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30 Marzo 2001 -
Troppi cani, troppi gatti |
Gentile Barbiere, innanzittutto vi volevo
ringraziare per aver pubblicato la mia lettera-sfogo-denuncia.
Pubblicazione che ha sortito effetti andati ben oltre a quello che
potessi desiderare.
Volevo soltanto raccontare la mia triste storia di
giornalista mafioso e scrivere un pezzo che fosse un po' più
lungo delle solite 10 - 15 righe che quei sadici di Mediaset ci
costringono a fare con la scusa dei tempi televisivi.
Ebbene, a giudicare dalla posta elettronica arrivata,
non solo ho fatto ridere qualcuno ma ho anche avuto l'onore di
una replica di una firma di Repubblica: Silvio Buzzanca.
Nella lettera poi mi chiama anche collega, io, umile redattore
ordinario (e neanche dei più bravi), confronto ad una firma che
come minimo deve essere inviato (e se non lo è glielo auguro, se
è di più tanto meglio per lui).
Ringrazio Silvio (Buzzanca s'intende, anche se
questa frase la devo proferire ogni sera pena frustate a sangue)
che è contento per me anche se il tono della sua lettera è un
filino livoroso. Ma forse perchè deve far parte del suo
carattere: tenero di cuor ma duro di scorza.
Che sia un duro e coraggioso d'altronde lo dimostra lui
stesso quando racconta le sue gesta, fatte di domande al vetriolo
a Berlusconi. Beh, questo è sprezzo del pericolo allo stato puro,
perchè in Italia di giornalisti che incuranti della loro
incolumità personale si gettano nella selva di una conferenza
stampa e sparano nei denti una domanda al vetriolo al cavaliere ce
ne sono davvero pochi. Altro che Medici
senza Frontiere, è qui che ci vogliono gli attributi, grinta
e determinazione e, già che ci sono, fare la barba al palo,
l'asfalto reso viscido dalla pioggia, il pallone nel sette e farò
quanto mi dice il mister.
Purtroppo però su di me il collega Silvio (posso chiamarti
così?) si sbaglia. Non sono affatto allegro. Sono triste,
anzi tristissimo, ma il patto di sangue mi obbliga a essere felice
e sorridere tutti i giorni "h 24", escluso le corte
dove piango ininterrottamente per la mia misera condizione.
Eppoi, anche se lo ringrazio per la fiducia, non faccio nè parte
dell'ufficio legale di Mediaset nè tanto meno decido gli ospiti
dei telegiornali. In poche parole: non conto un cazzo. L'ho
già scritto: il mio ingresso fa parte di un piano di affiliazione
adepti a Camorra, Casa delle Libertà, Casa delle Aie (è tra
Cervia e Ravenna e fanno una piadina stracchino e rucola che
tuona. Se vieni da 'ste parti Buzzanca chiamami che ti ci porto
volentieri).
Se il coraggioso Silvio è d'accordo (se non è d'accordo fatti
suoi) chiuderei qui la querelle Mischi - Buzzanca che francamente
penso interessi veramente poco. Per par condicio però racconto
anch'io una storiella.
Correva l'anno 1992, per l'esattezza il 10 marzo. La
commissione d'esame dei giornalisti sottopone a un candidato la
prima di Repubblica che apre con un titolo enorme, "Troppi
cani, troppi gatti", che sintetizza una grande, ma davvero
grande notizia: la proposta del ministro della Sanità (De
Lorenzo? boh, questo non lo ricordo) di sterilizzare appunto cani
e gatti.
Nella stessa pagina, in basso, proprio in basso, che più
taglio basso di così non si può, nascosto fra la più pubblicità,
un riquadratino piccolo, piccolo, ma proprio piccolo che più
piccolo di così non si può con la "notiziola"
della condanna di De Benedetti per disavventura finanziarie
di cui non ricordo bene (comunque c'è sempre l'archivio). Segue
dibattito fra candidato e commissione sull'autonomia o meno dei
giornalisti...
Poi mi venite a parlare come unici paladini delle verità?
Ma fatemi il piacere, fatemi. Oh, Buzzanca t'aspetto per la piada
che c'ho un altro po' di storie da raccontare.
Alessandro
Mischi, Tg4, sede Mediaset Bologna, via del Fonditore 18 cap
40127, telefono 0516035111 interno 247, posta elettronica:
alessandro.mischi@mediaset.it
30
Marzo 2001 – Il colore dei soldi |
"A pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si
azzecca"
(Giulio Andreotti)
E dunque, auguri alla nuova Unità e va bene. la
dirige Furio Colombo, che cita il Kentucky e la
Libertà, e va bene. "Apre" sul costo della campagna
elettorale di Berlusconi ("Cento miliardi per comprare
l'Italia") senza citare un dato nuovo od originale che
sia uno, e va bene. Seguono pagine e pagine sulla vecchia,
di "Unità", quella degli anni Cinquanta, Sessanta e
Settanta, e questo va strabene, va benissimo.
Però, quella striscia rossa - in gergo
giornalistico si direbbe che "batte" contro il
titolo di apertura sotto e il nome della testata sopra - non solo
a me, ma a molti altri colleghi che ho sentito proprio stamane, ha
fatto storcere il naso: ma come "l'Unità" tutta
rossa (persino negli apostrofi e negli accenti) sceglie di farsi
accompagnare da una pubblicità di Telecom Italia (l'aziendina
in mano a Roberto Colaninno), che reclama la pubblicità
del "12" degli ex telefoni fissi di Stato (pubblicità
che continua, a tutta pagina, a pagina 32).
Complimenti... Sapete chi mi ricordate, cari compagni? I vostri
amici-nemici di "Libero", sì proprio il giornale
diretto da Vittorio Feltri, che - nel suo primo giorno di uscita
e, a seguire, per molti mesi - misero sotto la loro testata verde
una bella pubblicità di Libero Infostrada, una delle
tariffe della società Infostrada (aziendina in mano oggi al
gruppo Wind-Enel). Franco Tatò, al primo attacco di Libero
all'Enel, ritirò la pubblicità da "Libero"
Chissà se
"l'Unità" di Furio Colombo si cimenterà mai in una bella
inchiesta "all'americana" sulle tariffe Telecom o se
riprenderà quella di Bonini&D'Avanzo su
"Repubblica"... Insomma, che farete, cari
colleghi-compagni della nuova sinistra "liberal" che ha
deciso di tornare sulle barricante contro il ritornante
Cavaliere nero?
Sceglierete la cara, vecchia politica dell'adelante, sed cum
juicio"?
Giovanni dalle Bande Nere
30
Marzo 2001 – Se Jörg diventa Jorge |
Premetto che - ovviamente - vanno inviati i migliori "in
bocca al lupo" ai colleghi della rinata Unità. Ho notato
però che il giornale ora diretto da Furio Colombo ha iniziato col
piede sbagliato; e dico "iniziato" non a
caso.
Se guardate la PRIMISSIMA parola del giornale (nello
strillo su sfondo rosso sopra il titolo, quello dedicato ad Haider)
vedrete che il nome del destrissimo politico austriaco è SBAGLIATO!!!
Accidenti, proprio la PRIMA parola di un nuovo giornale!
Haider si chiama Joerg (Jorg con la "umlaut" o dieresi
sopra la o) e non "Jorge" come riportato dall'Unità.
Ho pensato anche che si sia voluto storpiare "alla spagnola"
il nome di battesimo del demagogo - che in effetti qualche
tentazione sudamericana evoca se non altro per certi
atteggiamenti.
Ma mi sembra una dietrologia troppo fina, dunque
incomprensibile. Comunque, tutto il bene possibile alla
"nuova" Unità, anche con gli errorini irrilevanti. Il
resto del giornale è PIU' che buono, spero solo che
continui così.
Salon Sandro
29
Marzo 2001 – Lo
stipendio non si molla mai |
Caro Barbiere, mi sa che la tua pretesa (e ragione di
esistere) di ridare un po’ la faccia al giornalismo italiano
sia davvero un’impresa impossibile. Guarda un po’ cosa tocca
scoprire oggi. Non avevo fatto in tempo a stupirmi, a dire guarda
questo che coraggio, finalmente.... che mi arriva puntualmente la
smentita: “Giuseppe D’Avanzo si è dimesso dall’incarico
di vicedirettore di Repubblica, non dal giornale”.
Ma sarà che una volta qualcuno si dimetta dallo stipendio?
Voglio vedere quanto devo aspettare per vederne uno.
La storia del giornalismo
sushi, secondo me, tenta di mascherare il travaso di
bile contro il suo direttore per la nota vicenda Telecom
Serbia (giustamente, peraltro, visto che lo scoop era a mio
avviso debole debole).
Ora
decide di restare, ovviamente, perché tiene famiglia,
“mica voglio fare questo favore a questi stronzi”, avrà detto
agli amici. Gli daranno una stanza e una scrivania, dove
potrà passare le giornate a fare telefonate per trovare un altro
lavoro.
Bene, andiamo avanti così. Non lamentiamoci però se gli
editori esigono il diritto di licenziare a piacimento i quadri del
giornale. Hanno perfettamente ragione. Se fossi Mauro o
Benedetto, io licenzierei su due piedi un mio uomo di
fiducia che mi manda insulti via posta e poi si ritira nella
stanza a fianco. Mi volete dire in quale altra azienda o
giornale del mondo questo può succedere? Solo da noi, dove ci sarà
sempre un pretore pronto a reintegrarlo, il poveretto.
Già odo le voci di migliaia di colleghi e tuoi lettori, caro Barbiere.
Ha ragione D’Avanzo sì sì bravo, così si fa.
Dimettersi dal giornale??? Ma quando mai?
D’altronde,
caro Barbiere, questo è il paese dove i vicedirettori
entrano in aspettativa per andare a guadagnare centinaia di
milioni in tv. Oppure, come nel caso di un noto settimanale
milanese in crisi, gli ultimi due direttori accettano
l’incarico “con l’elastico” e un posto di editorialista
futuro del giornale madre, se va male, neh...
Tengono
famiglia, d’accordo, e la faccia di bronzo, soprattutto.
Dimissionato
‘58
28
Marzo 2001 – Trieste ha una scontrosa grazia |
A
Trieste il clima è drammatico e si prevede un netto peggioramento
dopo Pasqua. Per colpa dell’ex sindaco Riccardo Illy, che ha reso visibile la città, e di Silvio
Berlusconi (che a suo tempo affermò che
pur di avere il Municipio giuliano avrebbe rinunciato
ai seggi di Camera e Senato della Venezia Giulia) tutti i
politici italiani hanno scelto la ‘porta
tra oriente e occidente’ nonché il ‘crogiuolo
di razze e culture’ per la campagna
elettorale.
Tanto
per fare un esempio, in un noiosissimo martedì di marzo, sono stati presenti in città:
-
i convegnisti di un
congresso di pneumologia (che, avendo prenotato in anticipo,
disponevano della sala grande dell’unico hotel attrezzato per
banchetti e quindi di un signor
buffet)
-
i ministri e le delegazioni dei Ministri della Giustizia dei paesi Ince, Iniziativa Centro
Europea, capeggiati dal Ministro
Fassino, con corrispondenti al seguito, che indistintamente
cercavano d’infilarsi nel buffet
dei medici e venivano dirottati in quello
balcanico dell’Ince.
-
la Nazionale Azzurra
di calcio e quella Lituana,
con giornalisti sportivi al seguito.
Premesso
che a Trieste i posti letto non sono più di ottocento
(attualmente, con le tre manifestazioni, completamente esauriti),
che i ristoranti decenti
chiudono quasi tutti di domenica
e lunedì, che nel ‘crogiulo’ dopo
mezzanotte non si può far altro che andare a dormire, che Trieste
non è abituata ad avere a che fare con l’informazione, sono
certa di fare cosa grata ai colleghi che saranno costretti a
seguire le prossime iniziative, elettorali e non, fornendo consigli
per la sopravvivenza (si preannuncia l’avvento di Berlusconi, Bossi, Fini,
Fassino per l’ennesima volta, il ritorno di Rutelli, Casini, Di
Pietro, soprattutto Bordon,
ecc.):
1)
Come entrate in un ristorante spiegate
con parole chiare al ristoratore che siete
un giornalista e che
avete bisogno di una fattura. Dimostrate anche a gesti subito
come la volete e, dal momento che vi arriverà tutt’altro da
quanto richiesto, non cedete ai pianti dell’oste in questione e fategliela
rifare, anche dieci volte se necessario.
2)
Non fidatevi assolutamente dei consigli
degli amici che dieci anni fa hanno mangiato splendidamente in
un posticino delizioso. A parte casi rarissimi, è
cambiata sicuramente la gestione. Seguite il branco
nei posti canonici e non avventuratevi in esperienze che, nel
cuore della notte, potrebbero influenzare irrimediabilmente
l’immagine della città. Evitate
i buffet: pasta scotta, risotto appassito, salmone e branzino
insipidi e verdure crude, dolci dozzinali. Ottimi,
comunque e di solito, i
vini, ma a pranzo abbioccano.
3)
Vestitevi a cipolla.
Si passa, nell’arco di poche ore dal freddo siberiano con
pioggia e bora al caldo tropicale. Non portate il pigiama fino al
termine ultimo determinato dal Comune per l’apertura del
riscaldamento, perché in
hotel rischiate di bollire. Dopo munitevi di tute termiche,
perché, se fa freddo, il congelamento è assicurato. Inutile sempre il costume da bagno,se
non conoscete qualcuno con la casa in Costiera: non ci sono
spiagge degne di tale nome (anche se il mare è meno inquinato di
quel che sembra).
4)
Trieste è apparentemente
collegata a un aeroporto (mezz’ora, minimo, di macchina), da
cui i voli per e da Roma e Milano partono a ore disumane. Il mezzo migliore per raggiungere la città da
Roma è il Wagon Lit (partenza da Tiburtina alle 22 e 12), avendo
l’accortezza di farsi svegliare a Monfalcone
(20 minuti bastano per la toilette)- che sembra vicina, ma per
ferrovia non lo è. Quanto a
Milano, comode tradotte
con cambio a Mestre vi permetteranno di rivivere atmosfere
da prima guerra mondiale e i fasti di ‘Triestecaralcuore’.
Per un bravo giornalista è un’esperienza indimenticabile.
5)
Nel caso il vostro soggiorno si prolungasse oltre le 24
ore, con tempo libero, non dimenticatevi di visitare il Caffè
San Marco (dove, con un po’ di fortuna potreste incontrare Claudio Magris o comunque omaggiare il ritratto dello scrittore) e
il Caffè Tommaseo,
attuale sede ufficiosa dei
DS.
Tra i luoghi comuni della città va bene anche Pepi
Sc’iavo, porcina e luganighe, il bagno La
Lanterna (unico in Europa che divide le donne dagli uomini), l’ex
sindaco Illy (facilmente reperibile mentre percorre in
bicicletta la città), la chiesa serba- ortodossa (l’ingresso assicura miracoli), la libreria
di Saba, la (le) casa (case) di Joyce. Sconsiglio il Castello
di Miramare (porta notoriamente sfiga) e il Colle di San Giusto (terribile sfacchinata). Per restare
nell’attualità, è d’obbligo un passaggio alla Risiera
e alla Foiba di Basovizza. In
entrambi i casi evitate di riportare i numeri, eventualmente
giocateveli al lotto. In
entrambi i casi infatti nessuno ha mai ascoltato gli storici.
6)
Non dimenticatevi di aprire un eventuale servizio con ‘Trieste
ha una scontrosa grazia’, ricordatevi che ha dato i natali a
Italo Svevo, Umberto Saba, Nereo Rocco,
Giorgio Strehler, Nino
Benvenuti, Claudio
Magris e Susanna Tamaro e che da Trieste è partita, con Franco Basaglia, la
riforma della psichiatria. Senza ignorare i poli scientifici, per
carità…
7)
Trieste è l’unico
porto del mondo dove non esistono puttane (evito
d’affrontare, in questo contesto, la realtà portuale). Per una
serata in allegria bastano dieci minuti di macchina. La vicina Repubblica
di Slovenia offre ai visitatori un’accurata selezione di professioniste
provenienti dalle grandi
scuole dell’est europeo, nonché accoglienti Casinò.
Spero
di essere riuscita a fornire ai colleghi che nei prossimi giorni
saranno deportati a nord
est particolari utili quanto meno a trovare nel nulla di ciò che li attende un alibi di notizia. Nel caso fossero interessati a conoscere Trieste,
il porto più a nord dei Balcani, li invito a mettersi in contatto
col Barbiere della sera, che spero si presti da intermediario.
Posso farvi da guida nella
riserva. Al limite, e con un po’ di fortuna, condurvi in
inferi e purgatorio… al paradiso ci penserà il politico che
seguite…
Virgilio
28
Marzo 2001 – Il mio pianto libero di
giornalista mafioso
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Gentile Barbiere, sono un giornalista professionista
sadicamente strappato dalle liste di disoccupazione per
essere assunto in quella cosca mafiosa che è l'azienda Mediaset.
Ebbene sì, la puntata di Satyricon, le inchieste di Travaglio,
nonchè le intonse e inequivocabili dichiarazioni di Paolo
Borsellino, hanno finalmente squarciato il velo d'omertà e a
me fatto trovare il coraggio di questa lettera-sfogo-denuncia.
Che lavorare nelle redazioni di Mediaset sia veramente dura
d'altronde lo si era capito dal pianto libero di alcuni colleghi
che avete ospitato sul vostro sito ("non vogliamo il voto al
pezzo" per il Tg5, "non siamo famosi come quelli del
Tg5" per Studio Aperto).
Ma tutto questo è niente se si pensa al giorno più
triste e infame che ogni trenta giorni l'azienda Mediaset fa
passare ai suoi 4.000 e passa dipendenti: il 27 del mese.
Puntualmente ci viene recapitata questa busta paga lorda di
sangue e odorante di morte.
E pensare che
per ottenerla, io redattore ordinario al Tg4, ho dovuto giurare
fedeltà a tutto: dal Pnf (il Partito nazionale fascista)
alla PFM (Premiata Forneria Marconi), da Totò Riina
a Topo Gigio (fa parte della sezione spettacoli), dalla
Sacra Corona Unita alla Nuova Camorra Organizzata, dai Ricchi e
Poveri al Fantasma Formaggino (fa parte del settore
commerciale).
A
mia parziale scusante c'è stata l'ingenuità iniziale: io
portavo notizie e "loro" hanno iniziato a pagarmi. Non
potevo immaginare che dietro al fatto di essere pagato per il mio
lavoro pur avendo solo due tessere nel portafogli (quella
dell'ordine e quella della federazione italiana tennis) si celasse
la strategia di raccogliere adepti da affiliare,
nell'ordine, a: mafia, camorra, n'andrangheta, P 2, P Greco,
Ordine Nuovo, Ordine Nero, Ordine Vero e, già che ci siete,
ordinatemi una pizza che m'è venuta fame.
