Trenta righe
Sapete com'e', non
sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono
notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel
notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e
propri. Sono proprio p'ezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina.
Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete,
gente, scrivete. |
Appaiono periodicamente lamenti contro Mentana, il TG5, i suoi
dirigenti, i suoi capi, capetti e Kapò, veri aguzzini che schiavizzano la
redazione godendo dei frutti del sudore altrui. Orbene, vorrei spezzare
una lancia. Non tanto in favore di Mentana, che non ne ha bisogno, ma
spezzarla proprio sulla capa di colleghi cotanto piagnoni, dal Tenente
Colombo, a Genoveffa a tanti altri.
Caro
Barbiere, ...dai, facciamoci una risatina! Lo
so che non si fa, che ciascuno di noi ha il suo bel fardello di
"refusi d'autore" (...chi la fa l'aspetti ed sempre questione di
minuti...) e che questo non è il luogo per "toppare" colleghi o
redazioni ma l'occasione è ghiotta.
Tutti dietro la lavagna, ceci sotto le ginocchia, i pensosi redattori
dell'inserto culturale del Sole 24 ore. Nel numero di domenica scorsa, 27
maggio, a pagina V, hanno "passato" un articolo dello storico
Francesco Perfetti in memoria del quinto anniversario della scomparsa di
Renzo De Felice senza accorgersi di due svarioni, uno all'inizio e uno
alla fine del pezzo.
Oltre a quello di informare, la Stampa ha
un altro importantissimo compito all'interno di una società civile e
democratica: quello di fare da garante dei diritti dei cittadini e
delle minoranze segnalando all'opinione pubblica tutti quei casi di
ingiustizia e di violazione dei diritti umani che nascono da pregiudizi,
superficialità, incompetenza, o peggio ancora interessi corporativi e di
parte.
Purtroppo, se questo è vero in certi casi, non
lo è in un settore molto delicato come quello delle pari opportunità fra
genitori nelle cause di affidamento dei minori in caso di separazione o divorzio.
Il giro di affari di oltre 2000 miliardi di lire all'anno fatto sulla pelle di
migliaia di bambini, la ritrosia a mettersi contro corporazioni molto potenti
come quella degli avvocati e soprattutto quella dei magistrati, e in sostanza
il fatto di condividere con il resto del Paese una cultura di discriminazione
sessista che sotto una falsa vernice di pseudofemminismo è in realtà
fortemente maschilista, fa si che venga steso un velo di silenzio e omertà su
una giurisprudenza vergognosa che ha reso e continua a rendere di fatto orfani
di padri ancora in vita centinaia di migliaia di bambini.
Nel 96% dei casi i minori vengono affidati
alle madri, in un modo che spesso all'atto pratico toglie ai padri il
diritto/dovere di crescere, educare e partecipare attivamente alla vita dei
propri figli, trasformandoli a tutti gli effetti in padri ad ore. Si
tratta di una situazione assolutamente insostenibile in un Paese che si dice
liberale, la quale, oltre a violare il terzo articolo della nostra
Costituzione, lede pesantemente la dignità umana di tanti papà e rappresenta
una vera e propria violenza psicologica per i minori.
Di tutto ciò l'opinione pubblica non viene
informata, anzi, esiste un vero e proprio movimento di opinione nella
stampa che tende a cancellare il padre come figura attiva nell'ambito
familiare.
Per
adesso, una cosa sola è certa: se Feltri vince, siederà
all’interno del Consiglio di un Ordine che da tempo vuole
abolire, come dimostrano le sue campagne pro referendum dei radicali ma,
di sicuro, ne dovrà discutere con il suo (attuale) acerrimo nemico, quel Franco
Abruzzo che dell’Ordine è invece il massimo difensore e
baluardo da anni. Una bella scenetta, non c’è che dire, quella che si
prospetta, nel caso di pareggio (roba da Senato paralizzato del 1994…).
Ma una cosa è certa: nonostante Abruzzo abbia appena ieri querelato
Feltri (cfr. puntata n.1), promette “giustizia,
e non vendetta” nei confronti del suo antagonista. Il quale invece
pare non veda l’ora di mettere le mani sull’Ordine e di farne strame.
Strategia “niente prigionieri”. Come, dove e perché si vota. Date e numeri di uno scrutinio quasi più decisivo del 14 maggio.
E dunque, Vittorio
Feltri contro Franco Abruzzo è la scontro finale, la scelta decisiva,
la guerra delle guerre. Corpo elettorale, i giornalisti italiani,
posta in palio il Governo dell’Ordine dei giornalisti e nello
specifico quello della Lombardia, data delle votazioni 27 e 28
maggio prossimi (ma è previsto anche un turno di ballottaggio, il 3
e 4 giugno), sede degli scrutini l’Unione del Commercio di Milano
(sala Orlando, corso Venezia 49), e solo quella (con relative proteste
dei giornalisti di tutte le altre province lombarde, che a Milano ci
dovrebbero venire in trasferta), tesserino elettorale quello ormai
“mitico” dell’Ordine dei giornalisti medesimi, schede da votare tre
(rosa per l’Ordine nazionale, arancio per l’Ordine regionale
della Lombardia, arancio pure per quella di revisore dei conti),
sistema elettorale maggioritario (a doppio turno,
appunto).
I “giornalisti liberi”,
guidati dal direttore di Libero, all’assalto dell’Ordine e del
sindacato.
L’un contro l’altro
armati, in Lombardia, dunque, ecco che si affrontano due giornalisti così
famosi che al confronto il cavaliere di Arcore e il sindaco Beautiful
appaiono due illustri sconosciuti.
Milano (e Roma)-Ulivo si
difendono come possono: ma è proprio vero che chi governa perde?
Ecco, appunto, “la
sinistra”, il centro-sinistra, o quello che ne resta. La lista si
chiama “Riformare per informare”, sostanzialmente è formata dai
rappresentanti dell’area che oggi è al governo della Fnsi, “Nuova
Informazione-Gruppo di Fiesole”, a Roma come a Milano guidata da
Marina Cosi, vicesegretaria nazionale Fnsi e porta come proprio
capolista, appunto, “Ciccio” Abruzzo.
Solo che i “rinnovatori”,
un tempo noti come “gruppo di Fiesole”, oggi al governo, alleati
proprio con Abruzzo e i suoi, temono proprio di seguire le sorti
dell’Ulivo. Tanti anni di governo e di fatica, trattative lunghe ed
estenuanti per firmare un contratto contestatissimo e produrre una buona
riforma della professione, mai varata.
Dice, voglio fare il
giornalista. Già, il problema sono “i sogni di bambino”, quelli in cui
“la chitarra era una spada e chi non credeva era un pirata”. Per chi ha
“intorno ai trent’anni”, quando sognavi di fare il giornalista credevi che
avresti ticchettato su una macchina da scrivere.
Già. Però, se succede che una con cui stai ti
molla, cosa fai? Le scrivi una bella e-mail? O un sms?
No, le scrivi una lettera. A mano, s’intende. Poi va fino in
Posta (e chi ci va più alla Posta, oramai), comperi il
francobollo e lo imbuchi nella cassetta delle
lettere.
“Chi potendo dire una cosa in dieci parole la
dice in venti, lo credo capace di cattive azioni”.
Stamane non avevo una lira in tasca, peggio di
un barbone. Neanche la pizzetta in panificio, mi potevo permettere.
Figurarsi i soldi per i giornali. Li leggerò in redazione, quando
arrivo per il mio “tempo parziale”, mi consolo (tanto poi non li leggo
uguale: ascolto la radio, navigo su Internet, e di sera, o meglio di
notte, “recupero” il senso della giornata con i tg in replica e le
rassegne stampa.
La guerra tra Vittorio Feltri e
Franco Abruzzo,
entrambi candidati da due liste contrapposte alla presidenza dell’Ordine
della Lombardia, elezioni che si svolgeranno il 28/29 maggio (e il 4/5
giugno) prossimi, è al rush finale, ma sta assumendo toni davvero da
“scontro finale”, “civiltà contro barbarie”, e chi più ne ha più
ne metta. Con Feltri, padri, figli e fratelli
consiglieri dell’Ordine: da accusatori a supporters. Neanche Clemente Mastella, il “ras di
Ceppaloni”, sarebbe stato capace di tanto. Domenico Tedeschi e
Damiano Nigro erano stati tra i più ferventi sostenitori della
“radiazione” di Vittorio Feltri e non della semplice
“sospensione”, come pure il presidente dell’Ordine lombardo, Franco
Abruzzo aveva chiesto e come peraltro era avvenuto in ben otto casi
precedenti nei quali l’Ordine lo aveva già “giudicato”. Come Berlusconi, Feltri ha con sé i media. Abruzzo, come Rutelli, inonda i colleghi di email. Libero, naturalmente, la
sua creatura, pubblica un giorno sì e l’altro pure veri e propri spot
elettorali travestiti da articoli a favore di Feltri. In essi, gli attacchi
ad Abruzzo, definito “ras delle tessere”, si sprecano, ma non
viene risparmiata neppure la Scuola di giornalismo di Milano,
definita “un serbatoio di voti e clientele per Abruzzo”. Peccato che
gli allievi dell’Ifg, come tutti i giornalisti praticanti
dell’Ordine, non possano votare. Insomma, una campagna elettorale al
vetriolo. “Benvenuto, don Emilio”, scrive il foglio dei “Giornalisti
liberi” Europress. Trattasi di don Emilio Pastormerlo,
direttore dell’Araldo lomellino, candidato all’Ordine regionale
e nazionale, lista dei pubblicisti, nella lista di Feltri e Gallizzi. Già,
peccato che la Federazione italiana settimanali cattolici, “in
cui il sacerdote attivamente s’impegna”, sia sul punto di espellerlo,
dopo che la Curia si è accorta della sua alleanza con Feltri...
Come
umile ragazza del bar mai mi permetterei di suggerire ai signori
giornalisti una navigazione nei forum post elettorali aperti su
Internet. Ogni testata ha il suo. E quindi ognuno ha il polso della
situazione? Chi fosse interessato a vivacizzare spenti forum della periferia Internet è vivamente pregato di contattarmi o contattare l’Unità - forum. Con linarena in linea il successo è garantito, ma tenete presente che ha bisogno, per dare il meglio, di un sistema simile a quello dell’Unità. Tenuto presente che le migliori esternazioni le vengono di notte… La ragazza del bar
Non so se il
dibattito e' ancora aperto, ma come ex-allieva dell'IFG, non
posso non essere d'accordo con Massimo Meliadò. Sono arrivata in una
piu' che buona posizione dopo le prove d'ammissione all'IFG di Milano
nonostante una madre 'solo' casalinga, un padre 'solo' ingegnere, nessun
parente che abbia scritto al di fuori del giornale parrocchiale o di
quartiere.
Silenzio. La prima cosa che assale nell’entrare a Viale Mazzini, e’ il silenzio. E porte chiuse. Corridoi vuoti. Il prode Nicola, il cameriere del bar, ci gira con il suo vassoio come il bimbo di Shining sul suo triciclo. Anche a mensa si respira un’aria da colonia estiva per bambini sfortunati: pasta aglio,olio e peperoncino, crostini di pane da galera con una lacrima di pasta d’acciughe, insalate che sono piu’ che altro simpatiche avventure al bioparco, stracchino invecchiato come un brandy, fette di torta che odorano di baccala’. Nemmeno a tavola si parla piu’, perche’ se c’e’ un estraneo non si sa mai come la pensa, e se c’e’ un amico non si sa come ha cominciato a pensarla. Spiace disilludere chi si aspettava un dopo elezioni scintillante di dialettica e confronti. Ma
nel silenzio spicca anche quello dei vincitori. Non ci sono state scene
di esultanza, nessuno che si sia avvoltolato nella bandiera come
nel’94 , come crisalide che sta per diventare farfalla. Alti
lai, invece, si odono appoggiando l’orecchio alle porte chiuse: sono
creature di Forza Italia e di An che fanno il giro degli amici
importanti lamentando i torti subiti dai cosacchi.
Eppure qui, per la serie “Miracoli”, c’e’ chi con l’Ulivo e’ diventato perfino Vicedirettore. Si lamentono e temono, le creature che hanno vinto, perche’ non tutto e’ tranquillo, non tutto e’ chiaro…Lotte terribili, titaniche e crudeli, spaccano la compagine dei vincitori e trasformano i sorrisi in ghigni, le parole in soffi, le bugie in verita’ e le verita’ in bugie…Tante le domande: chi verra’ al posto di chi? A quale carro conviene attaccare la propria “speranza di un mondo migliore”? Metti che e’il carro sbagliato? Metti che il Cavaliere gli sega le ruote? Metti che mi trombano prima? Metti che mi trombano dopo? Soprattutto
c’e’ un proponimento annunciato dai vincitori che travasa terrore
nei cuori degli Uria Heep aziendali:”Avremo rispetto delle
professionalita’”. Addio.
