, oggi rietichettati “Alieni parafisici”. Oggi si sa che esiste “vita microbica” anche a 130° centigradi, quindi è provato che la vita esiste anche ad alta temperatura, anzi si potrebbe pensare ad un suo manifestarsi come energia pura, per l’appunto quei stessi “Corpi di Luce” che sono anche noti come i “Corpi di Gloria cristiani”. Tutto ciò motiverebbe anche le molte apparizioni di alcune tipologie aliene, o “fantasmi”, etimologicamente quelle “entità che si mostrano, o quelle presenze che si manifestano”, lungi da essere materici, ossia, al contrario dotati di una duplice natura, o capacità di movimento ultra dimensionali. Nello Zand Avesta Zoorastriano sta scritto: “L’incarnazione distingue l’uomo dagli Dei spirituali, poiché questi sono Signori, ma non incarnati”; nell’Avesta l’uomo simboleggia il microcosmo fatto a immagine del dio figlio di Zurvan, “Dio del Fato”, il primo Creatore di tutte le cose, ed è per questo che ogni parte dell’uomo corrisponde alla conformità dell’universo. Zoroastriani e zurvaniti credono alla razza dei daeva ossia i “Vigilanti” giunti intorno al 9.600 a. C. ad Airyana Vajah, “il Paradiso”. Chissà se è vero, come teorizzano alcuni, che sono questi gli esseri, con il potere della “trasfigurazione” e servi di Dio, che ci fecero a loro somiglianza, come si legge nella Genesi, in plurale (1,26): Poi Iddio disse "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza...". Nel libro apocrifo dei Giubilei dettato “dall’Angelo della Faccia” a Mosè se ne parla espressamente, affermando che tra le opere di Dio del primo giorno della creazione ci furono anche gli Spiriti e gli Angeli. Leggiamo, per l’appunto, dell’“Angelus Faciei”, cioè l’Angelo che era sempre accanto al Signore, che spiegò a Mosè il patriarca nato in Egitto, il processo della creazione, infatti nel testo apocrifo dei Giubilei o “Piccola genesi” si legge:” Nel primo giorno creò i cieli che sono in alto, la terra, le acque e ogni spirito che serviva al Suo cospetto, gli "angeli faciei", gli angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve; gli angeli degli abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell’estate e dell’autunno, e gli angeli di tutti gli spiriti riuniti che sono in cielo, in terra e in tutti gli abissi, nella tenebra, nella luce, nell’alba e nella sera, i quali Egli preparò con la sapienza del Suo cuore”. Anche nel testo di Giobbe 38:7, un testo più antico di qualsiasi libro giudaico, si afferma che gli angeli esistevano prima della creazione dell’uomo, perché quando furono gettate le fondamenta della terra: “Le stelle del mattino cantavan…. e tutti i figli di Dio davan in gridi di giubilo”, probabilmente sono quegli stessi angeli che la dottrina esoterica segreta vede portatori del seme che risveglia, portatori dello “Spirito Santo”, della supercoscienza che illumina lungo il percorso che gli esoterici chiamato “Omeopatia Karmica”, ossia illuminare l’individuo attraverso l’esperienza con piccole dosi di quello che chiamiamo “male”. Ritornando ad Agarthi, secondo la tradizione braminica del Mahabarata, “Paradesha”, (in sanscrito Paese supremo, da cui Paradiso, l’ebraico Pardès, la terra estrema, Il “Giardino di Giustizia” di Enoch, l’iperborea greca o Paràdeisos, la terra del nord cioè lo “spazio recintato”, dalla radice persiana, pairi, “attorno” e daeza, “muro”) è denominata dai miti, il regno dell’”Età dell’Oro”, “probabilmente lo stesso regno che gli egizi chiamavano “Tep zepi”, regno in cui avrebbe governato Atum Rà, o Osiride e che secondo I Testi delle Piramidi rinvenuti nella tomba dei faraoni Unas, Teti, Pepi I, Merenre, Pepi II, Kakare, Ibi ecc. fu colui che avrebbe inizialmente dato vita a “Gli Inerti” nel Oceano Primordiale; fu sempre Atum-Rà figlio di Ptah “il corpo”, che apparse al re di Menfi sul suo carro celeste e gli impose di annoverare l’anniversario del suo regno per “sei volte centomila anni”, la stessa figura divina che in Grecia prende il nome di Hephaistos colui che si fuse con Sokaris il dio dei morti rappresentato con la testa di falco. L’Età dell’Oro assieme alle Età dell’Argento, del Bronzo e del Ferro, l’attuale era, sono paragonabili, sempre nella tradizione indiana, al ciclo completo di Maha Yuga 12000 anni, cioè l’insieme del Krita Yuga di 4800 anni, il Treta Yuga di 3600 anni, il Dvapara Yuga di 2400 anni e l’attuale Kali Yuga di 1200 anni. Invece Secondo il calendario Maya, l’Età dell’Oro è l’attuale ed è la quinta dopo le ere dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della Terra, essa sarebbe governata dal dio Quetzalcoatl e terminerebbe, come ho già detto, nel 2012. L’antica Età dell’oro probabilmente era l’Atlantide primitiva, impregnata di sapienza, purezza e benessere, forse quella terra dove regnava la “Primavera Eterna” dei longevi “Iperborei”, Protoari o “Uomini Trasparenti”, dove la terra produceva da sé, citata da Ovidio, Virgiglio, Esiodo, Erodoto e Diodoro Siculo, quest’ultimo tra l’altro racconta una strana storia che vede una regina delle Amazzoni alleata con Horus e in lotta contro gli Atlantidi. Sono probabilmente quegli stessi abitanti di Agarthi, chiamati anche “Maestri Sconosciuti”, che avrebbero avuto origine dall’antichissimo continente di Gondwana che secondo i Geologi includeva un tempo anche Africa, Arabia, India, Ceylon, Australia, Nuova