4 Settembre 2001 -
La signorina Tim mi dice: "Ma lei e' una
troglodita" |
Carissimo
Bettanini, mi rivolgo a te, in qualità di esperto della
comunicazione, per approfondire alcuni meccanismi che a me paiono
demenziali, non fosse che, alla resa dei conti, la demente sono io. Il
caso che ti esporrò è relativo a Tim, ma può essere esteso
tranquillamente a tutte quelle aziende private che forniscono servizi o
para-obbligatori (vedi assicurazioni) o già pubblici (telefonia,
ferrovie, luce, acqua e gas, ecc).
Premetto
che non sono una fanatica dei cellulari, strumento di tortura che uso
esclusivamente quando sono fuori casa e solo perché ormai sono scomparse
le cabine telefoniche.
Tant’è, ormai ne ho uno anch’io…Per una serie di ragioni
inessenziali (non ultimo il fatto che avevo un po’ di tempo da perdere)
decido di appurare qual è il farraginoso sistema alla base degli scatti,
ossia come ho fatto a consumare 50.000 lire di scheda in due giorni
tenendo il cellulare quasi sempre spento, e telefono al 119.
Incappo nell’ormai consueta segreteria digitale (sempre più gradevole
di quella metallizzata ‘se vuole …dica 33’), digito una buona mezza
dozzina di numeri e finalmente arrivo alla solerte impiegata, che mi
saluta con il consueto ‘Sono bzzbzzbzz. Posso esserle utile?’. Mi
rimangio per la milionesima volta la frase che mi verrebbe spontaneo
pronunciare (‘No, volevo solo parlare con qualcuno…’ et similia) ed
espongo il mio problema.
L’impiegata
è di quelle più che efficienti: mi elenca ogni dettaglio, mi spiega il
funzionamento degli aggiornamenti sulle telefonate lunghe, mi ricorda che
ho appena ricaricato la scheda e in finale mi pone la fatidica domanda
‘Posso farle un paio di domande? Lei è contenta del servizio Tim?’.
Risposta ‘No’.
Caro
Bettanini, per motivi inessenziali, la mia vita trasuda domande e risposte
di questo tipo. Chiudere bruscamente una telefonata di lavoro perché il
telefono squilla sull’altra linea e incappare nella soave voce di
un’impiegata Telecom, che vuole sapere se sono soddisfatta del servizio,
è ormai parte integrante della mia quotidianità.
L’ex municipalizzata luce- acqua – gas m’invia bollette ogni
quindici giorni (più o meno attendibili), spesso corredate da richieste
di suggerimenti per migliorare il servizio (una bolletta alla settimana?).
Le assicurazioni, ad ogni rinnovo polizza, me la riaggiornano ‘certi di
fare cosa gradita’, invitandomi, in caso non fossi soddisfatta, a
recarmi all’agenzia dove il loro esperto m’attende con ansia per
studiare soluzioni ottimali (ossia riconsegnarmi il vecchio contratto con
bollettino annesso). La stessa Tim mi blocca sul più bello una chiamata
(magari urgente) con un garbato Sms che magnifica nuovi prodotti.
Vedi
Bettanini, per una questione d’età e forse d’educazione, faccio parte
di quella categoria di consumatori che: 1) Ignorano l’esistenza della
pubblicità, degli spot, dei gadget, delle promozioni, dei testimonial e
di quant’altro. 2) Comprano e pagano in contanti quanto serve (o anche
no) sulla base delle situazioni contingenti, partendo dal presupposto che
anche il tempo è denaro.
Dalla
gentilissima signorina Tim ho appreso di essere quanto meno un reperto
giurassico. ‘Lo sa che Tim le offre 10 Sms gratis per un mese?’. Lo
so, stavo per chiamare una persona per motivi di lavoro e ho dovuto
cancellare l’Sms e ridigitare il numero.
Rispondo sinteticamente: ‘Lo so, ma non mando Sms, anzi li
detesto…’. ‘Non manda Sms? Forse non ne conosce i vantaggi…’
Affermativo, non interrogativo, dal momento che la fanciulla tenta di
spalancarmi le porte di questo nuovo tipo di comunicazione (che consento a
mia figlia, la minore, solo per non farla sentire una disadattata).
Concordiamo sul fatto (bontà sua) che sono troppo vecchia e con problemi
di vista per picchiettare sui tasti di un cellulare. Quale? Leggo la marca
e la sigla. ‘Ma è un rottame…per forza che non è soddisfatta dei
servizi…’
Rispondo (anche se non era una domanda) che mi va a pennello, essendo
l’unico compatibile col computer portatile, ossia, per me, l’unico al
momento che mi consente di collegarmi in Internet anche in viaggio.
La mia idiozia pare basirla per una frazione di secondo. Poi, basita ma
non domata, la ragazza riprende: ‘Lei non può incolpare Tim di problemi
esterni’. Io non incolpo Tim di nulla, sta di fatto che s’è ciucciata
50.000 lire in due giorni e in massimo dieci telefonate, che ogni dieci
parole casca la linea o sono costretta a urlare ‘Scusa, puoi
ripetere…’, che ricaricare la scheda dal Bancomat in alcune zone
d’Italia (quelle di villeggiatura, in particolare) è impresa ciclopica.
Ignoro
chi abbia tenuto i corsi di formazione, ignoro se la signorina Tim in
questione abbia sembianze umane o sia un modello sofisticato di segreteria
telefonica dell’ultima generazione.
Sta di fatto che in un’ora mi ha spiegato che: 1) Sono colpevole per non
aver mai dato, neanche per sbaglio, un’occhiata a tutta la pubblicità
che Tim sta facendo anche per gente come me (quelli, per capirsi, con
tariffe obsolete), né di aver telefonato prima al 119 (‘aperto 24 ore
su 24’) al fine di ottenere una tariffa adeguata alle mie necessità.
Ne abbiamo concordata una nuova (10.000 lire di spesa e passa la paura)-
ma sono rimasta irremovibile sul contratto carta di credito/banca (perché
ne ho abbastanza anche delle loro ‘promozioni’)- e abbiamo convenuto
che è necessario aggiornarsi ogni tre mesi ‘Perché siamo nel libero
mercato, c’è la concorrenza e Tim è all’avanguardia…’
2) Se mi casca la linea è perché ho un telefonino obsoleto e vivo e
frequento località che storicamente danno problemi (città di confine,
località montane, o Roma, dove pare che la concorrenza spopoli nei
ristoranti…). E, chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Se telefono da Milano per sapere a che ora buttare la pasta o se lui mi
ama, tutto funziona a meraviglia.
3) Perla finale, mi legge l’elenco delle banche-Bancomat munite a cui
posso far riferimento per le ricariche, nel caso escludessi
definitivamente la possibilità di stipulare –solo altre 100.000 lire-
il contrattino di cui sopra.
Con la mia obiezione –‘Non ho visto nessuna indicazione sul servizio
nelle filiali delle banche che mi cita, né nella mia città, né in
villeggiatura’- vengo seduta stante incaricata di denunciare tali
anomalie con particolari precisi, ora, luogo e quant’altro.
Felice
di aver trovato un nuovo lavoro non retribuito, ma fisso, chiedo a
Bettanini: i grandi comunicatori, consulenti delle grandi aziende di
comunicazione, hanno intenzione di comunicare anche con noi, grandi
consumatori coatti della comunicazione?
La Ragazza del Bar
3
Settembre 2001 - Che bello lavorare in un
service |
Caro
Barbiere, sono un giornalista e lavoro in un service, oltre a collaborare
con chiunque capiti, anche la giustizia.
Che bello lavorare in un service. I grandi giornali spendono miliardi per
mettere in piedi una sorta di redazione, mentre un service con due lire é
capace di confezionare più di cento pagine al mese. Tanto chi nota la
differenza?
Per fare un bel giornale basta prendere qualche scribacchino, un buon
grafico e un archivio fotografico porno-soft. Metti insieme la squadra,
prendi qualche Mac, e la redazione è fatta.
Poi proponi a tutti un contrattino di un anno o sei mesi (se c'é qualcuno
che la beve), illustri il progetto del giornale ("per ora duriamo un
anno, ma se le vendite vanno bene e la pubblicità ci sostiene, c'è
trippa per tutti"), e abbozzi una sorta di linea editoriale.
"Siamo una rivista di settore ma dobbiamo farci capire da tutti"
che tradotto in italiano vuol dire "so che di queste cose non ci
capisce un cazzo nessuno, ma con una buona enciclopedia e l'aiuto di
internet non sarà difficile scrivere un pezzo da 2000 battute".
Tanto - diciamocelo pure - chi è che va ad esaminare i contenuti? I
mensili e i settimanali sono fatti a colori proprio perché alla gente
piace guardare le foto, sfogliare le pagine di carta lucida e sentire quel
buon profumo di colla che si sprigiona dalla rilegatura, poi, se ci sono
un paio di tette o qualche posa allusiva, mica si volta pagina, anzi.
Così, con un pizzico di fantasia e qualche foto "d'autore", un
buon service riesce a confezionare per le grandi case editrici fior fior
di riviste specializzate. Che si tratti di cucina, computer, vacanze, moda
viaggi, creme di bellezza, fitness, tutto fa brodo, l'importante è
sapersi riciclare: se dovesse andare male il mensile di fitness si chiude
tutto e ci si trasferisce a quello di scienze biologiche.
La differenza fra un bicipite e una molecola mica sarà fondamentale, poi
non è un furto farsi pagare due lire per scrivere di argomenti che non si
conoscono. L'unico fastidio è che quando un giornale va male o il
direttore del service ha deciso che ci sono nuovi campi dello scibile
umano da esplorare, cominciano i tagli e i riassetti.
"Quand'è che ti scade il contratto?" "Hai voglia di
occuparti di viaggi esotici?". Non c'è problema, è tutto regolare,
e poi nei service per fortuna non ci sono quei rompicoglioni del Cdr che
la menano con il riassorbimento, il ricollocamento, i diritti dei
giornalisti.
Ma quali diritti? I giornalisti mica ci mettono i loro soldi nel giornale,
al massimo perdono qualche mese di stipendio. Già, perché quando il
giornale va male i soldi non arrivano, come ai bei tempi del cottimo. Se
si vende ti puoi pagare l'affitto, altrimenti vai a dormire da un amico/a.
Se consideri che il pagamento è a 90 giorni, che poi diventano 120 perché
si calcola il mese della pubblicazione e non quello in cui hai consegnato
il pezzo, che poi diventano 180 perché il ragioniere è in vacanze e le
notule sono nel suo ufficio, non è mica un problema se alla fine i tuoi
soldi non li vedi proprio.
Già, che bello lavorare in un service. Questo è il futuro. Niente costi
fissi, niente redattori, niente sindacato. Solo collaboratori pagati a
pezzo e un redattore che passa il giorno al telefono per raccogliere gli
articoli. Qualche copertina spiritosa, magari una firma prestigiosa e una
serie di allegati studiati da quei geni del marketing.
D'estate c'é l'inserto sul sesso, d'inverno quello sulle diete, a Natale
lo speciale regali. Magari, se si è in buona con le case discografiche,
un Cd sui ritmi caraibici o la favolosa musica degli Anni 70, tanto
Battisti e Mina tirano sempre e fanno molto "nostalgia
canaglia".
Poi basta lamentarsi dei service o dei siti internet, con tutti i
disoccupati che ci sono in giro. Per un redattore deluso ce ne sono altri
mille pronti a scrivere al Barbiere per dire che chi si lamenta è un
represso, non sa fare il proprio lavoro, come dimostra la sua lettera
piena di errori grammaticali.
Se uno scrive che nei portali si lavora giorno e notte senza staccarsi
dalla sedia e senza crescere dal punto di vista professionale, arriva
subito la risposta "vorrei dire al collega (posso chiamarlo così)...",
tanto per far capire che quella dei giornalisti è una casta solidale. Che
bello lavorare in un service. Se non fosse che il giornale per cui
scrivevo non esiste più, ci resterei per tutta la vita.
Lavoratore di un service
3
Settembre 2001 - Bruno Socillo e la sua bionda |
Siate
bipartisan. È il ragionevole appello lanciato dal Capo dello
Stato e dalle colombe dei due schieramenti politici. Ma ciò
non vale nel mondo del giornalismo, soprattutto se targato Rai.
Se volete far carriera a Saxa Rubra prima di flirtare con un (-a) collega
verificate che appartenga ad un partito che conta. Infatti, nell’ultimo
numero di Sette, in un boxino dedicato ai media, leggo un pezzo a
firma Valeria Paniccia che dopo aver dato alcune
“anticipazioni” molte delle quali già note persino alle piante
della cittadella dell’informazione, altre – credetemi – assolutamente
infondate conclude con questa chicca che riporto testualmente: “Bruno
Socillo (vice direttore del Tg 2 e che non fa mistero delle sue
propensioni politiche per An, ndr) punta a Rai International ma le sue
simpatie per una bionda giornalista di sinistra potrebbero
bloccarne l’ascesa”.
Una
delle regole che dovrebbe regolare qualunque consesso di persone civili
sarebbe quella di glissare su faccende strettamente personali: soldi,
letto et similia. Tale norma, che mi risulti, viene rispettata
anche dalle pescivendole della Vucciria.
Lungi da me impressionarmi se notizie del genere appaiono su Eva
Express o Novella 2000, ma che il primo quotidiano
d’Italia si presti a fare da pattumiera a porcherie di
questo genere lo ritengo ignobile.
Non
trovo nel tamburino il nome di Valeria Paniccia e ne deduco si
tratti di una delle tante collaboratrici alla ricerca del sospirato scoop
che dia loro quei quindici minuti di celebrità ai quali – secondo Andy
Warhol – ognuno di noi ha diritto.
Curiosa per natura mi viene voglia di saperne qualcosa di più sulla (si
fa per dire) signora e mi affido come sempre a google – se
avete altri motori di ricerca abbandonateli, google è eccezionale
– e voila, sono fortunata: la nostra, come tutte le persone che
veramente contano, ha nientepopodimenoche un suo sito personale
all’indirizzo www.diginet/valeriapaniccia/home.htm.
Dove,
oltre alla sua foto con lungo capello sciolto, capino inclinato e sorriso
suadente fa sfoggio della sua dote principale: l’umiltà. Ci
rende noto che il suo sito offre “servizio unico in Italia”,
la mappa delle migliori scuole per attori e di essere l’autrice di Eros
italiano, da lei stessa modestamente definito “un’antologia
unica al mondo”.
Ma
come mai è approdata al giornalismo? Troppo buona per lasciare che questo
dubbio renda insonni le nostri notti, ci confida di “avere cominciato
a scrivere in cambio di un abbonamento gratis al teatro della sua città”.
Risolto un dilemma ne nasce però un altro non meno angoscioso: perché,
ottenuto l’abbonamento, non abbia smesso. Vi prego, chi sa parli,
voglio ricominciare a dormire.
Mata Hari
mata_hari@katamail.com
3
Settembre 2001 - Anche le spie nel loro piccolo dissentono |
Anche
le spie nel loro piccolo talvolta dissentono per cui mi trovo in totale
disaccordo con quanto ha scritto la Ragazza del Bar (che resta comunque la
mia barista preferita) circa il nuovo movimento virtuale il Mo’
Basta ekkekkazz. Finalmente, dico fra me e me, qualcosa si muove nella
morta gora della politica italiana. Leggo che è “divertente e
interessante” e mi fiondo sul sito dei mobbastisti,
www.lonelyplanet.it.
La
prima impressione è quella di essere capitata a casa della Famiglia
Addams ma poiché sono abituata a trovare del buono in ogni cosa
finalmente capisco cosa si vede dopo che ci si è impasticcati di LSD.
Già qualcosa; è una delle (poche) esperienze che mi mancava.
Ma
sarebbe ingeneroso fermarsi al puro giudizio estetico. Entro nel forum e
le sorprese non mancano. Oltre al totale disprezzo per la lingua ufficiale
della Repubblica mi colpisce la pochezza delle idee e immagino i
partecipanti come una via di mezzo fra gli Indiani Metropolitani
anni ’70 (quello di Cavallo Pazzo, ricordate?) e i Figli dei Fiori
anni ’60. Niente di male però, ognuno ha il diritto di divertirsi come
crede. Qui, però, si ha la pretesa di fare politica.
Non
ci sto. Il discorso diventa serio, perché seria è la politica.
L’autrice del pezzo parla del “duri e puri dei Ds”. Non so se
posso ritenermi una dura; quanto alla purezza per trovarne tracce bisogna
risalire al pleistocene; diessina sì. Come sono stata figiciotta in
gioventù, elettrice del Pci prima, dei Pds poi, dei Ds adesso; tutte cose
di cui meno vanto. Dire che la sinistra è in crisi equivale a scoprire
l’acqua calda e la crisi coincide con quella dei Ds, che della
sinistra sono (ancora) la formazione numericamente più consistente.
Ma escludo che si possa uscire da questo avvitamento con iniziative velleitarie,
goliardiche e folkloristiche come quelle veicolate dai mobbastisti o
da caravanserragli similari. La via d’uscita è nella riscoperta del
senso dei nostri valori, delle nostre radici. Senza la
memoria del proprio passato c’è solo spazio per la barbarie e la
violenza. Cerchiamo di portare avanti un discorso serio che vada un oltre
le incursioni da commandos nel sito de L’Unità.