Adesso, con tutte queste tessere, non riesco neanche a
tenere in tasca il portafogli quando vado a fare la spesa e rimpiango
il romantico periodo della disoccupazione quando non c'erano un
sacco di problemi tipo caricar la batteria del cellulare
aziendale, riempire correttamente il foglio note-spese,
dovermi ritirare personalmente la mazzetta dei giornali.
Per non parlare degli obblighi al quale ti vincola il patto
di sangue: dagli esercizi spirituali pro Cavaliere, ai baci
da effondere con Bagarella, con Badalamenti, con Di Maggio, con la
Zuppa inglese se c'è rimasta altrimenti va bene anche Bacio e
Panna cotta, grazie.
Vorrei firmarmi sotto uno pseudonimo esotico oppure
americaneggiante che fa molto figo, tipo "The last hurrà"
come quel cavallo che ha vinto tanti concorsi ippici, ma più che
da corsa mi reputo cavallo da soma. Poi da quando sono diventato
un "uomo d'onore" devo per forza firmare con il
mio nome.
Inoltre scrivo anche l'indirizzo così chi mi vuole
insultare oppure darmi del mafioso potrà farlo senza
consultare elenchi telefonici e Ansa, data la comprensibile
difficoltà di tanti colleghi nel trovare la benchè minima
notizia che non si trovi di fronte al loro computer.
Alessandro Mischi, Tg4, sede Mediaset Bologna, via del
Fonditore 18, cap 40127. Centralino 0516035111 - interno 247.
Indirizzo di posta elettronica: alessandro.mischi@mediaset.it
28
Marzo 2001 – In hoc signo vinces
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Per fortuite circostanze sono entrata in possesso
del testo che ha ispirato in questi anni la
politica del centro- sinistra in materia
elettorale, su invito della componente cattolica, e ha portato
alla nomina di Rutelli
a leader dell’Ulivo.
‘L’astenersi
dalla votazione senza motivo sembra almeno peccato
veniale, se il candidato
buono ha un controcandidato
meno idoneo. Può essere grave,
qualora con l’astensione si favorisca l’elezione di un candidato
cattivo, soprattutto in determinate circostanze politiche.
A
un candidato cattivo si può dare il voto solo quando ciò sia
necessario per evitare l’elezione di un candidato
peggiore; però, con opportuna dichiarazione, si deve
indicare, nel caso, il motivo di questo modo di agire. In via di
eccezione, si potrebbe dare una volta il proprio voto anche a un candidato
indegno per sfuggire uno svantaggio personale eccezionalmente
grave’. (Dal
Compendio di Teologia morale, Eriberto Jone, Marietti, 1955)
La solita giornalista sconosciuta
27 Marzo 2001 – A Ramo', ma che stai a guarda' il capello? |
Invitata
ieri sera alla "Domenica Sportiva", la bella Ramona
Badescu ha cortesemente protestato per come Bruno Pizzul ha
storpiato i nomi dei calciatori romeni, nella telecronaca della
partita contro l'Italia. Ilie, ha spiegato Ramona, si pronuncia con l'accento sulla seconda
"i", mentre Pizzul
ha fatto il contrario. Codrea
deve essere accentuato sulla "o", Serban
si legge "Scerban", in Galca
le due "a" sono quasi mute e così via.
Le
osservazioni di Ramona Badescu hanno suscitato l'ilarità
generale. "Ma noi leggiamo all'italiana", ha detto per
tutti, con tronfia sicurezza, il conduttore della trasmissione, Marco
Mazzocchi, mentre gli altri avevano un'espressione che,
tradotta in romanesco, sembrava significare: "A Ramo', ma che
stai a guardà il capello?".
A
bottega pensiamo invece che la ragazza avesse
ragione da vendere. E' diritto dei telespettatori che i nomi
stranieri vengano pronunciati nel modo più fedele possibile. Ed
è diritto, in particolare, della comunità romena in Italia,
sempre più numerosa, come ben sappiamo. Un servizio, oltretutto,
che è assai facile assicurare: non c'è bisogno di una laurea in
lingua e letteratura straniera. A Pizzul sarebbe bastato, con la
formazione romena in mano, chiedere la pronuncia
al barista dell'albergo. O al
taxista che l'ha portato allo stadio. O all'uno e all'altro,
come ripasso. Certo, ci vuole un po' di sensibilità per le altre
culture e anche un po' d'umiltà. Punizione per Bruno: vedersi per
quattro recite consecutive il Riccardo III di... Skakespare.
Bds
28
Marzo 2001 – Cominciamo a dire
“no”
|
Caro Figaro,
che la rubrica "ciccia" sia cosi' sguarnita di
interventi dovrebbe dirtela tutta sul senso di smarrimento
che attraversa ancor piu' in queste ore, la nostra
professione. Per primi come giornalisti dovremmo sottrarci al
gioco al massacro di queste ore. Eppure in molti continuiamo ad acconsentire
a prestarci a interviste a porte chiuse, senza
contraddittorio.
La commissione
di vigilanza in queste ore ha varato il
regolamento sulla par condicio, ma noi dobbiamo impedire
che a scegliere gli interlocutori per le interviste siano i
partiti o lobby d'interesse. Chiudere le telecamere a abbassare i
taccuini se il sindaco di turno, come ha fatto solo due
giorni fa a Milano Gabriele Albertini, pretende di
rilasciare dichiarazioni alle telecamere senza la presenza dei
giornalisti di cui teme domande sullo stato disastroso dei
rapporti con la sua giunta. Insomma, e' ora che torniamo
a fare tutti il nostro mestiere.
Ecco perche'
provo un senso di profondo smarrimento, che deriva dalla
consapevolezza che abbiamo perso negli anni un ruolo irrinunciabile:
quello di essere, come giornalisti, non solo i
professionisti dell'informazione, nel senso di quelli che la
fanno, ma i garanti della qualita' e della
liberta' di questa informazione.
Negli anni
le iniziative, idee, progetti, incontri non sono
mancati, per la verita'. Penso al ruolo che ha giocato il Gruppo
di Fiesole, che gia' dieci anni fa avvertiva che la
categoria stava cambiando che il paese era gia' cambiato
e che anche noi dovevamo ripensare il nostro ruolo.
Purtroppo la
pur proficua esperienza del Gruppo Fiesole, capace gia'
allora di grande trasversalita' nelle ideologie, che voleva
essere ed e' stata a lungo un progetto permanente di
dibattito e di elaborazione, sul ruolo dell'informazione
nell'epoca delle nuove tecnologie, si e' interrotta.
Non e' questo il luogo ne' io sono la piu' adatta nel
raccontarne il cammino e per fortuna nulla si e' perso di quella
proficua esperienza. Ma oggi piu' che mai del senso,
dell'origine di quella esperienza avremmo bisogno per rimettere
insieme quei pezzi della categoria che vedono, come tu denunci, il
pericolo che le regole della democrazia si trasformino in
(pericolose) autocensure, che nulla hanno a che fare con la par
condicio, men che meno con la dialettica democratica.
L'attacco
del Polo
non e' a una presunta negata par condicio, ma e' alla
liberta' dell'informazione. Il bel documento che e'
uscito dall'assemblea dei giornalisti Rai a Saxa Rubra testimonia
quanto il senso di questo attacco sia evidente. Nelle ore in
cui veniva decisa la quattro giorni di autocensura della Rai, mi
sono detta che come cittadina, prima ancora che come
giornalista sentivo tutto il peso di una decisione che mi
toglieva un diritto costituzionale irrinunciabile:
quello ad essere informata.
Ma
tornando a noi, giornalisti, per lo stesso motivo, non condivido
nel documento dei colleghi de La Stampa sulle
dimissioni di Petrina, quella frase che dice: Petrina
non difende i colleghi che fanno la professione. Petrina
non ha difeso la liberta' d'informazione, questo e' il punto. Un
presidente dell'Ordine assolve il suo ruolo e rappresenta i
giornalisti perche' difende prima di tutto la liberta'
d'informazione.
Non
vorrei essere fraintesa: la gestione dell'Ordine del signor Mario Petrina non e'
da quando e' andato in televisione ad attaccare Marco Travaglio
che ha smesso di essere rappresentativa della categoria.
Non e' la prima volta che lo dico e non sono certo la sola ad
averlo scritto. In molti lo dicemmo tre anni fa, quando
venne rieletto il Consiglio nazionale dell'Ordine. Ma come ho
gia' avuto modo di scrivere dalle ospitali colonne
del Barbiere, per cambiare ci vogliono i voti. Ricordiamocelo
quando fra due mesi saremo chiamati di nuovo a votare,
tutti. Potrebbe essere l'occasione non solo perche' Mario
Petrina vada a casa, ma perche' si possa avere la forza
di riformare davvero un istituto importante della
categoria che sia davvero a tutela della qualita' e della
liberta' d'informazione.
Concluderei
tornando al prologo: ricominciamo a discutere del nostro ruolo, abbiamo
molta stima da recuperare come categoria nei confronti dei
cittadini. E' un patto di lealta' cui non possiamo abdicare.
Vera Paggi
26 Marzo 2001 – La ragazza del bar e il
caffe' della pace |
Signor
Figaro, io, prima di portare caffè e cornetti ci ho
provato. Il nostro bar vuole essere all’altezza del suo salone
e, sebbene piccolino e senza posti a sedere, offre caffè di marca
e anche zucchero di buona qualità.
Per i cornetti ci fidiamo da anni del nostro panettiere. Così ho
chiesto sia al dottor Guzzanti che al dottor Morrione di
sfogarsi per poi magari ritrovarsi nel nostro locale. In verità,
lo confesso, l’ho chiesto prima al dottor Guzzanti, ma
solo per casualità di tempi. Lui non mi ha ancora risposto e
spero che sia un problema solo di mail. Comunque il dottor Morrione
ha risposto subito e la cosa, a me, ragazzina da bar che viene
dalla provincia, è piaciuta molto. Ma sa, io non capisco tante
cose, a me piace che la gente mi saluti... Magari i suoi clienti
hanno qualcosa da aggiungere. Comunque le allego la corrispondenza.
La ragazza del bar
Ps:
Mamma quanta gente famosa passa per il Suo salone….
Egregio
dottor Morrione, rivolgo a lei, come al dottor Guzzanti,
alcune domande sullo scambio di querele e controquerele nel corso
della trasmissione di Santoro sul caso Travaglio/Luttazzi/Berlusconi,
con la preghiera di rispondermi.
Ho appurato dal dottor Loche che la querela era
preesistente, determinata dalle accuse di aver manomesso la
famosa cassetta con l’intervista a Borsellino e che esiste una
controquerela.
Ciò premesso (spero di aver capito bene, noi ragazze del bar non
siamo molto sveglie e preferiamo chiedere due volte piuttosto che
mai), mi farebbe piacere avere una sua opinione sul meccanismo
'querele' in ambito professionale.
Non sarebbe meglio, avendone gli strumenti, rispondersi
attraverso l'informazione, piuttosto che adire a vie legali?
In realtà, con tutta l'ingenuità che mi deriva dall'essere una
provinciale di passaggio per una barberia, vorrei offrire a lei e
Guzzanti un caffè della pace, magari con un cornetto. Mi
sappia dire anche quanto zucchero. Cordialmente
La ragazza del bar
Gentile
ragazza del bar, nei miei (ahimè) 37 anni di professione sono
stato criticato, attaccato, vilipeso e diffamato molte volte, ma
di querele ne ho fatte pochissime.
Sono anch'io convinto che la polemica anche aspra non dovrebbe mai
finire nelle aule di tribunale, a parte la fatica e la perdita di
tempo che ciò comporta... Ovviamente la polemica e il confronto
d'opinioni richiede 2 cose, lealtà e buona fede e pari opportunità
di far conoscere i propri argomenti: nel caso in questione non
credo alla lealtà e alla buona fede e non ho pari opportunità.
Un giornale, nel caso specifico "Il Giornale", può ripetutamente
dire cose false e gravissime, Rai News 24 non può materialmente difendersi
e rispondere: qui scatta la querela, esplicitamente prevista dalla
legge come estrema difesa dell'onorabilità e del lavoro svolto,
in questo caso non solo mio, ma anche dei miei giornalisti.
Apprezzo pertanto la sua offerta del cappuccino con cornetto
della pace e spero di poterlo prima o poi assaporarlo con lei,
ma non certo con il collega da Lei nominato.
Con lui ci incroceremo, spero presto, al bar della Procura di
Milano e , dopo la balla colossale e volgare che mi ha lanciato
addosso in diretta al Raggio Verde, circa un inesistente
licenziamento che avrei operato verso un caporedattore
dissenziente (6 milioni di spettatori, tra i quali mia figlia e
forse anche la sua) pure al bar della Procura di Roma.
Un tempo questi veleni si spazzavano via incrociando le lame
all'alba, la storia del giornalismo italiano ne è piena. Oggi,
andate in disuso le lame e nell'impossibilità (mia) di incrociare
un po' d'inchiostro, mi lasci almeno la consolazione di fare
inviare qualche atto giudiziario. I migliori saluti e grazie
comunque per la buona intenzione
Roberto Morrione - direttore Rainews 24
Caro
Morrione, qui a bottega riteniamo che tu possa anche avere
tutte le ragioni del mondo ma le querele tra colleghi non ci
piacciono lo stesso.
Cosi’, all’invito della nostra ragazza del bar, aggiungo il
mio. Se il problema e’ che non puoi, su Rainews 24 replicare a Paolo
Guzzanti, ecco qui, sul Barbiere della Sera, tutto
lo spazio che desideri. Ma le carte bollate lasciamole a chi
non e’ capace di mostrare i suoi buoni argomenti con le parole.
Se vuoi accomodarti in poltrona…
Va da se' che l'invito e' valido anche per il vice direttore del Giornale.
Figaro
26 Marzo 2001 – Io un sassetto l'ho lanciato |
Egregi, io un sassetto l'ho lanciato. La seguente lettera
(mia) è stata pubblicata su Il Foglio di mercoledì scorso.
Stabilite un po' voi se in diverse testate - e a mie spese - non
sia successo un bel casino. Non so, a me sembrano temi da
Barbiere. Anche se francamente, da un po' di tempo, non riesco più
a capire bene quali siano effettivamente i temi del Barbiere. Boh.
Signor Direttore Non è che dovremmo rivalutare il qualunquismo?
Senta questa. Sabato mi ha telefonato un cronista che durante Mani
pulite veniva bollato come forcaiolo. E mi ha sfottuto così:
“Beh, ma che succede? Nessuno scrive niente? Nessun vibrante
articolo contro le gogne a mezzo stampa? Basta? Fine?”.
Parlava della prima pagina del Corriere appunto di sabato,
il cui titolo “Arrestato davanti ai cronisti”
evidenziava l’irriguardosa presenza di fotografi e giornalisti
mentre un politico, il vicepresidente della Toscana, veniva
arrestato dai finanzieri. Sotto il titolo del Corriere c’era
anche un corsivo di Gad Lerner che giustamente esorcizzava
il ‘rito mediatico sovrapposto alla funzione giudiziaria’ e
che s¹intitolava così: “Severi, ma la gogna no”.
Ecco: il problema è che accanto al corsivo di Lerner c’era
anche la foto (relativa ad altro articolo) di un uomo ammanettato
tra i poliziotti: quella di Michele Profeta, presunto
killer padovano.
Chiaro lo schema? Da una parte si esorcizza la gogna (per un
politico) e tre centimetri più in là te ne architettano una per
un cittadino cosiddetto normale, che, pure, è solo indagato
e neppure rinviato a giudizio esattamente come il vicepresidente
della Toscana. Peraltro il corsivo di Lerner (“Ma la gogna
no”) si conclude in questo modo: “Bisogna anche saper
sottrarre alla gogna l’indagato. Scrive al singolare.
Giustamente.
Bello, vero? Faranno festa manipulitisti e qualunquisti
che volessero un giorno ribadire, dal barbiere o al bar,
che c’è un garantismo per i potenti e uno per gli straccioni.
Ma si prosegue. Sabato pomeriggio un cronista del Foglio
che mi ha fatto notare un’altra cosa: che su Panorama c’erano
altre foto di Michele Profeta (immagini di ogni tipo) e che tra
queste ve n’erano un paio del 1955 che l’immortalavano in
vacanza sull’Etna, da bambino: ecco, quelle in compenso erano
criptate.
Perchè è un bambino, eh, qualcuno potrebbe riconoscerlo. Capito?
Aspetti. Mi ha telefonato anche un cronista de l’Espresso che a
suo tempo veniva pure lui bollato come forcaiolo. E mi ha
raccontato di come lui forcaiolo si fosse vanamente
opposto alla copertina fatta dal settimanale la settimana
precedente: megafoto di Erika e Omar (i mostriciattoli che hanno
fatto la strage di famiglia in un interno) a sua volta criptata,
ma ridicolmente, tanto che i volti dei due minorenni erano
chiaramente riconoscibili.
Il cronista dell’Espresso mi ha detto che dapprima i due
volti non volevano criptarli proprio. Bene: sempre sabato - avevo
poco da fare a quel punto ho impacchettato un articolo che
raccontava tutte queste cose e l’ho spedito al quotidiano
garantista per eccellenza, Il Giornale.
L’hanno impaginato. Ma alle 22 e 30 è stato tolto per far
spazio alla seguente: “ Cassazione costretta a occuparsi di
mucche e cinghiali”. Insensibili? Per fortuna no. In prima
pagina infatti spiccava il milionesimo corsivo in cui si sfotteva
certo neo-garantismo progressista e e in cui si ricordava che di
episodi analoghi a quello del vicepresidente della Toscana, in
passato, ne sono accaduti moltissimi. Per esempio: “In pieno G7
a Napoli, nel novembre 1994...”. Ah, già. Mi riporto alla
domanda iniziale.
Filippo Facci
26 Marzo 2001 – Vulvia, hai gia’ dimenticato Alberto?
|
Cosa
succede all'Ottavo Nano?
Come mai Vulvia non ha parlato di Alberto
Angela?
Forse
l'attesa di Sabina Guzzanti-Berlusconi (comunque di certo non una
delle sue migliori interpretazioni), forse le manovre del gruppo
Dandini dopo questa settimana di passione della RAI, ci hanno reso
meno attenti.
Dunque
Vulvia non ha parlato di Alberto. Eppure ne è innamorata e come
si fa ad impedire ad una donna innamorata di parlare dell'unica
cosa che conta nella sua vita?
Presto
detto: sembra proprio che papà Angela, stanco della presa in giro settimanale indirizzata
all'indifeso figlio (che in realtà pare invece divertirsi molto),
abbia minacciato addirittura di andarsene dalla RAI e trasferire
il suo programma altrove.
Sarà
vero? Sembra proprio di si, almeno stando a fonte certa.
E questo porta un'altra domanda: ricordate in anni e anni
di trasmissioni rai che qualcuno abbia mai imitato papà Angela?
Ma davvero nel suo contratto c'è una clausola scritta che
impedisce a chiunque di prenderlo (bonariamente) in giro? Mah...
Non bruciate l'aglio
22 marzo 2001 - Vuoi vedere che
Repubblica non se ne accorge? |
Un'ulcera perforante ha costretto Roberto Rosso, aitante candidato alla carica di sindaco di Torino per la
casa della libertà,
a improvviso ricovero ospedaliero lunedì mattina
19 marzo.