Zelanda e Sud America. Alla fine del Giurassico questo continente che non conosceva stagioni iniziò a smembrarsi, e durante il Terziario (circa 20 milioni di anni fa), circa l’era dell’arrivo dei Kumaras, I'Antartide si sarebbe distaccata completamente dall'America Meridionale. Questa catastrofe per alcuni avrebbe origine dallo spostamento dell’asse terrestre dovuto alla caduta di una luna, o di un corpo celeste sulla terra, che nel suo percorso orbitale avrebbe disegnato una spirale, che l’avrebbe portata a disintegrarsi in prossimità della terra. A prova di ciò, ci sarebbero i disegni a spirale trovati in modo sparso nelle più antiche costruzioni e sulle rocce delle caverne, che potrebbero simboleggiare altri concetti, ma che a dire di alcuni studiosi, trasmetterebbero quest’antico monito di pericolo, riscontrabile, come abbiamo visto, anche negli antichi testi sacri come l’Apocalisse, un monito che anticiperebbe una catastrofe che potrebbe ancora ripetersi, dato che abbiamo ancora un satellite lunare e numerose comete che circolano in prossimità del nostro pianeta. Dopo che Gondwana scomparì, a causa di questa catastrofe da loro prevista misurando le maree attraverso il “Candelabro delle Ande”, questi per salvarsi si sarebbero ritirati in vaste gallerie sotterranee che illuminarono con una “luce” che farebbe perfino germogliare i semi. Una similare e antica tradizione persiana parla di Rustam simile al greco Eracle, o Senmurv, il catastrofico uccello primordiale che provocò una glaciazione che costrinse l’umanità s a ripararsi in una caverna sigillata, miti che nella tradizione araba vennero raccolti in un testo di favole noto con il nome “Mille e una notte”. Molte culture citano l’esistenza di una civiltà sotterranea meta di un “Paradiso Terrestre”, relazionato oltre che agli umani, a dei e a semidei: per i mesopotamici era la Terra di Asar, per i tibetani era Erdemi, per i celti era la Terra dei Misteri di Dananda, per i cinesi era la Terra di Chivin “Città dei Dodici Serpenti”, per i germani era il Valhalla, per i persiani Aryana Vaejah, “la distesa Iraniana” e Alberdi, per gli egizi era l’Amenti, per i parsi Eranvej. Era la Città dei Sette Re di Edom, era l’Eden, la Colchide, Avalon, Asgard, che nella mitologia vichinga è il “recinto dei celesti”, quegli dei che sconfissero la razza dei giganti. Era la Città dei Sette Petali di Visnu, per l’appunto Shamballah, l’inviolabile capitale di Agarthi che esisterebbe simultaneamente sia sul piano fisico che mistico, i cui inaccessibili ingressi si troverebbero in India, Nepal, Borneo e nella Comunità degli Stati Indipendenti. A provare l’esistenza di queste città, oltre alle antiche città di: Marajiò, Ugarit, Tiahunaco, i ritrovamenti del Cigeo, Bimini, Yonaguni ed altri ancora, che forse un tempo fecero parte di questo regno, ci sarebbero le misteriose e numerose gallerie ritrovate in Asia, Africa, Malta, America meridionale, Haway, le grotte in Azerbaigyan di “Son et Lumières”, le grotte di Quinghai in Cina, ai piedi del monte Baigong con i misteriosi tubi che escono in superficie, chiamati dalla gente locale “i relitti degli extraterrestri”, i chilometri di grotte sotterranee in Kurdistan, e il tunnel Lima Cuzco, dove si racconta, che nel tunnel, già conosciuto dagli Inca, ci sarebbe una tomba reale inaccessibile per la pericolosità dei trabocchetti. Il ricercatore e studioso polacco Ferdinand Ossendowski, in “Bestie, Uomini, Dei”, 1923, riguardo ad Agarthi, riporta le parole di un lama mongolo secondo il quale il regno fu fondato dal primo Guru intorno al 380.000 a.C., e divenne sotterraneo per sfuggire al male, con il nome di Agharti, “l’inaccessibile”, più di seimila anni fa, all’inizio del Kali Yuga della tradizione indù, cioè “l’Età Nera”, il periodo in cui viviamo. Questo regno che si ramificherebbe in tutto il mondo sarebbe introvabile per coloro che non sono Arhat, “Illuminati”; forse consapevole di tutto ciò S. Paolo scrisse: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Filippesi 2, 10-11).. La capitale Shamballah, sarebbe la mitica “Città di Smeraldo” nominata dai viaggiatori medioevali e ricercata invano da Sven Hedin i cui viaggi sono descritti in “Im Herzen von Asien”, 1902. Il cuore del regno risiederebbe sotto l’Asia e sarebbe centro spirituale e meta di forze di energia che dallo Zed centrale, (un’antenna), condizionerebbero tutta la superficie del pianeta, esso sarebbe governato come ho già detto, da una potente triade, il Brahatma, (colui che ha il potere di parlare con Dio) ovvero il Chakravarti, (il re del mondo), che regnerebbe assieme al Mahatma, (colui che conosce il futuro) e al Mahanga, (colui che procura le cause per gli eventi), per il periodo di un Manvatara, una delle quattordici ere da cui è composto un ciclo cosmico. Ora saremmo nell’era del “Cinghiale Bianco” e Vaivaswata, figura analoga al “Khidr”, l’uomo verde dei nomadi, al egizio Mina o Menes, al Menw celtico, al Minos greco, al Metraton cabalico e al cristiano Arcangelo Michele; sarebbe il settimo e attuale re del mondo e farebbe sì che la storia segua un preciso andamento secondo un piano divino. Egli, infatti, potrebbe mettersi in comunione di pensiero con i precedenti re e con tutte le menti degli uomini, controllandone l’agire, favorendo o fermando