Quali teste sono sul menu’? Non si puo’ sapere, anche
perche’ le famose liste
di proscrizione di
Gasparri non girano piu’…Per evitare guai , quelle ed altre sono
state affidate alla tradizione orale per non mettere in giro documenti
compromettenti. E poi, in questo periodo, c’e’
da temere piu’ le vendette degli amici che quelle degli
avversari. Ma vediamo di capirci qualcosa, fare un po’ d’ordine nobilitando le creature in categorie. In prima linea ci sono i Pontieri: gente di sinistra che spiega a quelli di destra quanto gli puo’ essere utile per il credito che ha dalla sua parte …Come dire:”siamo i Migliori per i migliori”. Togliatti si frulla nella tomba, ma fino a che non se lo ritrovano alla porta di casa che li prende per la collottola non se ne preoccupano. Dato comune: hanno cominciato a partecipare alle cene della destra da almeno sei mesi, ma non hanno mai dimenticato di pranzare con la sinistra. I Travestiti. Viados della politica, passano da sinistra a destra come un liquido in vasi comunicanti. Se gli dici:”Ma non eri…?” ti guardano come un leghista guarda un albanese . Dato comune: meglio non chiedere (e non chiedersi) da dove vengono e dove vanno. Qualsiasi cosa dicano, comunque, non “vengono da lontano e non vanno lontano”. Forse. Dato comune: difettano di etichetta perche’ non sanno cosa sia l’etica. Gli Irriducibili sono quelli di sinistra che si sentono gia’ ammucchiati in uno Stadio e quelli di destra che ringhiano “bisogna cacciarli tutti a calci!”. Quelli di sinistra godono fisicamente nel criticare la Rai. Dicono tutto e il contrario di tutto, ma principalmente che: “i vertici hanno sbagliato”. Dato comune: sanguigni, rischiano lo “schiuppun” , consumano casse di Maalox e somatizzano col mal di testa.I Tiepidi. Sorridendo dicono, ma soprattutto pensano, che “tutto si aggiustera’ nel modo migliore”. Dato comune: beati loro. Sono i parenti poveri dei Navigatori, vera categoria eletta. I Navigatori hanno vissuto ben altre procelle. Placidi come quello del Tonno Nostromo, dicono:”Vedremo”, ma hanno gia’ visto tutto e hanno gia’ chiara la situazione. Dato comune: li chiamano aziendalisti. Gli
Illusi: pensano di
aver fatto qualcosa , professionalmente e personalmente, per la quale
saranno ripagati. Naturalmente saranno i primi a essere fatti
fuori, usati e cannibalizzati
da Pontieri, Travestiti e Navigatori. Democraticamente pero’, che
siano impiegati, giornalisti o alti dirigenti. Dato comune: hanno una
cultura da boys scouts e un po’ gli somigliano pure. I Causidici
, o quelli che aspettano di far causa. Anni fa, dopo una serie di
nomine, Letizia Moratti si ritrovo’ con una sfilza di cause di persone
che pensavano di aver ricevuto un torto dall’azienda. Le cause furono
tutte regolarmente perse dalla Rai e dunque i Causidici
vivono nel mito di questi illustri predecessori che, vinta la
causa, o sono tornati al loro posto o hanno avuto ovattate e dorate sine
cura dove aspettare tempi migliori. Dato comune: l’avvocato
D’Amati si sta gia’ sfregando le mani.
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21 Maggio 2001 - Non lo faccio per soldi |
Carissimo Ernesto Mauri e adorabili responsabili de La Sette. Ho sentito parlare dell’irresponsabile rifiuto di Mentana. Vi sono vicina in questo momento di vuoto dirigenziale. Francamente io resterei volentieri giornalista disoccupata/free lance–perché è la professione del futuro- ma per vari motivi mi vedo costretta a trovare un lavoro.
A me bastano cinque miliardi lordi. Non è una questione di soldi, perché con quel tanto di marchette che faccio al giorno (per non dire all’ora) l’offerta non è molto allettante, ma mi presto per il gusto della sfida.
A me di fare un nuovo tg indipendente, da subito autorevole, una sfida esaltante non frega niente. Se vi va bene Berlusconi mi faccio Berlusconi, se preferite Rutelli va bene Rutelli e, al limite, se decidete che devo farmi Buttiglione, non mi piace, ma mi faccio pure lui…
Per Mentana il problema era che il tg con gli anni non era più suo, non più patrimonio dell’azienda, ma patrimonio comune fin dall'inizio legato ai telespettatori - fatto che gli assicurava il mantenimento dell'indipendenza e la libertà. Ed eccola, la sua sfida: rimanere indipendenti anche ora che Silvio Berlusconi è al governo. Lo ammiro, forse condivido, ma sono più dalla vostra parte che dalla sua.
E’ questo il nocciolo del problema:
come cavolo fate ad assumere per sette miliardi lordi come
dipendente uno che vuole restare indipendente? Io mi offro
per due miliardi di meno come dipendente in assoluto.
Siete a New York e volete un cornetto alla romana? Prendo l’aereo e ve
lo porto. Preferite una brioche alla francese? Viaggetto a Parigi e in
un battito di ciglia l’avete. Volete un servizio completo (cappuccino,
zucchero, latte freddo a parte, croissant e uovo alla coque)? Sono qua
per questo. In più posso fare pastoni, commenti, anche pompati
(ma, se non volete che esageri, più piccini), servizi televisivi
e audio, servizi audiotelevisivi per non udenti e non vedenti,
notizioline, redazionali e persino leggere il meteo (come leggo il meteo
e gli oroscopi io…).
A convincermi a chiedervi questo posto di lavoro sono le numerose mail che ricevo da tutti i casinò virtuali a cui mi sono collegata in questi anni e che fanno di me la ‘novella Fede’ del ventunesimo secolo.
Insomma, meglio di così non vi può
andare. Risparmiate due miliardi e ne prendete due con una. Ringraziando
sin da ora per la vostra cortese assunzione. Cordialità
La ragazza del
bar
Siamo a dir poco costernati. Che la nostra Ragazza del Bar faccia
capire in piazza che il Barbiere della Sera ormai le sta stretto
e che pur di andare a La Sette accetterebbe anche cinque testoni
lordi, ci umilia non poco. Ma che volete fare... E' destino che i
giornalisti del Barbiere facciano carriera. I giornali non fanno altro
che fotterci i collaboratori. Vogliamo piantarla per favore?
Bds
19 Maggio 2001 - E perche' non "parrucchiera della sera"? |
Caro
Barbiere della Sera, in
tempi di pari opportunità, oltrechè di par condicio, mi
domando: perchè non Parrucchiera della Sera? Sento odor di maschilismo,
pur non essendo io una femminista, se non altro per ragioni anagrafiche:
quando il femminismo è nato, io, come dice mio padre, non ero nemmeno
nei suoi sogni. Forse ‘parrucchiera’ richiamava l’idea di pettegolezzi
vacui, più che di seriose riflessioni? Probabilmente è
vero: le chiacchiere dalla parrucchiera sono spesso critiche acide,
le chiacchiere dal barbiere sono franche, sono cose chiamate col
loro nome, fosse anche scurrile. Ma ti riconosco una classe
che farebbe invidia al miglior salone di coiffeur des femmes.
Mi chiedo, comunque,
se una parrucchiera ti servisse: io mi offro volontaria. Un
termine che mi è molto familiare. Non perchè sia arruolata
in qualche esercito, ma perchè di volontariato mi occupo,
essendo un'aspirante giornalista nemmeno pubblicista. Quindi di
un esercito, in effetti, faccio parte: quello composto dai molti e di più
che vogliono fare questo mestiere. Ho fatto anche qualche stage
(elegante termine dalla pronuncia francofona che nasconde sempre lui: il
volontariato. Anche detto gavetta. Anche detto farla nel biiip
gratise per un numero imprecisato di anni). Gli stage, però, li ho
svolti solo presso vari Uffici Stampa. Nelle redazioni ho scoperto, con
profondo rammarico, che è infinitamente più difficile accedere.
Visto che questo
sito sul volontariato si regge, io mi offro come parrucchiera,
giacchè lavate di capo ne ho ricevute, ma ne ho anche fatte.
Forse perfino troppe per i miei 22 anni. Non me la cavo molto bene con
le tinture, che coprono il candore della verità e dei
capelli bianchi. Ma pare che in questa bottega siano bandite, quindi non
dovrei avere problemi. Caro Barbiere, potrei fare quello che vuoi: in bottega
una mano serve sempre, ci sono mille cose da fare. Posso affilare i
rasoi, all'occorrenza.
Ma quelli, da bravo barbiere, li tieni sempre a filo di lama. Posso spalmare
il balsamo sulle facce appena rasate dal tuo tocco sapiente. Ma sono
anche in grado di spazzare via i capelli rimasti per terra, di sterilizzare
le spazzole e i pettini, di lavare gli asciugamani sporchi, di lucidare
gli specchi, di eliminare i pidocchi. Insomma, le mansioni più
umili non mi spaventano. Anche se, comprenderai, una parrucchiera ha
comunque velleità 'artisitche' e creative. Io, però, coltivo la
convinzione che si possa essere creativi anche pulendo il
pavimento o stendendo il bucato. Ok, provo a sgattaiolare
via da questa imbarazzante metafora che ho creato, complice forse
la febbre e l'ora tarda.
La mia è una
richiesta di formazione. La formazione al giornalismo non so dove
si faccia (non nominatemi le Scuole!): sono iscritta a Scienze della
Comunicazione e l'ho fatto pensando che mi avrebbero insegnato a
fare la giornalista. Mi è bastata la prima lezione per capire che non
sarebbe stato così. In più, ho due pesanti ipoteche sul mio
futuro (per la mia sanità mentale, spero non troppo lontano) di
giornalista: non fumo e non bevo caffè (cosa che però
non mi impedisce di essere pimpante alle ore più impensate della notte,
come adesso che ti scrivo). Se a questo aggiungi la totale mancanza di
Saints in Paradise e, al loro posto, la presenza invece di qualche diavolo,
il quadro sarà completo.
In
tempi di new economy, ho una passione divorante e dissennata per la
vecchia carta stampata. Quindi ch'agg 'a fa', caro Barbiere? Ti ho
scritto. Perchè sei tollerante e disponbile come pochi
tuoi colleghi. E i garzoni di bottega fanno sempre comodo.
Leggere quello che è ospitato qui è quanto di più istruttivo e
'formativo' abbia trovato su questo mestiere. Ma mi rendo anche conto
che all'Ordine non basterebbe per rilasciarmi il benedetto tesserino
di appartenente alla casta (in India le aboliranno e in Italia
continuerà ad esistere l'Ordine...). Se mi limito a leggere (come tanti
consigliano) non diventerò mai una giornalista. Quindi ho scritto.
Qualche dritta la rimedierò in questo paradiso infestato da
giornalisti!
Pennina
P.S, Capisco di essere demodé e tecnologicamente non all’avanguardia a parlare di penne, in epoca di tastiere (motivo per cui il termine ‘pennivendoli’ dovrebbe essere tramutato in ‘tastierivendoli’). Però Tastierina mi suonava male. E poi a me piace scrivere con la penna. Ciao a tutti!
18 Maggio 2001 - Commissari, pensateci bene... |
Caro
Figaro sono una dei quattrocento praticanti che due settimane fa
ha sostenuto l’esame di idoneità professionale. Mi chiedo
perché le persone come me (e molti altri presenti all’esame) sono
costrette a mettere in dubbio la passione per questo mestiere.
Ho fatto una lunga gavetta per arrivare qui, mi sono dovuta
misurare con anni di collaborazioni sottopagate, con un mondo
maschile come il motociclismo sportivo (fino a oggi sono l’unica
donna del settore) fino a ritagliarmi la mia nicchia.
Mi è costato molto, non solo a livello di energia ma anche di rinunce:
io vivo a Milano da 10 anni ma sono di Livorno e da quando sono qui non
ho mai chiesto una lira ai miei, e ti assicuro che spesso mi sono
ritrovata a non sapere come fare a arrivare a fine mese!
Ma qualcuno mi aveva messo in testa che ce la potevo fare e non mi sono
fermata. E ora mi
ritrovo qui a sperare di superare questo benedetto esame… Ma è
giusto? Io ho la mia specializzazione, perché non posso fare un
articolo sul mio settore? Per quanto ne so io, se un medico è
specializzato in pediatria dubito che farà l’esame di idoneità
professionale in ginecologia. Che ne dici?