Scartabellando i quattro quotidiani torinesi di questa
mattina (martedì
20), la sorpresa: due (La Stampa e La Repubblica) danno la notizia, due
(Il Giornale del Piemonte e
Torino Sera) la tacciono.
Non sfugge che gli abbottonati, l'inserto del quotidiano
di Paolo Berlusconi e il piccolo Torsera filo
An, sono
proprio i fogli che appoggiano
quella candidatura.
Non deve, soprattutto, sfuggire
che - com'è ovvio - entrambe le testate erano
avvertite del ricovero del loro beniamino: fin, dalle 14.30. Boatos
vogliono altresì
che i due direttori (Pierangelo Coscia per Il Giornale e
Beppe Fossati per Torino Sera) si siano accordati
per tacere (Vuoi che quei sonnacchioni de La Stampa e La Repubblica se ne
accorgano?).
Nel frattempo, l'addetto stampa di Rosso, Giovanni Monaco, si affannava a stendere un velo di fitto e assoluto
riserbo: illudendosi di giustificare quattro giorni
di assenza del candidato
con improbabilissime visite a Milano, Arcore e dintorni.
In fondo Rosso è stato ricoverato nel più grande
ospedale di Torino:
impensabile che i cronisti della concorrenza abbiano fonti
in grado di informarli. In fondo a Torino lo
aspettavano solo macellai, commercianti, rappresentanti di quartiere e
quant'altro.
D'altra parte, a Torino, quello del candidato
è mestiere duro. La
sinistra ha già perso Domenico Carpanini,
stroncato da un ictus
durante il suo primo confronto con Rosso. Così, ha
pensato il cervello
della Casa delle libertà, meglio non gufare il povero
Rosso. Morale: buca con acqua.
Piero La Cimice
22 marzo 2001 - Un banalissimo
controllo delle fonti |
Mentre voi vi fate barba e capelli, pelo e
contropelo, prima di portare il caffè, vi propongo di sospendere
per un attimo la querelle sull'intervista a Borsellino e
andare a dare un'occhiata a http://www.misteriditalia.com/newsletter/speciale1/speciale-Borsellino.doc
sito Misteri d'Italia diretto dal giornalista Sandro
Provvisionato.
Il confronto tra le due versioni, quella televisiva- ovviamente
ridotta per necessità tecniche- e quella pubblicata dall'Espresso
-integrale- è altamente istruttivo. Si tratta peraltro del primo
lavoro che tutti i giornalisti (tranne Luttazzi, che
giornalista non è) avrebbero dovuto fare prima di partecipare al
circo massmediatico. In gergo è un banalissimo 'controllo delle
fonti', operazione più rischiosa di Desert Storm dal
momento che spesso inficia polemiche e misteri. E cosa sarebbe
l'Italia senza un po' di veleno?
Chi sosterrà che Provvisionato lavora per Mediaset non avrà
diritto al cornetto. Anche Santoro ha cercato di mettere le
due versioni a confronto, limitato purtroppo dai rischi della
diretta. In questo caso invece 'computer canta'...
Consolatevi. Ci sono altre occasioni per parlare del Cavaliere.
Suggerisco una bibliografia che è difficile, ma non impossibile,
reperire. Si tratta di due pubblicazioni di L'AltraItalia 'Berlusconi
Blob. Chiacchiere, promesse e decreti in 120 giorni di governo'
(1994) a cura di Laura Formica e 'Mi consenta' (con musicassetta
allegata e rap del Cavaliere, attualissimo), sempre 1994.
Sempre L'AltraItalia aveva pubblicato 'Berlusconi, una biografia
non autorizzata' di Claudio Fracassi e Michele Gambino, mentre la
Baldini & Castoldi '1994. Colpo grosso', di Corrias,
Gramellini, Maltese. Affascinante anche 'Ridateci Berlusconi',
1996, edito da Cuore collana Blob.
Non voglio sembrare di parte e quindi vi
suggerisco di Renzo Barbieri Editore 'Il manuale del Cavaliere',
1994. E' uno zuccherino... a proposito, quanti caffè e cornetti?
Latte?
La
ragazza del bar
21 marzo 2001 -
In fondo rimaniamo
dei privilegiati |
Carissimi, sono Paolo Bellino, giornalista dell’Adnkronos,
recentemente preso a calci e manganellate dalla polizia, a
Napoli. Vorrei raccontarvi cosa ho visto e sentito durante quella
mezz’ora di panico in piazza Municipio a Napoli sabato scorso.
Sia chiaro, vi scrivo non perche’ indignato dai calci presi
dalla mia persona, ma dalla violenza
fuori controllo dimostrata da polizia, carabinieri e –mai
visto prima- anche guardia di finanza in tenuta antisommossa.
Come tutti saprete, gli scontri duri si sono verificati in piazza,
ma un anticipo era stato fornito in corso Umberto e via Depretis:
i primi a colpire sono stati gli Incappucciati (anarchici,
vestiti di nero), e in tre scaramucce diverse le varie polizie si
erano comportate tutto sommato bene: contro sampietrini, bastoni,
un palo divelto e due molotov hanno risposto con cariche brevi,
manganellate e lacrimogeni: un rapporto, a mio giudizio,
equilibrato.
Lo squilibrio, la follia li ha presi
dopo, in piazza: anche li’ i primi ad attaccare sono
stati i manifestanti, ma solo spingendosi contro i cordoni
di polizie che impedivano l’accesso a piazza Plebiscito;
respinti, hanno iniziato a lanciare sassi, bottiglie e dare
bastonate. In cambio la polizia ha caricato. Ma l’azione
e’ stata radicalmente differente da quelle di poco prima e, a
mia memoria, da quelle viste altrove, corteo anti Haider compreso.
La piazza e’ stata accerchiata e le uscite chiuse, le
ondate di cariche si sono susseguite a breve distanza, gli
obiettivi erano ragazzi e ragazze
in piedi e per terra, a braccia alzate, di schiena, fermi o
in movimento, poco importava.
Poco prima di essere buttato a terra, ero indeciso
se seguire (mi trovato al centro della piazza, nel giardinetto di
fronte al municipio) la vicenda di un uomo con la barba, in
terra, preso a calci sulla testa da dietro da un poliziotto in abiti
civili, o quella, che poi ho scelto, di una ragazza con il
viso coperto di sangue che veniva trascinata via da due
poliziotti, che nel frattempo la colpivano ai fianchi.
Per cavalleria, ho scelto la ragazza, che nel frattempo
veniva trascinata verso un muro, dove apparentemente
l’intenzione era di continuare a pestarla. Lei gridava, piangeva
e non opponeva particolare resistenza, forse stordita dai colpi in
testa. Fortunatamente questa scelta e’ stata seguita da due
cameramen e qualche fotografo, visivamente piu’ giornalisti
di me, che avevo solo il passi. Questo forse l’ha salvata da
un’altra gragnuola di colpi.
Torno al mio posto di osservazione, e dopo pochissimo vengo
atterrato da dietro da un poliziotto, che mi stringe il
collo mentre mi schiaccia a terra; seguito da un gruppo di
colleghi, che inizia a manganellarmi e darmi calci. Mi sono subito
coperto faccia e inguine con le mani.
La cosa ha avuto un senso, visto che mi e’ subbito arrivato un
calcio sulla mano che copriva l’inguine. Il poliziotto che mi
stringeva il collo ha allentato la presa e sono finalmente
riuscito a dire ‘’sono un giornalista’’, ricevendo un
‘’chissenefrega’’ e un ‘’questo e’ un fermo di
polizia’’ urlati in risposta.
Poi sono stato trascinato fuori dal prato, nel frattempo avevo
avuto modo di staccare il passi dal suo posto (altezza fianchi,
sul giubbotto annodato intorno alla vita) e lo tenevo alto per far
capire il mio status di osservatore, e non ‘’facinoroso’’
come dicono loro.
E’ intervenuto un dirigente, funzionario, ispettore o che so io
che li ha allontanati fisicamente da me. Mi sono alzato, ho
raccolto telefonino e occhiali calpestati dal prato
e mi sono spostato da li’, visto che il posto non era poi tanto
buono.
All’altezza del Maschio Angioino, contornato di Maschi
Poliziotti, Finanzieri e Carabinieri,
raccolgo un pezzo di fumogeno come souvenir:
prontamente strappatomi di mano da un finanziere di mezz’eta’,
cicciottello, che mi dice ‘’questo te lo ficco in culo’’;
un altro mi dice ‘’stronzo, vattene’’, e due
poliziotti mi assestano altri due calci. Ancora un ispettore mi
porta via.
Il tutto e’ avvenuto mentre tenevo in evidenza, con
la mano in alto, il mio inutilissimo passi da giornalista.
Agli altri e’ andata molto peggio, in fin dei conti siamo ancora
una categoria di privilegiati…
Paolo Bellino
19 marzo 2001 - L'ora che alla
free lance intenerisce il core... |
Nell’ora
in cui metto a bollire le patate e sfrigolo lo strutto,
base della minestra, i colleghi e le colleghe a posto fisso non
possono permettersi il lusso di seguire il Tg di Emilio Fede.
Si danno alla ‘bassa cucina’ con l’ansia di chi sa che da lì
a poche ore il giornale chiuderà, mentre io affetto in tutta
calma le carotine novelle, sbuccio piselli, sminuzzo prezzemolo
e sedano, e rosolo le cipolle.
Piango anch’io, ma è un pianto diverso, che libera le
coane e fa bene agli occhi. A una certa ora, free lance e
giornalisti a posto fisso, siedono al desco: entrambi seguono
‘Il raggio verde’, i primi degustando un minestrone
primaverile di ‘risi e bisi’ freschi, i secondi un pastone
scongelato. Entrambi godono dello spettacolo offerto da Santoro,
Guzzanti, Cavallaro, Purgatori- per una volta nelle vesti di giornalisti
sul serio, ognuno secondo le necessità, ognuno secondo il
bisogno.
L’apoteosi è, per tutti, quella dell’editore, Silvio, che
sveste i panni di futuro e potenziale capo di stato per indossare
i propri. Ma si è già arrivati al secondo, formaggi freschi
con verdure lesse e crude in vinaigrette (aceto di mele,
lievissimo) per i free, fettina bruciacchiata per i ‘posto
fisso’, magari single e senza fissa dimora. Quando si arriva
alla frutta, come del resto Silvio, i free affondano il
cucchiaino in una macedonia in salsa di limone, i ‘posto
fisso’ addentano una mela ammaccata per non buttarla via.
Il commento sulla trasmissione di Santoro è invariabile. Free o
fissi, si asseconda la propria esperienza, più o meno aspra. Non
dipende dal limone, né dalle quantità di zuccheri. A sera, anche
per i bambini, i Pokemon assumono fattezze umane. Ma…
Ma il (in questo caso la) free, sbucciando patate, ha
visto cose che un umano non potrebbe immaginare. Non Emilio
Fede. Lui è una simpatica abitudine, come Striscia la notizia o
Blob. Petrìna o Pètrina, che dir si voglia. Cioè l’Ordine.
Ossia il caos in cui versiamo. Fango o, nel caso in questione (il
minestrone), olio extravergine d’oliva.
Petrìna o Pètrina, che dir si voglia, di fronte a Emilio
Fede nel consueto ruolo di paladino della berlusconità,
bisbiglia accuse contro un signore, Luttazzi, che, fino a prova
contraria, ha sostenuto molte prove, ma non quella che
l’inchioda a fare il giornalista a vita. Fede gongola e
conclude con un calembour tra imbecilli e coprofagia. Petrìna o Pètrina,
che dir si voglia, ringrazia e saluta. A nome di tutti, free e
fissi.
Da free
posso, anzi devo, arrabbiarmi con chi firma contratti facendosi
scudo del tempo che dedico alla cucina, quella alta. Da giornalista,
iscritta all’Ordine, non posso che dissociarmi da chi, rappresentandomi,
partecipa a spettacoli di satira ufficialmente non dichiarati come
tali. Per il nervoso stavo quasi per brucciacchiare un
pisello….
La solita giornalista sconosciuta
19 marzo 2001 - Brutte, sporche e
neanche tanto cattive
|
Caro
Figaro, sono giorni convulsi, Luttazzi che
deflagra, l'Unità che riapre, i giornalisti, gli
ingegneri, i metalmeccanici che scrivono in massa sulle
busta-paga della categoria più sopravvalutata del
pianeta.
Ho 25
anni, ho superato gli esami da giornalista
professionista un anno fa. Dirai: che giovane, che
brava....
Adesso
ti racconto. Ho lavorato come praticante presso una
testata locale, il glorioso "Mediterraneo",
arena circense del mago del circo e domatore di pulci Vinicio
Boschetti, area Ds, e per giunta senza vergogna.
Le pulci erano i giornalisti, i giochi di
prestigio gli stipendi: uno ogni tre, quattro mesi,
con quelli in redazione che spegnevano i fuochi
fatui degli scioperi ridicoli del cdr.
Sono stata licenziata (avevo incominciato a rompere
le scatole credendo di poter cambiare le cose, con un
sindacato provinciale che baratta le assunzioni e un Ordine
Regionale che in un anno ha accolto più o meno tre
dozzine di riconosciute pratiche a collaboratori che
scrivevano tre pezzi alla settimana).
Il mio credito nei confronti del domatore di pulci è
di 54 milioni: la società editrice è fallita,
la cooperativa che l'ha sostituita pure, spero solo nelle
tre mensilità e nel Tfr dell'Inpgi, che infatti è
leggermente imbufalita.
Ma tant'è, pagare e sorridere. Da qualche mesetto il
domatore con i suoi fedeli assistenti ha aperto il
quotidiano "L'Ora", sì, proprio quello
prestigioso e agguerrito delle inchieste sulla mafia e dei
giornalisti scomodi.
Pubblicano una ventina di pagine al giorno brutte,
sporche e neanche troppo cattive. Ma a me girano le balle
lo stesso. Sul vostro sito leggo di stipendi bassi, di
buste-paga che lasciano insoddisfatti. Io mi accontenterei,
anche se sono giovane e più o meno libera. Perché io,
l'anzianità di servizio di certi colleghi dinosauri non
me la posso neanche sognare.
Nel
frattempo neanche più mi indigno, perché forse non
ne ho neanche tanto il diritto. Grazie per l'ospitalità.
Federica
19 marzo 2001 - E' che sono un
sentimentale, scusate...
|
Che
strana la vita dei giornalisti. Ti capita di conoscerne uno - o più
di uno - tanti anni fa e lo ritrovi - anni dopo - completamente
diverso, cambiato. Un altro uomo e, ovviamente, un altro
giornalista. Prendiamo
Giuseppe (Peppino) Baiocchi, direttore (S)terminator della "Padania"
leghista, protagonista d'una storia con un corrispondente,
finita in tribunale.
Chi
ha avuto la ventura di conoscerlo, come me, negli anni '70,
ricorda un giovane universitario assiduo frequentatore del centro
studi di via Mercato, mitico covo di giovani, e meno giovani, democristiani
di sinistra, istruiti e catechizzati dall'indimenticabile
Giovanni "Albertino" Marcora, cofondatore della
corrente di Base. Aveva un desiderio grande come il mio,
Giuseppe Peppino Baiocchi: diventare giornalista. Albertino
Marcora, uomo generosissimo, fece carte false per accontentarlo.Tanto per cominciare lo mandò a
farsi le ossa all'Avvenire.
Un periodo di gavetta trascorso malvolentieri dal Peppino che
ambiva a ruoli, e giornali, ben più importanti. Marcora, commosso
dai lamenti quotidiani di Baiocchi, face faticoso esercizio
d'umiltà presentandosi al cospetto del direttore del Corrierone,
all'epoca (cioè come sempre) per nulla tenero con la sinistra dc.
Arrivato in via Solferino, a Giuseppe Peppino Baiocchi occorsero
pochi mesi per capire da che parte stare. Puntò tutto, e
giustamente, allora, su
Giorgio Santerini e il suo sindacato parasocialista. Arrivò
fino alla qualifica di redattore capo. Missione compiuta? Neanche
per sogno.
Peppino
Baiocchi puntava più in
alto. Alla direzione. Non del Corrierone, almeno per ora. Un
giorno seppi che era in pista per sostituire Luca Marchi
alla direzione della "Padania". Lo chiamai: gli chiesi
come fosse possibile. "Voglio provare se sono in grado di
dirigere un giornale", mi rispose. Ma proprio la "Padania"?
Con la tua formazione, il tuo passato.... "Cose
d'altri tempi. La realtà è un'altra cosa. Quelli erano
solo passioni giovanili".
E Marcora,
via Mercato?.... "Sentimentalismo
superato. Quei nomi non esistono più. Oggi ci sono via Bellerio e Umberto Bossi". Davvero grande, la lezione di
Baiocchi. Peccato che per alcuni (o tanti?) sia difficile da
digerire.
Nino Russo
19 marzo 2001 - Bassanini, da che
parte stai?
|
Guarda,
guarda chi si vede! Il prode paladino dei comunicatori della Ferpi,
il grandissimo comunicatore Toni Muzi Falconi è nientepopò
di meno che colui il quale sovraintende alla comunicazione del Global
Forum di Napoli organizzato dal superministro Franco
Bassanini in questi giorni.
Vi ricordate il nostro amico Toni Muzi Falconi quando dalle
colonne del Barbiere voleva spiegare ai colleghi
giornalisti che negli uffici stampa era illegittimo che ci
stessero solo loro. Vi ricordate con quanta veemenza ha attaccato
la legge 150/2000 sulla comunicazione e informazione pubblica
perché in quel testo si diceva un fatto sacrosanto, e cioé che
negli uffici stampa ci devono stare i giornalisti?
E vi ricordate come "casualmente" sia iniziata una
campagna di stampa su La Repubblica (complice la penna di Mario
Pirani) che attaccava la legge 150 e la vituperata azione
lobbistica dei giornalisti per ottenere questa ignobile normativa
frutto del peggiore consociativismo?
Ebbene, se ben vi ricordate, dopo una polemica durata giorni e
dopo la risposta, un po' risentita, del presidente del sindacato
dei giornalisti, Pirani rispondeva, candidamente, che il ministro Bassanini
lo aveva chiamato al telefono per congratularsi con la sua
posizione.
Ma come,non ci posso credere! Il
ministro Bassanini d'accordo con Toni Muzi Falconi? Eppure,
tanti giornalisti hanno sentito con le loro orecchie al Salone
della Comunicazione di Bologna, per ben due edizioni di fila, che
lui era d'accordo con la legge. Ma una ragione ci deve essere
a questo voltafaccia: forse non si era consultato con l'amico
Toni. Certo non può essere che così.
Massimo
Filippini
19 marzo 2001 - Ma si',
cazzeggiamo un po'
|
Caro Figaro, dai, dopo
tante polemiche cazzeggiamo un po'. Chi e' quella biondina
che da qualche tempo appare sempre alle spalle dei politici che
transitano davanti alle rispettive sedi di partito?