ogni iniziativa, che non coincide sempre e necessariamente con i nostri canoni di valutazione; su questo punto voglio ricordare che secondo gli studiosi Gilbert e Cotterell esistono connessioni tra il campo magnetico astrale e il carattere umano che ne verrebbe per l’appunto condizionato. L’ultima apparizione del Vaivaswata sulla terra sarebbe avvenuta nel 1923 in India e in Siam, dove sarebbe apparso benedicendo la folla, assiso in un trono sopra un carro d’oro, trainato da elefanti bianchi. Sarebbe apparso reggendo in mano una mela d’oro sormontata da un anello con inciso l’emblema ariano della svastica, che si ritiene rappresenti il sole rotante. Vi si dice, che il Re del Mondo si serva di “Goro e Pandita”, gerarchie celesti provenienti dalle stelle, per alcuni versi simili alle creature della mitologia indhù e greca. Gli studiosi Saint Yves d’Alveydre e Jaques Weiss sostengono che oltre al sovrano vi sarebbero per l’appunto: 5.000 Pundit (sapienti), 365 Bagwanda (ministri del culto) e 12 Membri Supremi che sovrintendono alla vita pubblica. Le biblioteche, che si trovano nelle gallerie più profonde, sarebbero inaccessibili ai profani, e custodiscono tutte le verità delle arti e delle scienze. Ad Agarthi sarebbero conservati anche studi sulle energie della natura, sulla matematica e sulla chimica, studi ai quali si erano già dedicati gli antichi abitanti di Gondwana, forse gli stessi atlantidei di Nettuno che sfuggiti al Diluvio s’inoltrarono nelle terre di Wotan, fino stabilirsi nel mondo sotterraneo del deserto del Gobbi e nelle americhe dove realizzarono il noto “Candelabro delle Ande”, forse per prevenire le catastrofi diluviane future. Un altro ricercatore, l’ufficiale brittanico James Curchward che fu in India nel 1868, venne a contatto con un Rishi del monastero di Brahmaputra in Tibet che, a quanto pare, gli mostrò delle iscrizioni su tavolette d’argilla che apparterebbero alla civiltà Mu comparsa 50.000 prima nell’Oceano Pacifico e inabissata 13.000 anni fa per una catastrofe, qualche millennio prima di Atlantide cui toccò la stessa sorte. Queste tavolette sarebbero state effigiate dalla stirpe dei Nacaal, “I Santi Fratelli”, le cui colonie avrebbero originato il popolo Mayax in America, il popolo Uighur in Asia centrale ed est Europa, e il regno Naga in Asia meridionale. Curchward che dedicò la sua vita a tradurre le iscrizioni e a ricercare prove su questa civiltà afferma: che la genesi dei Nacaal tramanda che la potenza auto-esistente “Il Serpente dalla Sette Teste”, modulò sette ordini per creare i mondi. I gas plasmarono la Terra nello spazio, l’atmosfera e le acque; infine la luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e il fango partorì le uova cosmiche, il glifo corrispondente mostra, infatti, il disco del Sole percorso da un piccolo e sinuoso serpente piumato; quel serpente piumato, la cui leggenda narrerebbe l’influenza del sole, da esso rappresentato, sulla vita terrestre, un simbolo diventato centro focale per la civiltà Maya. Probabilmente sono questi i racconti alla base del concepimento della teoria della “Panspermia”, che afferma che la vita nel nostro pianeta si sarebbe formata a seguito di materiale cosmico giuntoci da una collisione con una cometa; Chandra Wickramasinghe, il primo scienziato a dimostrare l’origine organica della polvere cosmica ne ha fatto un libro intitolato “I Draghi dell’Universo”. Nella cosmogonia indiana, è la stessa cosa, Vishnu riposa sul serpente sesha, “Durata” o Ananda “l’Infinito”, sogna la creazione dell’Universo e con un gesto di volontà, o “desiderio”, sparge il suo seme nelle acque cosmiche che muta in un uovo d’oro splendente come il sole e germe di ogni creatura vivente. Seme in sanscrito e in egiziano è bja e richiama il ferro meteorico della Fenice che torna ciclicamente sulla Terra per inumare il padre dentro un uovo, proprio come Sesha che con un suo sbadiglio provoca un fuoco rigeneratore che si abbatte sulla Terra; storie simili alla greca lotta tra Zeus e i Titani, o alla leggenda di Fetonte che pare raccontare la caduta d’una meteora sulla foresta, che divenuta poi il deserto del Sahara, forse la stessa “Pietra Nera” degli arabi, o il dio meteorico giapponese Susanò, o la celtica pietra sonora del destino, “la Pietra di Fal, o di L’a Fàil”, tra l’altro proprio i celti coniavano monete con impresse delle stelle comete, o meteore, come lo statere d’oro di Tincomminus coniato tra il 20 e il 5 d. C, che rappresenta in effige un cavallo con cavaliere con sopra un corpo celeste con la coda, o un'altra moneta ritrovata in Bretagna che in effige mostra una cometa, o una meteora posta tra due stelle, chissà cosa rappresentano realmente? Forse ciò che in Giudea si affermava, cioè che il diluvio fu causato dallo spostamento di due stelle, cosa che pare confermata anche nei testi caldei, o ciò che affermavano gli astrologhi Maya, cioè che anticamente era Venere a illuminare il pianeta Terra e che successivamente un asteroide fu catturato e attratto dalla stessa, o al contrario sia stata la terra a “partorire” un asteroide. Pensando alle grandi scomparse di specie animali che raggiunsero un elevata densità nel nostro ‘pianeta, vedi per le ammoniti, i dinosauri, scomparse probabilmente avvenute per catastrofi operate da meteore, si può per