Probabilmente
dico queste cose perché da quando sono uscita dall’esame sono
attanagliata da incredibili dubbi e questa attesa mi strema.
Penso che sia normale, ma per me la cosa è ancora più faticosa perché
è la seconda volta che lo faccio.
La sessione scorsa avevo superato lo scritto ma poi sono stata bocciata
all’orale, non voglio stare qui a spiegare i perché. Secondo me tra
le cause c’era anche il voto basso allo scritto (37/60) e avevo fatto
il tema sulla Ferrari, praticamente una passeggiata visto che scrivo di
motori da sempre. Quindi
dopo questa esperienza, sono entrata in crisi perché pensavo di
aver sbagliato mestiere, e con i tempi che corrono 32 anni sono un po’
troppi per cambiare vita!
Poi
altri colleghi più esperti mi hanno consolato dicendo che erano stati
bocciati anche loro. E allora mi sono rimessa in gioco, e il 29 aprile
mi sono presentata con la mia bella macchina per scrivere a Roma. Ho
cercato di seguire i consigli dei colleghi già professionisti che mi
hanno detto di fare il tema di attualità o di cronaca e
dimenticare lo sport perché poteva uscire anche un tema troppo tecnico
e, visto che ho lasciato il calcio da qualche anno, potevo sbagliare
clamorosamente.
Così mi sono ritrovata a fare un tema di cronaca in particolare quello
sulla vicenda della Contessa Vacca Agusta, ma non sono
tranquilla. Mi sono pentita
di non aver fatto il tema sul derby, ma non ero molto preparata.
Sto
cominciando a meditare sul fatto di continuare a scrivere anche senza
diventare professionista! Se dovessi
bocciare un’altra volta potrei anche rinunciare… Spero che i
commissari si facciano delle domande sul fatto che magari una persona un
po’ emotiva può sbagliare in sede di esame.
Non è il mio caso, ma ad esempio quando ho fatto lo scritto ho avuto
problemi con la macchina per scrivere, e quando ho visto il tempo
che scorreva ho avuto paura di non farcela.
Se potessi fare qualche raccomandazione ai commissari, gli chiederei
di essere magnanimi con noi praticanti, non toglieteci la
passione! (Dico così perché una collega di Milano che è bocciata
la scorsa sessione non si è più presentata!)
Grazie per lo sfogo
Elena Puliti
18 Maggio 2001 - La missione dell' Economist in Italia |
"L'Economist é diventato il portavoce delle minoranze trotskiste" ecco come il parlamentare Maurizio Gasparri (An)ha definito sulla stampa l'operato del settimanale britannico. Infatti, nel periodo 1994-98, gli articoli dell'Economist sull'Italia si sono spostati sempre piú a sinistra, ma con una peculiaritá che irritava persino alcuni rappresentanti del centro-sinistra.
L'episodio piú clamoroso riguarda ció che molti hanno considerato un' ode a Walter Veltroni, quando era vice primo ministro e ministro dei beni culturali. Nel servizio, l'Economist confrontava Veltroni con Massimo D'Alema, allora capo del Pds, in un modo cosí sbilanciato da imbarazzare persino Veltroni il quale, in riferimento all'articolo dell'Economist, disse al Corriere della Sera che era stanco di quel tipo di articoli che mettevano in risalto rivalitá personali.
La strategia dell'Economist, apparentemente orchestrata da Roma, sembra avere un duplice scopo: da una parte indebolire l'influenza politica di Berlusconi; dall'altra, elevare Veltroni alla posizione di leader della sinistra. La strategia dell'Economist in Italia riflette ció che sembrano essere i piani del gruppo editoriale Repubblica - Espresso di Carlo De Benedetti.
Questo, per esempio, ha i diritti per riprodurre in italiano gli articoli dell'Economist. Allo stesso tempo, gli articoli dell'Economist che esaltano Veltroni, denigrano D'Alema e demonizzano Berlusconi sono inevitabilmente amplificati da Repubblica. Da quando D'Alema é stato eletto segretario generale del Pds, la Repubblica e L'Espresso sono stati tanto antagonistici verso D'Alema che un certo punto D'Alema si é rifiutato di parlare con i loro giornalisti, preferendo invece le tv di Berlusconi.
Quando la rubrica de l'Economist "Charlemagne" uscí il 4 luglio 1998, con l 'articolo "D'Alema e Veltroni rivali della sinistra", la Repubblica, lo stesso giorno, pubblicizzó come la incoronazione di Veltroni in un articolo di sei colonne su due pagine passanti. La settimana seguente, poi, L'Espresso si congratuló con Veltroni per l'articolo apparso su l'Economist.
A volte il processo era all'inverso. Prima L'Espresso pubblica un articolo (ad esempio a gennaio del 1995) poi l'Economist lo riprende (25 marzo 1995) e quindi la Repubblica del 25 marzo 1995 lo indica come una notizia dall'Economist. Secondo alcuni esperti, i redattori londinesi dell'Economist non si rendevano conto della strumentazione politica cui erano sottoposti, anche se molti lettori lo facevano regolarmente presente.
Quando, per esempio, scrissero che
"Napoli era piú sicura di Manhattan", feci presente al
redattore della sezione europea che ció non era assolutamente vero. In
quel caso l'Economist era attento a valorizzare un alleato di Veltroni,
il sindaco di Napoli Antonio Bassolino.
I servizi piú velenosi erano peró riservati a D'Alema e Berlusconi. Il
primo era descritto dall'Economist come un personaggio che "raramente
ride... indossa cupi vestiti grigi...con un tocco d'arroganza che non si
cura di nascondere...[e] ha diretto le sue energia verso fini poco
entusiamanti".
In confronto, Veltroni é descritto con i seguenti termini: "gli
piace essere amato. Con i giornalisti é amichevole fino
all'imbarazzo... adora il calcio e il cinema". Nello stesso
articolo, Veltroni viene citato dicendo che "[D'Alema] é un
socialista lui, invece, é un liberale democratico" e, per
buona misura, l'Economist paragona il "baffino" D'Alema con il
"baffone" Stalin. Naturalmente L'Espresso (8 luglio,
1999) posiziona Veltroni tra i liberisti (assieme a Romano Prodi e Carlo
Azeglio Ciampi), mentre D'Alema é messo tra gli autoritari.
Le credenziali liberali di Veltroni sono, peró, perlomeno, discutibili. La stampa italiana ha infatti notato, per esempio, come Veltroni, quando era direttore dell'Unitá, ha rifiutato di pubblicare un annuncio pre-pagato nel quale avevo chiesto pubblicamente un incontro per parlare delle riforme della televisione.
L'altra ossessione dell'Economist é quello che indicano come il "problema Berlusconi". In un editoriale, il settimanale inglese si chiedeva: "Puó l'Italia essere considerata una democrazia normale se l'opposizione é guidata da un criminale condannato tre volte?" Oltre a chiamare Berlusconi un "criminale", l'Economist prende in giro il partito di Berlusconi traducendolo come "Andiamo Italia", invece che Forza Italia.
I problemi con gli articoli dell'Economist
sull'Italia sono iniziati con la corrispondente da Roma, la 47enne
nativa di Bogotá, in Colombia, Tana De Zulueta, ora senatrice
sotto la corrente veltroniana. Naturalmente, i redattori inglesi dell'Economist
ci tengono a puntiualizzare che la senatrice non "prende piú
decisioni editoriali per la rivista".
Dom Serafini
No, fateci capire, L'Economist si e' messo in questo casino??? Bah...
Bds
17 Maggio 2001 - E poi tocca a Piersilvio |
C'è poco da fare, con il 30 per cento
dei voti, Forza Italia esce dalle elezioni come la vera erede della Dc.
Per interclassismo, radicamento nel territorio, capacità di fagocitare
gli alleati, elasticità ideologica, Fi occupa il posto al centro del
sistema politico che fu della benamata Balena, e promette di restarci
altrettanto a lungo.
Però, a differenza della Dc, che prosperava nella rivalità dei leader,
Forza Italia e la Casa delle Libertà hanno bisogno di un Unico Capo
Carismatico. Cosa succederà quando (per carità, tra almeno
cinquant'anni) il Cav. deciderà di godersi il meritato riposo?
Niente paura: c'è già pronto Piersilvio. O, meglio ancora, Marina,
che sarebbe il primo Presidente del Consiglio donna, ed è, anche lei,
un manager prestato alla politica. O magari uno dei tre figli
piccoli, che in questi anni avranno tutto il tempo di chiarire le loro
vocazioni.
Pare già di sentirle, le obiezioni della sinistra antiquata,
anticapitalista, portatrice di una concezione illiberale della
politica.
Ma se l'uomo più ricco d'Italia, il proprietario di tv, banche,
assicurazioni e quant'altro, ha potuto candidarsi alla guida della
Nazione, e conquistarla, perché non potrebbe farlo suo figlio? Non ha
forse i diritti politici e sociali di tutti i cittadini? Del resto, per
allora la tassa di successione sarà stata abolita.
L'impiegato del catasto
16 Maggio 2001 - Ho visto un’elettrice moribonda |
Poco dopo le ore 13 del 13 maggio 2001
a Trieste, all’angolo tra via Manna e via Sant’Anastasio,
proprio sotto la scuola elementare Ruggero Manna (sede di seggio) un
signore oltre la cinquantina cercava a fatica di riportare alla macchina
una cosa strana. Si trattava di un lettino da neonato con le
sbarre, aperto solo nella parte superiore da cui pendeva una testa con
radi, lunghi capelli grigi. Dentro c’era un anziano esserino
consunto con gli occhi sbarrati, ridotto a pelle e ossa, delle
dimensioni di un bambino, avvolto in una copertina, nonostante il sole e
il caldo.
Come quella povera donna, anch’io uscivo dal seggio. Altri maschi elettori aiutavano il cinquantenne a far rotolare per la discesa - con scarso garbo- il tragico attrezzo artigianale. Io non ho potuto far altro che guardare lo scheletro che vi spirava dentro, due occhi dispersi nel vuoto, la bocca che rubava aria alla bava e le mani contratte sui bordi della coperta.
Non so e non m’interessa sapere per
chi abbia votato quella signora. Probabilmente quel nerboruto
cinquantenne era suo figlio, magari convinto che le idee un tempo
professate dalla madre dovevano essere difese anche in punto di morte.
Come madre, sicuramente schierata, spero che le mie figlie in
futuro abbiano cura di me.
Spero che bastino loro e i miei eventuali nipoti a tramandare ciò in
cui credo e su cui ho improntato le mie scelta di vita. Se le
condivideranno, se ne avranno voglia. Non voglio che la mia sofferenza e
che il naturale istinto di lotta contro la morte diventi oggetto di pietà,
quando non di curiosità. O di tristezza infinita.
Da ragazza mi raccontavano di moribondi ai seggi. Dal ’75, primo voto, non li avevo mai visti. Quest’anno il mio quartiere, anche a poter prescindere da questo episodio, sembrava Lourdes.
In virtù dello statuto speciale della regione, il 10 giugno tornerò alle urne per le amministrative. Spero che per quel giorno si provveda almeno a dotare le scale della scuola (e prima ancora la salita che porta all’ingresso) di un qualsivoglia sistema che permetta a chi non può usare da solo le gambe di raggiungere il seggio. E a loro e ai non vedenti fornisca almeno una sedia nel corridoio dove mia figlia, sordastra, ha trascorso cinque anni di ricreazioni, seguita con affetto vero da tre straordinarie (e per me sempre sottopagate) maestre. Vederli, io che posso fortunatamente permettermelo, spersi con lo sguardo nel nulla (e un accompagnatore spesso ‘scazzato’ al fianco) in coda nel buio, urla vendetta al cielo.
Dieci anni fa un medico mi spiegò quello che sapevo già (e che per inciso tentavo di spiegare da tre anni al medico). Che mia figlia aveva un handicap. Era ‘fisiologicamente’ sordomuta. Ha ripreso a sentire ‘bene’ (relativamente a lei) cinque anni dopo, a parlare non appena i primi suoni hanno potuto raggiungerla. Chi con l’handicap fa i conti tutti i giorni ha una grinta che i sedicenti ‘sani’ non conoscono. Io sono una madre fortunata perché ho avuto una figlia con un handicap e da lei ho imparato a rispettare la tenacia e la dignità degli esseri umani. Riuscire a conquistare per un giorno l’ultimo banco, come tutte le sue amiche, è una vittoria. Ma è una vittoria anche avere delle insegnanti che le parlano guardandola direttamente, permettendole di leggere sulle labbra quanto sfugge all’udito. Mia figlia è una persona straordinaria, con una vita assolutamente normale. Anche e soprattutto grazie all’aiuto, da sette anni a questa parte, delle sue insegnanti.
