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eroe dell'indipendenza cubana (L'Avana 1853 - Dos Rios 1895)
Quando Josè Martì nasce, primo di sette figli di genitori spagnoli, Cuba, insieme con Puerto Rico, è l'ultima colonia spagnola del Nuovo Mondo nonostante le idee indipendentistiche cominciassero già da alcuni decenni a serpeggiare sull'isola. Decisivo per Martì è l'incontro con il maestro Rafael Maria de Mendive il quale, oltre ad essere maestro, è anche poeta e soprattutto patriota irriducibile. Allo scoppio nel 1868 della prima guerra cubana contro la Spagna, guerra che sarebbe durata ben dieci anni, Martì aderisce immediatamente alla causa indipendentista e dà alle stampe prima il giornale "El diablo Cojuelo" e poi il settimanale "La patria libre". Viene arrestato e condannato a sei anni di prigione pena che viene in seguito commutata nell'esilio in Spagna per dove partirà nel gennaio 1871. Durante il viaggio per mare redige la sua prima opera impegnativa "El presidio politico a Cuba" (La prigione politica a Cuba) in cui denuncia la condizione spaventosa dei prigionieri politici a Cuba. A Madrid si guadagna da vivere facendo lezioni e prosegue gli studi conseguendo il diploma e seguendo corsi di diritto e lettere presso le Università di Madrid e Saragozza. Al termine dell'esilio comincia un lungo peregrinare che lo porta in Messico, Guatemala, Venezuela e New York. Ovunque egli esercita una grande influenza sui giovani. Ed è proprio durante il lungo soggiorno a New York che , nonostante la sua preoccupazione principale resta quella dell'indipendenza di Cuba, comincia a rendersi conto del pericolo che le mire imperialiste nordamericane rappresentano per l'America Latina e soprattutto per Cuba. e cresce in lui il timore che Cuba passi da un padrone ad un altro. Oltre ad essere lo scrittore in lingua spagnola più letto ed ammirato del continente, Martì è anche un eccellente oratore capace di elettrizzare il pubblico con un'oratoria ricca di metafore, mai volgare e molto affascinante. La sua fama continua a crescere e i suoi lavori si moltiplicano. Nel 1890 la molteplicità dei suoi impegni è straordinaria. E' nominato Console, a New York, di Argentina, Uruguay e Paraguay, è eletto Presidente della Società Letteraria Ispanoamericana e nel frattempo continua a scrivere articoli, saggi, poesie. Ma quando, nel 1891, la situazione interna a Cuba preannuncia la possibilità di una nuova guerra, Martì rinuncia a tutti i suoi incarichi per dedicarsi completamente alla missione rivoluzionaria. I suoi discorsi fra gli emigranti cubani, per lo più sigarai, a Tanmpa e a Cayo Hueso, esalta e fa vibrare gli animi. Ed è proprio a Cayo Hueso che fonda nel 1892 il Partito Rivoluzionario Cubano che si prefigge l'unificazione di tutte le associazioni organizzate di cubani in un fronte unico con il compito di rendere Cuba indipendente. Si riunisce ai generali Maximo Gòmez e Antonio Maceo entrambi reduci dalla Guerra dei Dieci Anni, organizza i centri dei rifugiati in Giamaica e a Santo Domingo e si reca in Messico in cerca di aiuti e fondi. All'inizio del 1895 è ormai tutto pronto ed il 29 gennaio Martì ordina la sollevazione e quando, il 24 febbraio , scoppia la guerra, Martì, Maximo Gòmez e altri quattro rivoluzionari, su una piccola lancia sbarcano a Cuba per riunirsi agli insorti. Di lì a poco li raggiungerà anche Antonio Maceo. Il 18 maggio in una lettera rimasta incompiuta al suo più grande amico, il messicano Manuel Mercato, spiega il grande compito che si è assunto: lottare contro la Spagna e fermare gli Stati Uniti: "...ho vissuto nel mostro e ne conosco le viscere..."
Il giorno seguente, vicino alla località detta Dos Rios, il suo gruppo viene sorpreso dagli Spagnoli e Martì cade ferito a morte.
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