logica meditare ad una ciclica rigenerazione di specie, anche se c’è sempre un’autodecimazione di controllo all’interno della specie per la sopravvivenza della stessa, causata da guerre e dalle pandemie provocate da quei virus che intaccano le nostre cellule, come fu “la Peste Nera, la “Spagnola nel 1918, l’Ebola, la Sars ecc.”, ma queste decimazioni non allontanano gli eventi catastrofici cosmici dei grandi cicli vitali, ma controllate da chissà quale mente equilibrano le forse della terra mantenendola in vita; sia essa per essa o chi per essa. Basti pensare alle cinque ere ricordate nelle varie culture antiche tutte terminate con mitiche catastrofi, del resto l’uomo non impara mai dagli errori degli altri e sembra che ci voglia 10 -15.000 anni di rielaborazioni per raggiungere uva meta evolutiva più elevata. A mio parere, sembra quasi di parlare della fecondazione della donna, ma non si parla di spermatozoi, portatori del “concepimento”, sono forse meteoriti o distruzioni provocate dai serpenti giunti dalle profondità siderali che incendiano con il solo respiro, come Takasaka, uno dei Naga. Forse sono questi concetti che reinterpretati, nel Vangelo apocrifo di Tommaso verso 10, fecero dire a Gesù: “Ho appiccato il fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco finché esso arda”. I Naga sarebbero divinità serpentiformi, molto simili nelle rappresentazioni, alle antiche deità egizie di Iside ed Osiride, non che correlati ai riti sciamanici in cui si adorava anche Shiva Pasupati, il "Signore degli esseri", ossia pastore di animali e di esseri umani, che rappresenta il principio di astrazione-soluzione, quindi l’atto di "consapevolezza" che lo esprime e in cui si verifica e la coscienza pura onnipervadente senza modificazioni. I Naga sono ricordati come esseri superiori, dimoranti a Nagaloka, o Nagadvipa, in altre parole un luogo identificato dai Purana nel Patala, “gli Inferi”, ma non nel senso dispregiativo, infatti, le loro capitali Bhogavati, Matura, Padmavati, furono ricche, denominate le “città dei piaceri”, il folclore pre ariano ricorda gli Yaksha Yakshini; i Guhyaka, “esseri segreti”; i Kinnara Mayu, “metà uomini e metà cavallo”, come gli asvin che sono ricordati anche come cavalieri di Surya e nello stesso tempo medici degli dei; i Rakshashi, “giganti cattivi”, come i Nefilim ebraici; i Gandharva, “musici celesti”, i Siddha e le sensuali Nagin, Nagini o “Maya”, cioè con la facoltà di poter cambiare aspetto, proprio come quei Djinn, o “Vigilanti Elohim”, quali Jawe, o la Nagini tentatrice e multiforme di Buddha, Devi Shahti. Infatti, nel Mahabharata, dove si racconta l’origine della razza dalla Dea Madre Kadru, madre di tutti i Serpenti, si afferma che questi esseri avessero la potenzialità di assumere sembianze sia di rettile, che umane, proprio secondo la loro volontà. Inoltre pare che i primi re dell’India pre Maurya, iniziarono proprio con le dinastie Naga e Shishnunaga, Serpenti medici e guaritori che si celavano assieme ai primi sciiti locati nel cuore del Decan in città come Nagpur, certo è che la loro origine è sicuramente preistorica e avvolta nel mistero. Si parla per l’appunto dei “Nove Re Cobra di Brahma”, il Ramayana li fa risalire a 870.000 anni fa, il libro tibetano “Le Stanze di Dzyan” racconta di loro come “i Serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la quinta razza, che l’ammaestrarono, che l’istruirono, esseri che ricordano molto quei mitici Dei, “Serafini, Serpenti Piumati”, adorati dalle civiltà precolombiane, dalla civiltà sumera, egizia e celtica, esseri che intervenirono geneticamente sull’uomo evoluto precedentemente dagli “Elementi primari” che probabilmente loro stessi avevano seminato sulla terra favorendo l’inizio della vita, che poi evolse nei primordiali animali costretti a divenire lentamente sempre più senzienti. Le antiche cronache del Mahabharata elencano addirittura alcuni nomi dei re Serpenti: “O Sauti, non hai ancora rivelato i nomi dei primi Naga che abitavano Terra. Sono ansioso di conoscere i loro nomi. Sauti disse rispose: ora ti rivelerò i nomi dei loro Re: Il primo fu Sesha, a lui seguì Vasuki, poi Airavata, Takshaka, Karkotaka, Dhananjaya, Kalakeya, il serpente Mani, Purana, Pinjaraka, Elapatra, Vamana, Nila, Anila, Kalmasha, Savala, Aryaka, Ugra, Kalasapotaka, Suramukha, Dadhimukha, Vimalapindaka, Apta, Karotaka, samka, valisikha, Nisthanaka, Hemaguha, nahusha, Pingala, Vahyakarna, Hastipada, Mudgarapindaka, Kamvala, Aswatara, Kalyaka, Vritta, Samvartaka, Padma, Mahapadma, Sankhamukha, Kushmandaka, Kshemaka, Pindaraka, Karavira, Pushpadanshtraka, Vilwaka, Vilwapandara, Mushikada. sankhasiras, Purnabhadra, Haridraka, Aparajita, Jyotika, Srivaha, Kauravya, Dhritarashtra, Sankhapinda, Virajas, Suvahu, Salipinda, Prabhakara, Hastipinda, Pitharaka, Sumuksha, kaunapashana, Kuthara, Kunjara, Kumunda, Kumudaksha, Tittri, Halika, Kardama, Vahumulaka, Karkara, Akarkara, Kundodara e Mahodara. Ti ho rivelato i nomi dei più importanti tra i Re Serpenti. Per non essere noioso, non rivelerò i nomi di tutti gli altri. I figli di questi Naga, insieme con i loro nipoti, sono senza numero. Rifletti sopra questa cosa (…) sappi o migliore tra gli asceti, che in questo mondo, esistono migliaia di milioni di uomo-serpente". Addirittura è descritta la loro dimora