Le
proteste abbondano ma è al di sopra delle mie capacità fare intendere ai
partecipanti al forum che la protesta, senza una proposta alternativa,
è solo flatus vocis. Ci si lamenta dell’oscuramento di Agnoletto
e Casarini; per me invece ignorarli sarebbe un fatto di igiene
pubblica, una Zucchet mediatica.
Siete contro la globalizzazione? Bene è un vostro diritto. Ma basterebbe
avere un minimo di senso della storia (sì, lo so, parlare di storia in un
sito del genere è come invitare un vampiro ad una cena a base di aglio)
per capire che si tratta di un fenomeno irreversibile.
Cerchiamo piuttosto di gestirla, di controllarla e non credo
che il metodo migliore sia andando a fare casino a Genova, Napoli o che so
io esponendo striscioni i cui contenuti erano già stantii trent’anni
fa. Il tutto però con le mani dipinte di bianco, con le Nike ai
piedi e dissetandosi fra uno slogan e l’altro con una bella lattina di Coca
Cola.
Mi
soffermo sul manifesto programmatico del sito e poiché credo di
sapere leggere fra righe intuisco che un buon ottanta per cento
degli adepti alle ultime elezioni non ha votato facendo più o meno
un ragionamento similare: “Sono di sinistra ma poiché in questa
sinistra non mi riconosco, mi astengo”.
Ancora al di sopra delle mie capacità spiegare quanto sia politicamente
sterile ed autolesionistico questo ragionamento poiché la sensibilità
politica dei mobbastisti e dei loro sodali è più o meno pari a quella di
un dado da brodo. Di questo astensionismo, della smania di protagonismo e
della ninfomania da telecamera di Fausto Bertinotti, Berlusconi
e Fini sentitamente ringraziano.
La
sinistra è alla frutta, ma se speriamo di risalire la china con
questi sistemi vuol dire che la canna del gas è lì, pronta
per l’uso. Ekkekkazz, ma stavolta lo dico io.
Mata
Hari
mata_hari@katamail.com
3
Settembre 2001 - Emilio, non sparire nell'etere |
Leggo
con orrore la notizia riportata da un noto settimanale, tanto noto che non
mi pare il caso di farlo "notare" ancora di più citandolo, che
dal 2003 Rete 4 verrà trasmessa "in nero", cioè potrà essere
seguita solo pagando un abbonamento, tipo Tele + per capirci.
E' solo una proposta, ma il sangue si è gelato nelle vene. Ed Emilio
Fido? Cos'è, alla fine per mettere a tacere quelli che chiedono di
risolvere la questione del conflitto di interessi del Cavaliere - ma
quanti Paesi possono vantare un premier Cavaliere? - si decide di oscurare
il giornalista - show man?
Ma come, proprio ora che si era rifatto gli occhi - proprio nel vero senso
della parola - e aveva assunto quell'aria da satiro? Proprio ora che stavo
imparando ad apprezzarne coerenza e temerarietà?
Sì, perché Emilio Fido, nonostante ad uno primo sguardo passi per
venduto e galoppino, è un esempio di giornalismo impegnato. Non si
contano i giornalisti che, con la vittoria della Casa delle Libertà,
hanno cercato di ingraziarsi i nuovi governanti - ma insomma è vero che
Lasorella si è umiliata con Gasparri per ritornare in video, ditemi che
non è scesa così in basso! - e i numerosi cambi di bandiera di cui devo
leggere con tanta pena.
Ma Emilio no, lui sono anni che si sa per chi tiene! Gli altri salgono sul
carro del vincitore? Lui già c'è, e almeno c'è salito in tempi non
sospetti. Quanti giornalisti si legherebbero così ostinatamente e
indissolubilmente ad un politico, precludendosi ogni via di migrazione
verso nuovi eroi in caso di cambiamento del vento?
Nessuno crederebbe mai ad Emilio se dicesse: "voto Rutelli”. Emilio
"in nero" no, vi prego, trovate un'altra soluzione, non posso
pensare che ci verrà tolta l'unica voce del giornalismo trasparente.se
mettete Emilio in controluce si vede il Cavaliere, potreste fare lo stesso
con un altro giornalista?
Ma non vorrei venire fraintesa. Io ammiro Emilio, proprio perché è Fido.
Quanti Fidi ci sono che si celano sotto tante pelli da non riuscire a
capire cosa pensano veramente? Schierarsi politicamente è un rischio
immenso, cioè, farlo apertamente, alla luce del sole; è più facile
dichiararsi indipendenti eppoi lavorare sottobanco.
Tra il giornalista-che-lavora-negli-antri muscosi preferisco colui che
sposa una bandiera e con essa cadrà e risorgerà. Un altro dolore, anche
se un po' più piccolo del precedente, mi rende amara la notizia.
Francesca Senette. Una Bambina Inviata qualche mese fa - forse era la sua
prima volta - ad accogliere la Regina inglese al suo viaggio in Italia, su
cui Fido infieriva in ogni modo, riprendendola come se fosse un po' dura
di comprendonio, mettendola in imbarazzo in maniera quasi dolorosa per chi
guardava.
Un Bocciolo Timido che invece è sbocciato al sole dell'Emilio nazionale,
che, contrariamente alla prima impressione, quella bambina l'aveva presa
sotto la sua ala, nonostante in video evocasse un po' Flavia Vento, e
questo non giocava a suo favore.
Oggi Francesca ha la scrivania alla Destra del Padre; Emilio la chiama in
causa a leggere le agenzie nel tg serale, e lei è talmente diligente e
succube dell'Emilio che i suoi occhioni adoranti hanno tolto in me ogni
briciolo di antipatia per la "Paola Barale del Tg4".
Quante avrebbero resistito agli insulti in diretta del Direttore?
Francesca conduce il Tg4 all'ora di pranzo, vi prego, guardatela, è
meravigliosa, la sua somiglianza con Fido è inquietante. Quando il
Direttore la lascia sola alla conduzione del Tg, lei dà il meglio di sé.
Gesticola, mima, usa il linguaggio dei sordomuti, poggia il gomito e
stende l'altro braccio in maniera perfettamente speculare ad Emilio; legge
le notizie interpretandole magnificamente, accompagna la lettura con le
mani traducendo le parole in musica; è la prova che qualcuno, mentre
Antinori getta fumo negli occhi dalle tribune dei convegni ai politici
scandalizzati, nell'ombra, sta già clonando gli esseri umani.
Lasciare che solo i ricchi possano accedere a tali perle è ingiusto,
Rete4 deve rimanere accessibile a tutti, in uno Stato democratico non si
può lasciare che l'unica voce trasparente e annesso clone in versione
femminile diventino beni di lusso.
Giovanna d'Arco
31 Agosto 2001 -
Non accettate piu' di un Campari soda |
Leggo
in bottega una denuncia in cui un amico riporta una frase pronunciata da un
non identificato collega del Tg 4 che, parlando nella
rassegna stampa serale della compravendita di bambine africane dice
testualmente che "una cosa sono dodici anni in Italia, una cosa in
Africa: là sono già considerate delle donne mature". Non sono
d’accordo.
Leggo
su la Repubblica di oggi il tradizionale e solitamente delizioso
boxino di Michele Serra, L’Amaca che, cito sempre
testualmente, “il capo del governo, a Porto Rotondo, ha regalato un
gioiello a una delle giornaliste che lo seguivano durante il suo
shopping. Mi chiedo – prosegue Serra - se la giornalista ha gentilmente
rifiutato, come sarebbe stato suo elementare dovere, ma temo di no”. Lo
temo anch’io e anche stavolta non sono d’accordo. E per due
ragioni.
La prima
è che simili episodi non meritano di essere coperti dall’anonimato; la seconda,
ben più importante, è che senza fare nomi e cognomi, il sospetto rischia
di estendersi ai tanti colleghi per bene che lavorano al Tg
4 o alle tante colleghe che, al seguito del nostro raffinatissimo premier,
non si sarebbero mai peritate di accettare qualcosa di più che un
semplice Campari soda.
Se
fossi stata inviata al seguito di Berlusconi avrei preteso da la
Repubblica, con la stessa evidenza, nella stessa posizione e bla, bla,
bla la seguente dichiarazione: “La sottoscritta Mata Hari sottolinea di non
essere la giornalista che ha ricevuto ed accettato il souvenir di
Silvio Berlusconi”. E voi, gente, come la pensate?
Mata Hari
31 Agosto 2001 -
Biscotti per chi non ha i denti per mangiarli |
Sempre
meglio che lavorare? Sarà, eppure non mi sembra che ci sia al mondo un
"mestiere" più bello. E' una passione, e chi non la concepisce
come tale dovrebbe fare l'impiegato delle Poste.
Aprire
il giornale, leggere la pagina, leggere le tue fatiche, le tue ricerche,
il tuo modo di offrirle al mondo, pensare che c'è al mondo una persona,
una sola che in quel momento "ti" sta leggendo, bè, è dare un
senso alla tua giornata, è spalancare le braccia verso il cielo, è
rompere il velo sottile che ti rende unico e separato dal tutto.
Vedere
la pagina, il servizio realizzato, è il tassello che va al suo posto, è
il fiore sbocciato nel giardino, è la luna che sorge per sistemarsi
esattamente dove deve stare. E' liberare l'energia, è offrire te stesso
al mondo a piene mani per non smettere mai, è svuotarsi per poter dare
ancora.
Domani
ci sarà ancora tempo ed energia per ricominciare. Ma per quanti questo è
solo un volo pindarico? Quasi per tutti i "giornalisti" che non
sanno neanche usare la punteggiatura, che non conoscono l'italiano, che
non amano la sottile musicalità della lingua, che non conoscono
il raffinato piacere di "raccontare" il fatto, la notizia,
la storia. Dio, anche in questo caso, ha dato molti biscotti a chi non ha
denti buoni per mangiarli.
Mime
l.carlotta@tiscalinet.it
31 Agosto 2001 -
Scrivo al Barbiere perche' Mentana
intenda |
Caro
Figaro, scrivo a te nella speranza che questa missiva cada sotto gli occhi
di Enrico Mentana, direttore del Tg5, forse il più seguito telegiornale
italiano.
Ho appena assistito (sono in redazione, ore 13, 26) a un tristissimo
servizio di almeno sette-otto minuti sul tormentone Milingo. Dal tono del
cronista sembrava stesse intervistando, non so, Nelson Mandela alla sua
uscita dal carcere dopo 40 anni di ingiusta detenzione.
Seconda notizia del Tg, subito dopo la situazione, quella si davvero
tragica, del Medioriente. Ma che lavoro facciamo? Di cosa stiamo parlando?
Perché tutto questo spazio a una storia davvero idiota e insignificante
come questa pantomima del vescovo che si sposa con una dottoressa
conosciuta 5 minuti prima (il metodo Moon funziona così...) e poi cambia
idea per ragion di Stato (Vaticano, s'intende)?
Ma ci ricordiamo che Milingo era quello che diceva messa a casa sua? E
cosa ce ne frega a noi che la povera Maria Sung era già sposata con un
napoletano? Magari parliamo delle sette religiose, e del fatto che
prendono per il culo tante persone fragili o disorientate spillando loro
fino all'ultimo quattrino, invece di interrogarci su quale professione
svolga oggi il misterioso ex marito della dottoressa ripudiata.
Facciamo uno sforzo di approfondimento vero, e lasciamo a "Chi"
e "Oggi" il compito di indagare sui tormentoni rosa. Un Tg
nazionale, del calibro di quello diretto da Mentana, dovrebbe a mio avviso
fare scelte un po' coraggiose, e non appecoronarsi sull'ormai dominante
stile Novella 2001. Senza offesa per nessuno.
Michele Caropreso, giornalista, Roma
31 Agosto 2001 -
Come si fa a entrare alla Rai? |
Caro
Barbiere, rieccoci dopo le vacanze. Innanzitutto voglio fare una piccola
riflessione: le vacanze mi sembrano tali soprattutto quando non leggo i
giornali. Il piacere del quotidiano vivere mi sembra più grande quando
non leggo i giornali che mi danno ai nervi: tutti.
Sarà perchè per noi della professione è evidente il nesso che c'è tra
la comunicazione e i poteri e le ragioni che stanno a monte delle scelte
editoriali? Basti vedere come ormai i tormentoni non corrispondano al
reale sentire della popolazione: lipo-bayer-viagra, mucca pazza (a
proposito:fa ancora male?), teatrino dei G8-antiG8 , Milingo-maria.
Noto che anche il Barbiere si è adeguato e ora ha in copertina il caso
Mariangela-Pamparana. Ma voglio provare a proporvi un argomento più
accattivante, che forse può avere risvolti più scabrosi di queste
novelas...
Vorrei sapere, domanda dei cento dobloni: come si fa ad entrare a
lavorare alla rai? anche per tre mesi anche per una settimana La
domanda è tornata di attualità dopo che (a margine del concorso
annullato) sono venuto a sapere di una mia collega, diventata
professionista da qualche settimana (senza laurea; io mi ero battuto
contro il requisito della laurea nel concorso), che subito dopo l'esame di
stato ha avuto un contratto di 3 mesi con il Tg3.
Ora i maligni dicono che il cotnratto è stato ottenuto grazie ad una zia
dipendente... Io non ci credo... Ma vorrei sapere dalla Rai... Ente
pubblico (almeno così mi risulta) quali sono i criteri, quante sono le
persone assunte a tempo determinato...
Poi, siccome la Corte dei Conti fa le pulci agli enti locali e ai
ministeri, vorrei sapere se nessuno si è mai posto il problema di
verificare come avvengono gli ingressi nella Rai (dove mi risulta che
giornalisti si diventa dopo essere entrati con ben altre qualifiche...)
Sono certo che non avrò risposta... Finchè questi segreti rimarranno
tali non sorprendiamoci se questo Paese sembra più il sudamerica che
l'occidente (ma forse il Sudamerica inizia ad essere più avanti...)
saluti
Lucky
29 Agosto 2001 -
Pamparana il modesto: "spero che mio
figlio sia bravo come me". |
Andrea Pamparana il vicedirettore
del Tg5 assediato dalle fans perfino sulle pagine
web del BdS ha da poco avuto (con la fondamentale partecipazione
della moglie) un bimbo, Simone. Sono andata a sondare le
aspettative paterne.
Intanto tanti auguri dal Barbiere
della Sera…
Grazie!
Vogliamo parlare di questo bimbo? Cioè,
tu vorresti che facesse il giornalista?
Guarda, io ho già un altro bimbone di 16 anni…
Che vuol fare il giornalista?
No, vuol fare lo chef e studia per fare lo chef. E devo dirti che
sono talmente felice che voglia fare lo chef, ma non perché non voglio
che faccia il giornalista.
Perché vorrei che facesse quello che gli piace, quello che desidera. Io
volevo fare il giornalista in seconda elementare e la mia maestra mi aveva
nominato responsabile del giornalino di classe. Quindi alla fine ho fatto
proprio quello che volevo fare.
Mio padre faceva il sindacalista in una grande fabbrica metalmeccanica,
per cui non avevo precedenti in famiglia. Insomma, che faccia quello che
gli piace! Se volesse fare il giornalista ha un vantaggio, è ovvio.
Un padre giornalista.
Già.
Aiuta?
Secondo te no? Molto, anche.
Non lo so: mio padre non è
giornalista, purtroppo per me. Dimmelo tu perché aiuta.
Beh, sai, per i contatti che hai rispetto a qualunque altra persona che
deve cercare disperatamente di entrare in una redazione, soprattutto oggi (Toh,
proprio il mio caso!). Poi dipende anche dal papà, se il papà
giornalista ha un minimo di potere. Comunque per me è uguale. Come è
stato per l’altro figlio, non l’ho mai condizionato e il giorno in cui
mi ha detto: “Papà, io ho questa grande passione” ed ho scoperto che
aveva talento…
Per la cucina. Ma non sono un po’
simili cucina e giornalismo? Comunque bisogna essere creativi ed anche il
giornalista mischia vari ingredienti…
Sì, effettivamente hai ragione. Se mi avesse detto di voler fare il
meccanico o il chirurgo forse sarei stato meno entusiasta, perché, hai
ragione, in fondo lo chef ha
qualcosa a che fare con la cultura e con la fantasia.
Che consiglio si potrebbe dare a
questo piccolo, se volesse fare il giornalista. Cosa gli diresti?
Beh, intanto di prendere da suo padre.
In che senso?
Cominci ad essere bravo come suo papà…
Anche modesto come il padre magari,
eh?
(Risata). Intanto di essere sempre se stesso, pronto a sfidare qualsiasi
cosa. Indignarsi o non indignarsi, ma prendere posizione.
Un indignato speciale baby…
Sì, sarebbe bello. Comunque una cosa è fondamentale: essere sempre
capace di avere la forza di prendere posizione. Poi, magari, anche di
sbagliare, ma chi se ne frega. L’importante è che tutti sappiano
esattamente come tu la pensi.
Ma un giornalista non deve essere
imparziale?
Non ci ho mai creduto a questa cosa. Da questo punto di vista sono un montanelliano.
Io ho due grandi miti insuperabili nella mia vita: Dino Buzzati e
Montanelli.