Chiedo scusa se vi racconto questa storia. So che non può trovare spazio sui giornali, da free lance purtroppo non me la ‘comprerebbe’ nessuno. Ma sono convinta che prima o poi dovrebbe trovarlo nell’informazione. Almeno un minimo spazio per i problemi di chi, a differenza della povera donna nel lettino, intende. E vuole e può molto più di tanti.
Discutiamo degli errori/orrori di Bianco?
Se ci fosse una pietra da scagliare sarei probabilmente in prima
fila. Ma vi siete chiesti se in questa ripugnante campagna elettorale,
dove tanti – da entrambi gli schieramenti - hanno rotolato
moribondi, nonni rimbambiti e vecchie zie in carrozzella nei seggi, dove
gente è rimasta in coda per ore, dove puerpere e pensionati sono
svenuti -, vi siete chiesti se forse non è giunto il momento non di
ridurre gli spazi per i seggi o protestare per la riduzione, ma quello
di adattarli alle esigenze di tutti,
ma proprio tutti, gli elettori?
La solita giornalista sconosciuta
15 Maggio 2001 - Lerner: "La 7 fara' male a Rai e Mediaset" |
E’ finita! Verrebbe davvero voglia di urlarlo squarciagola: un urlo liberatorio, catartico, purificatore, capace di scrollarci di dosso i veleni di una campagna elettorale aspra e violenta come mai prima d’ora. E amplificata come mai prima d’ora dai media, televisione in testa.
Spenti i riflettori, la sensazione è che, dopo il 13 maggio, la comunicazione, politica e non solo, non potrà più essere la stessa. Il Barbiere della Sera ne ha parlato con Gad Lerner, impegnato nella costruzione di quello che ci si augura diventi finalmente il terzo polo televisivo - La Sette -, capace di incunearsi nello statico panorama dell’informazione italiana.
"In campagna elettorale le
televisioni diventano armi improprie nelle mani dei
candidati", conferma Lerner. La dimostrazione di questo teorema si
è avuta nella serata di venerdì 11 maggio, con il duello a
distanza fra Rutelli in Rai da Santoro e Berlusconi imperversante su
Mediaset (da Mentana a Costanzo, passando per Fede).
Una sfida da zapping estremo condotta senza esclusione di colpi.
Perché, come spiega ancora Lerner "tutte le belle parole dei
periodi normali diventano chiacchiere e aria fritta quando si
arriva al dunque".
Quando il gioco si fa duro, i
duri cominciano a giocare. Ma le regole chi le stabilisce?
Nell’attuale sistema radiotelevisivo "il rapporto di forza tra
politico e giornalista è impari". Da che mondo è mondo, le
interviste si concordano.
Persino un giornalista "cattivo" – come si definisce Gad –
deve giocare pulito. Il che non significa che non possa porre domande
sgradite, fastidiose, insidiose. Ma il politico può sempre rifiutarsi
di rispondere (vedi il caso Santoro-Berlusconi).
Per tutti questi motivi, dalla campagna elettorale appena conclusa il mondo dei media è uscito a dir poco malconcio. La concorrenza è praticamente nulla. Le sei reti nazionali sono andate via via omologandosi sempre più. La necessità di un libero mercato dell’informazione è non solo evidente, ma anche urgente.
Lerner conta (e si augura) che La Sette
possa "fare del male" a Rai e Mediaset. Per riuscirci,
dovrà offrire un prodotto alternativo, e non solo nel settore
dell’informazione. La parola d’ordine è perciò conquistarsi uno
spazio, insidiare e infine spezzare lo strapotere del duopolio che,
dopo il 13 maggio, potrebbe diventare monopolio a tutti gli effetti.
La sfida è aperta. Adesso, serve che i duri comincino a giocare sul
serio.
Gelsomina
15 maggio 2001 - Il "moderato" Caruso: "Al bando negri, finocchi e zulù" |
L'antefatto:
Forza Italia e Movimento sociale hanno votato in Sicilia in base a un
accordo: il Polo ha
sostenuto
Luigi Caruso, senatore
uscente, nel collegio di Avola, in cambio della desistenza dei rautiani
in altri collegi. Gianfranco
Miccichè, coordinatore siciliano di Forza Italia, sminuisce
l'intesa, dice che è una questione tecnica.
In
cambio della desistenza i rautiani avranno un loro uomo nel listino del
premio di maggioranza alle prossime elezioni regionali siciliane:
Alberto Acierno, eletto
nel 1996 con Forza Italia, passato poi a Rauti. E
soprattutto cognato
di Miccichè.
Un
accordo politico che Miccichè e
Berlusconi nascondono, invocando il parallelo
dell'Ulivo con
Cossutta. Un bel paragone. Miccichè, a Radio radicale, 13
aprile 2001, ha detto:
"...La storia del fascismo, il terrore e la morte, per
altro, non mi sembra appartengono a Luigi Caruso e Alberto Acierno, il
responsabile regionale della Fiamma, persone
assolutamente democratiche, assolutamente moderate..."
Caruso, quindi, è un moderato, uno che sosterrà il governo Berlusconi.
Ecco
però cosa ha detto il moderato
Caruso al II Congresso della Fiamma Tricolore, a Chianciano, il 29
ottobre del 2000: "Camerati,
spero che si possa ancora usare questo termine, siamo al secondo
congresso di questo partito e mi sembra che sia, purtroppo, peggiore del
primo... Si può essere con Rauti o contro Rauti, ma si deve
essere missini. E questo che dovreste ricordare tutti... Se non
credessimo in niente,
saremmo altrove a fare i nostri affari, a rubare, ad arricchirci
a dividere il maltolto come fanno tutti gli altri... "
"Questa
è la differenza fondamentale, razziale, ed io sono fascista in questo
senso e sono fiero di esserlo, fra noi e gli altri, fra i fascisti e
i democratici,
fra i fascisti e gli antifascisti, fra quelli dell'arco costituzionale
e quelli che hanno visto nell'arco costituzionale un ricettacolo, una
pattumiera in cui andavano a confluire tutti coloro che sono stati
accomunati dalla volontà di rubare e dalla viltà, dalla mancanza
di coraggio, dalla mancanza d'ideali..."
"...
Sono stato l'unico che si è
schierato, insieme con i comunisti non pentiti,
contro l'intervento in Serbia.
Sono stato l'unico che si schierò contro
l'inutile missione in Albania, ora abbiamo visto che avevo ragione, mentre
il Polo si schierò con il governo per quella missione che è servita solo
a fare rubare quelli della cosiddetta missione Arcobaleno...
"...
In questo momento di decadenza
morale, che è iniziato con
l'orgoglio omosessuale che si va diffondendo sempre più, quando il
pedofilo vede che i finocchi si
baciano teneramente per strada, e non soltanto si baciano teneramente,
il pedofilo pensa: loro sì e io no?
Perché non debbo violentare il bambino? E mio diritto. In questo Stato,
in questa società, in cui si crede di essere liberi di fare tutto, noi
vedremo un giorno dell'orgoglio pedofilo. E vedremo le forze
dell'arco costituzionale e i ministri di questa
lurida Repubblica marciare con loro. Perché i pedofili, poverini
hanno diritto anche loro..."
"
...Non voglio vedere i finocchi per strada,
non voglio vedere nipotini miei
negri, non voglio vedere nipotini mulatti.
Io non sono razzista, io sono dell'idea che
i negri hanno il loro continente e debbono essere aiutati là.
Questa è l'Europa, l'Italia... Le strade, le ferrovie, le
infrastrutture sono il frutto del sudore degli
italiani, dei nostri antenati, i negri, o gli
zulù
non ci hanno messo niente".
Karl Popper
15 Maggio 2001 -Attente stagiste, o alleverete frotte di redattori frou frou |
Caro Barby,
irrompo nella polemica sul sesso in
redazione per smentire, con decisione e amarezza, le
voci sugli allievi delle scuole. Ai colleghi praticanti delle altre
Scuole voglio precisare alcune cose.
Qui a ...... le ragazze quest'anno sono 17. E dico 17, mica 16 o 18.
Ora, levando le fidanzate croniche (illuse, n.d.p.)che
sono 10; sottraendo quelle che onestamente, con tutta la buona volontà,
meglio una birra con gli amici; insomma, ne rimangono solo due o
tre.
Considerando poi che quelle due o tre, hanno comunque i loro inciuci
non ufficiali e a te, che sei un praticante anche un po' sfigato,
nemmeno ti considerano, la situazione si fa pericolosa. Eh si perché
qui si parla tanto di donne con uomini, di uomini con donne ma non si
parla dei rischi. Rischi? Si, si rischi. E quando dico rischi intendo
rischi.
Ovvero donne con donne e uomini con uomini. Ma dai, direte voi.
No no ma dai lo dico io! Insomma ragazze, attente a non tirarvela troppo
perché qui tra cinque sei anni vi ritrovate una generazione di
caporedattori un po' frou frou.
Ah dimenticavo ma se facessimo qualche simpatico scambio culturale? Voi
ci mandate le ragazze e noi vi mandiamo i frou frou. Mi sembra
equo no?
Nel_blu_dipinto_di_bluuu@yahoo.it
14 Maggio 2001 - Sesso in redazione. Consigli alle stagiste |
Allievi delle
scuole di giornalismo unitevi (e scopate!)
Nella nostra (non
diciamo quale perché i fidanzati a casa ci leggono...) quest’anno
siamo a quota 7 maschietti e 20 rampanti croniste. Sempre meglio
dell’anno scorso dove i 3 poveri sopravvissuti erano ormai ridotti ad
un’ombra di se stessi nelle grinfie di una ventina di assetate
diavolesse...che però ben poco delle loro grazie hanno concesso ai
superflui (per loro) compagnucci. Riservandole tutte ai ... piani alti.
Insomma questi
allievi delle scuole scopano o no?
Che dire, è come le vendite dei giornali, c’è chi scende e c’è
chi sale.... Però una cosa è vera del messaggio di Lo spettatore,
i maschietti delle scuole quando vengono messi alla prova (e non parlo
di pratica giornalistica) tengono alto l’onore della categoria....sarà
per la giovane età, sarà per la sproporzione di cui sopra o sarà
perché non sono ancora atrofizzati dalla routine! Rimane il rammarico
che capiredattori bionde e dalle gambe lunghe se ne vedono poche
e quindi quando facciamo gli stage stiamo solo a lavorare...
A proposito di
stage..Si avvicina l’estate e quando i bravi giornalisti
“sistemati” portano le loro famigliole sulla spiaggia, nelle
redazioni arrivano orde di stagisti. Uomini e donne, tutti
giovani e belli, croce e delizia di chi rimane al desk, che...forse si
sente in diritto di rifarsi di un anno di magra con le ultime arrivate.
Ma, non tutte si comportano come la famosa Monica e c’è ancora
(e sono la maggior parte) chi non pensa di usare certe armi nella
scalata alla redazione. Quindi, alla stagista con pantaloncini corti o
abiti trasparenti, un occhio (e in qualche caso, pure una mano..) si
butta sempre. Ma le croniste in erba hanno imparato a ben difendersi
(non per nulla c’è la moda delle arti marziali) o, per lo meno, a
“scegliere” a chi ... se e quando (dopo la firma del
contratto!!) darla.
Consigli alle
stagiste.
Per una serata aperta alle più folli emozioni, mai scegliere il collega
della cultura, nonostante il suo fascino da intellettuale di
ultima generazione (vi proporrà una lettura di poesie indiane in
qualche caffè letterario, sarà molto compito e romantico...ma non
assicura nulla di entusiasmante)...meglio
rivolgersi al più truce cronacaro di nera che dopo una giornata
di commissariati, prostitute e spacciatori, è sempre carico per ore,
ore e ore del più fantasioso sesso.
Degli inviati, meglio diffidare. Li vedi allora e poi non li
acchiappi più, neanche per ricavarne la mattina dopo un interessante
numero di telefono che può sempre servire (sono già partiti per
l’Afghanistan). Quelli di economia, che noia....vi farebbero un
grafico sul loro rendimento sessuale, ma tutte chiacchiere.
Meglio alla fine i più tradizionali cronisti di politica che
hanno imparato dai loro beniamini di Palazzo i trucchi del mestiere. Da
non scartare, poi, rimangono quelli degli spettacoli, che nella
peggiore delle ipotesi almeno vi avranno fatto girare i locali più in
voga. Capiservizio e direttori...brutta bestia. Non sai mai se
l’interessamento è dovuto al tuo meraviglioso articolo sui cani
abbandonati, o piuttosto al tuo decolté.