Ha un registratore in mano, si direbbe una collega, ma la
sua preoccupazione non e' tanto quella di mettere il microfono
davanti alla bocca del soggetto, quanto di mettere la sua faccetta
davanti alla piu' vicina telecamera.
Oggi l'ho vista addirittura accanto a Soffocatelo-coi-suoi-preservativi-Paolini
e mi sono chiesto se c'e' una squadriglia in azione a supporto del
noto "inquinatore di telegiornali", come l'essere ama
definirsi. A proposito, a Paoli': se mai ti beccassi dietro di me
sappi che farei come la buonanima di Paolo Frajese, Dio l'abbia in
gloria. Sai i calci nelle palle? Anzi, mi appello ai colleghi:
regalateci un sogno in diretta! Ciao!
Deusexmachina
17 marzo 2001 - Tu
piazza il microfono e poi sgomma |
Parliamoci
chiaro, spesso questa professione (che respinge sempre al mittente
le critiche) mostra di se’ il lato peggiore. Lavoro come precaria
in una radio di un grande gruppo editoriale. E’ tanto che sono
qui. E più passa il tempo più il mio lavoro si sta svilendo.
Sapete
perché? Perché fare la giornalista in una radio privata oggi,
equivale a dover fare le comparsate alla Paolini. Come Paolini
chi? Quello dei preservativi, che da anni si piazza
dietro il conduttore in diretta per testimoniare, dice,il suo
impegno a favore dell’uso dei profilattici.
Ecco, ogni giorno che passa mi chiedono di fare la Paolini di
turno. Ovvero di seguire gli avvenimenti solo e unicamente con lo
scopo di piazzare il microfono della mia radio davanti alle
telecamere quando il politico - o l’uomo del giorno di turno-
sta per parlare.
Poi chissenefrega di quello che ha detto, tanto in radio non lo
passeranno mai. “Anzi”, mi dice il mio capo, “appena se ne
vanno le telecamere sgomma anche tu”.
L’importante
è che nel tg della sera si veda ben bene il mio bel microfono
con il logo della radio. E se abbiamo fatto un buon lavoro, se
il nostro logo era in primo piano, ci chiama addirittura il
direttore per complimentarsi con noi.
Perché tutto questo? Ma perché è tutta pubblicità gratis, non
l’avete ancora capito? Ma ci avete fatto caso al numero di
microfoni che si vedono ad ogni telegiornale? E la situazione sta peggiorando.
Tanto che alla sala stampa della Camera hanno dovuto
regolamentare la grandezza dei loghi per i microfoni: si
era arrivati a situazioni imbarazzanti.
Per farla breve, non ci mandano più da nessuna parte se non ci
sono telecamere (e gli operatori dei tg lo sanno bene).
Nessuno se la sente di dire niente su questo? Nessuno si ricorda
che siamo pagati (poco) per fare i giornalisti e non i
pubblicitari? E poi parlano di contratto!
Una
microfonista
16 marzo 2001 - 'Sti giornalisti
così poco "global" |
Caro Figaro,
con trecentoventi giornalisti accreditati da tutto il mondo, il terzo
Global Forum che si è avviato a Napoli giovedì per
durare fino a sabato, è un interessante terreno di
sperimentazione delle potenzialità della rete come canale di
dialogo fra un ufficio stampa e i giornalisti.
Come
può osservare chiunque visiti www.globalforum.it
il sito consente - a chi è a Napoli o a Seattle - di:
-connettersi in video/audio con i lavori in corso
-leggere le (brevissime) sintesi giornalistiche degli
interventi
-leggersi le sintesi degli interventi preparate dai relatori
-scaricare immagini e grafici
-leggersi i testi integrali degli interventi più
significativi
-documentarsi con testi predisposti ad hoc sui singoli temi in
discussione
-raggiungere, tramite un elenco ragionato di link, tutti i siti
sul tema compresi quelli dei centri sociali che contestano il
forum
-interagire direttamente con l'ufficio stampa per ottenere
contatti diretti con i vari protagonisti del forum.
A Napoli,
dislocati nelle scuderie di palazzo reale, a due passi
dalle sei sessioni parallele e dalle tre sessioni plenarie di cui
si compone l'evento, i giornalisti accreditati hanno libero
accesso a tutti i lavori, possono seguire le sessioni, anche
quelle parallele, direttamente da un video collocato in sala
stampa, possono ritirare, man mano che vengono prodotti, gli
elaborati preparati dalla redazione ad hoc.
I
problemi? Diversi.
Da
un lato, non tutti i giornalisti sono familiari con la rete.
Telefonano dalle redazioni per chiedere informazioni che da giorni
sono disponibili e continuamente aggiornate sul sito e chiedono
documenti e immagini senza rendersi conto di poterli
scaricare in diretta, 24 ore su 24, 7 giorni la settimana.
Ma
quel che più stupisce è che, per molti di loro, quando li
si informa del servizio, si sentono - come dire - defraudati,
disintermediati e tendono a considerare una informazione sul sito
come una informazione già 'bruciata' e quindi non di prima
fonte.
Un
altro problema sono le esigenze di sicurezza.
Le restrizioni all'accesso hanno duramente colpito,
inducendo seccature, ritardi e improperi di diversi giornalisti
contro l'organizzazione.
Bene
per i non napoletani. Meno
bene per quei pochi napoletani che, verosimilmente seccati perchè
hanno dovuto fare code per registrarsi, alla pari dei
delegati dei 122 paesi presenti, si sono vendicati
lamentandosi dei disservizi dell'ufficio stampa su agenzie e
quotidiani locali anziché prendersela con le autorità che quelle
restrizioni hanno imposto.
Senza,
naturalmente, mancare di sottolineare la ingiustizia che proprio
i giornalisti venissero trattati alla stregua di un
qualsiasi ministro o direttore generale di ministero dei Paesi
ospiti!
Poco male....
Un
caro saluto dall'ufficio stampa
15 marzo 2001 -
Sogno,
o son giornalista? |
Redazione
de Il Giornale.
Cervi non crede
alle proprie orecchie. A urlare è lui, Paolo Guzzanti,
inferocito. ‘Mi rifiuto. L’ennesimo editoriale sui comunisti
come Luttazzi all’attacco di Berlusconi ve lo scrivete
da soli! Io sono un giornalista e questa volta faccio a modo
mio. Travaglio, chi era costui? Esiste sul serio
quest’intervista a Borsellino? Verifico accusa per
accusa…’.
Cervi è molto teso.
‘Sei sicuro?’
‘Certo. Non sarò
in grado di fare delle domande a Silvio? Sei convinto che
Silvio non sia in grado di rispondere?’.
Cervi tenta di calmarlo. ‘Ma la notizia è l’attacco
indegno a Berlusconi in piena campagna elettorale,
le denunce di Confalonieri, il siluramento di Freccero, la crisi
della Rai, della satira di sinistra, l’intervento di Andreotti…’
‘Ficcateli nel boxino…’
Tg Uno.
Albino Longhi ha convocato l’intera redazione. ‘O
salta fuori l’intervista a Borsellino o siete tutti
licenziati’.
‘Ma
ce l’ha Rai Sat…’ suggerisce timidamente uno.
‘Sempre Rai è…apriamo con quella’.
‘Ma capo…’.
‘Tra mezz’ora la voglio in onda..’.
‘E l’intervista a Gamaleri?’
‘Mandagliela a Rai Sat…’
Corriere della Sera.
‘Galli della Loggia con la crisi della Repubblica e
sulle indicazioni del Presidente per la campagna elettorale? Ma
non se ne parla nemmeno’.
Ferruccio De Bortoli è visibilmente eccitato.
‘Siamo giornalisti e questo è il miglior giornale d’Italia. Cavallaro
va a Palermo e mi tira fuori tutto quello che c’è su dell’Utri,
Mangano e Berlusconi’.
Sbatte il libro ‘L’odore dei soldi’ sulla scrivania.
‘Qualcuno
se lo legga immediatamente’.
‘Ma l’abbiamo già recensito…’ obietta timidamente un
redattore.
‘Ho detto leggerlo, fino a recensirlo sono bravo
anch’io…Chi abbiamo a Arcore? Dite a Stella che
esigo un’intervista col Cavaliere, pressing, domande fino
a sfinirlo, voglio sapere tutto, i lettori devono sapere
tutto…’.
‘E
Luttazzi?’
‘Mettetelo negli spettacoli e fategli dire perché ha sbattuto
un uomo col culo all’aria in tivù…tra mutande e merda non si
capisce più dove va a finire il giornalismo…’
Redazione di Repubblica.
‘Tu adesso taci, tiri fuori le carte e mi fai un bel
servizio sui documenti. Voglio solo i documenti, la
trascrizione dell’intervista, atti, chiaro?’ Travaglio
è stanco, ma Mauro è irremovibile. Prima giornalisti e
poi star della televisione.
Squilla
il telefono. Mi sveglia uno che ignora che alle nove e mezza sono
nel pieno della mia attività onirica...un rompicoglioni…per
una volta che facevo bei sogni…
La
solita giornalista sconosciuta
15 marzo 2001 - L'informazione
desaparecida
|
Caro Barbiere, ho seguito con attenzione e
trepidazione l'uscita in rete del nuovo sito della rai. Nonostante
la mia abitudine a scrivere e descrivere, in questo momento sto
rivivendo la vecchia paura del foglio bianco. Ma insomma, devo
sforzarmi e raccontarti questo scempio.
La nuova testata Rai è stata affidata a Gianluca Nicoletti,
quello di Golem. Ebbene
lunedi' della scorsa settimana finalmente il debutto. Mi collego
alla rete, digito www.rai.it e
aspetto, si sa la rete è lenta.
E aspetto, troppo mi dico, si tratta della Rai. E finalmente la
home page si compone. E' costata 8 miliardi. In realtà Etnoteam
aveva strappato un contratto per 12 miliardi, ma dopo qualche
giorno, meraviglia dell'auditing, ha fatto a mamma Rai uno sconto
di 4 miliardi, meraviglie della new economy.
Sono impaziente di vedere la parte dell'informazione, la voglio. E
clicco e aspetto, ancora troppo. E finalmente l'editoriale di Nicoletti:
sui 5 torinesi in cerca di sesso al Carnevale di Rio, mi dico:
stravagante come apertura, ma è quello di Golem, un po' bizzarro.
Cerco le notizie, Novi Ligure, le decisioni di Camera e Senato,
insomma, come dire, le Notizie. No ci sono i marziani,
inchieste su Barbie, qualcosa sul primo turista spaziale. E
l'Informazione? non c'è. Mi dico: oggi è il primo giorno forse
domani. No, l'Informazione continua a non esserci. La Rai, 1200
giornalisti, molti strapagati, un esercito di vicedirettori,
capiredattori, graduati di ogni genere, ma l'informazione sul sito
non c'è. Ci sono gli editoriali di Nicoletti, quello di Golem,
sempre sui marziani.
M.B.
13 marzo 2001 - Hai
voluto il mercato? Ora pedala
|
Caro
Barbiere, leggo sempre con interesse le notizie che riguardano
l’Unità. Dopo tutto, è il giornale in cui ho fatto la
gavetta, ormai non pochi anni fa, e da dove sono andato via, con
sollievo (e appena in tempo prima del botto, riuscendo persino a
riscuotere la buonuscita), nel periodo della direzione di Mino
Fuccillo, seguito dalla definitiva bancarotta di quello
che pure era stato un grande quotidiano.
Al poco nobile periodo, per onestà, bisogna riconoscere che hanno
contribuito in tanti. Da Renzo Foa (il genio che al
congresso di Rimini che sancì la fine del PCI, organizzò la
festa d’addio del giornalista comunista, finendo poi per
bazzicare dalle parti del defunto settimanale Liberal, quello di Adornato e Romiti)
al buon Peppino Caldarola (che, dopo aver firmato
l’ultimo numero del giornale e aver tuonato fuoco e fiamme
contro i DS, per le prossime elezioni ha rimediato una
candidatura nella natia città di Bari). E poi, certo, i
grandi manager come Velardi e Azzellino, e molti altri...
Per chi ha avuto il piacere di averci a che fare, basta la parola.
Epperò,
diciamocelo, che redazione bollita, moscia, sciatta,
senza palle né voglia, che era avanzata in via Due Macelli al
momento della chiusura.
Se il giornale faceva pietà, e non serviva più neppure a
incartare le patate (missione nobile, per altro), la colpa non
era mica solo di Veltroni e D’Alema, ma anche, e
soprattutto, di chi pensava, scriveva, titolava e metteva in
pagina l’Unità ogni santo giorno.
Per carità, gente di valore al momento della chiusura ce n’era
eccome (qualche nome: Alberto Crespi, Daniela Amenta, Gianni
Cipriani, Umberto Di Giovannangeli, Pietro Greco, Stefano Di
Michele). Non a caso, vari colleghi si sono ricollocati in
fretta, e bene (per esempio: Maurizio Fortuna, Omero Ciai,
Roberto Giovannini, Maddalena Tulanti, Antonio Pollio Salimbeni).
E immagino che alcuni vecchi maestri già in pensione abbiano
continuato a dare una mano fino alla fine (vero, Vladimiro
Settimelli, Bruno Ugolini, Fausto Ibba, Enrico Pasquini?).
Ma
il compito di Furio Colombo e di Antonio Padellaro –
selezionare una redazione di 44 persone disposte a trottare
molto e bene – non è di quelli facili.
E mi viene da ridere quando leggo
sul Barbiere dei mugugni di vecchi tromboni che si
lamentano perché gli stipendi offerti da Dalai
sarebbero troppo bassi.
Parlando
chiaro: tranne qualche ultimo sognatore che crede ancora
che l’Unità possa avere un improbabile ruolo nella
ricostruzione di qualcosa di sinistra (o suppergiù), come Alberto
Leiss e Letizia Paolozzi, quasi tutti gli altri che ricordo
vagare spenti in quei corridoi grigi, stavano lì per una ragione
tanto basilare quanto prosaica: lo stipendio di fine mese.
Sinistra? Un giornalismo diverso? Ma chi? De che? Ahó,
parlamo de cose serie, hai visto che forza ‘a Roma?!
Sono, anche, gli stessi colleghi che, ormai, praticavano degli esorcismi
tipo “vade retro, Satana” quando qualcuno, in riunione,
proponeva un servizio su operai, licenziamenti, morti
di fame, terzo mondo e cose simili: basta, ahó, che palle,
nun se regge.
Piuttosto, facciamo una bella intervista a Folena, che
precisa le dichiarazioni di Mussi sull’intervento di Gavino
Angius. O magari un bel paginone sulle nuove terapie di
coppia: proprio come se fosse su Repubblica...
Un
altro piccolo dettaglio: credo che alla fine, dei 150
giornalisti in organico, i redattori ordinari non fossero
più di una dozzina. Il resto era un esercito di inviati,
capiredattori, capiservizio, non so più quanti vicedirettori,
direttori vicari, viceré e imperatori di
Posillipo. Ben pagati e pieni di sé. Ed erano dolori
quando bisognava trovare qualcuno per il turno di notte o
andare a chiudere gli interni: io? Io no, sono un inviato/a...
C’ho i figli, c’ho i miei cazzi, nun me vá.
E
quindi, cari colleghi, ecco a voi il famoso mercato. Quello
che molti di voi tanto apprezzavano, a parole, quando si
trattò di buttare a mare il “vecchio” giornale ed il PCI.
Non vi vanno bene le condizioni offerte da Dalai? Trovatevi
un altro lavoro con una retribuzione all’altezza
di quelle che ritenete siano le vostre capacità. Se no, beccatevi
‘sti tre milioni al mese e ringraziate il santo protettore
dei disoccupati di non essere rimasti a spasso. E
ringraziate, anche, la fortuna di avere per direttore un
galantuomo come Furio Colombo. A tutti, in bocca al lupo.
Corto Maltese
13 marzo 2001 - Ansa, che stayle!
|
Agenzia
ANSA, giovedì 8 marzo 2001. Titolo sul varo della riforma del
Codice della strada: "Codice strada, restAyling in nome della
sicurezza": Seguono quattro lanci su i canali A, B e 4
(motori) RestAyling? Resto stupefatto, non conoscevo questa
grafia. Compulso un dizionario della lingua parlata nei Paesi
anglosassoni... Style c'è...Stayle no, trovo stayless "senza
sosta, incessante"... "Ma che bel gioco di parole
sull'emergenza traffico", penso, "hanno creato i
colleghi!"
Poi mi
punge il pensiero che non sia un calembour voluto...in
materia di stile, cedo il passo al collega "arbiter
elegantiarum" che ha deciso di rinnovare l'ortografia
dell'inglese per adeguarla alla pronuncia italiana. tanto di
cappello. (Ma al desk centrale di via della Dataria non c'è
nessuno che parli inglese o che sappia consultare l'Hazon?)
Saluti e stilettate
Guglielmo Scuotilancia
12
Marzo 2001 - Barbiere dimmi, cos'e' una notizia? |
Caro Barbiere della Sera, un dubbio mi ronza nella testa ormai da
qualche mese e, onde evitare che diventi una fissazione, ho deciso
di chiedere il tuo illuminatissimo parere.
La storia che sto per illustrarti rappresenta o no una
"notizia"? Lo scorso 6 dicembre un gruppo di
settantacinque italiani si trovava sul volo della Royal Jordan
partito alle 9,45 da Amman e diretto a Roma Fiumicino.
Mentre stavano sorvolando la linea di confine con lo stato di
Israele, l'aereo compie una brusca manovra: senza
nessuna segnalazione preventiva, senza che la spia che indica di
allacciare le cinture si fosse accesa, prima scende e poi sale
in una manciata di secondi.
Inutile raccontare le scene di panico che dicono essersi
verificate a bordo, unite alla consapevolezza che non si trattava
nè di un turbolenza (cielo strasereno) nè di un banale vuoto
d'aria.
"Quattro aerei militari israeliani ci hanno affrontato
in atteggiamento di guerra e ci hanno seguito", dirà poco più
tardi il capitano Teisir Hadadin, parlando al microfono solamente
in arabo - senza tradurre in inglese il suo discorso - per
spiegare le brusche manovre (il radar aveva segnalato la massima
allerta).
L'incontro aveva infatti costretto Hadadin prima a scendere e
poi a risalire di circa tremila piedi, mentre il passaggio a
grande velocità della squadriglia - due degli aerei si trovavano
al di sopra e due al di sotto del velivolo giordano - aveva
provocato un'area di vuoto.
Gli israeliani avevano poi continuato a seguire l'aereo
hashemita per qualche altro momento prima di invertire la rotta. A
spiegare la dinamica, alcuni medici giordani imbarcati sul
volo che avevano tradotto le parole pronunciate dal capitano
subito dopo l'incidente.
Il pilota avrebbe detto senza tanti mezzi termini che gli aerei
israeliani avevano compiuto una manovra rivolta a mettere
in pericolo l'aereo hashemita, il primo che quel giorno
aveva sorvolato Israele.