in alcuni versi: “Utanka camminava lungo una strada, quando accaldato decise di fermarsi per bagnarsi in un fiume. Quando vide uno strano essere che privo di vestiti gli si avvicinava. Questo, come fosse fatto di vapore, appariva e spariva in continuazione. All’improvviso quell’essere rubò degli oggetti preziosi che Utanka portava con sé. Uscito dall’acqua, inseguì il ladro. Lo raggiunse, lo afferrò, ma improvvisamente, questo lasciò il corpo umano ed assunse la sua vera forma, egli era un uomo-serpente. Senza perdere tempo quell’essere entro in una grotta e si diresse verso la propria dimora. Utanka, deciso ad afferrare il ladro, lo seguì e nel sottosuolo, scorse l’estesa regione dei Naga, vide centinaia di palazzi, torri, case con il tetto a cupola, portali, archi, strade e luoghi di ritrovo e divertimento”. Sembra assurdo ma lo stesso James Churchard, uno studioso di antichi continenti scomparsi, afferma che alcune tavolette da lui trovate in un monastero indiano rivelano che esseri serpentiformi, “i Naga”, vissero realmente in Tibet e in Asia, ed è per questo probabilmente che anche la storia cinese attribuisce alla Dea Nu Kua, meta drago, meta donna, forse la stessa madre dei Naga, Kadru, la creazione dei primi uomini. Lo stesso antichissimo testo cinese dell’I King, rivela che draghi e uomini un tempo vivevano in armonia fino ad accoppiarsi tra loro. Michael Mott in un suo libro riporta, a proposito, questo strano racconto: “Mimoto non vide mai più il suo amante-drago ma diede alla luce un bimbo ibrido che chiamò Akagire Taro, o Figlio Screpolato. Questo nome era dovuto al fatto che la sua pelle era spaccata, rugosa e squamosa come quella di un rettile. Da qui l'antica leggenda si fonde con la storia poiché un diretto discendente di Akagire Yataro, nome con il quale il figlio divenne noto in età adulta, era un membro del clan Genji chiamato Saburo Ogata, che si vantava di avere squame sul corpo, come ce le avevano avute i suoi antenati prima di lui”.
La prima foto a sinistra rappresenta il dio Vishnu in un’opera del tempio induista del Nepal chiamato “Pashtupatinath”, vicino Katmandu. Vishnu era una delle tre parti supreme dell’esistenza, le altre erano Shiva dio di distruzione, foto centrale (Нагешвара Махадева) e Brahama, dio di creazione, pnultima foto a destra (interno del tempio di Brama). Sembrano deità raffiguranti quei Elohim o Vigilanti citati da Enoch, coloro che peccarono e si accoppiarono con le figlie degli uomoni.
LOCAZIONE IPOTIZZATA DI AGARTHI, E IL MISTERUISO CANDELABRO DELLE ANDE COLLEGATO AL DIO NETTUNO E AL DIO SHIVA
10° VISITATORI DALLO SPAZIO TRACCE E RACCONTI
Un contatto di entità minore, con altri esseri, che si sarebbero congiunti con umani, quindi intervenendo geneticamente, ci viene da una scoperta interessante che fu fatta nel 1938, tra la Cina e il Tibet. In una caverna delle montagne di Bayan kara Ula, da una spedizione archeologica cinese capeggiata da Chi Pu - Tei, furono trovati 716 dischi di litio di granito, con un’alta concentrazione di cobalto e di altri metalli, datati 10.000 a.C., nei quali sono incisi dei simboli lungo una spirale che racconterebbero la storia di un popolo a noi ignoto e loro artefice. Assieme ai dischi furono trovate 716 tombe e degli strani piccoli scheletri con una testa sproporzionata. L’archeologo Karil Robin Evans che recatosi nel sito, intervistò il capo della tribù locale dei Dzopa, si senti riferire che il loro pianeta natale era Sirio, da dove sarebbero venuti 20.000 anni prima gli alieni loro progenitori e che nel 1014 a.C. un’altra spedizione degli stessi rimase bloccata nel nostro pianeta, dopo che alcune astronavi precipitarono. La cosa strana è che i Dzopa erano alti circa 1.30 m., non erano né cinesi, né tibetani e gli esperti non riuscivano ad accertarne il loro ceppo etnico. Nelle leggende locali si tramandava la tradizione che narrava di uomini bassi, con teste nodose, senza capelli e di colorito giallo, che erano discesi dalle nubi molto tempo prima. Un disco simile ai dischi sopra citati fu trovato anche a Festo a Creta e fatto risalire a 2.000 a.C., anch’esso con enigmatici simboli simili a quelli preistorici brasiliani, tra i quali sette protuberanze, simbolo ripetuto più volte, che rappresenterebbe le Pleiadi. Su questo disco alcuni ipotizzano, invece, che si tratti la narrazione di un corpo celeste caduto sulla terra. Altri enigmatici ma grandi dischi con funzioni probabilmente di mappatura astrale o di suddivisione sotterranea furono trovati a Marajò, un isoletta del Rio delle Amazzoni, divisi in sei settori rappresenterebbero chissà quale mistero. Per i Celti la ruota, o spirale, rappresentava la creazione e la rotazione delle stelle che apparivano nel cielo notturno, queste ruotavano attorno alla Stella Polare che indicava per loro il Paradiso, meta delle anime che vi ascendevano lungo la spirale delineata dalle stesse stelle, la spirale continua rappresentava una ciclicità, usata anche per misurare i cicli stagionali, che rapresentava nello stesso tempo l’inizio e la fine, inoltre rappresentava la strada da seguire per trovare la “luce interiore” come rappresenterebbe la pietra d’ingresso del tumulo di Newgrange. Un altro interessante racconto simile ad Agarthi che più avanti approfondiremo, ci viene dalla mitologia celtica