Dunque il
messaggio dalle nuove leve è: lasciateci “lavorare” e non
finiremo mai di stupirvi....
Alice e il Bianconiglio
14 Maggio 2001 - Gran Bazar Ergife |
Vergogna? Pagliacciata? Scandalo? Niente di tutto questo. Tra Fiuggi e Roma s’è invece consumata un’autentica festa della vita. Una giostra di emozioni che, sì, avrebbe emozionato Fellini, ma anche esaltato Ionescu e fatto sentire un dilettante il ragionier Fantozzi.
Ma andiamo con ordine. L’hotel di
Fiuggi: salone da pranzo con arredi pesantissimi (tendoni ocra e
lampadari a goccia) e menu da comitiva termale di anziani bramosi di
diuresi (venerdì sera il primo piatto servito alla sciagurata
comitiva di aspiranti giornalisti è, per la cronaca, un piatto di
stelline in brodo).
Servizio accettabile, anche se la cameriera al tavolo del sottoscritto
ha la pessima abitudine di appoggiare il vassoio da portata sulle spalle
dei commensali: ciò spiega le cinque medaglie appuntate sulla mia
schiena a fine corso.
Già, il corso. Sabato mattina
si presenta in sala congressi una truppa alquanto intirizzita. A
Fiuggi fa freddo (600 metri sul livello del mare, qualche sciagurato
confesserà poi d’aver messo in valigia in costume da bagno…) e le
caldaie dei tre alberghi che si dividono i circa 150 corsisti non hanno
troppa voglia di mettersi al lavoro.
Dopo una colazione divisa con pinguini e orsi polari, scattano
finalmente le lezioni. Ma, orrore, nel bel mezzo del salone c’è una colonna
portante che impalla la visione del relatore a una discreta fetta di
pubblico. Io, per fare un esempio, non vedrò neanche per un minuto la
bella assistente del sempre sia lodato Corso Bovio (mister
"Tutto in otto ore", altro che John Landis…). Peccato. Sul
contenuto del corso non aggiungo altro in quanto sottoscrivo appieno le
parole de L’infelice praticante.
Sulla prova d’esame e sull’esame vero e proprio mi va invece di rivendicare la primogenitura di due autentici fenomeni.
Il primo:
vestito di un completo dal colore improbabile (lo porterà per
l’intera durata del corso, l’ultimo giorno la sua giacca avrà più
pieghe del viso di Susanna Agnelli), mi ignora simpaticamente per cinque
giorni e, improvvisamente, la mattina della prova si volta verso di me e
domanda a bruciapelo: "5-5-5?".
Io penso immediatamente allo schema di gioco del mitico Oronzo Canà.
Poi però realizzo che deve trattarsi di qualcosa legato al questionario
da poco in nostro possesso. E allora replico: "No, per la
composizione del Csm, la Costituzione adotta il più classico dei
4-4-2".
Il secondo:
nel Gran Bazar dell’Ergife quest’uomo dall’apparenza mite,
seduto pochi banchi avanti a me, reca con sé una manciata di
foglietti strappati da un bloc-notes mignon. Saranno quattro o
cinque (massimo sei, toh!). E in uno di questi ha magicamente appuntato la
"differenza tra sistema di stampa a caldo e sistema di stampa a
freddo", vale a dire la risposta alla sesta e ultima domanda
del questionario!
Un grande. Un paragnosta. Un gran paragnosta. Sì, perché il
testo sacro dell’esame (1200 pagine e fischia) dedica all’argomento
solo uno sciapito paragrafetto. Ho amato quell’uomo. E sento che lo
amerò per sempre.
Keith Richards
14 Maggio 2001 - Qui c'è lo zampino di Previti o Bartezzaghi |
Diciamolo: al di là delle valutazioni
politiche, il contratto con gli italiani firmato da Berlusconi e
pubblicato a pagamento su tutti i giornali è quantomeno ambiguo.
L'impegno finale, infatti, recita così : "Nel caso in cui al
termine dei cinque anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non
fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non
ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni
politiche". Dunque Berlusconi si impegna a rispettare solo 2
obiettivi su 5, meno della metà.
La frase infatti va interpretata così: almeno 4 traguardi su 5
NON devono essere raggiunti, affinché si determini il ritiro di
Berlusconi. Ciò significa che con 1 solo traguardo raggiunto Berlusconi
deve ritirarsi, perché si verificherebbe l'ipotesi del "minimo 4
su 5 non raggiunti". Con 2 realizzati è invece salvo,
giacché sarebbero 3 quelli non raggiunti, inferiori al "almeno
(come dire: minimo) 4 su 5" da lui indicati nel contratto (l'avrà
redatto Previti?).
Urgono pareri di filologi, legulei e Bartezzaghi vari.
Francesco Riccardi
14 Maggio 2001 - Sesso in redazione. E negli uffici stampa? |
Rubo qualche minuto alle dure fatiche dell’ultimo giorno di campagna elettorale per girare a tutti voi una domanda che mi angoscia da quando è iniziato questo dotto dibattito sessual-giornalistico. Avendo io scelto di lavorare dalla parte degli uffici stampa, come devo comportarmi? Qual è il metro (ehm, ehm) di giudizio a cui devo attenermi?
L’interrogativo
si pone perché da questa parte della barricata sono sempre di più le
donne ad abbondare, anche in ruoli di potere (niente fantasie
erotiche, please, intendo potere serio). Allora la questione è:
uscirebbero più virgolettati
se mi dotassi di un paio di tette? E con i giornalisti
gay avrei più spazio io? (togliete il sorrisino, se dicevo più
colonne era peggio).
Ma
soprattutto: se quando vado a
cena con una giornalista non ci provo, lei mi reputerà un
giornalista di serie B (a
quanto pare per essere direttore, minimo devi anche essere maniaco) o un
serio professionista (nel qual caso se ci vado a letto vorrà
pagarmi)?
11 Maggio 2001 - Sesso in redazione? Allora meglio fare la freelance |
Proprio perché le elezioni sono
vicine è meglio mettersi a parlare e scrivere di sesso (giusto
perché siamo in un sito Internet, altrimenti sarebbe preferibile
farlo). Insomma, anche dal punto di vista delle tirature, il sesso come
argomento vale molto più che un confronto elettorale (usanza oramai demodé).
Se così non fosse, non capirei la logica di Panorama, Espresso &
Co. che mettono in copertina donne nude invece di leader
incravattati. Chi scrive è un'illusa aspirante giornalista che
coltivava l'idea balzana di una redazione in cui l'attività principale
fosse sc.... e (vuol dire scrivere, non quello che maliziosamente
avete pensato).
Frequentando poco le redazioni (e, quando mi capita di metterci piede,
non le scambio certo per alcove) non so dire se quanto affermato
da Lo Spettatore sia vero. Intanto gli
consiglierei di firmarsi ‘Il Guardone’: uno pseudonimo
più appropriato a ciò che ha scritto e, soprattutto, più consono alla
sua attività 'osservativa'.
Scrivo anche perché, nell'analisi fatta da Lo Spettatore, io non
so dove collocarmi, non essendo né
stagista, né praticante, né allieva di una scuola di
giornalismo. Di certo, se fossi una praticante non mi dispiacerebbe
essere assunta per le mie tette: a patto che poi nessuno le
tocchi e mi si lasci scrivere in pace…
Pura fantascienza, cocca mia. Quel che mi fa stare vigile,
leggendo il gustoso pezzettino dello Spettatore,
è l'abbondanza di plurali maschili. Le redazioni pullulano di direttorI,
capiredattorI, praticantI che si danno alla pratica del sesso
redazionale.
Le donne sembrano essere inconsapevoli strumenti (o consapevoli zoccole
come teorizza The Spectator). Se ci sono "legioni di fanciulli,
giornalisti in erba, redattori in fiore, nel pieno dei loro anni e, di
conseguenza, della loro virilità", io mi chiedo con sgomento dove
siano le legioni di fanciulle, giornaliste in erba, redattrici in
fiore nel pieno della loro femminilità.
I giovani virgulti del giornalismo italiano sono dunque tutti
uomini? Strisciante maschilismo o cruda realtà? BOH!? In quanto
aspirante non credo mi competa dare risposte. Ma visto che la curiosità
è femmina e visto che non mi sembrava serio andare a
domandare ai capiredattori dei giornali con cui collaboro se le
rispettive redazioni fossero teatro di performance erotiche
(anche perché la cosa poteva essere scambiata per un'avance,
anziché per scrupoloso zelo giornalistico) ho interpellato una fonte
che non avrebbe potuto molestarmi, né equivocarmi.
Soprattutto non avrebbe potuto mettermi le mani addosso, essendo un
libro. Nella fattispecie, il manuale di giornalismo che mi
danno in pasto all'università. Il risultato è che non esiste un
capitolo "Sesso in redazione".
Mi direte voi navigati (siamo pur sempre in Internet) giornalisti: nel
manuale si parla di obiettività, ma l'avete mai vista in giro?
Nel manuale si parla anche di imparzialità e pure questa è
latitante.
Il manuale dice che le smentite devono avere la stessa rilevanza
del pezzo smentito, ma le avete mai viste in prima pagina (solitamente
sono confuse nella posta dei lettori). Insomma, si sa che la
teoria non corrisponde alla pratica.
Quindi può essere benissimo che nelle redazioni si scopi e il mio
prezioso manuale non lo dica. Così altri interrogativi affollano la
mia candida mente: sulle scopate poi varrebbe il diritto di cronaca?
L'etica giornalista contemplerebbe dei conflitti morali (quello
d’interesse è fin troppo di moda) se per esempio ci fossero incontri
tra redattori/trici di giornali concorrenti?
Le altre ideuzze che mi sono venute in mente sfogliando il manuale le
autocensuro e vi lascio con un’ultima domanda: mi sto per caso
dannando l'anima per essere assunta in un bordello (ingenuamente
finora la chiamavo redazione)? Perché, francamente, prendendo come
parametro la pura prestanza fisica, allora sarebbe meglio finire a fare
la FREE lance in uno spogliatoio di calciatori.
Pennina
11 Maggio 2001 - Ma quant'è carina la mamma di Sgarbi |
Si è tenuto ieri a Trieste un interessante dibattito di stampo ciceroniano sul tema ‘De amicitia’ tra i candidati alla camera Vittorio Sgarbi e Riccardo Illy. Spiegando con insolita cortesia che, a differenza di Illy, vanta un concetto di amicizia allargata anche ai conoscenti, Sgarbi s’è tolto la cravatta, lasciando che occhieggiasse, da sotto la camicia, una candida maglietta della salute.
Ordunque: è notorio che Illy non porta la cravatta. E’ altrettanto arcinoto che Sgarbi ha fama di essere un grande amatore. E’ assolutamente assodato che non c’è nulla di meno arrapante - e qui mi ricollego al dibattito aperto da Magicabula - di un maschietto in canottiera, mutande e pedalini.
Sin dalle prime battute la
sottoscritta- tanto per restare nell’anonimato- s’era esibita in una
lode sperticata della classe dell’ex primo cittadino di Trieste.
Va da sé che di fronte allo sbracamento del tipico maschio italico
non sono riuscita a trattenermi e ho chiesto a Illy se, almeno lui,
avesse adottato un ‘intimo’ più adeguato ai tempi. Su
sollecitazione di una collega l’ex sindaco ha dimostrato di essere
all’altezza della situazione: sotto la camicia niente.
La storia potrebbe concludersi qui, non fosse che la signora Rina, mamma di Sgarbi, m’ha bloccato all’uscita. Con simpatico piglio centro-italico mi ha chiesto se era mia intenzione eliminare suo figlio dalla tenzone minandone la salute. ‘Quando parla s’accalora, suda e poi, se prende freddo, gli viene il raffreddore’.
Con Rina ho passato un simpatico
quarto d’ora, in uno scambio di vedute di questi tempi al limite
dell’alta politica. E’ ovvio che tra il profondo nord est
e il centro Italia esistono differenze invalicabili.
Da noi gli amici sono pochi e l’assenza di canottiera,
sin da bambini, tempra il fisico ai rigori dell’inverno.
Altrove il concetto di amicizia è generalizzato e credo
che ciò sia possibile anche in virtù di una mamma che ti
protegge fino a tarda età con una canottiera. Anche con una
canottiera.