Avrebbe poi aggiunto che era stato solamente grazie al suo sangue
freddo di ex pilota militare che era stata evitata quella
che poteva essere una tragedia dell'aria. Un atto intimidatorio,
un gesto dimostrativo e insieme un "avvertimento" delle
forze armate israeliane per mostrare i muscoli dopo l'attentato
di qualche giorno prima ad Amman che aveva provocato il ferimento
del diplomatico ebreo Shlomo Razabi?
Sull'aereo erano molti i giordani a pensarla così. Una versione
confermata qualche ora più tardi dallo stesso capitano. Già dall'aeroporto
di Fiumicino partono le prime telefonate dei passeggeri
dirette ad alcune delle più importanti e autorevoli testate.
Ma a nessuna di esse i fatti sono sembrati di un qualche
interesse, comunque tali da essere presi in considerazione.
Insomma: la notizia, a quanto pare non c'era. Mi chiedo e vi
chiedo: ma questa storia non valeva nemmeno una breve? Baci
Blowing_in_the_wind
9
Marzo 2001 - L'agguato della mimosa killer |
Da una giornalista infelice.
Anche quest'anno sono riusciti a ricordarmi che sono nata sfigata
o, come ebbi modo di dire al mio ex marito annunciandogli l'arrivo
di una seconda figlia femmina, 'con una malformazione
incorreggibile: non c'è il pisello'.
Quest'anno m'ero organizzata al
meglio. La spesa l'ho fatta al sette per evitare le mimose del
verduraio (che per giunta me le mette comunque in conto). Ho
deciso di non comprare i giornali per evitare di leggere le
interviste alle mie compagne di sventura che affermano che
è arrivato il momento di smetterla di saccheggiare mimose, ma di
approfittare della giornata per una riflessione sulle conquiste
e il ruolo della donna nella società moderna.
Ho fatto pure finta di non
leggere Famiglia Cristiana per non farmi venire
l'insana idea di scrivere a Rutelli che le prime ad
essere contrarie all'aborto sono proprio le donne, dal
momento che un raschiamento, anche nella miglior struttura
sanitaria, non è propriamente una carie dentaria. Ma
comunque preferibile al prezzemolo o all'impossibilità di
allevare il frutto dell'amore.
Ho rinunciato a presenziare all'ennesima articolazione di
preposizioni, 'di a da in con su per tra fra' le donne, e,
da free lance, mi sono risparmiata qualsiasi proposta a tema
femminile. Giornata apparentemente di vacanza, utile per
mettersi avanti col lavoro arretrato.
Pensavo di essere salva. E invece
no. Esco a comprare le sigarette e, già che ci sono, decido di
bere un caffè in una bettola vicina a casa. E mi becco
la mimosa. Accompagnata dagli auguri di tre avvinazzati.
Sull'angolo, prima di rientrare, un
amico mi decanta la geniale trovata di non so quale
eccezionale quotidiano nazionale che ha deciso di festeggiare l'8
marzo facendo scrivere tutto solo alle donne.
Per un giorno
anche le free lance come me, con un po' di puzza in meno sotto il
naso, spero abbiano lavorato. Sennò hanno lavorato il doppio
quelle della redazione. E se ciò è vero, per un giorno hanno
anche cambiato il direttore?
Visto che mi sono comunque rovinata
anche quest'anno l'8 marzo, ho deciso di inviarvi questa mia
riflessione sulle conquiste e il ruolo della donna, alla donna,
dalla donna, nella donna, con la donna, sulla donna, per la donna, tra
la donna e fra la donna nella società moderna.
Andiamo alla
grande, merito anche di un'informazione attenta e sensibile.
Siamo il futuro. Il nostro contributo è fondamentale.
Le pari opportunità sono praticamente cosa fatta. Bellissima. Un
po' come le iniziative previste dal nuovo contratto per noi free
lance. Una vera botte di ferro.
Attilia Regolo
Ps: che ne dite di indire un'assemblea
di free lance sul contratto? Difficile, lo so. Ma si può
sempre fare una giornata del free lance, magari il 2 novembre...
5
Marzo 2001 - Morti, tragedie e giornalisti
di serie B |
Caro Barbiere,
circa un anno fa lavoravo per la redazione online di
un grande gruppo editoriale italiano. Era il 28 gennaio e mi arriva
la classica telefonata che uno scalzacani come me può aspettare per
mezza vita.
"Vai su internet, cerca questo sito, c'è il rapporto dell'ente
francese che indaga sull'incidente dell'aereo del Pam. Te lo
ricordi l'aereo del Pam, vero?"Certo che me lo ricordo, era
successo da qualche mese. 24 morti. Per lo più volontari che
andavano in Kosovo con il Programma alimentare mondiale, ma l'aereo
si schiantò contro una montagna invece di atterrare a
Pristina.
Scarico il rapporto. Mi faccio spiegare cosa c'è scritto. Aiutato
dai miei colleghi, tiriamo fuori una storiona. Interviste,
testimonianze, le conclusioni del rapporto preliminare, tutto
concordava.
Non era stata una disgrazia, ma l'aereo si era schiantato perché un
militare in servizio alla torre di controllo di Pristina aveva
dimenticato l'aereo dei volontari e aveva dato la precedenza ad
un volo militare. Andiamo avanti per qualche giorno con ritorni e
nuovi spunti nel disinteresse pressoché generale.
Ci riprendono, imbeccati, il Manifesto, Radio 24 e il Giornale di
Sicilia. Questi ultimi due ci citano anche. Una delle testate
del gruppo per il quale lavoro, informalmente, mi fa sapere di non
essere interessata alla storia. Ne parlo anche con un piccolo ma
prestigioso settimanale con il quale collaboro, ma anche loro non
sembrano entusiasti.
Passa un mese, io inizio a pensare che sono troppo giovane
per essere un buon giornalista. Guardo le notizie e vedo cose che mi
fanno incazzare e indignare. Evidentemente non funziona
così, mi dico. Si sono dimenticati un aereo e adesso fanno
finta di niente, mi dico. Ma se lo sono dimenticato proprio
tutti, mica solo il controllore.
Sono incazzato e indignato, continuo a raccogliere materiale e a rompere le scatole e
invece dei sogni di gloria penso a quelle persone, ancora distrutte
dal dolore, che hanno salutato i propri cari che andavano ad
aiutare qualche disgraziato e non li hanno più visti.
Passa un mese ed esce il rapporto definitivo dell'ente francese.
Conferma quanto scritto in precedenza: Anche se stempera le
responsabilità, il fatto resta. Noi lo diciamo ancora, siamo i
primi ma non i soli, stavolta: c'è anche la Reuters. Il
giorno dopo nessun giornale italiano riporta la notizia.
Passa ancora qualche giorno, arriviamo ai primi di marzo e arriva il
Corriere della Sera.
Una pagina intera, richiamo con foto grande in prima, nel riquadro
sotto l'apertura. La firma sotto è quella di una redattrice
della redazione romana. Ne parlano i tg. C'è un dibattito in Parlamento,
la Procura di Roma apre un inchiesta, partono gli editoriali ("tragedia
di serie B", scrive D'Avanzo, e non sapeva quanto aveva e
avrebbe avuto ragione).
"Nel rapporto del quale il Corriere è entrato in
possesso..." scrive il più importante giornale italiano. Era
su internet, bastava volerlo cercare.
Scoppia il caso e la mia indignazione si trasforma nella rabbia
per l'occasione sprecata e per le storture del mondo
dell'informazione ("tragedie di serie B, testate di serie B,
giornalisti di serie B..."). Scrivo due pezzi per il
Manifesto. Ho ancora qualcosa in più rispetto al Corrierone e
penso che vabbé la coscienza civica, ma forse è il momento che
qualcuno legga anche il mio nome. Tutti gli altri pezzi non erano
firmati. Da allora è passato quasi un anno, io ho cambiato
lavoro ma la tragedia dell'aereo del Pam è rimasta "di serie
B".
Pierpaolo
3
Marzo 2001 - Ricci, sei proprio un
provolone |
Squittisco a Sanremo in
questi giorni e confermo punto per punto la ricostruzione
che Repubblica ha fatto della rissa tra i Sottotono e
Striscia.
Detto questo aggiungerei due o tre cosette .
C'e' un signore di Mediaset che coordina i servizi di Striscia,
fisicamente tra il mozzarellone e quel comico che mima le
zucchine, i ravanelli eccetera (aspe', come si chiama... Gianni
Fantoni mi pare), che al momento della rissa e' scoppiato a
ridere proprio di gusto.
Ora delle due l'una: o ha delle bizzarre reazioni nervose, o stava
assai contentone per il raggiunto obiettivo. Cioe' quello di far
picchiare Staffelli. Che, detto tra noi, non ha un fisico leopardiano, ma e' anzi
un gran bel pezzo di figliolo, alto, palestrato...Buono
quasi quanto una fetta di emmenthal.
Staffelli non e' una foglia al vento, ha due mani che sono due pale,
forti abbastanza per bloccare una le porte dell'ascensore con i
Sottotono, l'altra di tenere il microfono . No, Staffelli magari ha la
pelle delicata, ma non e' una pesca rugiadosa.
Ora io non credo che un coordinatore, se sa fare il
suo lavoro, quando vede il suo inviato subire "un'aggressione
brutale e inaspettata" se ne possa stare a ghignare
li' nell'arena aspettando il sangue. E a filmarlo con la sua
telecamerina digitale!
Non so come la pensino a Mediaset, ma da che mondo e'
mondo, i "tuoi" li proteggi e li tuteli. Li avvolgi come
una burrata avvolge il suo morbido cuore.
E un'altra cosa non credo. Se l'ufficio stampa di
Striscia, deliziosa signora, era tanto convinta di
avere la giusta versione dei fatti, come mai fino a mezzanotte
ha tormentato i suoi colleghi della carta stampata per sapere cosa
avrebbero scritto il giorno dopo? Aveva forse una provola
sullo stomaco e non riusciva a dormire?
Bella mia, sei sicura, fai il tuo comunicato e te ne freghi,
chi ti puo' smentire? Hai detto una verita' che e' stata sotto
gli occhi di tutti. O no? Poi:
due giorni fa Striscia ha mostrato le immagini di un accompagnatore
dei Sottotono che spintonava una loro telecamera . Bene, Topo
Gigio era li', in attesa di entrare nel ristorante e
conquistarsi il suo tozzo di cacio quotidiano, e quella del
(peraltro piccoletto, "bassino perduto") accompagnatore
non e' stata un'aggressione, bensi' la reazione ad una
telecamerata sul cranio.
Questo, col caciocavallo che e' stato mandato in onda!
Quelli di Striscia stanno sempre sotto alla gente, spintonano
e incalzano: sinceramente, sono piu' irritanti di uno
stracchino arrancichito.
A noi topi non piace chi si comporta da gatto, e quelli di Striscia
cosi' fanno. Si fanno le unghie sui divani della stampa.
Perche' , per esempio, non hanno partecipato alla conferenza stampa
dei Sottotono, dove i due rapper hanno spiegato tutte le differenze
tra il loro pezzo e quello degli N-Sync? Eppure le loro telecamere
erano presenti... Evidentemente non gli interessava la musica,
copiata o meno che fosse, ma solo fare un po' di baraonda
.
Pero' poi non vi lamentate, cari i miei caprini senz'olio, se i
colleghi vi tirano dietro gli "scemo scemo".
Capisco che a Ricci non faccia piacere passare da scemo, ma
stia sicuro che nessuno di noi e' disposto a passarci al posto suo.
Topo Gigio
3
Marzo 2001 - Incredibile. Maffucci chiede scusa |
Si dice che con l'andare degli anni
sono poche le cose che non ci capiti di vedere. E ieri ci e' toccata
la visione di un imbarazzatissimo Mario Maffucci, direttore
artistico Rai del Festival di Sanremo, che chiede scusa a
Striscia la Notizia per questa storia tra Staffelli e
Sottotono. Eppure pensavamo che non fosse capace di pronunciare
quelle parole...In tanti anni di organizzazione del Festival mai
una volta che Maffucci avesse chiesto scusa per quelle vittorie
di non si sa chi, non si sa come e, soprattutto, non si sa perche'.
Mai una scusa ai telespettatori, agli artisti, a noi giornalisti
della sala stampa che timidamente, a volte troppo timidamente,
facevamo domande che venivano liquidate con risposte ufficiali,
anche un po' seccate.
Ma no, questa volta Maffucci chiede scusa,
"profondamente scusa". Lo comprendiamo: e' in pensione, e'
diventato un produttore indipendente e non si sa con chi potrebbe
lavorare il prossimo anno.
Ma non ci sia la scusa che "la satira va salvaguardata"
come un panda tibetano, perche' quella di Striscia satira non e'.
Come si puo' considerare satira quella di un gruppo editoriale che
mette al bando ( e lo annuncia, e con che fierezza, per bocca di
Greggio e Jachetti!) dalle "sue" radio la canzone dei
Sottotono...Aggiungerei che poco ci importa dei Sottotono, che
gia' hanno avuto il massimo della pubblicita' possibile, ma ormai
sono un simbolo. Un simbolo insieme alla faccia contrita di Mario
Maffucci apparsa su Canale 5. Maffucci che non e' Alice nel Paese
delle Meraviglie e conosce bene le cose per le quali,negli anni,
incolpevole lui esattamente come in questa vicenda, le scuse
dell'organizzazione sarebbero state accolte con grande simpatia.
Simboli. Questo e' quello che ci aspetta, dunque, c'e' solo da
aspettare le elezioni. Colonizzati da Mediaset e dai suoi
concetti di spettacolo, satira, etica...Ci diranno loro se e come
dovremo ridere, se e come dovremo indignarci, quando chiedere scusa
anche se non abbiamo fatto niente...Ci diranno pure cosa dovremo
ascoltare dalle loro radio e leggere dai loro giornali o dai loro
libri. Soprattutto cosa dovremo vedere e subire dalle loro
televisioni.
Evviva. Dalla sala stampa di Sanremo, dove anche alcuni
colleghi hanno l'aria di chi ieri, attaccando Striscia, ha osato
troppo, il saluto di un sopravvissuto. Meno male che domenica si
torna a casa.
Vecchia Guardia
2
Marzo 2001 - Salviamo il Centro
Stampa del Giubileo |
Dei
miliardi andati in fumo per cattedrali usa e getta, grida allo
scandalo la fine ingloriosa che è destinato a fare l'ex Centro-stampa
del Giubileo. In barba alle promesse per la crescita culturale
della capitale, Comune, Regione e Provincia, i principali azionisti dell'Agenzia
del Giubileo posta in liquidazione, hanno deciso di sbarazzarsi
dei "gioielli di famiglia" (messi all'asta), a
cominciare dal moderno complesso informatico di Porta Castello
condannato a scomparire sotto la mannaia degli interessi mercantili.
Un ennesimo supermercato, questa volta dietro via della
Conciliazione a un passo da San Pietro, invece dell'atteso Centro
multimediale di documentazione e stampa sul patrimonio culturale,
economico e sociale dell'area metropolitana? Qualunque sia il suo
destino, si è persa un'altra occasione per Roma, dove non solo non
esistono un circolo o una sala stampa o un auditorium per
conferenze-stampa, convegni, seminari ecc., ma nemmeno un archivio
storico e cronistico tecnologicamente avanzato, un'emeroteca
completa e modernamente attrezzata, insomma un punto di riferimento
a disposizione di studiosi, ricercatori e giornalisti di ogni parte
del mondo.
Possibile che i giochi siano ormai fatti sotto gli occhi dei
responsabili dei beni culturali e che, per quattro soldi, non si
abbia il coraggio di salvare il Centro-stampa, cacciando i
mercanti dal tempio e garantendone la vocazione naturale al servizio
di tutta la città?
Romano Bartoloni, presidente Sindacato cronisti romani
2
Marzo 2001 - Una rissa Sottotono. Chi
sa la verita', parli |
Come si sa Staffelli di Striscia
la Notizia è stato malmenato dai Sottotono
perchè voleva consegnare un Tapiro d'oro in quanto la
canzone dei Sottotono sembra essere copiata da un'altra di un gruppo
straniero. Nel servizio di giovedì sera di Striscia si vede
l'increscioso fatto, il commento dice che Staffelli voleva solo
consegnare il Tapiro e che poverino è stato malmenato. Ma Repubblica.it
ne da una versione diversa:
"Le avvisaglie della tempesta arrivano quando i Sottotono
salgono sulla postazione dei fotografi. Non fanno in tempo a
mettersi in posa che Staffelli salta sul palchetto col suo Tapiro. E
incomincia la sua tiritera: questo è il Tapiro per aver plagiato
la canzone degli N'Sync e così via. Ma viene interrotto dall'ira
dei fotografi: "Dai Staffelli, togliti di lì che dobbiamo
lavorare". "E levati dai...".
Finite le foto, Staffelli torna all'attacco. I Sottotono la
prendono sul ridere, addirittura Fish lo abbraccia, e seguiti dalle
telecamere vanno verso l'ascensore. Niente, il guastatore non molla.
Insiste, spinge il Tapiro addosso prima a Fish poi a Tormento.
Continua a ripetere come un mantra "devo solo
consegnarvi il tapiro per...". Siamo davanti
all'ascensore, Staffelli è praticamente addosso ai due, lo staff
dei cantanti e quello di Mediaset sono accalcati gli uni sugli
altri.
Microfonate, prime spinte, il mantra continua insistente.
Risuona la parola "plagio, plagio plagio". Basta: i nervi
cedono, qualcuno stacca il cavo della telecamera e la rabbia
esplode. "Siete dei provocatori", dicono i cantanti. Parte
uno sputo che prende in pieno Staffelli che continua la
parte: "Devo solo consegnare...".
Uno schiaffo, un altro, altre spinte, insulti e così via. Le due
squadre provano a suonarsele in uno spazio strettissimo. Quando gli
uomini della sicurezza placano la zuffa, Staffelli perde sangue
da una guancia, si
infila in ascensore e va al pronto soccorso. I Sottotono fanno
sapere di non voler più continuare la loro campagna promozionale
perché, dicono, non possono rischiare una rissa ogni volta che si
presentano in pubblico."
Insomma appare evidente che la versione dalla parte dei
giornalisti sia diversa:
nel servizio di Striscia si sentono urla contro Staffelli e si
dice che è l'"accolita dei Sottotono", quando
invece Repubblica rivela che sono
i fotografi e gli altri giornalisti che sono stufi di avere
Staffelli di mezzo.
Nel servizio di Striscia, Staffelli appare come una vittima
malmenata, ma si vede benissimo che tenta di tenere aperto
l'ascensore dove sono i
Sottotono. Si lamenta di venir preso a calci ed intanto tiene la
porta dell'ascensore? Insomma Staffelli è stato una
povera vittima o sarà mica
un'altra bufala di Striscia?
O sono i soliti mezzucci utilizzati per
cercare lo scontro, lo scoop, il colpo da sbattere come
piatto forte della trasmissione?
Forse possiamo avere un resoconto obiettivo delle provocazioni di
Striscia, visto che
erano presenti molti colleghi. Chi ci racconta meglio come è
andata veramente, al di là di quello che quel
buontempone di Ricci ci vuol far
credere?