e accettato “cristanamente” dalla visione di S. Patrizio nel suo dialogo con il fantasma di Caeilte del Fianna visto uscire nella grotta di Cruachan. Si racconta degli immutabili e risplendenti “Thutha Dè Danann”, che sconfitti dai figli di Mil, conquistatori dell’Erire nella quinta invasione d’Irlanda, furono costretti ritirarsi nelle colline cave presso i monti Sidhe situati sottoterra dove vivrebbero ancora tutt’oggi; di questi semidei chiamati per l’appunto “Sidhe, o Sluagh Sidhe”, si dice che siano guardiani dei laghi irlandesi e lì si vedrebbero camminare sul terreno dopo il tramonto, a volte apparirebbero come bellissime donne che pare s’accoppino con gli umani per generare stirpi di eroi, possiederebbero armate magiche che viaggiano attraverso l’aria di notte, rapendo nei loro viaggi i malcapitati mortali. Racconti questi legati a quegli antichi dei come il dio del mare Manannan Mac Lir che a quanto pare poteva mutare e viaggiare su una nave senza vele comandata solo con il pensiero e si aggirava nel antico popolo aiutandolo nelle sue imprese, o il Re Bran sceso da un veicolo che non sfiorava mai l’acqua, forse quella ruota o meglio “Roth Ramrach” che portava più di mille persone. Nel terzo capitolo del libro di Krsna dove si racconta dei canti rivolti al Dio dagli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara, si narra di esseri chiamati, guarda caso, proprio con un nome similare ai Sdhe, cioè Siddhaloka e i Carapa, che potrebbero essere benissimo gli Sarapa “Angeli Serafini”, infatti, si narra che dai loro pianeti celesti gli angeli e le loro compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze in onore di Krsna mentre altri saggi e deva versavano piogge di fiori. A questi racconti si possono associare altre mitiche figure come “le fate, i ghoul, le ninfe greche, o spiriti dei boschi”, che il professore di Cambridge,Tom Lethbridge, nel suo libro, “Ghost and Divining Rod”, ipotizza siano solo fenomeni “riflessi” di registrazione di immagini dovuti a “campi elettrostatici”, cioè “campi elementali” provocati dai pensieri e dai desideri degli individui, campi che suddivide in “campi delle naiadi”, relative alla registrazione dell’acqua, e “campi delle driadi”, relative alle registrazioni dei boschi, una sorta di allucinazione, una “proiezione mentale”, ricollegabile alla teoria psicometria concepita per i poltergesit. Ma questo, come afferma anche lo stesso Lethbridge per alcune sue strane esperienze, non risolve tutti i casi di avvistamento, o di incontri con altri esseri definiti in qualche modo “fantasmi, demoni, angeli”, ecc.. In effetti, se andiamo a leggere alcuni versi del “libro dei Vigilanti”, anche Enoch, parla di esseri risplendenti e di “colline sotterranee”, qui riservate per le punizioni inflitte da Dio ai Vigilanti impuri di Semeyaza, che si accoppiarono con le figlie degli uomini generando i malvagi giganti, in merito Enoch riferisce: “Il Signore disse a Michele: Annunzia a Semeyaza ed agli altri che, insieme con lui si unirono con le donne per corrompersi, con esse, in tutta la loro impurità: quando tutti i loro figli si trafiggeranno a vicenda, e quando vedranno la morte dei loro cari, legati per settanta generazioni sotto le colline della terra fino al giorno del giudizio e della loro fine, fin quando si compirà l’eterno giudizio. E allora li porteranno nell’inferno di fuoco e saranno chiusi, per l’eternità, in tormenti e in carcere”. (X, 11-12-13); nel capitolo (XXVI, 1-2-3) inizia il viaggio in questo mondo sotterraneo che porta Enoch nel “Giardino di Giustizia” , o meglio nel Paradiso Terrestre ove vi trova terreno fertile con alberi da frutta, tra i quali “l’Albero della Conoscenza” descritto come un albero simile ad un carrubo e con frutta simile all’uva. Questo viaggio inizia così: “E di là andai al centro della terra e vidi un luogo benedetto e fertile con rami all’interno che continuavano a germogliare dall’albero che era stato tagliato. E di colà vidi un monte santo e, sotto di esso, verso il suo oriente, acqua il cui scorrere era verso nord, e vidi verso oriente, un altro monte, alto come l’altro e fra essi un profondo burrone…(XXVI, 1-2-3)”, nel capitolo (XXXII, 1-2-3-4-5-6) si legge: “E dopo questi profumi, mentre guardavo a settentrione, sui monti, vidi sette monti pieni di spighe bellissime ed alberi odoriferi, cinnamomo e pepe. E di colà andai sulla cima di quei monti, lontano; a oriente, attraversai il mare di Eritrea; mi allontanai da esso e passai sulle spalle dell'angelo Zutiele. E giunsi nel giardino di giustizia e vidi la varietà di quegli alberi, molti e grandi. Fiorivano colà, dal bel profumo, grandi, dalla molta bellezza, magnifici e l'albero della conoscenza da cui, mangiando, si aveva grande saggezza. E sembrava un carrubo e il suo frutto era come uva bellissima e il profumo di quell'albero andava ed arrivava lontano. E dissi: "E' bello quest'albero. E come É bello ed allegro il suo aspetto". E mi rispose l'angelo santo, Raffaele che stava meco: "Questo É l'albero della conoscenza da cui mangiarono tuo padre antico e tua madre antica che ti hanno preceduto ed hanno appreso la sapienza, si aprirono i loro occhi, seppero che erano nudi e furono scacciati dal giardino. Altra storia ce la rivelano i Navaho Paiate, essi raccontano che Tomescha è