Nessuno dei due è stato un giornalista imparziale, nel senso inesistente
della parola. Cerchiamo di essere onesti tutti i giorni. Ma che vuol dire
imparziale? Certo, se descrivi un incidente stradale, una guerra o anche i
fatti di Genova – visto che siamo stati spesso oggetto di critiche per
come noi al Tg5 avevamo seguito quelle vicende – l’importante è
raccontare i fatti, attraverso le testimonianze e le immagini di quello
che è accaduto. Poi, però, se vuoi esprimere la tua opinione, perché
non lo devi fare una volta che firmi o metti la tua faccia?
Mi par di capire che non manderesti
mai tuo figlio in una scuola di giornalismo americana, dove
l’imparzialità la predicano allo stremo.
Ma se in America stanno addirittura rivalutando e ripensando a tutto
quello che è stato il Watergate! Woodward e Bernstein fecero un grande
lavoro in quel momento. Poi col passare del tempo, il contesto storico,
politico e culturale può portare a delle modifiche. Il giornalista non è
uno storico.
‘Storico del presente’ è stato
definito.
Però lo storico ha tutti i documenti e gli elementi per poter dire come
stanno le cose. In questi giorni, in attesa, appunto, come si dice…
della creatura (il figlio, ndr) ho
letto le memorie di Churchill sulla Seconda Guerra Mondiale.
Perché una simile lettura collegata
con la nascita di un figlio?
Perché avevo tempo, ero in ospedale anch’io. Mentre mia moglie cercava
di riposare, io, naturalmente, non riuscivo a dormire perché montava la
tensione…
Vabbè, potevi leggere libri sull’infanzia o manuali tipo “Come
farlo crescere sano e bello”.
Non vorrei dire, ma io ho scritto ben due libri per l’infanzia. Uno
di fiabe…
Allora potevi leggere le tue fiabe per
addormentarti!
Ti assicuro, una grande lettura (le sue fiabe o Churchill? Non
ho avuto il coraggio di approfondire). E’ evidente che mi
piace molto la storia. Però non sono uno storico, nemmeno del presente. E
questo, credimi, mi lascia molto più sereno nel fare questo mestiere,
perché mi dico: “Io i fatti li ho letti così”. Tanto la gente è
libera di scegliere.
Senti, che mi dici di questa donna che spasima d’amore per te?
Dio mio! Ragazzi, fate qualcosa! Toglietemela
dalle palle! No, scherzo… Ti giuro, ieri sono arrivato in
redazione ed era il tormentone: mi hanno preso per i fondelli tutti
quanti. Puoi immaginare il tenore dei commenti: “ma che gusti
orribili”; “ma che schifo”; “oramai non c’è più
religione”…
Ma che considerazione hanno di te in
redazione?!
Ma sai, qui…(ride). Poi sembrava una persona che mi aveva cercato
disperatamente, ma non è così difficile trovarmi. Che io lavori al Tg5,
credo lo sappia qualche persona. Quindi ci vuol poco.
In più, la mia mail è sulle copertine dei libri, nella rubrica del lunedì
sul Giornale e la dico tutte le domeniche alla radio. “Ti hanno
salvato” mi hanno detto in redazione. In effetti, quello della paternità
è un deterrente importante. Considerato poi che sono padre due volte ed
il primo figlio è della prima moglie, dal punto di vista del cosiddetto
‘buon partito’, io sono un disastro!
Troppi strascichi…
Esatto. Faccio venti lavori per sopravvivere.
Sopravvivere ai mantenimenti…
Sì. Vuoi altro da me?
Noo, direi di no. Auguri di nuovo.
Grazie! Complimenti, perché ogni tanto ci divertite.
Solo ogni tanto?
Beh, qualche volta ci fate incazzare giustamente…
Meno male. Dimmi quando vi facciamo
incazzare.
E’ il momento in cui diventa più interessante, perché c’è il
dibattito. Io quando c’è da scrivervi, da rispondere e da entrare
nell’arena mi diverto. E’ più bello ed è anche un modo per
‘allargare’ le redazioni, perché c’è troppa chiusura. Avendo
lavorato in gioventù con gente come Zucconi, Levi, Bocca… questi grandi
vecchi avevano le loro rivalità, però nella carta stampata è più
facile la circolarità delle penne. Noi in televisione siamo un po’
militarizzati: tutti con la maglietta Mediaset o Rai. Alla fine è
una cosa stancante.
Noi facciamo da collante e facciamo
ridere un po’ tutti. Ridere e riflettere, si spera…
Una funzione che anni fa aveva Prima Comunicazione. Ma era
troppo per addetti ai lavori e, difatti, alla fine è diventato un
giornale un po’ noiosetto… e autoreferenziale.
Non si parla male della concorrenza quindi non commento. Certo una tua
fan non avrebbe trovato grande spazio se non sul Barbiere.
L’idea che questa c’ha la mia immagine sul desktop mi fa
scompisciare. Infatti ho fatto leggere tutto a mia moglie, che ha detto:
“E’ incredibile! Ma cosa fai alle donne?”.
Beh, lei lo saprà… La bottega alimenta tutti i tipi di
contatti.
Allucinante. Quello che è successo è grave. Dovrebbe farvi riflettere.
Dovrebbe far riflettere noi? Noi
abbiamo solo dato voce ad un appello accorato…Rifletti tu casomai.
Va bene! Buon lavoro.
Pennina
29 Agosto 2001 -
Come lo chiamiamo il nuovo Movimento? Ugo? |
E’
il forum più divertente e interessante dell’informazione in Italia,
alla faccia di chi vorrebbe la sinistra sempre ingessata. Nel forum
dell’Unità quest’estate poi è nato un singolare movimento ‘virtuale’:
il Mo’Basta ekkekkazz Casa dell’intolleranza.
Nel
mirino dei ‘mobbastisti’ (così si definiscono gli adepti) c’è
ogni violenza contro l’intelligenza, la realtà dei fatti e la sintassi,
che viene castigata con provocatorie e fantasiose estemporanee scritte (in
parte riportate in un sito e in un forum parallelo, www.lonelyplanet.it).
Nel mirino c’è pure Piero Sansonetti, autore dell’articolo
d’apertura del nuovo tema (‘Il movimento parla alla sinistra?’),
sintesi dei quasi 4.000 interventi relativi alle prospettive del movimento
nel dopo Genova, duramente contestato.
‘Non
sono un appassionato di forum, però ho letto tutti gli interventi. –specifica
Sansonetti al Barbiere-, Admin (ndr: il nick dell’amministratore del
forum) mi ha chiesto un articolo e io l’ho fatto, premettendo che era
impossibile trarre conclusioni, fare una sintesi. Si tratta di un mio
intervento’. ‘Quanto alle polemiche sono inevitabili in un forum che
è libero, dove ognuno può dire la sua e chiunque può rispondere. Ma se
vuoi saperne di più chiama al rientro di Admin dalle ferie’.
In
realtà non c’è molto di più da sapere, almeno in casa Unità. La
parte del leone la fanno i vari nick, protagonisti di una piece virtuale
in progress gustosissima.
I polemici col titolo (‘Il movimento parla? La sinistra ascolta?
Come si chiama il movimento? Chiamiamolo Ugo.ecc) si scontrano con i
diessini duri e puri –in materia di nomi, più interessati a quello del
prossimo segretario del partito-, coi difensori ad oltranza del Gsf (hanno
tolto a Casarini e Agnoletto visibilità, chiamandoli °° e ++), con i
berlusconiani convinti (capeggiati da Linarena, nota frequentatrice
di forum e abituè anche di Radio Radicale e di Prima Pagina).
Gli
intolleranti stanno progettando un meeting per l’8 settembre a
Venezia. Incontro che, per una singolare forma d’intolleranza, è aperto
a tutti…hanno invitato persino Furio Colombo!
La Ragazza del Bar
28 Agosto 2001 - Aiutatemi
a trovare Andrea Pamparana |
Caro
Barbiere della Sera, chi ti scrive è una giovane donna che da settimane
cerca in ogni modo - legale , almeno fino ad ora - di mettersi in contatto
con l'Uomo.
L'uomo che vide un giorno distrattamente tra un cappuccione e una
bomba con la nutella, con gli occhi abbottonati e il pigiamone
stinto/maculato - mamma l'ha messo in lavatrice con il terribile calzino
celeste - .
Da quel momento nulla è stato più lo stesso. Ho iniziato con una
e-mail, romantica come una lettera ma molto più veloce; ho continuato con
altre email, ma ad un indirizzo al quale sicuramente Lui non ha diretto
accesso, perchè non c'è altra spiegazione al fatto che non mi risponde.
Così mi rendo conto che avrà affidato l'ingrato compito di scaricare la
posta a qualcun'altro, e il tipo in questione, geloso per il successo
dell'Altro, cestina puntualmente le mie email; così Lui non sa.
Passo alla rapida ricerca on line, - se sei minimo un lustrascarpe
che si rispetti hai il sito - certa che Lui ci doveva essere, sotto
qualche forma, e , in effetti, c'era. Scopro così qualche notizia, cose
di poco conto - è vicedirettore di un Tg, è dell'Inter - e altre di
molto interesse - si è trasferito da poco a Roma - altre che mi
preoccupano per un istante - ha scritto qualche decina di libri - ma
giusto un istante, perchè vado forte con i congiuntivi.
Da attente analisi della sua immagine scopro che non ha anelli dorati
nelle parti del corpo visibili - soprattutto l'abbronzatura all'anulare
sinistro è omogenea al resto della mano - e questo mi incoraggia a
proseguire nella sempre piu' difficile impresa.
Scrivo alla casa editrice con la quale ha pubblicato alcuni titoli
chiedendo la mail dell'Autore e tacendo le mie intenzioni "marpionesche",
l'indirizzo arriva. Sono Felice. Gli scrivo l'ennesima lettera, sicura che
questa volta mi risponderà. Nulla.
Così mi viene il sospetto che la diligente impiegata si sia burlata
di me o, più probabile, abbia sbagliato a darmi la mail, come si può del
resto pretendere che si ricordi a memoria tutti i recapiti degli autori di
una casa editrice?
Così vado sul sito del Tg da lui Vicediretto, trovo la mail,
scrivo di nuovo, la mail torna indietro, c'è un errore nel server. Tutto
sembra remare contro ma, come la Ballerina di Siviglia, continuo a stare
dritta e fiera sulla mia sedia a cantare lo stornello con l'espressione di
chi, prima o poi, sa che ce la farà.
Così metto su un elenco di circa 15 indirizzi email che contengono il Suo
nome e cognome, me li invento di sana pianta ma sono tutti indirizzi che
potrebbero essere veri; uno, mi dico, almeno lo azzeccherò. Ma non
ottengo nessuna risposta. Evidentemente ho sbagliato tutti gli indirizzi,
nessuno è il suo, chiaro, che altra spiegazione potrebbe esserci sennò?
Medito un "attacco frontale", ma sin dall'inizio
non mi ha attratto troppo l'idea di una incursione impositiva. Mi sento
molto Maria Sung, ma non pensavo che Lui fosse il clone di Milingo...in
effetti non mi ha sposata "al buio", ma non gli ho mai chiesto
tanto e subito!
Ho deciso, gli mando un mazzo di fiori in ufficio, so dove lavora. Vado su
internet, novello esercito della salvezza, e cerco un sito dedicato al
linguaggio dei fiori, lo trovo. Ma non immaginavo che ogni fiore fosse una
Divina Commedia con i petali! Desisto, chissà, magari non ama i fiori
recisi, poi gli lascio un segno negativo indelebile come mio ricordo;
magari una pianta....e se non ha il pollice verde?
Allora vado sul sito ufficiale della radio per la quale conduce un
programma settimanale, scovo la mail di un tipo che lavora nella radio
nativo di un paese in provincia di Potenza, gli scrivo, facendo leva sulle
origini comuni - io veramente sono romana ma i miei genitori sono di un
paese in provincia di Potenza... - lo imploro di essere il mio " 'ngucchiaviddichi"
(trad. colui che unisce gli ombelichi. Al di là dell'allusione erotica io
lo intendevo nel significato lato, cioé: colui che avvicina le anime ),
ma temo lui abbia frainteso e mi abbia scambiato per una maniaca
erotomane, infatti non mi risponde.
E io continuo a spiare il suo volto che mi sorride sul desktop,
dove è diventato sfondo a tempo indeterminato. Oggi gli ho mandato
l'ennesima mail, ma temo andrà a finire come al solito...con il suo vice
che cestina la mia mail...! cosa avevi capito?
Medito seriamente di emulare Maria (Sung) e di fare uno sciopero
della fame, ma mi piace troppo mangiare, magari prometto uno
streap-alla-Ferilli se qualcuno riuscirà a rompere la cortina di ferro
che i terribili guardiani hanno eretto attorno a Lui per rendermi
difficile la missione....
Già, missione, perchè finchè Lui non saprà che su questa terra ci sono
io, si sentirà infelice, non completamente appagato, gli mancherà sempre
qualcosa....sic sic....e mancherà anche a me.
Caro Barbiere, vuoi almeno tu, aiutare due anime a ritrovarsi? Insomma,
Caro barbiere, comprendi il mio affanno sentimentale? Ti eleggo in questa
situazione a Papa......dov'è Milingo.....ooops scusami, mi sono lasciata
prendere.......Andrea Pamparana?
Grazie, spero vorrai aiutarmi a raggiungerlo, un saluto da parte mia alla
Ballerina di Siviglia, della cui opera condivido la motivazione e
l'impegno sociale, e Maria Sung, la Donna Innamorata che scambiava un
calcio in faccia con una carezza....ma Andrea è diverso, se solo lui
sapesse che sto qua non mi lascerebbe andar via.....
Mariangela
Cara
Mariangela, comprendiamo i tuoi affanni. Ma piu' che segnalarli al mitico
indignato speciale non possiamo. Speriamo che ti legga.
Bds
27 Agosto 2001 -
Quando un editore e' di Rigore |
Rigore
si è trasformato in autogol e deve chiudere bottega. Parliamo
dell’atipico settimanale di calcio e cultura ‘Rigore’, che così si
presentava ai suoi lettori: “Su Rigore troverete, accanto agli
approfondimenti tecnico-tattici e ai ritratti dei protagonisti, anche
notizie inedite, comprese quelle che possono dar fastidio a questo o quel
potente. Insomma, il giornalismo scomodo come missione.
Ho fatto quattro chiacchiere con Gianfranco Teotino, il direttore.
Come
va?
Tutto
bene.
A parte che il giornale chiude…
Già.
Ci vuole un editore. Una figura che in realtà non abbiamo mai avuto,
perché il giornale era sostenuto da una società che era un gruppo di
amici. Questo è stato, fin dall’inizio, il punto debole della nostra
avventura. Quindi se ci fosse qualcuno disposto ad investire una cifra
anche non molto impegnativa su questo prodotto, si potrebbe ripartire
anche subito.
Il problema è che la società ha esaurito il budget iniziale, che aveva a
disposizione un anno e mezzo fa. Si è subito capito che il giornale, da
solo, non poteva autofinanziarsi. Abbiamo iniziato a diversificare facendo
da content provider per il sito internet Goalcity, proprietà di una
società partecipata da Matrix (la società proprietaria di Virgilio, ndr).
Non potevate estendere l’attività di content provider?
Probabilmente
sì, con un maggiore dinamismo manageriale che non abbiamo avuto. Ci è
mancata una gestione manageriale della società. A volte me ne sono
occupato anch’io, però fare le due cose contemporaneamente è un po’
difficile.
Cerchiamo un editore a tempo pieno, in grado di avere una minima sinergia.
Comunque è clamoroso che questo giornale abbia resistito per un anno e
mezzo, perché ha sfidato tutte le leggi dell’editoria: è mancato un
editore professionista e, soprattutto, noi non abbiamo mai fatto una
campagna pubblicitaria.
Siamo usciti con un minilancio, che è consistito nella stampa di un
numero zero distribuito gratuitamente e con un impegno finanziario servito
a farci distribuire, tra le altre cose, insieme a Panorama. Per il resto
non abbiamo fatto nulla né sulle televisioni, né sulle radio. Questo
giornale ha fatto parlare di sé grazie alle sue campagne. A loro si deve
la sua esistenza.
Quanto
ha influito sulla chiusura il fatto di essere dei rompiballe?
Mah…
ha influito anche questo, certamente. Per quanto riguarda la raccolta
della pubblicità, credo che molte società che vivono ed investono nel
calcio hanno avuto, probabilmente, dei suggerimenti da parte dei
‘Palazzi del Calcio’ di non darci molto appoggio.
Però, da un punto di vista imprenditoriale, non è stata la causa
principale. Il problema è che avevamo un budget troppo ridotto. Siamo
costretti a sospendere adesso le pubblicazioni avendo la certezza che, se
fossimo andati avanti fino alla fine dell’anno, i conti della società
del 2001 sarebbero stati certamente migliori di quelli del 2000.
Perché non c’è stato un calo nelle vendite. C’è stato un calo di
pubblicità, ma ampiamente ripagato da questa nostra attività di cessione
di servizi. Perciò credo che imprenditorialmente la cosa potrebbe avere
ancora un interesse: eravamo in una fase di miglioramento. Penso che, nel
giro di tre anni, saremmo andati non solo in pareggio, ma anche in attivo.