F.E.
23
Febbraio 2001 - Corvo nero, non avrai il mio scalpo |
Ma perché? Perché ho così forte la sensazione
che somigli tanto a qualche piccolo giornalino locale, di quelli
dove racconti del marciapiede sbertucciato e del semaforo spento da
mesi?
Perché quando varco la soglia della redazione la mattina mi
assale la paura di non trovarla più, la redazione? Oppure di
trovare ad aspettarmi alla scrivania la notizia: "ragazzi, ci
abbiamo provato, è andata male, chiudiamo, spegniamo il sito, siete
stati bravi ma sapete com'è: la crisi, la pubblicità che non c'è,
la disorganizzazione, l'invasione delle cavallette...".
E' l'incertezza la compagna di tutti i giorni, il corvo nero
che ti porti sulla spalla mentre passi agenzie, "cucini"
pastoni, titoli e mandi on-line. Eppure la mia scrivania è in una
redazione che è, a sua volta, nella pancia di un grande gruppo
editoriale, uno dei tre che in Italia producono i maggiori, i
più letti, quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali,
annuali ecc.
Di quelli che per entrarci fai una fatica del diavolo, quando ci
riesci. Per non parlare del contratto che quando lo firmi ti sembra
di aver fatto sei al superenalotto. Intendiamoci, non mi
lamento e non mi voglio lamentare: sono giovane, professionista
e assunto, udite, udite, come giornalista. Vengo dalla carta
stampata, da piccoli giornali locali sino a testate importanti
del gruppo. Come sono arrivato a una testata on-line sarebbe lungo
da spiegare ma sono qui e tant'è. E qui c'è qualcosa che non va.
Giornalisti-metalmeccanici, metalmeccanici-giornalisti,
programmisti registi -project manager, giornalisti-manager
e pochi, davvero pochi giornalisti tout-court. Entri in una
redazione on-line e ti rendi conto che tutto quello che pensavi di
conoscere qui non ti serve a granché. E' il nuovo che
avanza, direbbe qualcuno. Sarà ma in fondo sempre di un giornale si
tratta, o no?
E allora ecco che ti accorgi che la prima cosa che ti perdi per
strada sono le fonti. Le senti sempre meno, soprattutto
quando si tratta di verificare una notizia. Perché? Perché non
c'è tempo, non fai in tempo a passare un'agenzia, a scrivere trenta
righe che ne arriva un'altra e si ricomincia e dove lo trovi il
tempo di chiamare qualcuno per approfondire, per verificare magari
per trovarla tu la notizia.
Ma quanto leggeranno 'sti lettori che stanno sempre attaccati
al sito per trovare la notizia nuova, l'ultimissima? Qualcuno mi
aveva insegnato che una notizia non è tale se non l'hai
verificata, già ma il nuovo avanza e bisogna mettersi al passo.
L'incertezza, dicevo. Ogni volta che il Nasdaq e il Numtel vanno giù si
portano appresso buona parte del mio buon umore e questo senza che
abbia una lira investita in azioni. A ogni scivolone del "nuovo
mercato" c'è un sito che chiude e un amministratore
delegato che decide di non ripianare le perdite di questo o
quell'altro portale e noi a guardare l'altalena che sale e
che scende pensando se domani la ritroviamo, la redazione.
"Guarda
che questo è il giornalismo del futuro" mi disse qualcuno
quando accettai il trasferimento. Ora che sono qui credo che in
Internet il giornalismo bisogna ancora cominciare a farlo.
Far crescere la credibilità di quello che si scrive su un sito è
la chiave perché possa diventare un mezzo d'informazione al quale
rivolgersi, al pari del caro vecchio quotidiano o settimanale di
carta e per far questo c'è bisogno di giornalisti, che siano messi
in condizione di fare i giornalisti ovvero abbiano la possibilità di trovare e
verificare le notizie, approfondirle, insomma di fare il loro
lavoro.
E questo passare sopra allegramente all'ortografia della professione
giornalistica acuisce il senso d'incertezza. Ora scusate ma si sono
accumulate una decina di agenzie e non ho più tempo di scrivere.
Rael
Che dire? Non torna anche a voi alla mente il
grande Ivan Denisovic?
23
Febbraio 2001 - Dacci oggi il nostro Emilio
quotidiano |
"La depressione è
una roba da ricchi, mica per chi ha da alzarsi presto
tutte le mattine" (Ken
Loach, "Riff Raff").
Cioè, uno al
mattino si sveglia - presto, intendo - e se vuole
svegliarsi con la musica (chiamasi radiosveglia, fogge
diverse, io ce l'ho nera, con i numeroni grandi in rosso,
tutto in fm, una figata, anche se un po' retrò, accanto
al letto, sul comodino, intendo), è vagamente di sinistra
e soprattutto se sta a Milano ha solo due scelte:
sintonizzarsi su radio Popolare (network o
milanese) e godersi le aperture musicali, i notiziari, il
Robecchi di "Piovono Pietre" (altro titolo di
film, ma sempre di Ken Loach si tratta...), le rassegne
stampa curate ogni mattina da un giornalista diverso e,
poi, gli approfondimenti, le rubriche, la satira di
"Sansone".
Ma quando su radio pop ci sono cose tipo "Aem, gas,
luce, sì, ci dica", rubriche di libri o scienza o
peggio ancora le odiosissime interferenze di "Radio
Maria" che trasmette novene e "è arrivata
la fine del mondo" ogni cinque minuti, non resta che
buttarsi su qualche radio commerciale.
Radio Italia solo musica italiana? Troppo
ripetitiva. Radio 24? Troppa economia. Radio Dee
Jay?
Troppo giovanilista. Rds, tl o Radio 105? Troppo
frastuono, troppe rubriche gridate, troppo di
tutto. E allora? Miracolo! Radio Montecarlo.
Intelligente, briosa quanto basta, buona musica,
conduttori dotati di belle voci e piglio giornalistico.
Ma se per caso uno s'attarda a sistemare le faccende di
casa, telefonare all'Aem (quella vera), alla Sip o
comesichiamaadesso, alla banca (la propria) o alla mamma
(anch'essa la propria, ma non sempre più comprensiva
o espansiva della stessa banca...) incoccia, dalle 10 in
poi, in una rubrica - "Il curiosone",
"condotta da Max Venegoni per la parte
musicale e da Monica Sala per la parte
giornalistica" che - stiamo citando dal breviario del
bravo teledipendente, "Tv Sette" -
"introducono alle curiosità della giornata. Alle
10.50 le notizie scelte da Emilio Fede con punte di
tagliente ironia". Ecco, appunto, proprio qui
sta il problema.
Perché passi "Parlamento
In" di Piero Vigorelli - in onda tutti i
sabato sera su Canale 5 e domenica sera su Rete 4, in
replica - passino pure (in blocco) i tg del Tg4 o di
Studio Aperto, passino i mega-spot che Maurizio
Costanzo, Mike Bongiorno, chiperloro
(compresi Antonio Ricci e quelli di Striscia la
notizia) regalano al cav. dott. pres. Silvio Berlusconi,
il quale non ne ha bisogno, al fine di vincere le prossime
elezioni politiche, ma che persino su una radio
"estera" (tale mi risulta essere Radio
Montecarlo, come dice il nome stesso, proprietari - credo
- i fratelli Hazan, veri lupi dell'editoria
radiofonica) mi tocchi di sentire gli spot a favore
della Casa delle Libertà mi sembra francamente
troppo!!! Non fosse altro per il trascurabile particolare
che siamo oramai entrati in campagna elettorale e che le
radio "libere" (ma libere veramente?!)
dovrebbero rispettare (anche loro?!) la par condicio.
Chi vuole, altrimenti, può
sintonizzarsi tutte le mattine su radio Montecarlo ed
ascoltare gli spot dell'Invidiato Speciale, il caro
Emilio (ahi ahi ahi se faccio un figlio...) che
discetta di quanto fa schifo il Governo, di quanto è
buono re Silvio e di quanto sono cattivi i comunisti.
Stamane, in particolare, si è prodotto in una esilarante
(e involontaria gag). Titolo "immigrati raus!",
oggetto (e relative frasi, più o meno testuali, giuro...)
"rispedite a casa quei porci assassini schifosi
albanesi iugoslavi zingari che violentano uccidono
rapinano le nostre donne-case-lavoro-genitori-nonni-figli,
i cittadini non possono più sopportare questo oltraggio,
gli extracomunitari tornino a casa loro!", bieca e
pallida imitazione della xenofobia e del razzismo più
beceri. Insomma, buona giornata,
con il vostro "tagliente" (e obiettivo e pacato)
Emilio quotidiano, ascoltatori di radio Telemontecarlo...
Giovanni dalle Bande Nere
22
Febbraio 2001 - The Abruzzow's Connection |
DON'T YOU
KNOW THE ABRUZZOW'S CONNECTION? Cari colleghi, non voglio parlar male di Vespa perché tutto
sommato mi è quasi simpatico (a parte quella
volta in cui invitato in un'altra trasmissione ha messo
le grinfie intorno alla vita - meglio dire sotto
le tette - di una 'non ricordo chi' e NON HA MOLLATO la
presa!, il che dimostra che il potere ahimé non riesce
sempre a saziare tutti i suoi appetiti), ma una cosa so
di potervi dire senza paura di sbagliare: negli anni
Settanta i redattori del quotidiano Il Tempo che
in tarda mattinata scendevano a prendere il secondo caffè,
nel bar all'angolo di piazza Colonna, incontravano di
frequente un giovane bruno in immancabile abito blu
che
con aria circospetta ma passo sicuro saliva le scale,
diretto all'ufficio del direttore.
Avete tutti indovinato che si trattava proprio del Bruno
nazionale, il quale portava al direttore di allora,
guardacaso Gianni Letta - detto oggi "il
Mazarino di Arcore" - , il solito corsivo
incentrato per lo più su pallosissime polemiche e beghe
di deputati dc abruzzesi (ricordate Remo Gaspari e
Lorenzo Natali?). Letta di Avezzano e Vespa dell'Aquila
avevano lavorato ambedue, in ruoli e uffici diversi,
come corrispondenti de Il Tempo del rutilante Renato
Angiolillo.
Venuti a Roma, continuavano ad alimentare sul
giornale romano il dibattito politico abruzzese a
colpi di editoriali. Un'eterna campagna elettorale che
ha verosimilmente funzionato da rampa di lancio per i
due amici-colleghi. Dopo Letta, più anziano, anche Vespa
fece carriera (come? beh, era anche bravo e colto, no?).
Era entrato nel Tg nel 1969, fece Tam Tam dal
1977 e infine ottenne il monopolio, come dice Curzio
Maltese, della Telepolitica.
Intanto il suo mentore Gianni diventava il braccio
destro del Cavaliere. Detto questo, non è
difficile capire come mai il nostro Bruno faccia
fare al Berlusca quello che vuole nel suo salotto
di Porta a Porta. Forse Paolo Franchi - e
neanche Maltese a quanto pare - non sapeva della potente
"Abruzzow connection" che ha nutrito e
sdoganato nel gran mondo della politica e del
giornalismo queste due vite parallele.
Con Berlusconi insomma Vespa, che sa cos'è la gratitudine,
ha fatto benissimo il suo "lavoro" ...,
facilitato dal dinamismo (e diciamolo!) del suo
ospite e dalla acquiescenza dei presenti. Ancor più in
quel caso, come suggerisce VIP citando lo "strafigo"
Pansa, ci voleva uno pronto a rompere le palle,
ma uno - se mi permettete - che avesse VERAMENTE
qualcosa da dire.
Athos P.
22
Febbraio 2001 - La Banda Bassotti in
cerca di impunita' |
Che tempi caro Barbiere. Neanche la Lega è più quella di
una volta, popolana e assetata di ghigliottina. I cappi
sventolati minacciosamente a Montecitorio sono lontani
anni luce. Oggi Bossi e compagni, saldamente a braccetto
di Berlusconi, riscoprono perfino l'immunità
parlamentare.
Anzi lanciano perfino l'ideuzza di una
blindatura inossidabile per onorevoli e senatori, anche
a
prova di Corte costituzionale (che come tutti sanno è in
mano ai comunisti). Previti e Dell'Utri, per non parlare
del Cavaliere, non saranno dispiaciuti.
Leggere "la Padania" di oggi 21 febbraio per
averne conferma.
A presentare il disegno di legge per l'impunità
totale è il Senatore Luciano Gasperini, che è anche
l'avvocato difensore del Carroccio nel processo della
Procura di Verona contro una quarantina di esponenti
leghisti, Bossi compreso.
Bene, la sua proposta è
semplice: aggiungere un quarto comma all'articolo 68 della
Costituzione che recita così: "Il Senato della
Repubblica e la Camera dei deputati hanno competenza IN
VIA ESCLUSIVA a decidere sulla insindacabilità del proprio
membro".
Chiaro il concetto? Neanche un conflitto di
competenza sollevato presso la Corte costituzionale
potrebbe rimettere in discussione
"l'assoluzione" di Camera e Senato. A contare
sono solo i rapporti di forza: "Se il Parlamento
sbaglia - concede Gasperini - dovrà risponderne
politicamente davanti agli elettori".
I giudici (ma
anche gli italiani) sono avvisati: se vince il
centrodestra cala la saracinesca su qualsiasi processo che
coinvolga un onorevole. Inizio a sospettare che noi
giornalisti non abbiamo indagato abbastanza le appendici
giudiziarie del famoso accordo Bossi-Berlusconi. Omaggi.
Grisaglia
21
Febbraio 2001 - A Fra', dacce la notizia |
E cosi' anche la bella, brava, dolce e minuta Delia
e' stata irretita dal magmatico fascino del Grande
Affabulatore, zio Franco. Il Titano della Pubblica
amministrazione (parole di Delia, circa), l'uomo che con due
parole non ci fa niente, il Grande Nemico della
sintesi, che noi tanto amiamo (''a Fra', dacce la
notizia'' dovrebbe essere la maglietta ufficiale dei
giornalisti che affranti lo seguono) e' riuscito a farsi
difendere dalla sua Prima Vittima, Dolcedelia del Toboso.
E che grazia, quanta comprensione mette la nostra
beneamata (concordo totalmente con Adriana) nel segnalare
l'impresa sovrumana che l'alluvionale ministro si sobbarca
ormai dal '96. Lasciando da parte, con un gesto degno
della marmorea Pieta', le digrignanti dimostrazioni di
vile animosita' che solo un drappello di cani da strada,
incarogniti e maleodoranti come noi cronisti di agenzia,
dimostra nei confronti del Magnifico Semplificatore: ad
esempio - neghi chi puo' - MAI fermare Bassaninix per un 'a
margine' mentre sta entrando nel luogo ove Egli si
appalesa.
Questa e' una regola spontanea nata durante uno dei Forum
della PA che si tiene ogni anno all'Eur, se non sbaglio
era il '99, dal ringhiante gruppo di cui sopra, e poi
risuonata con sordido tamtam nelle buie stanze di agenzie
nazionali. La prima volta che accadde, il ministro passo'
tra due ali di cronistoidi dapprima in formazione di
testuggine ma poi apertisi come una cozza nella pentola,
senza che alcuno proferisse motto: primo caso, a memoria
di cane d'agenzia, di un totale abbandono del taccuino e
dell'''a margine' nei confronti di un ministro della
Repubblica...
Franchino era letteralmente basito, ma da grand'uomo par
suo fece finta di niente, lanciando occhiate di sbieco per
vedere se qualcuno, suvvia, lo fermava.
Provate voi a chiedere una sua posizione ''politica''
su questa o quella polemica tra poli o istituzioni: vi si
rivolge contro, lento, un volto leonino, in realta' nobile e alto di spirito, dal quale (dopo
qualche secondo di silenzio atto a farti valutare quanto
sei imbecille a rompere gli zebedei su sciocchezze tipo le
dimissioni di un qualche vertice Rai o l'avviso di
garanzia a qualche presidente del Consiglio che nel
frattempo stanno frantumando il paese mediatico) esce un
sibilo, o nel migliore dei casi una specie di eco ieratico:
''Non e' di questo che si parla oggi''. A mani
giunte, chiedi perdono al dio degli schiocchi.
Anch'io amo Delia - non me ne voglia l'ottimo
marito - per
la sua abnegazione e per la strenua difesa del suo
protetto: e' solo per Lei che i cani, a volte, non si
strappano con le zampe la museruola...
Sebastian Dangerfield
20
Febbraio 2001 - Telekom Serbia.
Finalmente un vero scoop |
Finalmente
si legge su un giornale italiano un vero Scoop. Giuseppe D'Avanzo,
che dopo il suo trionfale ritorno a Repubblica sembrava essere
finito nel dimenticatoio (per improvvisi e inattesi dissapori con Ezio
Mauro), eccolo di nuovo a firmare un grande reportage
d'inchiesta. Tema: lo scandalo della Telecom Italia e del suo
misterioso contratto con la Telekom serba.
Viaggio a Belgrado.... misteriose gole profonde...
informatori altolocati.... grande esclusiva!!!! Ma è davvero così?
Gran parte delle cose lette nelle paginate di sedicente Scoop, sono
disponibili da tempo nel più inaccessibile degli archivi mondiali: INTERNET.
Non ci credete? Ecco a voi una piccola raccolta di links:
1) www.peacelink.it/webgate/yugoslavia/msg00033.html
2) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon33.htm
3) www.amnistia.net/news/articles/balkdoss/telecom/telecom.htm
4) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon34.htm
5) http://www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon39.htm
Se aveste la pazienza di leggere tutti i dossjer sopra-indicati,
scoprireste persino notizie che D'Avanzo (o più in generale Repubblica)
non hanno avuto il coraggio - per il momento - di pubblicare. Una
per tutte: che il ministro delle privatizzazioni Milan Beko,
ad esempio, gran patron del famigerato contratto, e' diventato in
seguito (e lo è stato fino al settembre scorso) direttore generale
della Zastava, azienda a partecipazione italiana dell'IVECO,
cioè della Fiat. Ma guarda un po', della Fiat però non si
parla....
Ma perchè scrivo questo? Per sbugiardare un collega? Certamente
no, D'Avanzo e Repubblica hanno avuto il coraggio
di scrivere cose note ma che nessun grande giornale italiano aveva
avuto l'ardire di pubblicare. Gia' un' altra testata del gruppo, l'Espresso,
ha scritto di questa storia.
Andate a spulciare a questo indirizzo: http://www.espressonline.kataweb.it/ESW_articolo/0,2393,9050,00.html
E' un articolo dell'Espresso datato 16 febbraio e nel quale si parla
dello stesso scandalo Telecom. Insomma, l'Espresso ha
anticipato lo scoop di Repubblica. Forse le due maggiori testate del
gruppo hanno deciso di lavorare in sinergia.