In qualità di madre di due femmine, ovviamente, ho potuto solo limitatamente contrastare la signora Rina, che ha avuto la fortuna di avere una ‘coppietta’, anche se la sorella dell’onorevole somiglia al padre, essere taciturno e pertanto, per ammissione della stessa signora Rina, noioso ‘quasi come Illy’. Che peraltro, come confessato in piena conferenza stampa, piace anche a Sgarbi e non solo a me.
Da questa esaltante esperienza, mi sorgono le seguenti domande:
La solita giornalista sconosciuta
11 Maggio 2001 - Sei giorni di corso per capire che all'esame si copia |
Caro Bds, ho letto con interesse
sia la prima lettera a firma Luther
Blisset, sia la seconda a firma
di non so più chi, entrambe relative all'ormai leggendario
appuntamento semestrale della categoria "praticanti" con il
salone dell'Hotel Ergife.
Ai due colleghi che bene hanno illustrato quell'inutile tortura
venata pure di una buona dose di vergogna, vorrei dire che devono
ritenersi fortunati, nel senso che, da quanto ho capito, a loro non è
toccata l'altra pagliacciata, il corso in quella ridente località
dimenticata da Dio che si chiama Fiuggi.
Siamo arrivati in 160, più o meno, da tutta Italia, alcuni
reduci da un vero e proprio tour de force fra aerei, treni, pullman, per
raggiungere l'agognato (e utilissimo, ci era stato detto) seminario dei
praticanti.
Cominciamo dal costo: 650 mila lire per le lezioni, compresi vitto e
alloggio di sei giorni in albergo. Nulla di scandaloso, sulla carta,
anzi. Ho pensato: conoscendo le buone abitudini della categoria, l'hotel
sarà di sicuro all'altezza.
Sì, in effetti era perfetto per un film di Fellini. Anzi, era
pure d'epoca, nel senso che le tre stelle che aveva sulla
porta le aveva probabilmente dimenticate lì il generale Custer
nell'altro secolo.
Il vitto: ho resistito due pranzi e una cena, poi ho cominciato a
mangiare pomodoro e mozzarella a pranzo e a emigrare in birrerie e
pizzerie la sera, ampiamente circondato da altri colleghi in preda a crisi
di astinenza da cibo decente.
Mi sono chiesto: ma a chi viene in mente di fare il corso in
culo al mondo, quando a Roma è pieno di centri congressi e
di hotel degni di questo nome? Qualcuno mi ha risposto sottovoce: uno
degli organizzatori è originario di questa zona...
E veniamo alle lezioni. Con l'unica eccezione dell'ottimo Bovio,
che ci ha sparato otto ore di diritto in tutte le salse, per imparare a
fare il giornalista (lavoro da 10 anni in un giornale) e per essere
adeguatamente preparato all'esame mi è toccato ascoltare, tra le altre amenità:
un racconto di vita di un radiocronista Rai, narrato in modo
splendido ma più adatto a una serata teatrale che a una lezione di
giornalismo; la testimonianza di una giornalista dell'Unità che,
ascoltando l'implorazione della praticante pirla di turno ("dacce 'na
testimonianza"), ci ha intortati un'ora su come ha trascorso
il periodo di chiusura del giornale, compresa la descrizione (patetica
e grottesca) di come una sua collega si sia addirittura ingegnata a
preparare cene a pagamento per gli amici. Sigh!
Un altro giornalista ci ha spiegato come si fa il giro di nera al
mattino e via dicendo, il tutto intervallato, in sala, da domande e
osservazioni al limite della satira, tipo: "Ma l'aumento di 300
mila lire dell'ultimo contratto è mensile o annuale?", oppure
"Per sapere se dar la notizia di un sindaco malato grave, devo
prima vedere da che parte sta il giornale per cui
lavoro...".
Un segno evidente di come il parco praticanti fosse messo
maluccio, in termini di neuroni. Tutto ciò per 6 giorni, inclusa una
prova finale che, almeno quella, è stata utile a far capire l'andazzo
dell'esame: copiata generale. E dimenticavo: a nessuno viene in
mente di fare i complimenti a chi ha deciso di far svolgere lo scritto
nel bel mezzo di un mega ponte festivo? Alberghi pieni e carissimi,
strade e autostrade intasate, caos generale. Complimenti vivissimi,
evviva i praticanti, evviva i giornalisti.
L'infelice praticante
10 Maggio 2001 - Meno tastiere, più tastate |
Sono
tornata nella Trinacria, terra mia e dei miei avi. Trasloco
terrificante come tutti i traslochi ma cielo, mare e pesce mi stanno
ampiamente ripagando delle mie fatiche. Ma perché vi racconto tutto ciò?
Semplicemente perché riaprendo il mio pc e fiondandomi sul sito della
bottega da me dolosamente trascurato per una settimana ho preso
visione della scatenata disputa articolata su sesso, colleghi,
colleghe, dimensioni e quant’altro.
All’appassionante
dibattito hanno preso parte le penne più autorevoli della bottega: la Ragazza
del Bar, Magicabula,
Topo Gigio, Lo Spettatore.
Beh ragazzi, devo dirvi in tutta franchezza che ho provato (per voi)
profonda tristezza mista a preoccupazione. Finta pruderie?
Neanche per sogno. Perbenismo? Men che meno. Moralismo?
Non so nemmeno cosa sia.
La
mia apprensione, causata dal profondo affetto che nutro verso voi tutti,
è dovuta al fatto che per una semplice deduzione temporale più
tempo perdete a parlare di sesso meno ve ne resta per farlo. Buttate
giù quattro cartelle? Alla fine siete talmente esausti che
desiderate soltanto entrare nel vostro letto e trovarlo rigorosamente
vuoto. Due cartelle? Sarete stanchi lo stesso e onde evitare
delle magre vi dedicherete all’amore solitario. Una cartella?
Vi resta appena il tempo per una sveltina che è quanto di più
desolante si possa fare in posizione orizzontale (o alternativa).
E
allora? Consiglio allo Spettatore
di lasciar perdere il voyerismo e trasformarsi in attore; a Topo
Gigio di scrivere meno di sesso e
trovarsi una topa (se non è Gigia pazienza, va bene lo stesso);
a Magicabula
di mettere maggiormente a profitto le sue doti magiche (se ha
orecchie intenderà); alla Ragazza
del Bar infine di sfruttare al massimo la sua professione e a
darci dentro con i cappuccini. Pare che in alcuni conventi ce ne
siano di eccezionali.
10 Maggio 2001 - L’eco del popolo e la voce del padrone |
Sono settimane che seguo con un certo interesse l’appendice
all’edizione delle 12.30 di Studio Aperto, intitolata Vox
Populi. E un dubbio, ormai, inizia a diventare martellante. A cosa
serve?
Il telegiornale diretto dal grillo parlante, Mario Giordano
è da subito apparso votato alla causa dello share. Infatti è
dedicato, per la maggior parte del tempo a sua disposizione, alla
diffusione di notizie di cronaca.
In fondo, politica, esteri ed economia, possono essere affrontati
altrettanto efficacemente limitandosi a ‘dare i fatti’. 20 o 30
secondi per sapere quello che c’è da sapere sono sufficienti.
Una filosofia discutibile, e tuttavia lecita.
La cronaca ed il pettegolezzo pagano, come dimostrano i
notevoli aumenti degli ascolti ottenuti da Studio Aperto, una volta
“passato il Giordano”.
Ma l’aura d’osservatore freddo e spietato della realtà che, fino
a poco tempo fa lo circondava, sta iniziando ad abbandonare il
direttore. Colpa di alcuni passi falsi e dei brutti scherzi che, come ha
raccontato Sandro Curzi,
ogni tanto il suo presidente decide di tirare.
Tra i passi falsi c’è la striscia Vox Populi. Se non ne ho
frainteso la natura, dovrebbe servire a dare voce alla gente della
strada sulle tematiche più svariate, riguardanti la vita quotidiana
ed i “problemi di tutti”. Iniziativa lodevole, soprattutto se
concepita per rendere protagonista la gente.
Ma nelle ultime settimane si è verificata una strana coincidenza. I
temi affrontati da Vox Populi sono stati: sicurezza, tasse,
pensioni….. Ho avuto la sensazione di uno strano déjà vu.
Tutti gli intervistati, nessuno escluso, hanno concordemente affermato
di non sentirsi sicuri in giro per la città ed a casa, di pagare troppe
tasse ingiuste e di non ricevere una pensione dignitosa o di non sperare
di riuscire a riceverla.
Altro che dèjà vu, questa gente parlava come il presidente Berlusconi.
Tutti gli intervistati, così come quelli che da casa inviavano le loro
e-mail, invocavano: “città più sicure”, “pensioni più
dignitose” e “meno tasse per tutti”. Che coincidenza!
Ma anche che delusione. Giordano se ne sarà accorto che la voce del
popolo inizia a diventare l’eco del padrone?
N.D.M.
10 Maggio 2001 - Se Emilianet ti "copia" un pezzo |
Sto nella
redazione di una radio bolognese e poi naturalmente collaboro, in giro.
Ultimamente ho fatto dei pezzi per ilnuovo.it.
Eccone uno: un senza fissa dimora ha ottenuto la residenza dal Comune,
quindi da adesso anche a Bologna,
come già a Firenze e Roma, i
senza casa avranno lo status di cittadini e il loro indirizzo sarà
quello di dormitori e associazioni varie. Un paio di giorni dopo stavo
dando un'occhiata in rete, trovo questo sito di informazione dell'Emilia
Romagna, emilianet.it,
guardo l'home page e resto basita:
un bel titolone ed eccolo lì, il mio pezzo. Modifiche minime, completo
di fotografia, tutto scaricato da ilnuovo, pure un intero virgolettato,
non c'è firma.
Che
fare? Il sito è grosso, ha un aspetto da business class, è pieno di
notizie, molto aggiornato ma contemporaneamente un po' dozzinale, se
capite cosa intendo. Faccio una ricerca e scopro che il sito appartiene
a Italintesa Net, società
partecipata di Italintesa Spa che ha due portali di informazione in
regione, emilianet, appunto, e emiliabusiness. Italintesa Spa fa
intermediazione mobiliare, ovvero speculazione, è quotata in borsa. Se
indymedia o redattoresociale si fregano un pezzo non importa, anzi,
quelli non sono profit, ma questi sì, e parecchio. Decido di non
fare casino, chiamo ilnuovo e li avverto, chiamo un paio di colleghi più
scafati di me, chiamo il direttore di emilianet, che naturalmente non ne
sa nulla e si scusa. Restiamo che gli mando una mail con
"l'originale", "così fa il confronto".
Eccola:Questo
è il mio pezzo. Il vostro è un po' diverso, ad esempio avete
scritto "senza casa" al posto di "senza fissa
dimora" e viceversa. Vi ricordo che io sono una giornalista e
ilnuovo.it è una testata, non siamo quindi agenzie, che peraltro si
pagano. Per la cronaca, nel vostro sito sotto il mio pezzo ce n'era un
altro preso di peso da Repubblica Bologna, senza che ne fosse citata la
fonte. Avete un grosso sito pieno di notizie, sembra una gran redazione
anche se non c'è una firma e la chiamate "team" . Un solo
consiglio: è pieno di giovani giornalisti con tanta voglia di fare, non
costano neanche molto, provateci.
Dovesse
capitare un'altra volta, riceverete una lettera ben più seria.
Cordiali
saluti.
So che
qualcuno mi vorrà rimproverare il mio "lasciar perdere", e
sottolineare altre cosette. Comunque visitate il sito, soprattutto se
lavorate in Emilia Romagna. E vigilate, per favore.
Valentina
8 Maggio 2001 - In redazione si fa sesso, eccome |
Ps. Non convivono (e fanno bene), ma spesso non sono nemmeno "single", tutt'altro: vivono ancora con ma' e pa'. I quali però escono spesso. E fanno di questi ragazzi dei piccoli ometti felici. Magari non dei futuri grandi giornalisti, ma di certo degli ottimi e persino romantici scopatori.
8 Maggio 2001 - Una storia italiana: la mia |
Panico, sgomento, mal di pancia: arrivo a casa dopo
aver litigato con il parcheggiatore abusivo, con la parrucchiera che non
mi rilascia la ricevuta fiscale, con l’ufficio postale che non ne
vuole sapere di aggiornarmi il conto corrente (ovviamente rosso fisso
nonostante abbia versato un serissimo assegno qualche giorno fa). Apro
il portone di casa, le buste della spesa si sono impossessate delle mie
mani, le chiavi le ho dovute poggiare momentaneamente in bocca, e mentre
con ampio e disperato gesto cerco di aprire la cassetta della posta,
lo vedo, è lì….non posso ancora crederci, lo ha fatto: una storia
italiana.