Un
calo di copie però l’avete avuto.
Sì,
dei primi tre numeri abbiamo venduto quindicimila copie. Ma, come per
tutti i giornali nuovi, poi il calo è fisiologico. Ci siamo attestati
sulle sei-settemila copie dopo due mesi. Uno dei più gravi problemi
italiani dell’editoria è la distribuzione, che è pazzesca e
costosissima.
Specie
per le iniziative più piccole.
Sì,
i giornali di nicchia che vendono poche copie e che hanno un prezzo di
copertina basso sono i più danneggiati, perché sulla distribuzione ci
devono guadagnare l’edicolante, il distributore locale ed il
distributore nazionale. Con la rivista patinata già hai margini di
manovra superiori. Abbiamo anche provato a cambiar distributore, ci siamo
sempre rivolti a distributori importanti. Però non è bastato.
Se c’è una cosa
buona di internet è che non ha costi di distribuzione. Non avete pensato
di rimanere vivi on-line?
Ci
abbiamo anche pensato, ma questo andava all’interno di un piano
industriale che dopo i primi tre mesi non è mai più stato fatto.
Torniamo al dilettantismo di chi ha gestito la cosa. Siccome con internet
non hai nessuna entrata, perché la pubblicità è comunque nettamente
inferiore anche al poco che puoi raccogliere sul giornale, il sito andava
accompagnato con un’attività di content providing sviluppata meglio di
come l’abbiamo sviluppata noi.
In ogni caso, questa è una possibilità intelligente a cui pensare, nel
caso ci fosse un editore interessato a subentrare solo on-line. Anche se
mi pare che i conti dei migliori giornali on-line tipo IlNuovo non siano
molto incoraggianti, dal punto di vista economico.
Ci siamo anche noi del Barbiere che prosperiamo
senza bilanci di sorta (anche senza paga di sorta, a dir la verità).
Sì,
vabbè… però… voi siete una cosa un po’… più… così…
insomma! (che saremo? Boh?!) Poi sono giornalista da 24 anni. Ho
sempre lavorato sulla carta, per cui faccio fatica, nonostante tutto, ad
abituarmi all’idea che la carta non ci sia proprio più.
Che
idea romantica!
Sì,
un po’ sì. Poi è solo l’idea, eh… In realtà mi rendo conto
perfettamente.
A.A.A.
editore cercasi…
Sì,
diciamo così. Penso che il nostro know-how nella materia
calcistica, il nostro modo di parlare e di discutere di calcio siano
abbastanza importanti. Quindi potrebbero essere coltivati.
Per
ora non avete nessun contatto?
No.
Quindi
non avete idea di quanto tempo resterete chiusi.
No,
non abbiamo nessuna idea. Non c’è nulla di concreto. Solo parole,
nessuna trattativa avviata.
Noi
intanto pubblichiamo l’appello… sperando di fare goal!
Pennina
27 Agosto 2001 -
Pensierini sulla notiziabilita' |
La
contingenza feriaiola e la temporanea chiusura della bottega (ci stiamo
lavorando come matti; ragazzi, non perdetevi la rentrée) mi hanno
consentito qualche riflessione sul nostro mondo e in particolare
sulla “notiziabilità” - termine che non conoscevo e che
considero inverecondo – di un evento.
Ignoranza per la quale sono stata bacchettata da una giovane collega che
mi ha dato della retro e alla quale ho replicato che sarò obsoleta
ma ancora convinta che prima di usare un qualsivoglia termine è bene
accertarsi, possibilmente su un buon vocabolario, che faccia parte del patrimonio
lessicale italiano.
Ma
andiamo a noi. Ieri (venerdì) il Tg 1 delle 20 ha aperto con un
pezzo di circa cinque minuti o giù di lì sulla partenza del
primo contingente della forza di pace italiana con destinazione
Macedonia.
Poca cronaca (anche perché poco da dire c’era), una rievocazione
patriottarda della Brigata Sassari e una lunga intervista al generale Rolando
Mosca Moschini che per circa due minuti ha invaso i tubi catodici del
Bel Paese con gli stessi toni che usò Ike Eisenhower quel cinque
giugno 1944 quando convocò i suoi generali dicendo: “Ragazzi, il D-Day
è arrivato; domani si parte, destinazione Normandia”.
Mentre
invece, cito testualmente il comunicato del Ministero della Difesa, sarà
“un’operazione di raccolta delle armi che i guerriglieri
dell’Uck si sono impegnati a consegnare spontaneamente”.
Insomma, un ritiro Dhl o Traco un po’ più complicato.
E
checché ne dica l’intrepido comandante Centonze (occhiello: “Pronti
a rispondere al fuoco”), sono pronta a scommettere cento contro uno
che non verrà sparato un solo colpo e che nessuno si farà nemmeno un
graffio a meno che non ci sia qualche demente che dica ad altri due
poveri ragazzi che un elicottero, ancora fra le nuvole, è invece a qualche
centimetro da terra.
Il
Corsera di oggi rilancia il tutto con un’intera pagina (la 7)
dove si ripropone l’intervista a Mosca Moschini, viene ricicciata la
storia della Brigata Sassari e come ciliegina sulla torta Alberto Pinna
ci propone un’intervista a “Passaghe Walter caporalmaggiore, anni 25,
di Osilo”, il quale, sempre per il tramite di Pinna, comunica ai lettori
di “tenere alla pelle e di essere fidanzato” oltre che portare
sempre nello zainetto, “il ricordo degli occhi lucidi” della
sua bella e un “pupazzetto a forma di serpente”. Chapeau
ragazzi, questo sì che è grande giornalismo.
Alla
missione partecipano anche forze francesi, inglesi, ceche, greche e
turche. Ignorando il ceco, il turco e il greco mi sono limitata a dare
un’occhiata, via Internet, ai maggiori quotidiani francesi e inglesi. Le
Monde e The Times hanno ignorato la (non) notizia, una
breve di dieci righe o giù di lì l’ho scovata su Le Figaro e su
The Guardian. Due colonne su The Sun (qualcosa di molto
simile ad un Eva Express in versione britannica e quotidiana).
Spaparanzata
in poltrona, continuo a seguire il Tg 1. Come seconda notizia mi sarei
aspettata un aggiornamento sull’affaire cerivastatina e
sul fatto che una delle maggiori multinazionali del farmaco abbia
coscientemente messo a rischio la vita di centinaia di migliaia di
esseri umani ma il Tg 1 l’ha scalettata come settima notizia
mentre sul Corsera per trovarla devo sfogliare sino a pagina 15.
Preceduta (titolo a sette colonne) dalla drammatica lacerazione
psicologica e dall’eroismo del sor Carletto “Magara” Mazzone
che offre il suo virile petto capitolino alla furia degli ultras e
sprezzante del pericolo (“Non ho paura”, titolo a sette
colonne) torna ad allenare il Brescia nonché (titolo a nove colonne con
foto centrale in cui trionfa il sorriso meneghin cavallino di Letizia
Brichetto Arnaboldi coniugata Moratti) dalla sorprendente e inedita
dichiarazione in cui la sullodata, così come hanno fatto i dieci o
quindici precedenti ministri della Pubblica Istruzione, proclama che “serve
una nuova maturità”.
Notizia
numero due della corazzata di Saxa (e intera seconda pagina
dell’altra corazzata, quella di via Solferino) il dramma di
monsignor Milingo e della sua pseudo consorte Maria Sung.
Mi rifiuto di ricapitolare la vicenda sia per rispetto verso i miei venti
(o giù di lì) lettori. La pagina contiene un lungo mea culpa del
monsignore intervistato da Luigi Accattoli che culmina con un “Maria
ho sbagliato, ti amerò come una sorella” (titolo a sette colonne) e
un’intervista strappalacrime di Giovanna Cavalli a Maria Sung
con toni che sarebbero stati esagerati anche per suor Teresa di Calcutta e
che se siete di stomaco forte vi invito a leggere.
Francamente
(chissà, forse sarò retro come dice la mia giovane collega) non
riesco a comprendere come si possa dare tale risonanza ad una
notizia che, ben che vada, può interessare solo una sciampista di
terza classe o qualche portinaia di periferia.
Chi
a mio avviso ne esce con le ossa rotte da questa vicenda è la Chiesa
(al cui gregge mi vanto di non appartenere) che è scesa a mediazione per
riportare all’ovile un vescovo pruriginoso offrendogli ciò che
negò a Galileo, Giordano Bruno o Girolamo Savonarola.
Ne valeva la pena? Boh, contenti loro...
Mata
Hari
mata_hari@katamail.com
23 Agosto 2001 -
Peccato che Navarro era in ferie |
Due
i grandi tormentoni d’agosto. Il primo riguarda la Bayer, il cui errore
principale è stato -finora almeno- di avere sottovalutato che il ritiro
volontario del Lipobay alla vigilia dell’estate avrebbe prodotto più
danni della permanenza del prodotto-sospetto sul mercato americano anche
in Settembre, durante la prevista (e ormai saltata) quotazione in borsa a
New York.
Quotazione decisa, peraltro, per raccogliere le risorse finanziarie
sufficienti ad evitare la vendita della divisione farmaceutica a un
concorrente. Vendita ormai -si suppone- scontata….e in tutti i sensi,
anche quello del prezzo!
Il secondo riguarda il Vaticano e il Papa, il cui errore principale è di
avere mandato in vacanza in Agosto il portavoce Navarro e di essersi
trovato, del tutto disarmato, in balia di una squadra di guastatori del
reverendo Moon. Una squadra che in pochi giorni di telenovela ha prodotto
tanti danni quanti –a occhio e croce- i vantaggi ricavati per la Chiesa
da un anno intero di celebrazioni giubilari.
Rispetto
al caso Bayer confesso di essere, da molti anni, consumatore di statine di
varie famiglie, di avere sempre saputo che ogni farmaco ha effetti
collaterali e di essere sempre stato al corrente che le statine possono
produrre problemi ai muscoli.
Sono una eccezione? Se si, allora non si capisce perché il procuratore
Guariniello non se la prenda con i medici e con i malati i cui
comportamenti scriteriati producono danni gravissimi alle imprese.
Paradossale? Mica tanto, e immagino che gli avvocati-cacciatori-di-taglie
pronti a qualsiasi battaglia in cui sia percepibile l’odore del dollaro,
potrebbero pensarci bene.
Del resto di Guariniello, anche prima dell’ultimo exploit, si sa tutto
salvo di quale fine abbiano fatto le sue mille e una iniziative-media
avviate in questi decenni, fin da quando era giovane pretore. Bolle di
sapone?
Ma perché mai la stampa dovrebbe indagare sul passato prima di affidare
cieca credibilità a personaggi del genere ? Meglio gonfiare i titoli
sulle perquisizioni, gli interrogatori notturni, la diffusione della
sindrome-da-risarcimento che aumenta a dismisura il numero di casi
sospetti..fino a quando non si scoprirà (ma chi se lo ricorderà la
prossima volta che succede?) ciò che era verosimile fin dal primo giorno,
e cioè che tutti i farmaci producono effetti collaterali, che per alcuni
di questi farmaci, ad esempio le statine, questi effetti possono essere
anche mortali e che conviene assumerli solo se strettamente necessario e
sotto il controllo del medico curante.
E i danni irreversibili prodotti alla Bayer chi li paga? Guariniello? Il
vice ministro della salute tedesco? Gli avvocati-predoni americani? Il
Codacons?
Due soli gli elementi non disperanti: i comportamenti pubblici dei
dirigenti della Bayer e del Ministro Sirchia. Sobrietà, comprensione e
misura. Non è una gran consolazione ma, come dicono, sempre meglio di un
calcio in bocca..
Rispetto
al caso Milingo siamo invece al puro camp (termine con cui Susan Sontag
definisce ciò che è talmente di cattivo gusto da essere ridicolo).
Proprio negli stessi giorni in cui Panebianco, Galli della Loggia e
Scoppola affrontano incerti l’ambiguo rapporto fra chiesa cattolica e
globalizzazione, un arcivescovo esorcista fuori-di-testa, che canta e
balla il church-blues (straordinario quel superblob che Ghezzi gli ha
dedicato!!!), si fa incastrare da una agopunturista koreana….ma con
lunga esperienza di lavoro a Napoli… che il più furbo e più ricco fra
i tanti capi-setta del mondo gli mette nel letto: quel reverendo Moon che
da almeno venti anni dedica alla stampa e alla comunicazione la gran parte
della sua giornata, essendo fra l’altro proprietario del Washington
Times, il quotidiano maverick della Capitale americana.
E
questo, dopo avere reso ridicolo Arcivescovo e Vaticano davanti al mondo
intero con una cerimonia farsa di matrimonio collettivo. Scottato per
l’affronto in diretta e privo di consiglieri intelligenti, anziché il
benign neglect che sicuramente Navarro avrebbe consigliato se non fosse
stato in vacanza (e se non era in vacanza, allora ci sarebbe da fare uno
scoop per capire perché non gli abbiano dato retta: possibile che abbia
perso potere?), il Papa ha preso la questione di petto esercitando
pressioni su Milingo perché tornasse all’ovile e sequestrandolo dalle
grinfie non tanto della moglie quanto quelle assai più pericolose delle
troupe di giornalisti mobilitati dai pierre di Moone. Un vero e proprio
disastro comunicativo….
E qui l’unico elemento non negativo è di avere reso in diretta tv il
medioevo che pervade la Chiesa: nessun anticlericale-di-ferro avrebbe
potuto inventare una storia così disastrosa per l’immagine del Papa! I
due tormentoni hanno anche un legame farmaceutico: non tanto la droga che
il Vaticano propinerebbe all’Arcivescovo quanto il test di gravidanza
negativo della signora Sung/Milingo: immaginate se fosse stato positivo!
Ma,
teniamoci forte, sono in arrivo il conflitto di interesse, i vertici
no-global, le primarie fra i successori potenziali di Casarini, le scuse
di Francesco Caruso alla Iervolino, Mastella che passa a Berlusca, Rutelli
che affoga nel nulla e, dimenticavo, la gara della solitudine fra
Berlinguer e Fassino…
Il
lavoro, ai lettori del Barbiere e ai sempre più numerosi afflitti da
piombo-etere-dipendenza, non manca…
Pistino
6 Agosto 2001 -
La Ragazza del Bar in tubino di seta color
sabbia |
Siamo
stati premiati. Spero di non aver fatto sfigurare nessuno, nonostante
l'emozione (dettata unicamente dal fatto che il premio mi è stato
consegnato dall’onorevole Olivieri
che ho avuto modo di conoscere
e apprezzare ai tempi della Commissione parlamentare sulla tragedia del
Cermis) affiancato dell’on. Ferri.
Comunque vi avverto che il Barbiere ha ricevuto due sculture su
quarzo e argento raffiguranti una stella alpina e un gruppo di cardi e una
pergamena. Già prevedo la giusta delusione di Pennina che
non ha ricevuto un premio personalizzato e il subbuglio della redazione,
ma soprattutto la difficoltà di far arrivare i premi a chi li ha
meritati, dal momento che ne ignoro identità e indirizzo).
Invito
pertanto Pennina a fornirmi via mail nome e indirizzo per farle avere il
‘Premio per il giornalismo trasparente’ dal momento che più
trasparente di una giovane penna che crede ancora che in questo paese si
possa fare del giornalismo non ne ho conosciute (almeno non a Folgarida).
Invito quella donnaccia fedifraga di Mata Hari a fare altrettanto
dal momento che, a quanto ho capito, monopolizza l’attenzione delle
annunciatrici del Tg2 (se Daniela Vergara, in Trentino con Luca
Giurato, ci disistima, con classe e senza scendere in particolari
personali, ci sarà pure un motivo…).
E già che ci sono chiedo a Figaro di farmi sapere chi è… manterrò il
massimo riserbo, ma, visto che dal 3 agosto 2001, ogni protesta contro il
Barbiere arriverà a casa mia, vorrei condividere col capo le
responsabilità o almeno avere una spalla su cui piangere non virtuale…
Fine delle comunicazioni di servizio.
Se
noi, che possiamo contare solo sulle nostre risorse di tempo e Figaro
anche su quelle (sue) bancarie, abbiamo vinto due sculture Mentana, che
conta, ha incassato milioni (6.000 Euro in assegno), una scultura (un
albero in argento dell’artista trentino Diego
Rudellin) e una pergamena.
Ho tentato di barattare tutto con l'assegno, anche la sottoscritta (dopo
decenni senza sesso se po' fa' pure questo)... Ho dato in diretta
l'annuncio a Radio Dolomiti dell'intenzione di Mentana di devolvere
il premio in beneficenza al Barbiere della Sera, ma lui mi ha
immediatamente smentito.
Ha
anche aggiunto che sperava di trovare sul palco qualcosa di meglio di
un'umile ragazza del bar... diciamocelo in tutta franchezza: voleva o le
talpe o almeno un giornalista di chiara fama...