Re Pubblico
20
Febbraio 2001 - Lo facciamo un controllino? |
Perché
devo ascoltare al TG3 delle 19 uno che mi racconta che
Rutelli è andato in Vaticano in occasione
dell'anniversario del concordato con la Chiesa
Cattolica. Ma oggi è il 16 febbraio. L'atto del 1929 fu
firmato l'11 febbraio. Quello del 1984 fu siglato il 18
febbraio. A quale anniversario si riferiva? O febbraio
è il mese del concordato? Lo sa questo collega che da
quest' anno lo Stato torna a ricordare l'evento il 18
febbraio?
E ancora. Perché devo sentire che sono stati condannati
gli assassini della bimba Silvia Ruotolo? Ma non era una
madre uccisa mentre teneva per mano la figlia? Ma
come si fa a spiegare agli italiani che il generale Cadorna, 1870, attaccò Porta Pia per ordine di
Camillo
Benso di Cavour? Il Cavour non era morto nel 1860? Non
è questione di giorni, ma di anni: dieci anni.
Può un giornalista essere alla stessa stregua degli
italiani che fanno la fila per andare ad uno dei tanti
quiz tv? Magari per rispondere che il Muro di Berlino è
caduto nel 1992. O che Keynes, secondo una studentessa
in Economia, era un aviatore inglese.
M
a questo è spettacolo. Il servizio pubblico, invece,
può disinformarmi?. Pago il canone Rai e da cittadino,
non da collega, mi attendo francamente di più. Io
lavoro in un giornale e sbaglio molto, ogni giorno. E
ogni volta mi rattristo e mi macero, non ci dormo la
notte. Ma non sono il servizio pubblico. Sono un
ciuco che disinforma qualche migliaio di lettori. Invece
un tg è seguito da milioni di persone.
E allora mi chiedo: ma alla Rai perché nessuno
controlla i servizi? Che cosa costa controllare una
norma, una data, un nome? Perché mi annunciano una
notizia e il servizio me ne dà un'altra? Vorrei
continuare, dire la mia sul vespismo, sul modo di fare
giornalismo in tv e sui giornali. Vespa è stato mio
insegnante alla scuola di giornalismo e devo dire che è
un fior di professionista. Ma mi sembra che predichi
bene e razzoli male. Mi fermo qui. Più penso a queste
vicende, più penso al mio lavoro quotidiano e più
nella mia testa si ingarbugliano i pensieri..
Silvio Buzzanca
20
Febbraio 2001 - Costanzo e' buono e gli
altri sono imbecilli |
Caro
Figaro,ho avuto la sventura di seguire un incontro tra il
Ministro per gli Affari Sociali, Livia Turco e le famiglie
di bambini e ragazzi disabili all'Istituto 'Leonarda
Vaccari' di Roma. Incontro coordinato dal collega (posso
chiamarlo cosi'?) Maurizio Costanzo, il cui impegno a
favore dei portatori di handicap e' arcinoto.
Merita
sicuramente un premio, Oscar di bonta', quel bonaccione di
Costanzo. Tutta per Lui la platea e la scena. Un
'Maurizio Costanzo show' in versione mattiniera, con una
spumeggiante Livia Turco ad elencare tutti i provevdimenti
assunti dal suo dicastero a favore dei disabili e con la
sua solerte addetta stampa ad 'aiutare' i giornalisti
nel lavoro di sintesi.
Mancava solo che i tre dessero
indicazioni di voto per le prossime elezioni politiche.
Perche' in verita' non c'era nessuna notizia degna di
questo nome, solo propaganda. E fin qui non mi sono
scandalizzato piu' di tanto. Cio' ho ho trovato
disgustoso e scandaloso e' l'attacco violentissimo di
Costanzo ad altri colleghi della carta stampata o
televisivi tacciati di essere "Imbecilli"
in quanto si sono permessi di criticare Sua Maesta'
di 'sfruttare' la sofferenza dei disabili portati sul
palco del 'Maurizio Costanzo Show'.
Che Costanzo sia
sempre alla ricerca di personaggi 'particolari' e' cosa
evidente a tutti: bisogna solo inchinarsi alla Sua
bravura, al suo giornalismo-spettacolo. Guai a sollevare
critiche. Si viene tacciati di essere
"Imbecilli".
Ma guarda un po' dove sono
finito, mi son detto, e cosa mi capita di sentire: le
paternali di Costanzo! Ormai Lui puo' tutto: persino
'curare' i depressi, impartire lezioni di 'bon-ton' a
tutti, stilare programmi elettorali, discettare di mafia e
delinquenza. Nel piu' assoluto silenzio stampa. A Lui e'
permesso tutto. Come appunto 'curare' i giovani depressi
che porta sul palco a raccontare le loro storie di tentati
suicidi, di sofferenza e dolore.
E' accaduto qualche
settimana fa: un ragazzo di 22 anni con la madre tra il
pubblico racconta la sua storia di depressione. La madre
una contadinona dalle spalle e braccia grosse fa sapere
che suo figlio ha tentato il suicidio, che passa le
giornate chiuso in casa. Il 'bonaccione' col baffo sprona
il ragazzo a seguire la madre nei campi, ad uscire di
casa, perche' gli dice "devi strutturarti
dentro". La 'cura' della depressione e' finita. E
tutti dobbiamo dirgli grazie per la sensibilita'
dimostrata, altrimenti saremmo imbecilli?
No,
il primo grande e grosso imbecille e' proprio Lui, il
meraviglioso Costanzo che dietro il faccione di
bonta' professata cela una violenza inaudita. Per ogni
disabile nel fisico e nella mente portato sul palco,
la Comunita' deve riverire Sua Maesta', Re Costanzo,
anch'egli Unto dal Signore. Noi continueremo a seguire per
sventura incontri di questo tipo dove gli imbecilli
credono di impartire lezioni: e noi che siano davvero
buoni glielo lasciamo credere, tanto loro sono Unti dal
Signore, hanno una missione da svolgere sulla terra che
noi atei non abbiamo.
Carlo Patrignani Agi Roma
15
Febbraio 2001 - Evviva Delia Ciciliani |
Caro Barbiere, pur essendo
una convinta sostenitrice del centro-sinistra, a volte mi capita di sperare
che Berlusconi&Co. vincano presto le elezioni. Il motivo? E'
quasi banale. Alcuni ministri di questo Governo sono delle vere prime
donne: bizzose, ammalate di protagonismo, egoiste, insomma
insopportabili!!!
Tra tutti, mi riferisco a Bassanini. Sono una collega che
lavora al servizio economico di una "gloriosa" agenzia di
stampa e tutti i giorni (dico tutti i giorni!!!!) vengo presa
d'assalto dai comunicati di Bassanini, che deve puntualizzare su
ogni cazzata sparata dall'ultimo dei sindacalisti o dal più infimo
dei personaggi politici. Per non parlare del venerdì
pomeriggio...al termine del Consiglio dei Ministri. Viaggiamo ad una
media di cinque comunicati!!!
Se ho la forza di passarli tutti, lo faccio solo per una
persona di rara simpatia e intelligenza: l'addetto stampa di
Bassanini, Delia Ciciliani. Nei miei dodici anni di esperienza
non ho mai conosciuto una portavoce come lei che riesce a coniugare
le esigenze dei giornalisti con quelle del suo Ministro. Se lei
decide di alzare la cornetta lo fa solo se c'e' una valida ragione.
Delia è gentile, simpatica e (non so come ci riesca con Bassanini)
sempre calmissima e sorridente.
Noi tutti proviamo per lei grande stima perchè: 1) è una brava
giornalista; 2) scrive dei comunicati comprensibili (e quando sono
stati scritti da tecnici ce li spiega; 3) con lei Bassanini diventa
docile come un agnellino. In conclusione: forza Delia
tieni duro. Siamo tutti con te
Adriana
13
Febbraio 2001 - Anch'io ho gridato:
"Maremma maiala!!!" |
Cara
Mata Hari,
hai ragione a deplorare lo stato miserando in cui versa
quello che, ahimè, era un tempo un prestigioso e battagliero
settimanale d'informazione. Ma, perché il tuo cruccio si trasformi
in un lieto e speranzoso sorriso, ti basterà distogliere lo
sguardo dalle nebbie di Segrate, e rinfrancarlo allo
smagliante sole romano di via Po. Qui infatti, immoto
e tetragono, si erge da oltre quarant'anni il vero, l'unico,
l'incrollabile bastione del giornalismo italiano. L'Espresso!
Solo lui ci rimane!
L'ultimo numero è l'ennesima
riprova di come il più antico newsmagazine del nostro Paese
non abbassi mai la fiaccola dell'informazione libera,
impegnata, scomoda. Non voglio certo rovinare a te e ai lettori il
piacere settimanale di sfogliare quelle pagine patinate e scoprirle
traboccanti di notizie esclusive, inchieste affilate,
reportage appassionanti, opinioni fuori dal coro. Ma basta
accennare a un paio di pezzi, pur nascosti nelle pagine interne, per
farsi venire l'acquolina in bocca.
Ad esempio, ecco a pagina 81 il
ritratto di un industriale che si batte per trasformare
Trieste in provincia autonoma. Come fornire al lettore di Roccasecca
o Canicattì gli strumenti per capire al meglio la realtà
sociopolitica giuliana? Ma certo: con un bel boxino sul primato
di Trieste nel consumo procapite di Viagra! Nel titolo
poi, "Quando San Giusto non basta", gli eredi di Pannunzio,
Benedetti ed Ernesto Rossi riversano tutto l'impegno laico e
anticlericale dei loro maggiori.
Del resto, la sapienza nel trovare
titoli sempre arguti e brillanti e mai banali è tuttora il
marchio di fabbrica dell'Espresso: "Fiorin Fiorello lo share
è bello", "E il procuratore disse: 'Tanto di Capello'",
"C'è un Torquemada dentro il Forno": come faranno a
pensarne tante, quei diavoli di via Po?
Ma il vero capolavoro, l'articolo
che da solo basterebbe a giustificare l'acquisto del giornale,
(sebbene un inopportuno senso di modestia abbia consigliato
di non "spararlo" in copertina) è quello a pagina 70-71.
Una puntuale, dettagliata inchiesta, di quelle che non guardano in
faccia a nessuno, su un film a luci rosse girato, appunto, nella
Maremma toscana. Ma come, proprio "nella blasonata zona di
Capalbio?" Ebbene sì. Proprio nel "rifugio esclusivo
dell'intellighenzia romana progressista?". Proprio lì.
Ecco che l'Espresso si rivela per
quello che, per fortuna, non smette di essere: un giornale di servizio.
Io stesso, che come tutti i lettori (e i giornalisti, ça va sans
dire) del settimanale, faccio parte dell'intellighenzia romana
progressista, e quindi possiedo un casale a Capalbio,
non sapevo niente degli exploit erotici dei miei probabili vicini di
ombrellone. L'Espresso me ne informa in dettaglio, e, non pago,
condisce il tutto con una sferzante intervista a
nientedimeno che Alessandra Acciai, "una delle protagoniste
della telenovela Incantesimo, assidua frequentatrice della
spiaggia maremmana". Incalzata dallo spietato intervistatore,
la ragazza ammette che "Quando ho cominciato ad andare a Capalbio,
11 anni fa, si sentiva parlare di festini un po' spinti...ma adesso
non più". Meno male, grazie al mio settimanale
preferito, non dovrò rinunciare a portare i bambini al mare.
Ma è nel titolo, come al
solito, il colpo di genio: "Maremma che maiala", parafrasi
ardita di una delle forme più schiette e veraci dell'eloquio
popolare, che trova le sue radici nella secolare tradizione
letteraria toscana. Chi non vi avverte l'eco di un Collodi,
di un Fucini...
La stessa eco si sente nell'attacco del pezzo, che per chi non
l'avesse capito, ribadisce. "Se avete voglia, stavolta
potete proprio dirlo forte, anzi gridarlo: Maremma maiala!"
Finalmente! Autorizzato e anzi spronato dalla più
autorevole rivista di opinione, confesso di essermi abbandonato
a un lungo, liberatorio, urlo a squarciagola.
L'impiegato del catasto
13
Febbraio 2001 - In questa radio per voi non c'e' futuro |
Radio Città Futura cerca
di cambiar pelle e provoca liti e sconcerto dentro e fuori
la redazione. A ottobre, la Cooperativa proprietaria della
storica emittente romana ha deciso di interrompere la
collaborazione con la milanese Radio Popolare, che le
forniva tre notiziari al giorno, rassegna stampa e vari
programmi dal '93, per sostituirla con quella di Area,
agenzia stampa vicina ai Ds guidata da Renato Sorace. Il
presidente della Cooperativa Nicola Roumeliotis:
"Vogliamo bene a Rcf e cerchiamo di farla camminare
sulle sue gambe, senza spese eccessive". Una radio
più bella e rilanciata, un informazione di qualità,
insomma.
L'operazione è però contestata dalla
maggioranza dei sostenitori e degli ascoltatori, che
temono una "mutazione genetica" di una radio che è sempre stata un punto di riferimento
della sinistra romana. Il presidente dell'Associazione
ascoltatori, Roberto Giovannini, redattore della
Stampa: "Certo, si arriva
nel Duemila e ci si accorge che l'emittente ha un valore
che va sfruttato, ma c'è il forte rischio di snaturare la
radio da quello che è stata e perdersi per strada gli
ascoltatori. Quelli di Area sono bravi, ma insomma, hanno
un'altra formazione":
I timori dell'Associazione non sono campati in aria: lo
dimostrano le violente mutazioni all'interno della
redazione. Direttore della testata è diventato infatti lo
stesso Renato Sorace. Il primo atto dopo l'insediamento,
il 19 gennaio, una letterina di tre righe per licenziare
Elisabetta Ramogida, collaboratrice da cinque anni e
contraria all'operazione Popolare/Area.
Due giorni dopo,
agli altri redattori non graditi viene comunicata la
"messa a disposizione": non servono più,
giacché a fornire i notiziari locali saranno d'ora in poi
i giornalisti di Area. Non solo: ai collaboratori , che
nel frattempo si sono rivolti all'Associazione della
stampa romana e all'Ordine, viene comunicato che della cosa non
è possibile discutere tutti insieme: nelle prossime
settimane verranno convocati uno per uno per ragionare
sulle loro sorti.
Per rilanciare la radio, l'Associazione degli Ascoltatori Rcf, insieme a
Manifesto,
Radio Popolare, Mir, Internazionale, Centro sociale
Brancaleone, aveva proposto tempo fa alla
Cooperativa di fondare una Srl. "Pensavamo che la
cosa fosse accolta con entusiasmo e gratitudine",
racconta Giovannini, "Invece è caduta nel
vuoto". L 'assemblea per discutere la proposta di
rilancio
non è ancora stata convocata.
Preoccupata per il "domani dell'emittente" (che
da due mesi è senza notiziari) l'Associazione
ascoltatori - che per ora ha deciso di interrompere
l'erogazione di fondi alla radio (400 milioni negli ultimi
5 anni, un terzo degli introiti complessivi) - ha
convocato un'assemblea pubblica per il 15 febbraio al
Centro Sociale Brancaleone, "per parlare di una
situazione che va alla deriva - spiega uno dei soci - e
per cercare di trovare una soluzione in questo strano
gioco a far fuori il più debole".
Costanza
13
Febbraio 2001 - La California? Meglio la Puglia |
Caro Barbiere, la Puglia è di nuovo la
California nonostante
Tatò e il suo libro tanto recensito ma poco letto. Tra un
po' avremo più quotidiani che lettori. Da un paio di
mesi, infatti, gli edicolanti sono in difficoltà: la
quasi contemporanea uscita di Repubblica e Corriere
del Mezzogiorno, con annesse signorine in pettorale
sponsorizzato, ha ridotto gli spazi già esigui di
numerose edicole. Da oggi, poi, anche il Roma si è
rinnovato presentandosi come "Puglia d'oggi",
ovvero "edizione regionale del quotidiano Roma".
Alla faccia di Bossi, poi, a Napoli si stampano sia il
Corriere del Mezzogiorno che il Roma-Puglia d'oggi e
napoletani sono i direttori (Marco De Marco e Gennaro
Sangiuliano). Anche il capo di Repubblica non è barese ma
(forse) calabrese e risponde al nome di Ettore Boffano. A
due mesi e più dall'uscita pugliese delle due corazzate
è possibile tracciare un primo, sia pur sommario,
bilancio.
Repubblica di Bari è molto barese e poco
regionale. Cerca di fare opposizione al governatore
regionale Fitto ma soprattutto al podestà cittadino
Simeone di Cagno Abbrescia. In una città (e una regione)
in cui il Polo viaggia sul 60 per cento ed è in crescita
costante, Repubblica cerca di smuovere le acque,
utilizzando il popolo delle e-mail e schierandosi
apertamente con tutto ciò che è di sinistra.
Peccato che
ignori la Provincia, unico Ente cittadino in cui il centro
sinistra e' in maggioranza. Le firme di spicco? Quella di
Mimmo Castellaneta, ex capocronista della Gazzetta del
Mezzogiorno, e quella di Gianni Messa, capo dello sport.
Altra storia, invece, per il Corriere
del Mezzogiorno, che punta anch'esso sulla politica ma lo fa
con classe, eleganza ed intelligenza. D'altro canto quando
hai un tale Peppino Caldarola tra i tuoi collaboratori,
puoi permetterti di tutto. Non a caso sia il direttore De
Marco che il caporedattore Maddalena Tulanti sono
cresciuti (e pasciuti) all'Unità. Eppure non si può dire
che il Corriere sia di sinistra. E neanche di destra. Di
centro, allora? Neanche per idea! Il Corriere e del
Corriere, punto e basta.
La Gazzetta del Mezzogiorno in tutto ciò non ha
perso una copia che sia una; ha chiamato Onofrio Pagone a
sostituire Castellaneta e ha messo tutti i suoi cronisti
in campo. Con risultati invisibili, nel senso che il
giornale è sempre quello da 100 e passa anni, con un
occhio di riguardo per il potere (politico, economico,
sindacale, ecc), qualunque esso sia e chiunque lo
rappresenti!
Emblematico,
infine, è il trattamento che i tre quotidiani hanno
riservato alla vicenda di Punta Perotti. La Gazzetta
sta
lavorando perché i costruttori possano completarla,
nonostante la sentenza della Cassazione. Il Corriere prova
a mettere tutti d'accordo mentre Repubblica ha già pronta
la dinamite necessaria per abbatterlo. Un pluralismo così,
la California se lo può solo sognare!
Giesse
12
Febbraio 2001 - Italiani brava gente.
Mica come gli albanesi |
Caro
Barbiere, sono convinto che in Italia stia
crescendo il germoglio del razzismo e sono
altrettanto convinto che noi giornalisti contribuiamo ad
alimentarlo. Poiche' combatterlo credo sia un nostro
dovere civico, ti sottopongo una notizia e una
riflessione. Intanto leggi (per sintesi) questa
notizia apparsa sul sito della Repubblica del 9 febbraio
2001. La stessa notizia peraltro è presente su molti
altri portali, sulle agenzie di stampa e domani, immagino,
sui giornali. Ecco l'estratto del pezzo (verifica: http://www.repubblica.it/online/cronaca/autonapoli/confessa
/confessa.html)
ROMA - Negare, scappare, inventare qualche storia? E'
stata una notte piena di domande tormentate quella
dell'automobilista che stanotte ha investito due
extracomunitari, uccidendone uno, e poi è scappato via,
lasciando sulla strada, a pochi passi dal Colosseo, le sue
vittime.