Faccio a malapena in tempo a concretizzare che quello strano rumore
proveniente da una delle due borse del discount. E' quello delle uova
che hanno anticipato la frittata. Per la prima volta faccio parte di un
“campione di famiglie”! E questa volta non si tratta di “quanti polli
mangia alla settimana?” o di “preferisce le ali o usa gli assorbenti
con il paracadute”…no signori, questa volta Silvio Berlusconi
mi invia la sua biografia a colori. La prima cosa che mi viene in mente,
oltre al fatto che avrei di gran lunga preferito ricevere un campione
omaggio di pannoloni per l’incontinenza, è: ”Come si è
permesso!”.
“Oddiomio! Ma ogni tanto ti vuoi
ricordare di essere una giornalista e come tale imparziale?”, ci ho
provato, giuro che l’ho fatto: ho partecipato ad una conferenza in cui
parlava Andreotti, ho visitato il sito della Lega Nord, ho
anche cercato di capire la politica di Haider, ho fatto
un’inchiesta sui maglioni di cachemire di Bertinotti, ma questa
volta proprio non ce la faccio.
Eppure devo dargli un’occhiata. Devo farlo. Si, lavoro in un ufficio
stampa, sono considerata una giornalista di serie B, posso evitare di
interessarmi di politica, ma devo farlo. “Una storia italiana” (strano
non abbia usato l’articolo determinativo!) è momentaneamente
accantonata insieme ai vari depliant pubblicitari.
Voglio affrontare la questione a pancia piena,
dopo il caffè e la sigaretta. Ma tra uno spaghetto e l’altro la
tentazione è forte. Abbandono il mio pasto da single e prendo la
rivista. Si era parlato di un libro, invece (menomale!) è solo
un’edizione speciale del giornale di Forza Italia... il profondo
amore che nutro per i libri mi avrebbe fatto digerire ancora peggio
spaghetti e “strategia di comunicazione”.
La mia cuginetta lo avrebbe apprezzato tanto: è così pieno di
fotografie, così colorato che mi meraviglia il fatto che non ci sia,
insieme ad oroscopo e fotomontaggi, la pagina del cruciverba e quello
degli indovinelli (3 orizzontale: Chi sarà il prossimo presidente
del consiglio? Risposta due caselle: io; 4 verticale; Chi è stato il
miglior Presidente del consiglio della storia: risposta otto caselle:
sempreio; Chi sarà il Presidente del Consiglio del 2006? Risposta 22
caselle: ancoraiooppuremiofiglio).
E così vedo il Grande Fratello (abuso è vero, ma io “1984” l’ho
letto davvero!) mentre finge di raccogliere i fiori piantati per
l’occasione dallo stesso fotografo, mentre si affanna a fare jogging
nel prato con il maglione di cachemire affiancato dal bel Piersilvio,
anche lui in tenuta poco sportiva (solo il cane sembra correre per
davvero, magari inseguiva un gattocomunista, chissà….) e penso chissà
quanto avrà sudato il Presidente Giardiniere, o il Presidente
Maratoneta.
Provo anche a leggere qualcosa, per esempio le splendide pagine
dedicate ad Azzurra, la nave che circumnavigò la nazione alla
conquista di terre inesplorate. Ovviamente si parla del totale
coinvolgimento dei 60 giornalisti a bordo, dei grandi meccanismi
massmediologi scatenati dalla sua presenza nei vari porti italiani, di
bande musicali pronti a riceverlo in ogni dove. Io ricordo una serie
di comici incidenti, di fischi e di sfighe che accompagnarono quella
crociera. Ovviamente queste cose non si dicono e come Orwell
insegna, qualcuno evidentemente ha già iniziato a riscrivere il passato
abbinandolo al colore delle cravatte di Silvio Berlusconi.
Gli spaghetti ormai sono immangiabili e a me l’appetito è già
passato da un pezzo, il caffè è già tutto riverso sulla cucina, la
sigaretta continua inutilmente a bruciare nel posacenere. Continuo
velocemente a sfogliare le pagine e mi soffermo sulle ultime: Lettera
agli italiani. Io sono italiana. E sono ancora orgogliosa di essere
tale. Probabilmente dopo il 13 maggio scapperò in Svizzera, ma questa
cosa credo interessi solo alla mia mamma.
“Cara
amica , caro amico,
l’appuntamento elettorale del 13 maggio sarà un appuntamento con la
Storia, una scelta decisiva per cambiare l’Italia e garantire la
nostra libertà, la nostra sicurezza, il nostro benessere. Viviamo nel
2000 ma la nostra amministrazione pubblica è rimasta quella di un
secolo fa……”. Amica???Io? E cosa glielo fa credere? Ma
l’amicizia non era un “nobile sentimento”? Possibile che si
possa permettere il lusso di abusare anche su cose in cui io credo
profondamente?
“Dimezzamento
del numero di parlamentari” “Dobbiamo mettere mano al complesso
delle leggi” “mettere in cantiere le grandi opere” “guerra alla
povertà, alla disoccupazione, alle tasse ingiuste, alla criminalità”
: “Questa è la missione che ci assegniamo per l’Italia. Per
l’Italia del 2010, per l’Italia del nuovo millennio”.
Ho paura: non solo
parla ormai da un anno da Presidente del Consiglio nonostante è noto
come nel nostro Paese, e in tutti quelli dove vige il sistema
democratico, non si voti con i sondaggi ma con strumenti che, sebbene
siano altrettanto costosi, anche noi poveri elettori possiamo
permetterci. Non solo parla di grandi riduzioni, come se un minor numero
di parlamentari possa davvero garantire il rispetto delle elementari
regole di democrazia, non solo “vuole mettere mani” sul nostro
sistema legislativo e sull’uso di questa indegna espressione stendo un
pietoso velo, ma fa già progetti per l’Italia del 2010. Questo
vuol dire che ha intenzione di rimanerci a lungo al Governo e sa già
che sarà rieletto.
Impallidisco di fronte all’ovvietà delle sue espressioni così
come inorridisco quando leggo che “Il sud, infine è la nostra
grande opportunità (….) Il Piano di decollo del Sud è un punto
fondamentale del nostro progetto per l’Italia”. Io credo di
essere in una posizione abbastanza “svantaggiata” nella mia vita.
Senza scadere nel patetico, vi dico solo che sono: donna, meridionale,
giornalista pubblicista. Ho 29 anni e mio padre non è un imprenditore.
Né un giornalista famoso, né un avvocato, né nulla che mi possa
garantire un posto nella gerarchica e nepotistica società della quale
faccio parte. Ma parlare a me come “Amica” mi fa venire il mal di
stomaco, parlarmi in veste di rappresentante di un partito che farà
decollare il mio sud, mi fa schifo: un decollo presuppone che ci
siano perlomeno degli aerei da far volare. Qui di aerei ce ne sono
pochi, e quelli che ci sono funzionano a pedali: magari lui sarà il Presidente
Biciclettaio, tutto può essere ormai.
O magari a pedalare sarà Bossi, che dopo aver permesso al suo
giornale di pubblicare qualcosa riguardante le “malattie che
portano gli extracomunitari”, dopo aver parlato troppe volte del
Sud Italia come di un sacco di pidocchi da cui sbarazzarci, ora metterà
mano al progetto di decollo per il meridione per farci atterrare magari
al Polo Sud, dove potremo dar fastidio solo ai pinguini.
“Sono sicuro che l’Italia che ho in mente io sia come quella che hai in mente tu: un paese nel quale nessuno debba sentirsi un cittadino di serie B (e se mi sentissi di C2? Avrà mai provato l’ebbrezza di vivere con seicento milalire al mese?), un Paese dove nessun debba sentirsi abbandonato nella malattia e nella povertà (non mi dica che verrà Casini a tenermi compagnia quando mi ricovero la Policlinico la prossima volta, perché davvero non reggerei il colpo …..), un Paese dove tutti possano sentire lo Stato e le sue istituzioni come la propria casa e non come un nemico in agguato (vuol dire che potrò venire a dormire nel giardino di Arcore in tenda?O che potrà scegliere di passare le vacanze al Ministero degli Interni? O che invece di pagare 400 mila lire al mese a nero in una stanza potrò contare sulla dependance del suo giardiniere?).”
Stanca e avvilita,
chiudo “una storia italiana” per riaprire quella mia: nell’attesa
del “paese libero, prospero e giusto” continuo a fumare le mie
sigarette, a mangiare quel che resta di un panino e soprattutto, vado a
buttare l’immondizia. Niente raccolta differenziata: mando
l’azzurra rivista in discarica. Non vorrei ritrovarmela domani
tra le pagine di un quaderno di carta riciclata.
Magicabula
5 Maggio 2001 - Editori e leccapiedi |
Topo di biblioteca ha scovato e tradotto per noi questi gustosi pezzetti da Bluff your way in journalism" di Nigel Foster, Ravette Books, 1988, prezioso libello ormai pressoché introvabile. Ringraziamo e pubblichiamo dal capitolo "Impara chi conta davvero".
Editori
Ne esistono due tipi fondamentali: quelli che s'intendono di
giornalismo, e quelli
che non se ne intendono. Entrambi sono intenti a far soldi in
egual misura. Entrambi sono
quasi impossibili da incantare. I primi, perché la sanno
molto più lunga di voi; i secondi, perché probabilmente non si accorgono
nemmeno della vostra esistenza. E' ben noto, infatti, che l'egocentrismo
di un editore cresce in misura inversamente proporzionale al talento
che possiede.
Gli Editori Che Se Ne Intendono sono di solito circondati da individui altrettanto
brillanti. L'unico possibile bluff, in questo caso, è fingere di non
essere minimamente impressionati da loro. Nessuno vi crederà, ma guadagnerete
parecchi punti per averci provato.
Gli Editori Che Non Se Ne Intendono sono di solito circondati
da una turba di
consiglieri simile a una corte medievale, del genere che sarebbe
stato assai gradito a
Lucrezia Borgia (vedi "Leccapiedi d'alto grado"). L'editore
conta più di tutti. Dopo di lui, contano i membri della sua famiglia.
(Gli editori sono invariabilmente maschi, tranne in America dove per
legge deve esserci fra loro una determinata percentuale di femmine, neri
e omosessuali).
Leccapiedi d'alto grado
Non tutti gli editori hanno un leccapiedi-capo, ma quando esiste,
può rivelarsi un individuo davvero pericoloso. I leccapiedi d'alto
grado non sembrano svolgere alcuna specifica funzione. Tuttavia,
ignorarli solo per questo
metterebbe a nudo la vostra inesperienza. Per dirla in breve, i leccapiedi
d'alto grado esistono perché l'editore vuole che esistano. Li paga
un minimo di cinque volte più del loro valore di mercato; è così che compra
la loro lealtà. Tutti i leccapiedi d'alto grado, infatti, sono abbastanza
svegli da sapere che incredibile fortuna rappresenta per loro un lavoro
così ben retribuito, e sono disposti a fare qualsiasi cosa per
conservarlo. Assolutamente qualsiasi cosa.
Gli editori usano i leccapiedi d'alto grado per: -
svolgere tutti quei compiti sgradevoli che gli altri rifiutano, come licenziare
il giornalista più bravo e anziano della testata perché ha irritato
la moglie dell'editore -
dire all'editore, a intervalli frequenti, quanto è brillante -
mettere a tacere qualsiasi obiezione ai progetti dell'editore nelle riunioni
- assicurarsi che a
scrivere la biografia dell'editore sia un autore assolutamente
obiettivo.
Poi assumersi la colpa quando il resto del mondo protesta,
o ride, per la sua assoluta parzialità. (Talvolta il leccapiedi-capo
s'incarica egli stesso di una così ardua impresa). I
leccapiedi d'alto grado sono sempre uomini: le donne hanno un senso dell'assurdo
troppo sviluppato.
Topo di biblioteca
4 Maggio 2001 - No, coi colleghi non si può |
Non e’ una questione di etica
professionale, ma solo pratica e di convenienza. Il
narcisismo della categoria non porta nulla di buono sul fronte del
sesso: l’alta opinione di se’ fa precipitare verso il basso tutto il
resto.
Naturalmente portati ad elaborare i dati reali, spesso i colleghi
calcolano pero’ male le prospettive e cio’ che e’, poniamo, di
misura cinese, svetta a vette africane. Come a dire che un delizioso
dipinto 50 per 60, opportunamente
elaborato dall’inconscio, puo’ diventare facilmente un trittico
da altare. Sara’ anche un problema d'ipermetropia, guaio
oculistico di molti, non dico di no.
Naturalmente non tutti i colleghi hanno
di questi problemi, e anzi, di questi sette
circola una lista segreta tra le colleghe di tutta Europa.