Sono
salita sul palco a ritirare il premio in un affascinante tubino di seta
sabbia con caban a ramage in tinta. Sono riuscita a
infilare, tra le domande di Oliviero Beha a cui in linea di massima non ho
risposto, quanto concordato, quasi tutto: il Barbiere è un sito dove i
giornalisti parlano di giornalismo usando gli stessi strumenti che
dovrebbero usare nella professione. Siamo anonimi per permettere a tutti
di raccontarsi e per sottrarci ai condizionamenti (mentre mi sono
dimenticata di dire che lo facciamo anche per valorizzare i
‘contenuti’ rispetto alla ‘firma’).
Ho spiegato che ad esempio il Tenente Colombo è Mentana, che
pertanto così veniva premiato due volte. Poi ho ricordato quanto sia
importante la nostra professione per garantire lo stato di diritto, come
dimostrato da molti giornalisti, soprattutto fotografi e cineoperatori, a
Genova, in una situazione che persino
Mentana ha trattato decentemente. Non so perché la gente ha riso…
tutti, tranne Mentana!!!
Vi ho
ricordato a memoria quasi tutti dall'autorevole Conte d'Almaviva a Ambrogio,
purtroppo non ho avuto tempo per dire, come concordato con una claque di
simpaticissime signore, che il Trentino è terra
di fatti e non parole e nessuno può restare insensibile di fronte
alla tenacia delle sue genti,
anche se ‘se avessi un albergo in
Trentino m’impiccherei in un giorno di bassa stagione’ (Gianmaria
Testa).
Per il resto ho trascorso cinque giorni al fresco. La vacanza in Trentino
è molto rilassante. Sveglia, colazione e –se sfigati a piedi, se
giornalisti in auto o pullman- ci si dirige in un luogo pieno di cibo ottimo, di fantastici
vini e grappe strepitose e,
dopo ore, sempre a piedi (se in discesa, per digerire), ci si sposta verso
un nuovo luogo trasudante funghi,
tartufi e quant’altro dove
innaffiare con vini e grappe la cena.
Deliziosa la compagnia di molti dei premiati, in particolare di Olivella
Foresta autrice di Geo & Geo, del meraviglioso Nino
Randazzo, direttore del Globo di Melbourne (l’ho intervistato,
prossimamente sbobino e metto in linea), di Milena Gabanelli, Report,
di Rita Bernardini che è venuta a ritirare una medaglia alla memoria di Antonio
Russo, giornalista di Radio radicale ammazzato in Georgia e
ricordato per ‘ben’ 15 secondi dal Tg1 (come ha polemicamente rilevato
Rita).
Deliziosa anche la compagnia dei trentini (Albasini
sindaco però mi è persino più simpatico di Albasini organizzatore) sia
di quelli rimasti in patria che quelli emigrati in Cile, protagonisti di
un convegno. Per non parlare della trevisana e del bosniaco alla reception…
Poco posso dire di Luca Giurato
e Daniela Vergara, dal
momento che del loro passaggio per Folgarida si sta occupando la troupe di
‘Chi l’ha visto’.
Ma io
lo so, voi volete sapere tutto sulla mia love story con Mentana e
del mio nuovo incarico di direttrice del TG1, al posto di Albino Longhi.
Ho l’esclusiva per Novella 2000 e Il Cuore, ma per il Barbiere
farò un’eccezione…
Solo che questo pezzo è già troppo lungo, vi rimando a un articolo a
parte…voglio infatti concludere ricordando che una vacanza premio ci
permette di osservarci anche in quel nostro privato che, per obbligo
professionale, finisce per essere pure pubblico.
E allora il premio Val di Sole quello vero, quello per la trasparenza, io
–come unico volto noto di questo sito e quindi ufficialmente
responsabile di eventuali proteste o quant’altro- lo assegno a Oliviero Beha. Se lo
merita. Con una sola motivazione: non è un personaggio, ma una persona.
Di questi tempi e nel nostro pianeta, una rarità (io, al solito, posso
consegnare simpatia, stima e affetto, per gli assegni, recatevi altrove…).
La Ragazza del Bar
3 Agosto 2001 -
Giuliano, do you remember Valle Giulia? |
Quel
titolo, "Processo alla polizia", non è piaciuto a nessuno:
paradossalmente nemmeno a Gad
Lerner, che era l'ideatore, il presentatore del programma, e che
dunque portava la responsabilità della scelta.
Ma è stata la forza trainante di quelle tre parole, oltre alla curiosità
di vedere come funziona "La Sette", che ha convinto il
Conte a resistere in piedi sino alle 23, nonostante un lungo viaggio reso
sfiancante dal caldo, e nonostante "Sfera", un programma alla Piero
Angela forse troppo lungo per reggere la prima serata, nonostante un Andrea
Monti assai spigliato nelle vesti di presentatore-attore.
Un
"Processo alla polizia", con filmati e testimonianze sui pestaggi - dei 93 fermati alla scuola Diaz,
62 si sono fatti medicare, continuava a ripetere Lerner - , ma che alla
fine si è ridotto al solito gioco delle parti. Luciano
Violante, capogruppo dei Ds, recitava quella di distinguere le
minoranze che hanno sbagliato dalla massa delle forze dell'ordine
italiane, un esercito di 300 mila uomini di indiscussa fedeltà
democratica.
La
parte di Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno di Alleanza
nazionale, consisteva nel presentare analoghi pestaggi operati dalla
polizia nel marzo scorso a Napoli, disinnescando così la mina secondo cui
sarebbe stato il nuovo clima creato dal governo di destra, o addirittura
una precisa direttiva da questo impartita, a creare il patatrac.
La parte di Oronzo Cosi,
rappresentante del Siulp, sindacato di polizia, era quella di negare che
fra le forze dell'ordine siano diffusi un linguaggio e una cultura alla Pinochet,
e quella di Alfonso De Menno,
giovane fotografo anti-global, consisteva invece nel testimoniare in
studio, con un piede fratturato e altre parti del corpo ferite, cosa era
avvenuto alla Diaz prima e a Bolzaneto poi.
Ma
chi ha catturato l'attenzione del Conte che, come sapete, non è più di
primo pelo, sono stati Giuliano
Ferrara e il suo accanimento nella difesa dei celerini. Viaggiava con
il ricordo e con la fantasia, il Conte, e gli veniva in mente questa
scena: un ragazzo del '68, per un prodigio della scienza dell'epoca, viene
ibernato dopo una manganellata a Valle Giulia, e restituito integro, nei
suoi venti anni ruggenti, proprio ieri sera, per guardare in tv il suo
vecchio compagno di lotta Ferrara esibirsi in frasette del genere:
"Alla terza manganellata, un poliziotto diventa sempre fascista...La
verità è che quando si mena, si mena". Oppure: "Guerriglia
urbana, teste rotte e chiazze di sangue non sono affatto la testimonianza
di una polizia cilena...C'è stato un attacco paramilitare alle forze
dell'ordine".
Quel
ragazzo ibernato e restituito dopo trent'anni alla vita, non avrebbe
creduto ai suoi occhi. I pensieri del Conte tornavano dunque ad essere
intrappolati in quello che, lui lo riconosce senza problemi, è anche un
suo insuperato difetto: il moralismo, l'amore per la coerenza, da provare
nell'arco di una vita intera.
Ma ammetteva poi che Ferrara non è certo l'unico ad aver cambiato idea e
barricata, e che senza andare tanto in là, nell'ambito del giornalismo vi
sono molti altri fulgidi esempi di uomini che "stanno sempre dalla
parte giusta".
La
conclusione, che solo una piccola parte della polizia, guidata da
funzionari in cerca di vendette, ha creato la mattanza alla scuola Diaz
e poi di Bolzaneto, era facilmente accettata dal Conte.
Quello che è rimasto fuori, anche da questo processo, è un esame più
tecnico della strategia delle forze dell'ordine prima e durante il G8. Come è
stato possibile non riuscire a prevenire e isolare 300 o forse anche 600
facinorosi, per giunta vestiti dello stesso colore? Come è stato
possibile, con ben 20 mila uomini e mesi e mesi di preparazione, ridursi a
difendere soltanto la "linea rossa", senza avere un piano
anti-guerriglia, e senza tutelare i cittadini di Genova e i manifestanti
pacifici?
Quanti
ce ne volevano, 40 mila, di agenti? Come è possibile spendere migliaia di
miliardi per le forze dell'ordine e scoprire poi che, per la più
importante manifestazione di piazza degli ultimi cinquanta anni, perché
sotto gli occhi nel mondo intero, non c'è stata un'azione di intelligence
degna di questo nome? Siamo proprio così scassati, dal punto di vista
tattico e strategico? La risposta vola nel vento. Come tante altre.
Il Conte d'Almaviva
2
Agosto 2001 - Che emozione, ho conosciuto
Albino Longhi |
Caro Figaro, nonostante i depistaggi
del Tenente Colombo che voleva mandarmi a Lavarone e quelli delle premiate
(FF)SS sono arrivata a Folgarida per ritirare il premio Val di
Sole per il giornalismo trasparente.
Il viaggio è stato ottimo. Con le
consuete due ore e 10 la littorina senza aria (né condizionata né
normale) ha coperto i cento chilometri che separano Trieste da
Mestre.
Nella splendida cornice della meravigliosa cittadina veneta, con quaranta
gradi all’ombra e umidità del 99,9%, ho tentato d’ingannare
l’attesa nell’aria condizionata della saletta Eurostar, rigorosamente
chiusa per trasferimento di chi vi lavora nella biglietteria di Venezia a
corto di personale, come da me appurato a tempo perso. Ho comunque
trascorso una quarantina di minuti indimenticabili.
La stazione di Mestre, per incrementare il turismo, s’è infatti
inventata un simpatico gioco di società (particolarmente gradito ai giapponesi):
cambiare all’ultimo minuto il binario di partenza dei treni.
Confesso che lo spettacolo di nugoli di nipponici che all’ultimo minuto
e di corsa arraffano le sette o otto tonnellate di valigie per planare nel
sottopassaggio con la speranza di non perdere il treno è godibilissimo.
Il fatto poi che l’annuncio dei cambiamenti venga dato solo in italiano
aggiunge suspence.
Purtroppo, azzeccato il binario, il treno diretto a Monaco s’è rivelato
puntuale e pulito. Il resto del viaggio è stato monotono. Unico
particolare singolare è la faccia dell’autista che è venuto a prendere
me e il collega Randazzo, direttore del Globo, reduce da trenta ore
di viaggio dall’Australia. Il giovane (e piacente) trentino non si
capacitava del fatto che lui fosse così fresco e riposato, mentre io
–con solo sei ore di (FF)SS alle spalle- sembravo reduce dalla ritirata
di Russia.
Ma forse è questa la differenza tra un direttore
di giornale e una ‘ragazza del bar’…
Mata Hari
–con cui da mesi sto
intrattenendo una relazione al limite del saffico- me l’ha data buca…
doveva venire, ma ha atteso (e controllato) che fossi sul treno per
comunicarmi che tragedie impreviste la trattenevano in Sicilia. Ho sentito
chiaramente che diceva, come Belushi, ‘…il terremoto, le
cavallette…’. Insomma, salta la riunione del Cdr. Pazienza. Folgarida
èmolto accogliente. Peggio per lei.
Ho goduto di una delle meraviglie del
luogo, un Teroldego di produzione dell’Hotel Luna, che gentilmente mi
ospita. Fa fresco e, a parte Randazzo, che è un signor giornalista, non
c’è ancora un ‘giornalista’.
Cosa posso volere di più dalla vita? La cena è stata ottima, sono
al secondo grappino al Teroldego, quello che mi permetterà di scivolare
lieve in un sonno non disturbato da afa e zanzare… Sono le ventidue meno
un quarto e tutti si preparano ai festeggiamenti dei prossimi giorni
(ossia sono già a letto)…
Io a letto, questa sera mi porterò una
rarità: il Globo. Randazzo mi ha gentilmente regalato due copie del suo
giornale. Non ci crederete ma, per sapere cosa accade nell’anconitano o
in Irpinia, a Faedis o a Gualdo Tadino bisogna leggere il Globo.
Ogni giorno dedica tre pagine a tre regioni d’Italia (idea geniale che
non ha mai sfiorato nessun editore nazionale, men che meno qualche
direttore – e figuriamoci i giornalisti). Sono fatti di cronaca, storie,
politica di quell’Italia dimenticata da tutti fatta di quaranta milioni
di desaparecidos dell’informazione (gli altri venti si dividono tra
Milano e Roma ).
I necrologi poi sono una miniatura di storie di gente che noi conosciamo
solo nei format ‘buonisti’ di poveri un giorno e lontani per
sempre…Da farci romanzi, probabilmente più graditi del voto
all’estero che, a quanto si mormora, serve solo a rimpinguare tasche già
pingui…
Vado a dormire, nel fresco, ripetendo il
programma della giornata di giovedì. Arriva Mentana: mia figlia (la
tredicenne) mi ha chiesto una decina d’autografi con dedica. Mi ha
suggerito i nomi Giulia/o, Valentina/ Marco/ Stefano/ Federico/a/
Giovanni/a e Pamela.
Ritiene di poterli vendere per sovvenzionare la sua ricerca della vacanze
sul G8 di Genova (meglio nota come ‘Cosa ti ha colpito delle tue
vacanze’). Poi, dopo gli affari, mi dedicherò al convegno
sull’immigrazione. E sono sicuro che il collega Randazzo, immigrato in
Australia quando io ancora saltellavo nei coglioni di mio padre per non
nascere figlia di puttana, parlerà di giornalismo vero. Però, per
piacere, oscuratemi le parolacce. A quella splendida persona che viene
dall’Australia non piacciono. Non gli piace la volgarità. E ha ragione.
La ragazza del bar
Ps: Ho conosciuto Albino Longhi e
Oliviero Beha. Magari gli sono piaciuta, almeno in senso
metempsicotico? Non lo so. E non potrò saperlo, perché la villeggiante
lombarda al tavolo vicino si sta incavolando perché la nonna bluffa a
ramino.
Però a questa splendida gioventù, trentina e sarda, che raccatta due
lire d’estate per l’inverno non dispiaccio…e sono loro quelli che
contano (Figaro, magari è tutto compreso, però io la mancia la lascio! E
di tasca mia)
L.r.B.
1
Agostro 2001 - Io lo so, perche' sono un
intellettuale |
PROLOGO
“Il Riccetto
risvoltò di corsa giù verso il passaggio a livello, ma incontrò
Agnoletto con la bicicletta per mano. Si misero insieme a farsi strada tra
la folla. ‘Che d’è?’ chiese il Riccetto a un altro, perché non
resisteva alla curiosità. ‘Sarà n’incendio alla Ferrobedò’
fece l’interrogato con una smorfia alzando le spalle.
Ma come arrivarono a spallate al passaggio a livello trovarono una fila di
agenti che impediva il passaggio. Agnolo e il Riccetto cercarono di farsi
ascoltare…, ma quelli avevano l’ordine di non far passare
nessuno…”
Pier Paolo Pasolini, ‘Ragazzi di vita’, 1955.
1
morto, 560 feriti, 219 arresti. Ministero degli Interni, Genova luglio
2001
Dalle
previsioni del Veggente P3, 1975, ‘Scritti corsari’ ossia ‘Genova,
G8 del 2001’
INTRODUZIONE?
L’epigrafe per questo capitolo della storia borghese l’ha scritta una
volta per sempre Goering: ‘Quando sento parlare di cultura, tiro fuori
la rivoltella’.
I
TEMI, DOMANDA?
Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la
rivoluzione? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere,
nelle persone che la vivevano una certa felicità reale. Oggi questa
felicità con lo Sviluppo è andata perduta. Ciò significa che lo
sviluppo non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è
riformista.
I
TEMI, CONTRORISPOSTA?
Vediamo: la parola ‘Sviluppo’ ha oggi una rete di riferimenti che
riguardano un contesto indubbiamente di ‘destra’. Chi vuole infatti lo
sviluppo? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto
e per ragioni di immediato interesse economico?
E’ evidente: a volere lo sviluppo in tal senso è chi produce; sono cioè
gli industriali. E poiché lo sviluppo in Italia è questo sviluppo, sono
per l’esattezza, nella fattispecie, gli industriali che producono beni
superflui.
La tecnologia (l’applicazione della scienza) ha creato la possibilità
di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono
ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni superflui sono da
parte loro irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo
sviluppo (questo sviluppo).
Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente
abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di poveri,
di lavoratori, di risparmiatori, di soldati, di credenti. La massa è
dunque lo sviluppo: ma vive questa sua ideologia solo esistenzialmente, ed
esistenzialmente è portatrice dei nuovi valori del consumo.
Ciò non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita.
Chi vuole invece il progresso? Lo vogliono coloro che non hanno interessi
immediati da soddisfare attraverso il progresso: lo vogliono gli operai, i
contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è
dunque sfruttato. Quando dico ‘lo vuole’ lo dico in senso reale… Il
progresso è una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo sviluppo
è un fatto pragmatico ed economico.
I
GRANDI?
In pochi mesi essi sono diventati delle maschere funebri. E’ vero: essi
continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile.
Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore.
Quando non si tratti dell’ ammiccante luce dell’arguzia e della
furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità.
Inoltre, i nostri potenti continuano imperterriti i lori sproloqui
incomprensibili: in cui galleggiano i flatus vocis delle solite promesse
stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere.