abitata nel sottosuolo dagli Hav-musuvs che viaggiano a bordo di canoe volanti, essi sono vestiti di bianco e possiedono armi a forma di tubo, capaci di stordire, armi simili, le troviamo accennate anche in altri testi, vedi: “Nel regno di Saba, ultimo paese archeologico” di G. Mandel, che riporta tradizioni leggendarie arabiche ed islamiche in cui si parla di armi come laser, atomiche e battaglie combattute con regni africani e asiatici come il Tibet, la stessa cosa nelle narrazioni della mitica Atlantide. Il Candelabro delle Ande citato prima, ricorda Schiva e il tridente simbolo di Nettuno, il sovrano di Atlantide, ed è una scultura alta 240 metri che si trova nella scogliera a Pancas in Perù, luogo dove sono state ritrovate le famose “Pietre di Ica”, di andesite, risalenti a 80 milioni di anni fa e incise millenni or sono da una civiltà ignota che rappresentò in esse figure di dinosauri, scene di lotta con animali preistorici, ed elementi anacronistici come: cannocchiali, macchine volanti, atlanti , ecc.; che gli studiosi ritengono raffigurino l’evoluzione del genere Homo da forme di vita diverse tra cui i rettili e anfibi modificati geneticamente da extraterrestri. Teoria questa, avanzata anche per i Rapa Nui dell’isola di Pasqua, che attenderebbero gli uomini dalla pelle bianca venuti dalle stelle, Il dio Make-Make viene ricordato con: “uomini uccello simili alle sirene uccello di Ulisse nell’Odissea di Omero, uomini lucertola simili al dio dei maya Itzamma, uomini pesce simili all’Oanes babilonese, al greco mito di Tritone figlio di Poseidone, alle sirene citate per la prima volta nel trattato irlandese De monstris del VI secolo e addirittura uomini insetto”, sembra quasi il repertorio di una serie di tipologie aliene avvistate e divulgate nei nostri giorni da alcune riviste specializzate, vedi alieni: retiliani, insettoidi, ecc.. A queste enigmatiche figure appartiene anche la dea egizia Neith, personificazione del “caos”, considerata anteriore agli dei, il suo culto risale a 7000 anni fa, ed è rappresentata anch’essa con la testa di uccello. Mr. Bonwick, nel suo libro sulla fede egizia, scrive che Nout è la Grande Madre, divinità femminile dalla quale procedono tutte le cose, sempre per gli egizi lo è stata anche Isis, la regina venuta dall’Etiopia che per il suo giusto agire e i suoi insegnamenti avrebbe ottenuto, dopo la morte ossequio divino, quell’ossequio che per gli uomini divenuti dei non fu più dimenticato ma travisato. “Uomini Uccello” portatori di fuoco, “che potrebbero solo indicare esseri venuti dal cielo”, li ritroviamo anche in america dove ancora oggi esiste il “gioco del Volador”, uomini legati con una corda a una caviglia che si lanciano da un estremità di un palo e girano fino a toccare terra. Tra gli indiani Hopi, si pratica in loro ricordo una danza del fuoco, dove si portano due dischi dietro la schiena, come nelle misteriose rappresentazioni delle statue “dell’uomo aquila”, di Tula e Tiahunaco in Messico. Un culto “stellare” questo, iniziato a loro dire, con la razza Akhu, “Uomini Uccello” che portarono loro, la “Pietra della profezia” che anticiperebbe una futura catastrofe, dopo aver predetto fatti storici già accaduti. Ricordo che un futuro evento catastrofico è profetizzato in molti testi e culture, ed è legato all’apparizione di una stella, vedi il Sepher Zohar cabalico, (il libro dello splendore), gli Oracoli Sibillini che profetizzarono il Cristo, le storie profetiche della cultura Maya, ecc.. Questi “esseri”, sempre secondo gli Hopi, scesero “nel tempo della creazione”, dove la “Donna Bisonte Bianco” comparve per istruire il loro popolo, per qualche motivo cosmico. Mito questo, ricollegabile con ”La Dea Bianca”, simbolo di fertilità per i popoli dell’Africa e degli aborigeni australiani. Quest’ultimi, tra l’altro, credono che il terriccio rosso delle loro terre, sia il sangue sparso della luna quando diede vita alla terra, e “adamah” significa anche “argilla rossa“, ricordo, come ho già detto, che c’è chi sostiene, che un tempo c’erano più lune orbitanti attorno alla terra”. Un altro culto della Dea Bianca è tuttora praticato dalla società esoterica del “Priorato di Sion”, anche i Celti adoravano anticamente una figura materna, ancora prima che arrivassero i cristiani in Galia. “La Dea Terra o Grande Madre che ci vigila, che ci dona e che ci toglie” da 25.000 anni fu sempre venerata come madre degli esseri viventi e rappresentata svariatamente, vedi la venerata Maka nella cultura maya, l’orribile rappresentazione dell’azteca Coatlicue, rappresentata in una statuetta rinvenuta in Mexico con la testa formata da due serpenti che si affrontano e una collana con teschi e mani mozzate, simile è la dea dravidica hindu, Durga Le Kali, sorella di Visnu, vedi la sumera Ishtar e l’ebrea Lilith, o la triplice dea greca della fertilità e regina degli spetri, “Artemide, Diana, Ecate,” e la figlia Aradia, la celtica Dana o “Danu” e Morrigan, immagini queste, tese forse a rappresentare quella dualità sole-terra che originerebbe la “Vita”. Oggi le si possono collegare le molteplici “apparizioni mariane”, legate spesso ad entità con poteri telepatici, vedi il caso di “Fatima” ed altre “manifestazioni eteree” che sembrano un “manifestarsi della natura” per la propria sussistenza.