Molte inchieste (realizzate da colleghi
maschi) da anni ci vogliono convincere
che “non e’ la quantita’, ma la qualita’” a contare. Ebbene,
una volta per tutte vorrei dare una risposta articolata e precisa a
questa convinzione: maddeche’!
Ma lasciamoci pure trasportare dalla
dialettica e prendiamo per buona la questione della qualita’:
colleghi, voi siete oltreche’ narcisi anche assai stressati.
Infatti pochi di voi fanno un pasto regolare al giorno. Fumate
troppo. Bevete male. Pensate peggio. Non parliamo di come vestite, tra
lo stile pinguino di chi fa
il politico a quello da naufrago dei cronacari. A pochi manca il
conforto mistico di un’amante, cosa carina per un po’ (“dio, erano
anni che non mi sentivo cosi’ vivo: grazie!”) ma alla lunga una gran
seccatura.
La vita sedentaria non vi consente un adeguato movimento intestinale e
le vostre ossa strokstrokkano a partire dai trent’anni.
Sbanfare e scatarrare di tanto in tanto sul campo di calcetto e
rischiare la buccia su quello da tennis fa piu’ survivor che sport.
Mettiamo pure che la carriera logora sia quelli che ce l’hanno che
quelli che non ce l’hanno e avremo il nostro mocio
vileda quotidiano. Perche’ non e’ che quando arrivate tra le
pezze tutte queste cose non abbiano un peso… Queste si’, hanno un
peso.
Ricordo una collega
(bella, delicata, sciuretta tutta “pippippipippippi’”,
si occupa di cultura) alla quale non era stata data la lista dei magnifici
7 e che quindi era passata dall’esser moglie di un collega ad
amante di un altro… lo so, e’ una situazione molto triste,
specialmente in questo depressivo periodo elettorale, ma sentite… Un
giorno la collega decide di cambiare territorio e
accettare la corte discreta ma inequivocabile di un suo
fornitore. Fornitore di carni, naturalmente, poiche’ l’inconscio
e’ oltreche’ spiritoso anche spietato. L’uomo era
(e’ ancora) di bellezza ulissea e della sua chincaglieria
faceva bella mostra sia attraverso jeans adeguatamente scoloriti, che
attraverso quell’armeggiare tipico dei maschi italici altrimenti detto
“estrazione del lotto”.
Dunque, si organizza un weekend
romantico. La collega e’ estasiata da lui che parla poco, ma la
ricopre di attenzioni. Prima sera, cena in piazzetta, due passi, poi in
camera, terrazza sul mare, luna, stelle e quant’altro, abbracci… Lui
sempre silente. Finalmente, l’amore.
La faccenda si anima, un’ora (un’ora,
non dieci minuti a partire dal garage…) di ”fischi, botti e numeri a
colori”, lei, disabituata, e’ felice… ”E tu?” chiede dopo la
pulzella. E lui:”Si’ puro io bella, ecchime!”.
Be’, si sono lasciati dopo quel
weekend, ma ancora oggi la
scopro con gli occhi lucidi e persi nel territorio della memoria.
Topo Gigio
3 Maggio 2001 - Metti un righello in redazione |
Care colleghe e cari colleghi, la questione sollevata (è il caso di dirlo) da Magicabula e dalla Ragazza del bar mi appare tutt’altro che irrilevante.
Soprattutto per la nostra categoria, che è stata qualche mese fa relegata fra i “bocciati” - sessualmente parlando - da una ricerca statistica della Società Italiana di Andrologia.
Secondo l’autorevole studio (che ha avuto notevole eco sulla stampa nazionale, dal Corsera al Gazzettino de’ Centocelle), giornalisti e giornaliste si meriterebbero un bel 4 in pagella, surclassati da casalinghe (voto 8), pensionati e impiegati statali (voto 7), insegnanti (voto 6).
Peggio di noi lo fanno solo gli avvocati e i palestrati (voto 3) e, fra le donne, le separate e le divorziate (voto 2).
La sottoscritta, giornalista e separata, è francamente terrorizzata!
Perciò, ragazzi e ragazze, parliamone! Confrontiamoci sull’argomento, seguendo l’esempio e gli spunti di Magicabula e della Ragazza del bar. Informiamoci, facciamo circolare dati e notizie e, se non ne abbiamo, procuriamoceli di prima mano (si può dire, non sarà troppo allusivo?).
Andiamo
sul posto, armati di metro e
righello, indaghiamo nelle discoteche e nei locali di tendenza. Ma
anche, e soprattutto, nelle
redazioni. E, infine, dopo esserci coscienziosamente
documentati (come vuole anche la deontologia professionale) mettiamo
in pratica la teoria, smentiamo le statistiche e dimostriamo orgogliosi
al mondo che “i giornalisti lo
fanno meglio”.
Gelsomina
3 Maggio 2001 - Il Calabrese suonato |
Caro Figaro, ho passato la domenica, aihmè, in casa a guardare la tele e sono molto, molto preoccupato. Retequattro, dopo avermi promesso "Il sipario strappato" (il capolavoro di Alfred Hitchcock), ha mandato in onda un comizio di Rutelli (sfigato in mezzo a qualche decina di sfigatissimi giovani elettori molto marginali e a qualche confuso corrispondente straniero di improbabili testate) e quello di Berlusconi-no-limits: bello, giovanile, perfetto.
Quasi due ore di delirio-mediatico. Rutelli è bravo, educato e tollerante e lo applaudono: rapite, convinte, caricatissime. Il Cavaliere affronta la questione della modifica della Costituzione Italiana: un argomento che pare marginale ma non lo è affatto. E dice: se avremo i numeri la cambieremo anche senza l'accordo del centro-sinistra. Io non so se i giornalisti italiani afferrino il concetto: per oltre 50 anni il sistema italiano si è basato su un sistema di fondo condiviso, nel quale maggioranza ed opposizione condividevano le regole di fondo (la Costituzione, scusate se è poco...).
Adesso si cambia: come? Il 13 maggio il Cavaliere vince le elezioni. Il 14 maggio c'è un forte rischio, certezza dico io, che una parte consistente del centro-sinistra gli si presenti col cappello in mano: la grande industria che non è già passata con lui lo farà: vi immaginate la Fiat (uguale "La Stampa") o Telecom Italia (uguale "Telemontecarlo"), o le banche all'opposizione di un governo che durerà almeno 5 anni? Non scherziamo.
A quel punto il gioco sarà fatto. Berlusconi lo ha spiegato domenica pomeriggio. Alla sera è andato in replica. Capite o no? Alle 23.30, quindi, su Raitre è andato in onda "Telecamere" il programma della giornalista La Rosa con, in studio, l'ex direttore del Messaggero (e fino a ieri grande sponsorizzato da Rutelli allora sindaco di Roma) Pietro Calabrese.
Un'ora e mezza di maxi-spot: Berlusconi-no-limits ha detto qualunque cosa senza che i due colleghi accennassero mai ad incalzarlo seriamente. Il mio amico Pietro sembrava un pugile suonato:l'unico attimo di risveglio da un torpore che pareva infinito si è registrato quando ha ricordato con orgoglio i suoi anni giovanili nella squadra palermitana del Bacicalupo. Una compagine guidata da un grande di Forza Italia: l'on Marcello Dell'Utri: bei tempi, bel calcio,eravamo giovani allora, ah come ci piaceva, dice Calabrese a un Berlusconi compiaciutissimo.
Mafia?
Frequentazioni ambigue? Amicizie
molto, molto imbarazzanti? Certo, ne parlano già i giornali di mezzo
mondo, che bisogno c'è di parlarne ancora, deve essersi chiesto Calabrese
che evita di parlarne e anzi si lancia in valutazioni lusinghiere per
quel giovane di Palermo che lo ha fatto tanto divertire da
giovane.
Caro Figaro, due colleghi per un'ora e mezza non provano neppure
ad incalzare il candidato del centro-destra, anzi. Ma
quale giornalismo anglosassone, ma
quale giornalismo e basta... Nessuno che abbia chiesto al Cavaliere,
per esempio, se è al corrente che il direttore generale della sua
Mondadori e il capo delle relazioni esterne della sua Mediaset
hanno convocato nei giorni scorsi l'editore di "Diario",
Luca
Formenton, uno dei pochi giornali che sta tentando di porre domande
"scomode" al Cavaliere per dirgli che così proprio non va. Perché
une editore apparentemente estraneo all'impero Fininvest viene convocato
in piena campagna elettorale? Guardate il "tamburino"
del Diario e capirete...
E perché nessuno dei giornalisti presenti ha chiesto al Cavaliere se considera giusta la protesta della collega, ebrea, di Studio Aperto che ha protestato pubblicamente per gli incredibili servizi sul 25 aprile che cercavano di mettere sullo stesso piano la Liberazione e i nazi-fascisti, insinuando che la colpa della mancata "rivalutazione" degli "sconfitti" è anche degli ebrei? Il servizio più grave è stato firmato, non da un redattore qualunque, ma dal giornalista-principe, quello che per primo ha lavorato per il Cavaliere, quello che tra i primi si era esposto nella "discesa in campo" del 1994. Mica un pazzoide, un irresponsabile, ma uno che la sa lunga.
Se
i toni sono questi prima delle elezioni, cosa capiterà il 14 maggio? Se
anche la nostra "categoria" rinuncia sostanzialmente ad
un ruolo di critica adesso, cosa diventerà l'Italia tra due settimane?
Già abbiamo delegato all' "Economist" il compito di
incalzare il Cavaliere,dopo le elezioni dovremo andare a comprare
l'"Economist" all'edicola della stazione di Chiasso, Svizzera,
come si faceva negli anni '60 col mitico, e vietatissimo "Playboy"?
Apriti cielo
3 Maggio 2001 - Barzellette, mica uno scherzo |
Tra qualche giorno il Cavalier Berlusconi vincerà le elezioni: molto probabilmente con un margine notevole. Mi chiedo: se il 25 aprile, festa della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista il direttore di uno dei suoi tg ("Studio Aperto") ha potuto mandare in onda affermazioni che offendono la sensibilità di tutti noi, cosa accadrà tra due settimane?
Le
battute antisemite non devono ferire solo una giornalista
ebrea: devono preoccupare tutti noi. La scelta del direttore Mario
Giordano è molto grave: si comincia con le barzellette contro
negri, ebrei, omosessuali ma si sa come va a finire.
Mediaset può tollerare queste cose? Il suo presidente Fedele
Confalonieri può fingere che si sia trattato di una "ragazzata"
(tre servizi nello stesso giorno...)? Secondo me no.
grazie
alfredo
3 Maggio 2001 - Il derby val bene un collega |
Prima
del derby, un operatore
del Tg3 è stato accoltellato
per aver ripeso scontri fra teppisti. Più tardi, un altro operatore,
del Tg1, è stato ferito e
la sua telecamera è stata danneggiata. Alla fine, un giornalista del
Tg2 si è trovato un coltello
puntato alla gola.
Se
gli stessi fatti fossero successi a inviati di guerra in Bosnia,
qualcuno avrebbe speso parole di solidarietà. O se gli accoltellatori
fossero stati zingari o albanesi,
tutti i giornali ne avrebbero parlato; quelli di destra
per soffiare sul fuoco della "gente che vuole sicurezza",
quelli di sinistra per dire
che non bisogna essere razzisti
e che certe cose le fanno anche gli italiani.
Invece
niente. Neppure il solito commentino di Bruno
Tucci sul Corriere della Sera parla di questi fatti (mentre
riferisce estasiato della partita). Eppure credo che si tratti dello
stesso Tucci che quando Lucia
Annunziata fu fermata dalla polizia a Belgrado durante la guerra per
il Kosovo, arrivò a chiedere per ritorsione l'espulsione
dei giornalisti jugoslavi dall'Italia. Eppure è lo stesso Tucci
che, come presidente dell'Ordine
del Lazio e del Molise dovrebbe avere come dovere
morale (e giuridico) l'impegno alla solidarietà
attiva e pubblica con chi passa certe avventure per informare i
cittadini. Si vede che il derby vale più dei doveri di solidarietà, e
non è il caso di disturbare lo spettacolo che "la
ggente" vuole
Durante
il fascismo c'era uno slogan che diceva "Me
ne frego!", e nei locali pubblici c'era scritto "Qui
non si parla di politica". Del derby invece si poteva parlare e
nessuno se ne fregava. Ma qui si è fatto un passo avanti: quando c'e'
di mezzo il pallone, oltre che di politica non si parla neppure di
cronaca nera. E nemmeno quando le vittime sono tuoi colleghi.
Giovanni
Graziani
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