Sono certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un
mucchio d’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La
spiegazione è semplice: oggi in Italia c’è un drammatico vuoto di
potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o
esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né infine un vuoto di
potere politico in qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in
sé.
GLI
ANTAGONISTI?
…essi volevano evidentemente dire due cose
1) la nostra ineffabilità si rivela sempre più di tipo irrazionalistico
e pragmatico: la preminenza che noi silenziosamente attribuiamo
all’azione è di carattere sottoculturale, e quindi sostanzialmente di
destra.
2) Noi siamo stati adottati anche dai provocatori fascisti, che si
mescolano ai rivoluzionari verbali (il verbalismo può portare però anche
all’azione, quando la mitizza): e costituiamo una maschera perfetta, non
solo dal punto di vista fisico –il nostro disordinato fluire e
ondeggiare tende a omologare tutte le facce- ma anche dal punto di vista
culturale: infatti una sottocultura di Destra può benissimo essere
confusa con una sottocultura di Sinistra’.
GLI
SPETTATORI?
1) I ceti medi sono radicalmente, direi antropologicamente, cambiati: i
loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono
i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non ‘nominati’)
dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza
modernistica di tipo americano.
E’ stato lo stesso Potere, attraverso lo ‘sviluppo’ della produzione
di beni superflui, l’imposizione della smania del consumo, la moda,
l’informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) a
creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la
Chiesa stessa, che ne era il simbolo.
2) l’Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta,
non c’è più e al suo posto c’è un vuoto che aspetta di essere
colmato da una completa borghesizzazione, del tipo che ho accennato
(modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante, ecc.)
CONCLUSIONE
PARTE PRIMA?
Io so. Io so i nomi di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà
è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io
so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969…
Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le
disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per
tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di
stato), a giovani neofascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la
tensione anticomunista) e infine a criminali comuni, fino a questo
momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione
antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno
dietro a dei personaggi comici o a dei personaggi grigi e puramente
organizzativi…
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un
intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede,
di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non
si sa o che si tace; che coordina anche fatti lontani, che mette insieme i
pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico,
che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la
follia e il mistero.
CONCLUSIONE PARTE SECONDA?
Tuttavia nella storia il ‘vuoto’ non può sussistere: esso può essere
predicato solo in astratto e
per assurdo. E’ probabile che in effetti il ‘vuoto’ di cui parlo
stia già riempiendosi, attraverso una crisi e un riassestamento che non
può non sconvolgere l’intera nazione.
Ne è un indice ad esempio l’attesa ‘morbosa’ del colpo di Stato.
Quasi che si trattasse soltanto di ‘sostituire’ il gruppo di uomini
che ci ha tanto spaventosamente governati per trent’anni, portando
l’Italia al disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico.
In realtà la falsa sostituzione di
queste ‘teste di legno’ con altre ‘teste di legno’ (non meno, anzi
più funereamente carnevalesche), attuata attraverso l’artificiale
rinforzamento dei vecchi apparati del potere fascista, non servirebbe a
niente (e sia chiaro che, in tal caso, la ‘truppa’ sarebbe, già per
sua costituzione, nazista).
Il potere reale che da una decina di anni le ‘teste di legno’ hanno
servito senza accorgersi della sua realtà: ecco qualcosa che potrebbe
aver già riempito il vuoto… Di tale potere reale noi abbiamo immagini
astratte e in fondo apocalittiche: non sappiamo immaginare quali forme
esso assumerebbe sostituendosi direttamente ai servi che lo hanno preso
per una semplice ‘modernizzazione’ di tecniche. Ad ogni modo, quanto a
me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorchè
multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola.
Collage a cura di Francesca Longo
6
Luglio 2001 - Tour romano della siciliana
Mata Hari |
Poche
volte mi sono emozionata come accaduto leggendo sul Barbiere della Sera del
4 luglio Scoop, masturbarsi è un reato
a firma de La ragazza del bar. Sono stata colpita come giornalista,
come donna e come cittadina e nel contempo la mia stima
verso l’autrice, già elevata, si è ancor più accresciuta.
Ho ammirato il suo coraggio: era una di quelle notizie che, come si
dice in gergo, non si vorrebbero mai dare; ho apprezzato il mix di
logica cartesiana, di rigore hegeliano e di pragmatismo
degno del miglior Dewey col quale ha sciorinato i cinque
argomenti cinque, clou dell’articolo.
Non so perché ma, d’istinto, la prima cosa che mi è venuta in mente è
che La ragazza del bar, che mi riprometto di conoscere al più
presto o quanto meno di scoprire la sua identità, è o è stata
allieva del prof. Magrit.
Infine mi sono resa compartecipe del travaglio psicologico al quale
l’intrepida collega si è sottoposta.
Ho ammirato la levità con la quale ha affrontato l’argomento
senza mai scadere nel grossolano o nel pecoreccio: brava.
E poi, da donna delicata e sensibile come più volte nei suoi
scritti ha mostrato di essere, si sarà chiesta scrivendo: “Cosa avrei
provato se fossi stata io l’oggetto dei pensieri lascivi di quel
mascalzone in quegli attimi di frenetica attività manuale?”
Chissà se un giorno ce lo dirà!
Ho
atteso tre giorni prima di mettere nero su bianco i miei pensieri e
ciò perché non volevo scrivere sotto l’impatto emotivo: il coacervo di
suggestioni che le parole della Ragazza del bar ha suscitato in me mi
avrebbe impedito di essere lucida.
E poi ho meditato, da cittadina, sul perverso impatto che si avrebbe sulla
società italiana se passasse il teorema che farsi seghe è
reato: le nostre carceri, già sull’orlo del collasso non
reggerebbero all’impatto e le ricadute sociali sarebbero gravissime.
L’alternativa sarebbe quella di mettere i segaioli sotto l’ombrello
protettivo dell’immunità parlamentare ma in tal caso le sedute
della Camera si dovrebbero tenere all’Olimpico e quelle del
Senato a San Siro, con disappunto dei colleghi giornalisti
parlamentari che verrebbero privati del loro passatempo preferito: lo
struscio nel Transatlantico e gli inciuci che ne derivano.
Conscia
dei miei limiti e incapace di affrontare in maniera adeguata il problema
ho tagliato il nodo di Gordio. Ho lasciato per un giorno la
mia amata Sicilia, mi sono fiondata a Roma, ho rimediato un motore (non è
un refuso, che vi piaccia o meno a Palermo il motorino
si chiama motore ed io cosi l’ho sempre chiamato e lo chiamerò)
e sono andata in giro per sentire voci ben più autorevoli delle mie: quelle
delle istituzioni.
Prima
tappa Palazzo Madama. Non riesco nemmeno a ottenere il passi.
Appena il commesso vede il tesserino dell’Ordine mi blocca.
“Perde il suo tempo” dice. “Da quando un suo collega che si credeva
spiritoso ha scritto che ogni volta che il presidente apre bocca fa
discorsi a Pera abbiamo l’ordine di non lasciarvi passare. Anzi
di non rispondervi nemmeno se ci chiedete che ore sono”.
Da
Palazzo Madama a Montecitorio il tragitto è breve.
“Accomodati”
dice un collega dell’ufficio stampa” il presidente sarà qui a
minuti”.
Quasi
subito entra Pierferdinando Casini. “Signora che piacere, sono in
debito con lei: non l’ho nemmeno ringraziata dopo
quella splendida intervista di tre mesi addietro ma sa com’è,
sono stato travolto dagli impegni”.
“Ma
s’immagini presidente; la vedo infatti
un po’ stanco”.
“Non
ho un minuto di tregua. Passo le prime quattro ore della mia giornata a
baciare tutti i visitatori: bambini, delegazioni di metalmeccanici,
casalinghe, turisti giapponesi. Una media di 320 al giorno che
fanno 8.000 al mese, 96.000 l’anno.
Aggiunga i dipendenti del Palazzo, che bacio però una tantum e
superiamo i 100.000. E poiché ognuno di questi ha due guance
superiamo i 200.000 baci annui. So che è stressante ma è il
miglior modo per far sentire le Istituzioni vicine al cittadino.
Ma
torniamo a noi. Sega sì o sega no? No comment. Da quando mi sono spogliato
(idealmente, perché materialmente non mi spoglio più da quando undici
anni addietro mi hanno beccato col culo di fuori e sbattuto sulla
copertina di Novella 2000) della mia veste politica per rivestire
quella istituzionale ho deciso di astenermi da qualunque tipo di commento.
Piuttosto voglio regalarle questa immagine della Madonna di San
Luca: so che lei è laica, ma mi creda, fa dei miracoli
incredibili. Prenda il mio caso: alle elezioni non ho raggiunto il quorum,
nemmeno uno straccio di 4% e nonostante ciò sono diventato
presidente della Camera. Non è un vero miracolo? Ma adesso la lascio
perché devo andare a baciare un gruppo di pescatori delle Galapagos
di passaggio a Roma”.
È
sulla porta ma fa rapidamente marcia indietro. “Mi scusi, avevo dimenticato
di baciarla”. Due rapidi baci sulle guance e scappa via.
Via
col motore: corso Rinascimento, Botteghe Oscure (lacrimuccia quando passo
davanti al Bottegone), via IV Novembre, via Nazionale contromano e Viminale.
Ad attendermi il sottosegretario agli Interni Carlo Taormina.
“Quanto
riportato sul suo giornale, cara signora, rientra perfettamente nella
logica dei pubblici ministeri e dei gip loro degni
compari. Chi ci dice “prosegue Taormina “che si tratta di un massaggiatore
che si fa le seghe e non invece di un segaiolo che fa i massaggi?
Se così fosse tutto sarebbe assolutamente legittimo. Ma anche in questo
caso, mi creda, i magistrati sosterrebbero che fare massaggi è reato.
Ma se ne accorgeranno questi signori che per loro il... Carnevale
è finito, altro che!
Quanto alla Ragazza del bar, beh, lasciamo stare. Lo sappiamo tutti
che è un’agit prop dei Ds e che prima di venire da voi lavorava come vice
banconista al bar della Procura di Milano e non faceva pagare
il caffè alla Boccassini. E si ricordi: dietro ogni sega c’è una
mano, e quella è una mano rossa. Adesso la lascio perché sono
stato invitato, non a titolo personale ma a nome del Governo,
alla festa per l’assoluzione di Mannino e sono già in
ritardo”.
Già
che ci sono decido di passare dal Ministero delle Politiche Comunitarie.
Rocco Buttiglione mi riceve immediatamente.
“Conti sempre sulla mia disponibilità signora” questo l’esordio.
“Sono ministro ma non conto assolutamente nulla. Sono qui perché
da oltre Tevere qualche amico influente ci ha messo una buona parola e del
resto il premier non poteva dire di no dopo tutto quello che la Curia
ha fatto per lui in campagna elettorale. Essendo il mio dicastero
inutile l’unico modo per avere un po’ di visibilità è quello di spararacchiare
qua e la'".
Più grosse sono più se ne parla. Rivedere la legge sull’aborto? Titoli
a sette colonne. Abolire l’inno di Mameli? Venti secondi al Tg
1 delle 20. Ma andiamo a noi. La sua domanda verte sulla liceità
della sega. Non le rispondo né da politico né da filosofo (non sono
né l’uno né l’altro) ma con un proverbio: fra i due mali scegli
sempre il minore. Farsi seghe è peccato, ma abortire ancora peggio.
Nessuna donna può restare incinta per una sega e se non resta incinta non
può abortire. Cosa se ne deduce? Meglio una sega che scopare. Le
sembra sufficientemente come conclusione?”
“Ha centrato l’obiettivo signor Ministro”.
Mi
scapicollo sulla Cristoforo Colombo. Meta la Regione Lazio.
Schietto come sempre, senza venir meno alla sua tradizionale signorilità,
il presidente Francesco Storace.
“A
Mata mia (con Francesco ci diamo del tu da anni, ndr) che er monno
gira all’incontrario. Ma dimme tu: sto’ stronzo rimedia na pischella
de diciassette anni e magari bbona, je sfila reggitette e mutande, la
stenne sur lettino e che ffa? Invece de zompaglie addosso e farsela de
tutti li pizzi come farebbi io, la massaggia, la riveste, a fa sloggià e
se fa na sega. A me da quanno so’ diventato presidente me tocca essere
tollerante, ma froci e pipparoli l’ammazzerebbi tutti. E nun lo scrive
se no la prossima volta che l’encoccio te corco de botte”.
Rientro
in centro per la mia ultima tappa: Palazzo Chigi. Avevo già
appuntamento col premier Berlusconi.
“Vergogna,
comunista. Non creda che mi sia dimenticato di lei” è il suo
esordio. “Mesi addietro lei si è introdotta subdolamente ad Arcore, col
pretesto di
un’intervista. Comunista, si vergogni. So
benissimo perché quella vipera della sua collega ha
scritto quel pezzo: per speculare poi sul conflitto di interessi”.
“Scusi
presidente, ma cosa c’entra il conflitto d’interessi con le seghe?”.
“C’entra,
c’entra. Sapete tutti che la Forza Sega spa di Cinisello
Balsamo (leader nel settore degli utensili per falegnameria) è al 10% di
mio fratello Paolo, al 20% di Fedele Confalonieri e per il
restante 70% della Sega inc. una società off shore delle
Cayman’s Island ma che fa capo a me. Qualunque cosa io dicessi voi del Barbiere,
la Repubblica e L’Espresso ci ricamereste sopra.
Anzi le dico di più: qualora la cosa dovesse arrivare in Parlamento
lascerò liberi i miei deputati di votare secondo coscienza, tanto
ci penserà poi Gianni Letta a dire alla loro coscienza come devono
votare. La mia è la cultura del fare, non del dire, infatti
adesso la lascio.
Devo correre a Genova ad apparecchiare la tavola per il pranzo
d’apertura del G8, innaffiare le piante del salone, spolverare il
tavolo delle conferenze, accertarmi che non ci siano comunisti nascosti
nei bagni e così via. Fare insomma, non dire.
Mata Hari
6
Luglio 2001 - Mai far spuntare il Manifesto dalla borsa |
Questa
è bella: ti spunta dalla borsa "Il
Manifesto" e finisci quattro
ore nelle mani della polizia, prima perquisito poi costretto per tre
ore in auto, mentre gli agenti, pistola
in pugno, entrano nella casa dove hai preso dimora.
La sindrome anti-terrorismo, nella Genova che prepara il G8, porta le
forze dell'ordine anche a simili gaffes. Ma vogliamo raccontarlo per
benino, l'episodio capitato al giornalista romano Raffaele
Pulika Calzini, che collabora con la rivista "Carta", ascoltando la sua versione dei fatti, ma riferendo pure
le notizie fatte uscire dalla Questura di Genova, circa un suo passato da
"testa calda" e
lanciatore di molotov, con relative denunce a suo carico. Dando
spazio, infine, alla polemica fra Pierluigi
Sullo, il direttore di "Carta", con la Fnsi
e la risposta di quest'ultima.
"Mi
hanno fermato e poi perquisito senza un motivo serio. Solo perché, mi hanno detto, dalla mia borsa fuoriusciva "Il
Manifesto". Questo ha raccontato ieri in conferenza stampa
Raffaele Pulika Calzini, nella sede del quotidiano romano, con il quale
collabora da anni.
Calzini ha 28 anni, da uno risiede a Parigi, è impegnato nella Commissione
media del Global Social Forum e per il G8 sta preparando una tv on
line per conto del periodico "Carta" e del quotidiano francese
"Liberation". Nella
sua borsa gli agenti trovano una
lista con i materiali da tenere pronti al momento della
manifestazione.
"Ma
questo è un elenco noto da giorni - ha spiegato il giornalista, nella sua
ricostruzione dei fatti - Si
tratta degli strumenti di cui dotarsi nel caso venga fatto uso dei
lacrimogeni. Videocamere, maschere anti-smog, come debbono essere
protette le camere dal getto degli idranti e così via. Insomma, le
istruzioni per continuare a dare
informazioni anche entrando nelle cortine fumogene". Calzini è
stato fermato alle 16 del 4 luglio, assieme a Leila Dacli, esponente francese del Gsf, che in una nota denuncia
come la tensione si stia alzando a Genova e che "si corrono rischi
per un'informazione democratica sul Vertice".
"Eravamo
vicino alla stazione di Porta Principe - ha proseguito Calzini - Ci hanno
portato in un ufficio vicino all'Hotel Reale l'Aquila e ci hanno fatto un
sacco di domande, fra le quali dove
avevamo dormito. Abbiamo risposto che avevamo dormito in un
appartamento di persone che lavorano al Gsf. Allora, con la ragazza, si
sono recati in quell'alloggio, dove
sono entrati con le pistole in pugno. Io intanto ho aspettato tre ore
in macchina sul piazzale.
Alla fine ci hanno portato in Questura, dove abbiamo notato un gran
nervosismo: qualcuno si è reso conto della messa in scena e degli effetti
deliranti di questa operazione. Siamo stati in Questura circa un'ora senza alcun interrogatorio formale nè un verbale finale, poi siamo
stati rilasciati. In teoria questo fatto può anche non essere
accaduto".
Ma
ecco un altro particolare, anticipato dal "Corriere Mercantile".