“L’uomo uccello”, lo ritroviamo ancora tra i Chippewa e i Sioux; narrano che il dio “Wakon” arrivò a capo di molti Uccelli del Tuono. Gli indios Waikano invece, parlano di canoe rotonde come gusci di tartarughe. I Karibi parlano di un uomo dai grandi poteri arrivato con la veste bianca a bordo di vascelli volanti. Itzamma da itzmen cioè “lucertola”, il dio della cultura degli Itza in Messico è raffigurato in un bassorilievo che lo mostra emergere da un guscio di tartaruga, “forse una astronave”, il suo simbolo era la croce. Ad Acanbaro, sempre in Messico furono trovate, in una zona abitata anticamente dagli enigmatici Maraschi, delle statuette rappresentanti ancora dinosauri; queste attraverso analisi con il metodo della termoluminescenza, nel 1972, furono fatte risalire al 2.500 a.C. Alla civiltà precolombiana di Ica, fatta risalire azzardatamene, da 60 a 100 milioni d’anni fa, sono associate, come afferma il professor Javier Darma Cabrera, le famose raffigurazioni delle “piste” Nazca, tra l’altro simili al celebre simbolo di salvezza hindu e celtico, del “Cavallo Bianco” in Inghilterra; queste sono apprezzabili solo a 300 metri di altezza e raffiguranti animali e forme geometriche, interpretate da alcuni anche come spazioporto per le Pleiadi servito per sfuggire all’evento catastrofico terrestre avvenuto circa 60 milioni di anni fa. Se leggiamo le interpretazioni date ai petroglifi delle civiltà precolombiane descritte da Quixe Cardinale nel suo libro “il Ritorno delle Civiltà Perdite 1969”, non sembrerebbe poi un ipotesi così assurda; basti pensare al monolite, o pietra commemorativa: “Teocalli della Guerra Sacra”, raffigurante una piramide senza punta con sopra un disco, interpretato non come calendario, ma descritto come disco volante con tanto di propulsori; pare infatti che fosse una forza centrifuga, una sorta di vortice artificiale a creare il campo elettromagnetico sostenitore di questi fantomatici veicoli spaziali. Cabrera afferma che la datazione relativa all’Homo Sapiens andrebbe retrodatata di milioni di anni, ne sarebbero prova le stesse raffigurazioni di Ica, è non è un caso che nel 1989 proprio in Perù nello stesso luogo delle pietre di Ica fu ritrovata dal dott. F. Jimenez Del Oso, una colonna vertebrale umana, fossilizzata accanto a dinosauri entrambe vecchi di 100 milioni di anni. Alla stessa civiltà è stato attribuito il Gigante Cileno di Cerro Unitas, simile ad un robot e L’uomo Civetta di Nazca, rappresentato con un casco da cui dipartono raggi, e la “Porta del Sole “ di Tiahunaco in Bolivia, che narrerebbe la mitica storia di “Orejona”. Orejona sarebbe arrivata da Venere nell’isola del sole, sul lago Titicaca, circa cinque milioni d’anni fa, a bordo di un’aeronave. Orejona è descritta con la testa conica, grandi orecchie e mani palmate a quattro dita, essa avrebbe messo al mondo al mondo 70 figli accoppiandosi con un tapiro, che avrebbero successivamente dato origine alla razza terrestre. Gli “Uros” boliviani, infatti, affermano di essere un popolo più antico degli Incas, esistente prima di To.Ti.Tu., il padre del cielo che creò gli uomini bianchi; dicono di avere il sangue nero e di provenire da un altro pianeta. Questa storia è associabile alle leggende mesopotamiche degli “Oannes”, uomini pesce, dei Kappas giapponesi e dei Dogon africani del Mali, ai quali si riconosce conoscenze astronomiche a loro impossibili, come ad esempio, la conoscenza di Sirio B, visibile solo con un telescopio. Il loro dio anfibio Nommo sarebbe giunto da Sirio sulla terra a bordo di un’arca piena d’acqua, un vascello simile alla fiamma che si spegneva quando toccava terra; i Dogon narrano che Nommo divise il suo corpo per nutrire gli uomini, fu crocifisso su un albero per poi risuscitare “come Osiride e Gesù”. Stessa cosa per gli egizi, che raccontano di Seiren, l’uomo pesce giunto da Serios, “Sirio”, suo compagno era l’oscuro Anubis; per gli egizi era Sothis, “Sirio” che regolava il Nilo, per questo si ritiene che conoscessero anche loro, la binarietà di Sirio espressa mitologicamente per l’appunto nelle leggende come quella di Iside e Nefty, anzi mi sembra che conoscessero addirittura le forze che legano il nostro sistema a Sirio, che oggi gli scienziati stanno rivelando. Nel nord della Siberia, assieme a resti di mammut, furono ritrovati seicento scheletri con cranio macrocefalo, nove dita e piedi palmati, che gli esperti hanno fatto risalire a 30.000 anni fa e ritenuti visitatori provenienti da Venere.
La prima foto rappresenta un’antica stele sumerica in cui è raffigurato il dio Oannes ricoperto dalla pelle di pesce, un dio che proveniva dal mare del Golfo Persico e che insegnò le scienze ai popoli di Sumer. Le successive sono foto di dettagli della stessa stele che mostrano oggetti volanti associabili agli odierni ufo.
Mesoamerica, bassorilievo diTenochititlan che raffigura “Uomini Aquila”. A fianco un panello scolpito nel tempio di Palenque, i geroglifici narerebbero la discendenza mitica e storica del governatore Chan Bahlum che regnò dal 684 al 702 d. C., (tratto da Incident of Travel). Notare le somiglianze dei bassorilievi oltre oceano con il particolare centrale della stele mesopotamica.
Le misteriose linee Nazca apprezzabili solo dall’alto e un calendario azteco
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