Raffaele Pulika Calzini era stato denunciato nel '98 e nel '99 per reati
quali la fabbricazione di materiale
esplosivo, lesioni personali volontarie, oltraggio, resistenza a pubblico
ufficiale, furto, danneggiamenti e altro.
La polizia ha confermato queste notizie, facendo sapere che buona parte
delle denunce si riferiscono a una manifestazione contro l'estradizione
del leader curdo Abdullah Ocalan, nel '99 a Piazza
della Repubblica a Roma, durante la quale furono lanciate molotov contro la compagnia aeronautica turca.
E'
evidente che, in questa luce, un'azione
preventiva della polizia avrebbe avuto un fondamento. Ma cosa risponde
Calzini? "Io non ho mai tirato
molotov, non ho mai spaccato vetrine e non so neppure cosa avrei
rubato. Le denunce che ho sono la risposta dello Stato italiano a chi fa
politica in un certo modo. Si distribuiscono denunce a pioggia per tenere
la gente sotto pressione, farle sentire il fiato sul collo. Le accuse contro di me sono le stesse contro qualsiasi militante della
sinistra antagonista".
Pierluigi
Sullo, direttore di
"Carta", ha
sollecitato una presa di posizione della Fnsi sull'accaduto: "Se non
fosse quel sindacato corporativo
che è, dovrebbe dire qualcosa". Replica di Marcello
Zinola, segretario dell'Assostampa ligure: "Sul caso abbiamo già
preso posizione il 4 sera con un comunicato, interessandoci anche delle
eventuali necessità di aiuto del collega".
In serata, un comunicato anche della Fnsi, che annuncia l'intervento di Paolo
Serventi Longhi ad una conferenza stampa che sarà indetta a Genova il
12 luglio, nell'imminenza del G8.
"Alcuni
episodi avvenuti a Genova e Roma - scrive la Fnsi - che hanno visto
giornalisti al centro di discutibili
iniziative delle forze di polizia, fanno nascere forti preoccupazioni
sulla delicata fase che precede il G8". Annunciando la conferenza
stampa, la federazione guidata da Serventi Longhi "rivendica con
grande determinazione la totale
libertà di movimento di tutti i giornalisti" e riafferma
"con forza" il diritto di cronaca.
Bds
4
Luglio 2001 - Ho una notizia: farsi le seghe e'
reato |
Io
finalmente una notizia ce l’ho ed è anche grossa: farsi seghe è un reato. Un avventore di passaggio ha lasciato al
bar un quotidiano. Me caduto l’occhio sul maschione della foto, un massaggiatore
sulla quarantina (c’è anche nome cognome e età precisa), che è stato
arrestato e adesso è in galera
per aver sfilato reggiseno e mutandine a una cliente di diciassette anni.
A un’altra, maggiorenne, ha fatto il massaggio e poi, quando la ragazza
se n’è andata, s’è fatto una
bella sega. Il tutto è stato ripreso dalle microspie degli
inquirenti, infilate nello studio dell’uomo dopo che la minorenne e i
genitori avevano denunciato questa barbara
pratica.
La
ragazza, dopo il primo appuntamento, aveva infatti confidato ai genitori
che, dopo averla fatta spogliare, l’uomo l’aveva massaggiata. Turbata,
ha sporto denuncia, prestandosi a fare da esca. E’ quindi tornata nello
studio (monitorato dalle telecamere) e al momento di sfilare le mutande ha
pronunciato la frase convenzionale ‘Ho
comprato un coniglio bianco’. Irruzione della polizia e fine dell’incubo.
Contro
questo ‘dispensatore di
spermatozoi’, più o meno al vento, c’è una prova schiacciante: i
filmati infatti confermano che faceva togliere mutandine e reggiseno solo
alle giovani bellocce.
Le vecchie, le ciccione, gli scorfani,
invece, erano costrette a sottoporsi alla terapia con tutto l’intimo
addosso. In un caso poi, il bruto in questione (che è per giunta sposato)
s’è addirittura scopato (traduzione
brutale di un più fine ‘s’è spinto ben oltre’) una cliente.
Ma siccome era consenziente
gli inquirenti hanno preferito soprassedere, invitandola a testimoniare
con molta circospezione, in quanto felicemente coniugata. In difesa del
porcellone è intervenuta un’attempata
cliente. Ma non fa testo, nonostante, per sua stessa ammissione, da
mesi sia riuscita con la sua avvenenza a irretire uno con dieci anni di
meno.
I
dati insomma di questo infame crimine
ci sono tutti, riportati con ammirevole precisione. Io però non ho capito
molte cose:
1)
Un massaggiatore può fare massaggi?
2)
E’ vietato fare massaggi a ragazze prima del compimento del diciottesimo
anno d’età?
3)
È vietato ai massaggiatori invitare i clienti a spogliarsi del tutto (e in tal caso la mia massaggiatrice dev’essere
lesbica)?
4)
È vietato non spogliare
le cessone (reato che mi
piace molto, logica spiegazione della mia castità coatta)?
5)
E’ vietato farsi una sega da soli
e non in compagnia? O è
semplicemente comunque vietato farsi una sega?
Si
tratta, come vedete, di interrogativi di profonda valenza esistenziale a
cui il cronista –limitandosi a riportare dettagliatamente i fatti- non
ha ovviamente potuto rispondere. Siccome la storia m’intriga molto,
prego i lettori di farlo per lui.
A
proposito: ammesso e non concesso che uno che si fa una sega possa essere
considerato innocente, metti che non si ravvedano gli estremi di reato
(masturbazione dopo l’esercizio della professione?) e che l’uomo esca
dal carcere e torni al lavoro… perché il cronista non fornisce anche il
numero di cellulare per un
eventuale appuntamento? Legge sulla privacy?
La ragazza del bar
4
Luglio 2001 - Chi trova Berlusca, trova un
tesoro |
Lui
era uno di quelli. Uno di quelli che sudava per uno scatto che gli valeva
la giornata. Adesso ha trovato la sua miniera d’oro. Ha firmato le
immagini nella campagna di Silvio Berlusconi a gennaio.
Ma
dove è finito? I suo colleghi volevano chiamare Rai tre, per
rintracciarlo attraverso il programma “Chi l’ha visto”.
Riesco a scovarlo.
Preferisci
i “pezzi grossi” ora?
“ In realtà è l’agenzia ad indirizzarmi verso l’uno o l’altro
politico da fotografare e vado dove mi mandano! Non ho più tempo di fare
niente, ora!”.
Un
pub romano fa da cornice al nostro incontro. La musica è troppo alta e
invece di parlarci ci ritroviamo a urlare: il fotografo preferito di
Berlusconi ed io.
E’ un po’ fuori tema la sua camicia di jeans, le luci soffuse,
evidenziano un po’ impertinenti, le rughe sulla sua fronte.
La svolta.. dopo una vita di
sacrifici….
Nelle
foto, il Presidente del consiglio dei ministri ringiovanisce di
10 anni, ma l’autore di quegli scatti, a quanto pare, non da molta
importanza alla sua immagine. Ultra trentenne, robusto, pesante accento
romano, un po’ tropo Kitsch. Il suo primo grande clic con l’allora
solo cavaliere, leader di FI ed industriale Silvio Berlusconi è apparso a
gennaio su uno di quegli enormi manifesti, tanto criticati, che hanno
invaso Roma e l’Italia con frasi promettenti come: “Meno tasse per
tutti”.
Lui ha poi lavorato, assieme ad altri fotografi di altre agenzie, per il
portfolio utilizzato per il libro Una
Storia Italiana. A quanto pare queste foto le ha scattate 6 mesi
prima, in una conferenza stampa e poi…. non sa “che fine abbiano fatto”.
Fard,
sorrisi, mascherone, mascara e qualche capello in più per il premier
Berlusconi nelle foto dei cartelloni di gennaio. Troppo giovane il Silvio
Berlusconi immortalato sugli immensi manifesti dei primi dell’anno per
la campagna pre-elettorale. Il particolare non era sfuggito nemmeno ai
più distratti.
Come
avranno fatto. Forse qualche trucchetto? Il fotografo sostiene di no.
Quelle
immagini sui cartelloni dei primi dell’anno erano identiche alle foto
che gli hai fatto tu?
Ti ho detto di sì! Sono piaciute così, a lui andavano bene così com’erano!
Non
si allarga più di tanto, mi dice che le ha scattate un mese e mezzo
prima, poi esige l’anonimato e dice che devo consultare i
comunicati stampa dell’agenzia perché la questione è ancora delicata e
gli fanno storie.
Quelle
immagini, nelle agenzie giornalistiche, nelle redazioni, hanno fatto
concorrenza alle barzellette sui carabinieri. Bisognava, a tutti i costi,
avere il fotografo che era riuscito a fare il miracolo. Berlusconi
giovane, frizzante, rinvigorito. Tanti capelli e meno tasse per tutti. A
chi non è passato per a testa che il leader Berlusconi avesse un po’
esagerato. Intanto però se ne parlava. Foto e immagini erano sulla bocca
di tutti.
La campagna pubblicitaria ha sortito i suoi effetti, e chissà che non sia
stata fatta apposta! Berlusconi stravince alle elezioni. Altro che liste
civetta, che accordi con la Lega. Il vero asso nella manica di
Berlusconi è lui… il suo fotoreporter preferito.
In
cielo, in terra, in televisione, in stazione, sulle strade e navigando in
Internet, il cavaliere Berlusconi irrompeva ovunque. Lungo i viali dei Parioli, tra le auto parcheggiate, spuntava
lui. Dalla popolosa Prenestina ai monti Tiburtini e poi nell’affollata
Tiburtina lui, per elargire sorrisi immensi e parole di conforto. Con un
po’ di colla in più, per far presa, i manifesti della periferia,
affinché non si strappassero.
Berlusconi
visione materiale e tormento dello spirito. Per telefono, dopo qualche
giorno gli pongo per l‘ennesima volta la stessa domanda di quando ci
siamo incontrati nel locale:
Quando
hai scattato quelle foto?
Ma come, te l’ho detto, è uscito persino un comunicato stampa dell’agenzia
(Olympia press ndr) alla fine di gennaio ed è stato inviato a tutti gli
organi di stampa…Quelle foto erano recentissime.
Si
va be lo so, ma nessuno ci crede. Come fa un uomo ad avere 10 anni in
meno, un mese, e poi 10 anni in più, il mese successivo… ?
Le ho scattate un mese e mezzo prima, per l’agenzia. Il chiasso, le
critiche sulle foto, non hanno infastidito il leader di Forza Italia,
anzi, è rimasto soddisfatto del mio lavoro.
Insomma
hai lavorato bene, ma da quando scatti foto?
<Da quando avevo 17 anni>.
Ora lui, col suo obiettivo, non perde mai di vista il Primo
ministro. E’ stato a Goteborg (Svezia), andrà a Genova per il G8. Ha
studiato all’istituto di Cinematografia di Roma (lo stesso di Veltroni,
sindaco di Roma). Specializzazione in fotografia.
Mi chiede se ho bisogno delle foto di 3 cuochi, visto che il suo ultimo
servizio tratta proprio questo argomento. Per realizzare quest’ultimo
book fotografico ha impiegato più
di un anno.
Se
davvero le foto di Berlusconi sono state scattate un mese e mezzo prima,
una domanda sorge spontanea …Silvio Berlusconi ha un elisir di eterna
giovinezza (che funziona a tempo), oppure è andato a Lourdes prima degli
scatti?
La Contessa di Castiglione
4
Luglio 2001 - In Sciascia we trust |
Il Borsellino dimenticato bis, il Borsellino dimenticato ter.
Vecchie abitudini, non solo palermitane. Cose Strane tra Palermo e
Caltanissetta, tra stampa e procure. L'Ansa virtuale a Palermo. Come da
copione, gran clamore in fase di indagine e processi caduti poi nel
dimenticatoio ma se non fosse per Radio Radicale.
Andiamo con ordine. Lunedì 25 giugno, udienza del processo in appello
Borsellino "ter". Cupola mandante da "Totò" in poi
nelle gabbie degli imputati. Fa capolino un pentito, il secondo dopo
Vincenzo Scarantino, che risponde al nome di Giovanbattista Ferrante.
Come nelle migliori fotografie tragicomiche dell'isola, il collaboratore
di giustizia racconta di un incontro con un membro della cupola, tale
Salvatore Biondo detto "U' Curtu" (leggasi in italiano
"Il corto") che si distingue da un omonimo che, manco a dirlo,
si chiama
"U' Luongu" (leggasi "il lungo").
Il pentito Ferrante racconta di una conversazione in carcere con
Biondo. Morale della favola: gli uomini di "panza" ai vertici di
Cosa Nostra contenti perché le indagini andavano nella direzione
sbagliata: non fu una 126 a saltare in aria ma un bidone da 200 litri
coperto di calce e carico di esplosivo!
Sempre il pentito rivela di quando in fase di ammissione al programma di
protezione per i collaboratori, si è sentito dire dai PM antimafia di
Caltanissetta che ciò non poteva essere accettato pena "il rischio
di buttare al macero anni e anni di indagini".
La stessa cosa dissero i PM in aula a Como alcuni anni fa quando increduli
si sono ritrovati, Scarantino ritrattare e accusare i vertici inquirenti e
investigativi di allora, dal PM Ilda Boccassini al Questore
Arnaldo La Barbera. Gli avvocati, che come ogni parte processuale tirano
acqua al loro mulino, cercano di sollecitare i cronisti di giudiziaria del
capoluogo.
Ansa di Palermo narcotizzata che attende "lo stenografico" della
cancelleria. Quotidiani e televisioni presi dai "vasa-vasa" di
Totò Cuffaro vittorioso. Chi c'era in aula quel lunedì 25? Nessun
cronista tranne l’immancabile e inossidabile registratore di Radio
Radicale, la cui struttura siciliana di produzione - sette tecnici di
indotto, dozzine di dibattimenti registrati integralmente - creata più di
dieci anni fa da Sergio Scandura, inviato dell'emittente, ha costretto
persino alcuni magistrati per la prima volta ad ascoltare (e ascoltarsi)
la rubrica dello "Speciale Giustizia".
Scandura infatti non ha esitato un minuto e quella udienza l'ha subito
mandata in onda, imbastendo una esclusiva. La reggente dell'AdnKronos nel
capoluogo Elvira Terranova (e autrice di qualche "buco" all'Ansa
palermitana) annuncia la trasmissione radiofonica serale proponendo
qualche "virgolettato" e al Palazzo di Giustizia di Palermo il
giorno dopo non sono in pochi a parlare di Caltanissetta.
Può darsi che il pentito Ferrante racconti anche "palle" ma una
cosa è certa: da alcune settimane a questa parte succedono cose strane in
quei processi che dovrebbero far luce sulla strage che ha fatto saltare in
aria il povero Paolo Borsellino inclusa l'assenza di un qualsiasi cronista
locale.
Idem nelle settimane precedenti. Il vice questore Genchi che parla al
processo di intercettazioni telefoniche tra Cosa Nostra e un centro studi
a Monte Pellegrino che ospitava un capocentro SISDE; lo stesso sito
del centro studi - il Castel Utveggio in cima a Monte Pellegrino - come un
probabile grande fratello che poteva essere utilizzato per la detonazione
della bomba, accuse su indagini frenate.
Il pentito Brusca usa il palco del processo per "lanciare
"messaggi" sulla misteriosa "cattura" di Riina.
Dimenticato Borsellino, e i suoi processi: bis e ter. Cari giornalisti
siciliani e non, non vale la pena occuparsene, spostare magari il
fondoschiena e andare ogni tanto a Caltanissetta? O qualche magistrato o
investigatore che dir di voglia a voi amico poi vi toglie il saluto e non
vi passa più "le carte" prima ancora che si tengano i processi?
Complimenti al nasuto inviato di Radio Radicale.
In
Sciascia We Trust
3
Luglio 2001 - Caso Zincone. Ve lo dico io
come ando' |
Vent'anni
dopo la memoria può fare cilecca, anche a un simpatico amico come Tonino
Bettanini. E ha ragione Giuliano Zincone a mettere i puntini sulle i.
Se a qualcuno può interessare, posso aggiungere qualche particolare di
come andò quella storia. In quel periodo ero, per conto de Il Lavoro, in
Irpinia a seguire il post terremoto. Ai primi di gennaio il direttore, Giuliano,
mi dice di spostarmi e andare a Roma a seguire il caso D'Urso
perché stava entrando nella fase cruciale, con la richiesta delle BR di
pubblicare il loro documento.
Zincone non lo scrive nel suo intervento al Barbiere, ma é giusto
ricordare chi fu, allora, a decidere il "black out" per tutti i
giornali del gruppo Rizzoli: l'allora amministratore delegato Bruno
Tassan Din.
Come nacque la disobbedienza di Zincone? E' vero, c'era il
concorrente genovese Il Secolo XIX (direttore Michele Tito,
condirettore Giulio Anselmi) che stava meditando -con grande fatica
e sofferenza- di rompere il cordone del black out.
A Roma lo stesso Messaggero -direttore Vittorio Emiliani-
era tentato. Zincone era, come é sempre stato, fuori da giochi politici o
da cordate, ragionava -e ragiona- secondo criteri spesso e volentieri
valutati come "ingenui": faceva il liberale, sempre e comunque,
punto. Sceglieva, decideva, ma sapeva ascoltare i colleghi e/o
colleghi-amici.
Mi disse: vedi un pò com'é
questa storia del documento Br che hanno i famigliari del magistrato
rapito. Mi piazzai, praticamente, in casa D'Urso, e raccontavo a Giuliano
cosa succedeva: le ipotesi, le angosce, le decisioni della moglie, i
tentativi di Lorena, la figlia. Quando Zincone decise di pubblicare seppi
che i tipografi de Il Lavoro, riuniti in assemblea, minacciavano
uno sciopero per non far uscire il giornale con il documento in pagina.
Telefonammo da casa D'Urso in tipografia, fu Lorena a convincere il
Consiglio di fabbrica. Il giorno dopo uscì Il lavoro con il documento.
Dove? Nella pagina degli "entertainment": dopo i cruciverba, la
striscia doppia di Tex Willer, il documento (titolino 1 colonna
corpo 14) era composto in corpo 6.
Lo scandalo, in Rizzoli, fu lo stesso clamoroso. Giuliano il
liberale aveva rotto il fronte. "Domani non so se sarò ancora
qui", mi disse al telefono. E infatti. L'indomani chiamo il giornale,
senza pensarci chiedo del direttore e -accidenti, nessuno mi avvisa- mi
risponde Lorenzo Iorio.
Il direttore della Divisione Quotidiani si era fiondato da Milano a Genova
in poche ore, occupando la stanza del direttore. "Che vuoi?", mi
fa burbero. E io, dopo qualche balbettìo, propongo il pezzo per
l'indomani. "Sessanta righe", risponde, e sbatte giù il
telefono.
Cerco Giuliano all'albergo Eliseo dove viveva a Genova e mi dice
che sta facendo le valigie, la Rizzoli aveva disdetto il contratto con
l'albergo da quel giorno stesso (ma forse Bettanini non sapeva questi
particolari). Ciao, a presto, "e lavora", conclude.
Ovviamente, benché sconcertato (e, posso dirlo? indignato), non mi faccio
pregare. Tra l'altro mi accorgo che collegando cinque siti (dove erano
state fatte trovare le lettere delle Br, la casa D'Urso e la sede del Psi
di via del Corso- anche in quella vicenda il Psi di Craxi era "trattativista")
sulla mappa di Roma si ottiene una stella a cinque punte che racchiude il
centro di Roma.
Lo scrivo. Il giorno dopo questa parte non c'é. Telefono a Iorio
per aveva spiegazioni. "Noi non facciamo propaganda alle Br". Risbatte
giù il telefono, é l'ultima volta che l'ho sentito. Iorio lascia il
posto al nuovo direttore, Ferruccio Borio, e inizia un'altra storia.
Tutto questo per confermare quello che raccontava Zincone a Bettanini: un
caso di licenziamento -come dire?- assai ruvido. Una storia dalla quale
chi ne é uscito in piena dignità é stato soltanto Zincone.
Daniele
Protti
3
luglio 2001 - Chi ha detto che in Marocco ci troveremmo male? |
Caro
Barb, vorrei scrivere un paio di cosucce per il Gigio Lettore, italianoide
ignorante e reazionario ma nei limiti del buon senso bottegaro, che si
informa di cio' che è democratico la notte alla tv guardando il
Costanzo Show per poi sparare a zero, di giorno, su immigrati,
comunisti-terroristi, sieropositivi, cioè, il POPOLO DI SEATTLE.
Vorrei scrivergli: Premetto che
anch'io mi spacco la schiena e allora, se abito a Genova e ho bisogno di
andare in centro, mi fate passare perché ho da fare, e non me ne frega
niente se Bush ha da dire qualcosa "in privato" sugli scudi
spaziali
A proposito dei diritti delle minoranze: credo che siamo fortunati ad aver
trovato lavoro a casa nostra e non in un altro paese o continente. E se è
vero che in Marocco ci troveremmo male (ma chi lo ha detto?) ed in Algeria
ci tagliano la gola, dovremmo essere noi europei a dare il buon esempio,
tanto piu' se cattolici.
La polizia lavora come noi. Vero, e se qualcuno la mette contro
l'"orda barabarica" dei manifestanti è perché Bush deve
recitare l'imbeccata-sermone sul libero mercato e certe cerimonie
richiedono il piu' ossequioso silenzio.
Ritenersi fortunati ad aver avuto un colloquio con le cariche
istituzionali? Le "cariche" istituzionali non stanno dove sono
per volontà divina, non piu', ma della comunità che li vuole.
Sono uomini in carica, non "cariche". Inoltre, se chi ritiene
che sia giusto mangiare una mela cresciuta solo di sole, acqua e terra, o
chi ritiene che certi farmaci salvavita andrebbero distribuiti
gratuitamente, o chi ritiene che l'antenna cellullare "la mettano a
casa loro", e mettici pure il comunista disoccupato che vuole il
salario garantito e case popolari decenti, se tutti questi e diversi
insomma "gridano battaglia e lotta allo Stato" solo perché gli
passa per la testa un pensiero che gli rode e hanno voglia di urlarlo ai
quattro venti come è loro sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione
italiana, allora sei fuori strada e ti hanno fuso il cervello, con i
precotti, col micro-onde, con la tv, con i titoli di giornale, con la
barzelletta dei buoni che ci provano e dei cattivi che danno fastidio, ma
il mondo non è composto da due parti, il bianco e il nero, è complesso,
come è complesso e vario il "popolo di Seattle" in mezzo al
quale magari ci trovo pure mio zio contadino perché il fiume con gli
scarichi abusivi gli ha mandato in malora l'annata.
E sparare sulla complessità, come è successo a Goteborg, non è proprio
il massimo della garanzia che un nascituro sistema globale europeo puo'
dare alle mille comunità che lo compongono.
"Stringendo": a tutti tocca lavorare, chi non lavora protesta, o
sta zitto e incassa a nero, o, è vero, nuoce. Oppure fa migliaia di
chilometri alla ricerca di uno straccio di futuro. Magari ha gente a casa
che aspetta. E lavora sodo.
E non gliene frega niente che a qualcuno puo' dar fastidio e tira avanti,
perché ha cose piu' serie a cui pensare. La libertà se la guadagna ora
per ora, non la spreca, ma magari a Genova ci va. Magari qualcuno romperà
vetrine, ma non è stato lui. Allora perché la polizia lo pesta, o meglio,
chi ha ordinato alla polizia di farlo?
E quei ragazzini del liceo che non stavano facendo un bel nulla? Se i
provocatori sono scappati perché non li hanno inseguiti e presi, perché
sono stati manganellati e arrestati gli studenti? Vedi, il mondo è
complesso, e le cariche istituzionali, ma anche questa è una
semplificazione, spesso ci sguazzano.
Potereallezucche
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luglio 2001 - Il soldi che lavano l'onore |
Claudio
Riolo, docente
universitario condannato a pagare 118 milioni a Francesco “Ciccio”
Musotto. Si è già visto lo stipendio decurtato di un quinto.
Umberto
Santino, presidente del
Centro Impastato dovrà risarcirne “soltanto” dieci a Calogero
“Caliddu” Mannino.
Il
primo è stato condannato per avere espresso qualche perplessità per il
fatto che Musotto, da presidente della Provincia, continuasse a difendere
un imputato di mafia. “Ho solo detto” afferma Riolo” che era
una situazione quanto meno imbarazzante e per tale affermazione
sono stato condannato”. Santino invece è stato condannato per un
articolo apparso su Narcomafie di cui direttore responsabile è
don
Luigi Ciotti.
“È
palesemente in atto” dice Franco Nicastro, consigliere dell’Ordine
dei giornalisti della Sicilia” il tentativo di instaurare un clima di intimidazione
nei confronti di chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il
persistente fenomeno della contiguità tra politica, mafia
e affari. Nel corso della conferenza stampa tenuta a Palazzo delle
Aquile il 28 giugno scorso abbiamo posto il problema ed è stata decisa la
costituzione di un fondo di solidarietà che, sia chiaro, non è una colletta
per Riolo e Santino bensì un primo passo per difendere la libertà di informazione,
di opinione e di ricerca nell’ambito della lotta alla mafia. Tale fondo
sarà gestito da un comitato di garanti di cui hanno già accettato di far
parte Rita Borsellino, don Luigi Ciotti e Valentino
Parlato”.
“Nicastro,
perché secondo te c’è un uso sempre crescente del ricorso al
procedimento civile per il risarcimento danni da diffamazione a
mezzo stampa anziché, come una volta, a quello penale?”.
“Perché il primo presenta notevoli vantaggi rispetto al secondo:
1)
il risarcimento danni in sede civile può essere chiesto a distanza
di cinque anni dai fatti mentre per una querela penale non si
possono superare i novanta giorni;
2)
nel procedimento civile si può ottenere la condanna del presunto
diffamatore senza l’onere di dover dimostrare l’esistenza
del reato di diffamazione;
3)
è possibile ottenere risarcimenti sproporzionati per danno
morale anche quando non si riesca a dimostrare l’esistenza di un
effettivo danno materiale;
4)
la condanna è immediatamente esecutiva senza dovere
attendere l’espletazione di tutti i gradi di giudizio;
5)
il giudizio civile comporta un minor clamore di quello
penale, sempre sgradito al presunto diffamato.
Credo
che sia dovere del giornalista sottoporre l’operato di chi ricopre
cariche pubbliche al vaglio critico dell’opinione pubblica e soprattutto
che i politici si rendano conto di avere responsabilità aggiuntive
rispetto a quelle dei comuni cittadini perché i loro
comportamenti coinvolgono la credibilità delle istituzioni.
Fermo restando che l’accertamento di eventuali responsabilità
penali spetta solo ed esclusivamente alla magistratura è
sacrosanto diritto della nostra categoria stigmatizzare tutti quei
comportamenti che configurano responsabilità politiche e morali”.
“Insomma,
pare che stia passando la tesi che i soldi ripuliscano anche l’onore?”
“Sembrerebbe di sì ma sarebbe semplicistico fermarsi a questa
affermazione. Un dato: nel 2001 il tribunale di Palermo ha finora trattato
undici cause e ben dieci si sono concluse con la condanna
dei giornalisti a pene comprese fra i venti e i cento
milioni.
Ciò che più mi preoccupa è l’inquietante tendenza generale alla
limitazione dell’art. 21 della Costituzione che, ricordo, afferma il diritto
di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione. In più, negli ultimi anni
parallelamente al processo di concentrazione della proprietà dei
mezzi di comunicazione di massa si assiste a un attacco dei poteri forti
alla libertà di informazione e di opinione: il risarcimento di 20
miliardi chiesto da Berlusconi a Luttazzi e Travaglio ne
è un esempio”.
Qualche
caso.
Riccardo
Arena (Giornale di
Sicilia): l’ex ministro Mannino gli ha chiesto 500 milioni per
un articolo sullo stato della Sitas. Sempre ad Arena il collaboratore di
giustizia Gioacchino Pennino ha chiesto un risarcimento di 300
milioni per un articolo in cui Arena aveva riferito che il Pennino non si
era presentato in udienza e aveva presentato un certificato medico. Il
lato grottesco della faccenda è che quanto riferito da Arena era assolutamente
vero.
Franco
Viviano (la Repubblica).
Ha buone chances di entrare nel Guinnes dei primati con le sue venti e
passa tra querele e richieste di risarcimento danni. È già stato
condannato a pagare 100 milioni a Giuseppe Ayala, oggi deputato e
all’epoca sostituto procuratore a Palermo.
Viviano aveva riportato le dichiarazioni di un pentito il quale aveva
riferito che Ayala si sarebbe adoperato per ritrovare i mobili (rubati) di
un parente di Salvatore Cancemi. La condanna, oltretutto, si
riferisce non al contenuto dell’articolo ma al titolo. Il 4 luglio,
davanti alla sezione civile del tribunale di Roma, si discute una
richiesta di Calogero Mannino (sempre lui) che chiede un risarcimento di
un miliardo. La citazione è estesa anche a Giuseppina Zacco,
vedova di Pio La Torre, per alcune dichiarazioni rilasciate sulle
vicende giudiziarie riguardanti Mannino. Laconico il commento di don
Ciotti: “A volte i familiari delle vittime pagano due volte”.
Ma
gli strali dell’instancabile Mannino non si fermano ai soli
giornalisti: richiesti 700 milioni ad Alfredo Galasso, avvocato del
maxiprocesso per alcune affermazioni riportate nel volume La mafia politica.
Enrico
Bellavia (la Repubblica).
Per un articolo è stato citato per sei miliardi da un imprenditore il cui
nome era emerso nell’ambito di un’inchiesta su un traffico d’armi.
Sempre Bellavia è stato citato per un miliardo da mons. Salvatore
Cassisa, vescovo di Monreale per avere riportato alcune accuse rivolte
al prelato. Caso stavolta rigettato.
Al
fondo di solidarietà istituito giorno addietro e che ha come obiettivo
avviare una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione dell’opinione
pubblica avente come obiettivo la realizzazione di una nuova e più
equilibrata regolamentazione legislativa in materia di diffamazione hanno
aderito l’Arci, il Centro di documentazione Giuseppe Impastato, il
Centro sociale San Francesco Saverio, Il Manifesto, Libera, Mezzocielo,
Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola di
formazione etico politica Giovanni Falcone, Segno, Uisp.
Chi
desiderasse sottoscrivere l’appello può utilizzare il c/c postale n.
10690907 intestato a Centro siciliano di documentazione Giuseppe
Impastato, specificando nella causale “Campagna per la libertà
di stampa nella lotta alla mafia”. Ulteriori informazioni
telefonando allo 091.333773 oppure 091.6259789 o infine inviando una e
mail a csdgi@tin.it
Mata Hari
mata_hari@katamail.com
2
luglio 2001 - Le nostre trascurabili esistenze |
Ma
ne vogliamo parlare? O dobbiamo trascinare trascurabili esistenze tra
residenze inpgi, soggiorni a saxatraz, ipotesi su chi si potrebbe trombare
chi, e cose comunque serissime ma insomma qualche domanda ve la sarete
pur fatta, almeno dopo l’intervento di Paolo Rastelli.
Solo la panoramica di
Enrichetto? Nel frattempo a Bologna, e pare contemporaneamente a Roma,
nello scorso fine settimana si sono incontrati un po’ di militanti e
giornalisti in un convegno dall’esplicito titolo “Comunicare
Genova”.
Mediattivisti,
certo, ma non solo. Indymedia, che ha funzione di coordinare l’informazione
militante, e di metterla in rete, assieme a un network di radio, ma anche
Unimondo, Peacelink, Redattore Sociale, Popolare Network, Carta, Rai News,
Il Manifesto, osservatori vari. Intervento finale dell’ufficio stampa
del Gsf.
Discussioni,
testimonianze, considerazioni su come si sta facendo e si farà l’informazione
sui giorni del G8. L’argomento non è semplice. Da un lato la dura a
morire diffidenza del “movimento” nei confronti della stampa, da un
altro la ricerca del sensazionalismo di buona parte delle testate
maggiori, da un altro ancora la possibilità, data dalle nuove agevoli
tecnologie, di farsi l’informazione da sé.
Ci
sono più di 800 associazioni e simili nel Gsf. Ci sono in rete portali
che raccolgono il lavoro di centinaia di Ong. Ci saranno migliaia di anime
alle porte di Genova fra una ventina di giorni. Vi siete chiesti come
tutte queste facce abbiano in questi ultimi due anni imparato a convivere
e agire insieme senza bandiere – ovvero senza definizione? Loro si
sono chiesti come fare a comunicare questa complessità, che è reale,
forse dovremmo farlo anche noi.
Si
passa per l’aneddotica, Studio Aperto che dice noi veniamo solo per gli
scontri, Maurizio Costanzo che per l’ospite Agnoletto cerca uno coi
capelli lunghi meglio se con pearcing, Il Nuovo che certe notizie non le
passa, tipo il primo meeting di Attac Italia con Cassen, Benni, Paolini,
Moni Ovadia (non interessa, chiaro?), parole dure per Repubblica, Panorama
ormai nella leggenda, Casarini al posto delle tette. Pettegolezzi, forse,
ma anche tanta disponibilità, nuova. Forse adesso che l’informazione
se la fanno ne hanno compreso la difficoltà, e nello stesso tempo
sono più disincantati davanti a certi trucchetti.
Probabilmente
nessuno verrà più gambizzato, e questo è un bene,
ma in fondo è fiducia quella che ci viene data. Benevola e un po’
indifferente, siamo sempre dei poveri cialtroni, ma il nostro ruolo non
sarà minore per questo. Liberi di insistere sul “colore” delle tute
bianche, pronti a scattare per una vetrata di macdonald, ingenui nel
maneggiare lanci di sangue infetto e sequestri di poliziotti da usare
come scudi umani, esperti di risiko, un po’ incazzati perché con
gli accrediti non si sa bene dove si potrà andare, e se sarà possibile
uscirne una volta entrati.
Liberi di ragionare sulla città blindata, sulla legittimità del
vertice, sull’evento mediatico, sui pericoli reali di provocazioni dure
o di veri attentati, sui temi importanti dentro e fuori il palazzo, su
quello che di nuovo abbiamo davanti. E molto altro. Fatevi avanti.
Curiosa