Una notte che all'uomo, cognato del proprietario della Volvo
Station Wagon grigia che ha investito e ucciso i due
immigrati, ha portato un pessimo consiglio: stamane
alle otto, infatti, ha denunciato alla polizia il furto
della vettura. Per questo l'uomo, un produttore
discografico di 35 anni, compositore e musicista, Sandro
Mattoccia, è stato denunciato non solo per omicidio
colposo e omissione di soccorso ma anche per simulazione
di reato. (...) "E' un uomo normale, senza
precedenti, lavoratore. Non era ubriaco, né aveva assunto
sostanze stupefacenti. Gli è capitata una cosa più
grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento",
osservano gli inquirenti. (9 febbraio 2001)
La storia è identica per dinamica e comportamento del
pirata a quella che vide protagonista qualche mese fa il
celebre albanese Panajot Bita. Lo ricordiamo tutti:
investì un povero bambino (certamente incolpevole), fuggì,
fu catturato, processato, condannato, poi lapidato a fine
pena, esposto al pubblico ludibrio... il parlamento si è
riunito, la procura si è autoconvocata di sabato sera e
infine il pericolo pubblico è stato espulso dall'Italia
con tanto di scorta di polizia.
L'Italia, indignata insieme alla stampa, tirò un sospiro
di sollievo. Ora accade il contrario: un italiano investe due
extracomunitari uccidendone uno e poi bellamente
fugge. Lui nelle cronache piange, si dispera, passa una
notte insonne e quando infine viene scoperto, si becca una
bella denuncia (a piede libero). Mentre gli inquirenti
rassicurano: ''...gli è capitata una cosa più grande di
lui. Ha sbagliato per lo spavento''. Panajot Bita
invece no, lui scappò perchè era un albanese criminale e
tutto il resto. Naturalmente la storia del pirata
assassino-italiano non scuoterà l'opinione pubblica
italiana, non scatenerà gli inviati, non finirà
in prima pagina e presumo non provocherà nessuna
interpellanza parlamentare. Vogliamo vergognarci almeno un
po'? Un saluto multirazziale dal tuo
Re Pubblico
12
Febbraio 2001 - Giornalista, mamma e casalinga |
Sono
una giornalista, madre di due ragazzine adolescenti (quasi
15 e quasi 13 anni). Probabilmente non ve ne siete
accorti, ma quale sera fa, in prima serata, Rai Due ha mandato
in onda, nell'ora di massimo ascolto, un funzionario Rai.
La trasmissione mi pare fosse 'Il raggio verde'
o qualcosa così (stavo dissurgelando le fiorentine
e non prestavo molta attenzione). A un certo punto mia
figlia, la maggiore, ha urlato: 'Ma mamma, guarda!
Molle...guarda il colore!' . Le ha fatto eco la piccola:
'E' terribile...'.
Sul momento ho pensato fossero rimaste anche loro colpite
dal morbo della mucca pazza e che si riferissero a quanto
stavo -distrattamente- bruciacchiando. Poi l'occhio
è caduto sul funzionario Rai intervistato da Santoro. E
ho capito.
E' ora di dire basta. Lo affermo come madre e come
casalinga. Non si possono mandare in onda in prima
serata immagini che turbano adolescenti che muovono,
timidamente, i primi passi nel difficile pianeta della
sessualità. Abituate a Taricone, le mie
ragazze si sono fatte un'idea del maschio ben lontana
dagli stereotipi propinati dalla Rai.
Tollerano Baudo per motivi storici (sono di
sinistra e quindi le ho educate nel rispetto della carta
costituzionale), ma non accettano la cruda realtà. Il
mollaccioso funzionario Rai ha provocato in loro (che,
quando va in onda Porta a Porta, sono già a dormire) un
disgusto senza precedenti. 'Mamma- ha affermato con
sgomento la piccina- ma è come una m....'.' Sto
mangiando, per piacere...' ha urlato la più grande.
Rendetevi conto. La sera
a cena le famiglie, anche quelle dei giornalisti,
si riuniscono. Il cibo è quello che è, tanto la
conversazione è peggiore. Ragazze cresciute a
sbudellamenti, politici e redazionali, sono abituate a
tutto. Per loro la merda è, metaforicamente e spesso
concretamente, pane quotidiano. E' giusto costringerle a
fare i conti, minorenni, con una grande abbuffata?
Francesca Longo
8
Febbraio 2001 - Il comunicato stampa.
Che schifezza!!! |
Non è che ci si nasce
ufficio stampa. No, altrimenti si tratterebbe di una modificazione
genetica perseguibile dalla Corte dei diritti dell'uomo. Ci si
diventa! Cosi! Semplicemente ci si diventa. Magari perché una è
laureata in Scienze politiche indirizzo internazionale ed è figlia
di impiegato e quindi a fare l'ambasciatore non ci pensa neanche.
Oppure perché qualcosa bisogna pur fare. Allora si diventa ufficio
stampa.
Che si chiama ufficio ma è composto da una sola persona. Nella
fattispecie da me.. con tanto di biglietto da visita, due cellulari,
4 e -mail, e nessun titolo tipo dott.ssa perché non si usa.
E di chi fai l'ufficio stampa? Del primo che ti capita, ovviamente,
se sei senza lavoro da tempo senza ritegno. Partiti politici, di
destra, di sinistra, di centro, chiunque ti paghi insomma per
apparire sul giornale, purchè il suo nome appaia sul giornale e non
nel colonnino delle brevi ma al centro pagina.
Poi, se hai fortuna, se non ti suicidi prima, continui e
magari vieni assunta per fare l'ufficio stampa. E inizia la vita.
Intanto il comunicato. Tu, che hai lavorato in un giornale, sai
benissimo che cosa si prova a ricevere il comunicato stampa. Un moto
interiore di repulsione che finisce per farti cestinare quel
foglio. Eppure lo fai perché ti pagano.
E subito dopo la telefonata. Con la ricerca dell'amico in redazione
che di solito quando lo cerchi ha la corta e quindi il
telefonino staccato. Allora devi parlare con qualcun altro.
Chiami, e mentre accendi la 200 esima sigaretta, ti presenti e dici
che hai appena mandato un fax.
Di solito di risponde uno: incazzato, stanco, assonnato, che
ha appena finito di litigare con qualcuno. E lo capisci dal
"Chi è" con cui risponde. E tu sei lì, inerme, a
cercare di descrivere il contenuto del comunicato stampa che non
contiene nessuna notizia, ma che ti devono pubblicare perché
altrimenti, l'indomani:
”Che fa? Non è uscito il comunicato? E come mai non ci siamo noi
ma c'è quest'altra associazione? Che fa dottoressa, non
riusciamo a fare pubblicare una notizia?”.
E tu vorresti spiegarglielo che hai fatto di tutto, che il
comunicato non conteneva nessuna notizia, che se lo mettono è
solo perché sei andata a cena con quello che al desk, riesce a
fartelo passare, che è solo merito tuo.
Ma non dici niente e allora inventi azioni di sabotaggio,
interventi politici di cui sei venuta a conoscenza per bloccare il
comunicato, cordate giornalistiche contro quell'associazione
e cazzate simili. Il tutto per aspettare l'amico che torna al
lavoro e pregarlo di metterlo quel comunicato.
Così è la vita dell'ufficio stampa. Che compra i giornali,
che deve sapere tutto, che sa anche quello che non sa, che non può
mai essere colto in fallo, che deve far capire ciò che si può
passare e ciò che non si può fare passare. Frantumati i sogni
dell'università da dieci anni faccio questa vita. Pensate quando
ricevete una telefonata dal povero ufficio stampa. Dall'altra parte
c'è un aspirante suicida.
Roberto
8
Febbraio 2001 - Io quelli del Manifesto non li capisco |
A
volte, quelli del manifesto uno non li capisce. Martedì 6
febbraio “festeggiano” con uno spettacolo di Dario Fo
e Franca Rame, al teatro Smeraldo di Milano (“Una bomba
di solidarietà”) la bomba, appunto, che un neofascista
gli ha piazzato nella sede (romana e principale) del
quotidiano medesimo. E va bene.
Poi scrivono sullo stesso
quotidiano che l’idea dei coupon (tu acquisti il
pacchetto di coupon dalle casse del manifesto, che così
respirano un po’, essendo dissanguate, poi vai
dall’edicolante, presenti il coupon e quello ti da' il
giornale, che tu a questo punto non paghi più, avendolo
già fatto prima) è stata geniale e ha ottenuto un
riscontro eccezionale, molto superiore alle usuali formule
di abbonamento, purtuttavia – recita un avviso in prima
pagina – i coupon non sono disponibili, arriveranno,
pazientate.
E va bene. Poi, però, ricorre il decimo
anniversario della nascita del Prc (Partito della
Rifondazione comunista) e al manifesto, quotidiano
comunista da quando era in fasce, ma comunista
“eterodosso”, “libertario”, “antisovietico”,
“ingraiano”, eccetera, decidono di ricordarlo con una
bella intervista - pubblicata sul numero uscito sabato 3
febbraio – a Fausto Bertinotti.
Segretario del Prc, come
no, e probabile artefice della prossima, rovinosa, debacle
(almeno al Senato) della sinistra – comunista o meno che
sia – alle prossime elezioni politiche.
Peccato solo
che, nel 1991, Bertinotti non solo non c’era, a far da
levatrice alla formazione neocomunista, ma militava
– “dissenziente”, ovvio, radicale,
radicalissimo – dentro il Pds, quello di Occhetto e
Petruccioli, di Adornato e della sinistra dei club, per
capirci. Nel 1991 c’era, invece, eccome se c’era,
Armando Cossutta, che dal 1998 ha rotto con Bertinotti
(dopo averlo elevato al rango di segretario, qualche anno
prima) per dar vita al partito dei Comunisti italiani.
Solo che al manifesto Cossutta proprio non lo possono soffrire, lo detestano da sempre, imputandogli quantomeno
la ragione della loro “epurazione” dal Pci, anno 1969.
Il fatto è che Cossutta, con quella radiazione, ha poco a
che fare (a fare il processo ci pensò Natta). Con la
nascita, lo sviluppo, il radicamento e la storia di
Rifondazione comunista, al contrario, l’Armando ha a che
fare eccome, “a prescindere” – direbbe Totò – se
trattasi di meriti o di demeriti.
Bertinotti, decisamente
molto meno, almeno fino al 1995 e seguenti. Tutt’al più,
da allora in poi. E sempre a prescindere da meriti e
demeriti (rottura con Prodi, caduta del suo governo e
conseguente “spostamento a destra”, amerebbero dire al
manifesto, dell’asse politico). Ma la goccia che fa
traboccare il vaso – sempre in quanto trattasi di
quotidiano “comunista”, per carità – visto che se
si trattasse di quotidiano “antagonista”, “della
sinistra radicale”, “anticapitalista”,
“antiglobalizzante” il problema non si porrebbe – è
questa: domenica scorsa 4 febbraio è morto Elio Quercioli,
storico dirigente del Pci prima, del Pds-Ds poi, nonché
giornalista (comunista) di primissimo piano, direttore di
molti giornali (comunisti) e persino dell’Unità
(quand’era un quotidiano comunista). Peccato che, sul
manifesto (quotidiano comunista, appunto) la notizia non
c’era.
Tersìte
5
Febbraio 2001 - Da grande mi cerchero' un lavoro onesto |
La
mia storia è molto semplice, se ne potrebbe fare un film. Ogni
riferimento al virtuale è puramente casuale.
Scena prima: Pleistocene, redazione di un quotidiano
politico nazionale, dove gruppi di giornalisti conducono una
vita molto contrastata. Io arrivo nel pieno di una zuffa sul tema 'perchè
cazzo devo andare quando c'è già l'Ansa' e mi candido per un
'dietro le quinte' (in seguito mi offrirò per fare tre pagine al
giorno da casa mia, comprese le indicazioni ai grafici, e salva
restando la non assunzione, il non rimborso spese, ovviamente i non
contributi e un 'tanto a pezzo'- non quantificabile, dal momento che
in certe giornate, soprattutto festive, i pezzi sono anche dodici e
gli pseudonimi almeno sei).
Con un grido di trionfo il direttore mi lancia in aria (sono
magrolina) e mi trasformo in un'astronave. Il Discovery,
appunto, free lance a tutti gli effetti (al free lance
'professionista' giungerò grazie al contributo della temibile FNSI
della mia regione, che mi ha concesso di pagarmi da sola un
avvocato e di ricorrere a Stampa romana).
Tutti mi guardano con interesse (gira voce che io sia in grado di
usare il congiuntivo, di rispettare le misure e i tempi di
consegna dei pezzi, di raccogliere addirittura informazioni di prima
mano o, in caso di riciclaggio, di ampliarle con particolari di
colore, di esimermi da commenti personali e al limite, con
vento a favore, di supportare il pezzo con titoli,
occhielli e fotografie).
Non è ovviamente la prima volta che un giornale s'imbatte
nella prova dell'esistenza di un extraterrestre, comunque la
nuova congiunzione solare, con un sibilo violento, mi rilancia
nello spazio. Collaboro con una ventina di testate, tra quotidiani,
settimanali, mensili, agenzie e televisioni. Pagamento a 365/730
giorni (record 912 giorni per Lit. 2.000.000 lordi battuto da Dalai,
tanto per consolare i colleghi della nuova Unità), spese e
contributi a mio carico.
Scena
seconda: dopo un catastrofico esame professionale, cui
accedo grazie al riconoscimento d'ufficio del praticantato (mille
articoli in due anni e mezzo per una sola testata, più le
varie collaborazioni) e che supero solo in virtù degli scritti (ho
iniziato tardi e dopo i 40 anni si sa dove reperire le fonti, ma si
fatica a mandare a memoria anche la nozione più semplice), ottengo
i benefici della disoccupazione, gestiti da HAL 9000.
E' un calcolatore perfetto che mi guida nei meandri di Ordine,
Inpgi, Fnsi e Casagit, che m'infila nelle liste dei giornalisti
professionisti disoccupati , parla, pensa ed è informato. Io
posso quindi permettermi di fare la free lance a tempo pieno. Mi
iberno. Non so che HAL non si fida dei giornalisti, che ha dei dubbi
sul viaggio intrapreso.
La mia collega free lance 'Poole' (nome fittizio, scelto ovviamente
a caso), su errore di HAL, viene incredibilmente assunta
da una testata locale, e si allontana per sempre nello spazio
siderale.
E' l'ultima. Le funzioni di noi ibernate vengono interrotte. Mi
salvo a stento -sono divorziata con due figlie a carico e, ancora
per una decina d'anni, l'ex marito è costretto a versare gli
alimenti- e procedo alla disattivazione di HAL, rimandando i vari
pagamenti delle quote annuali, trimestruali, quadrimestruali
ecc. e l'invio delle centinaia di moduli e dichiarazioni che
settimanalmente il computer mi sottopone. Lui reagisce alla 'morte'
in modo 'umano' e straziante, con suppliche e lamenti, apre
persino un sito Internet, 'Il barbiere della sera'. Io procedo
da sola.
Scena terza: tutto ciò che resta è il mio occhio, lo lascio
fluire nello spazio e nel tempo, tra immagini e visioni. Elimino
volontariamente tutte le testate che pagano in ritardo, non
pagano, pagano redazionali o 'diritti d'autore' (che peraltro, sebbene
iscritta, non sono tutelati nemmeno dalla Siae).
E finalmente mi riposo. Sono in un palazzo antico, San Macuto,
consulente di una Commissione, una delle poche che a
ore chiuderà definitivamente i battenti, anche grazie al mio
contributo. Sto passando dalla maturità, alla vecchiaia,
all'agonia. Davanti a me s'erge questo feto astrale, il
lavoro di free lance, una bolla di sapone in cui si scorgono i
lineamenti incerti di un neonato che guarda a voi
giornalisti sfocato e quasi pauroso.
Da
grande ho deciso che mi cercherò un lavoro onesto. Magari, come gli
extracomunitari, uno di quei lavori che gli italiani non vogliono
più fare.
Francesca Longo
Breve
cronistoria dell' importanza della Mucca pazza per l' Ansa
negli ultimi 10 anni.
Nel '93 una notizia: Gb:
morbo mucca pazza fra antilopi zoo Londra.
Nel '94 una notizia: Gb:
allarme per morte donatori sangue causa morbo
Nel 95, a cominciare da
ottobre, 4 notizie del tipo: Natale: arrosto canguro per
paura morbo mucca pazza.
Nel '96 cinquecento notizie, forse si comincia a capire di cosa si sta
parlando.
Nell' agosto '95 un
cronista dell' Ansa siciliana viene inviato ad Erice dove
Luc Montagnier (quello dell' Hiv) invita autorita'
e comunita' scientifica a non distrarsi ricercando
la cura per Aids ed altri gravi morbi, tra cui mucca
pazza, pericolosi per l' uomo. "Se si diffondesse il
morbo della pazzia delle vacche - diceva lo scienziato -
le conseguenze sarebbero gravissime anche perchè la
malattia è poco studiata e non si conoscono gli
antidoti".
Il giornalista scrive un
pezzo sull' allarme di Montagnier ma l' Ansa decide che l'
allarme di Montagnier non vada diffuso.
La notizia non viene rilanciata neanche in Sicilia.
B.S.
5
Febbraio 2001 - "Non fatemi pensare
a quel bavoso di Prodi" |
Adg - Agenda del Giornalista,
buonasera
??? – (silenzio)
Adg – Pronto?
??? – (silenzio)
Adg – Pronto?
??? – Sono una signora
Adg – Buonasera! In cosa posso esserle utile?
Signora – Io ho telefonato per parlare di quel ministro
Adg – Scusi!?
Signora – Sì, sì quel ministro comunista
Adg – ….
Signora – Sì, Sì da Vespa. Beh guardi, dovrebbe proprio
dimettersi. Ma come si fa? Dire a quella poverina che non dovrebbe
andare in giro con quel nome. Ma perché cosa hanno fatto questi
comunisti che hanno ammazzato milioni e milioni di persone mentre
Mussolini, poverino, è… è stato solo ingannato.
Adg – Signora questo numero….
Signora – Ah sì, il vostro numero l’ho letto sul Giornale. Ma
insomma è una vergogna questi comunisti…. sapesse quanta gente
che vedo al mercato che raccoglie la frutta da per terra. Ecco cosa
dovevano fare, dovevano aumentare la pensioni di quelli che
c’hanno seicentomila lire al mese e che non riescono a campare. E
invece, niente. Ah ..ma andare al governo è stata la loro
rovina. Che ci sono andati a fare? Perché cosa hanno
fatto?….niente!
Adg – Beh forse l’Eu…
Signora – Non mi faccia pensare a quel bavoso di Prodi,…
eppoi quel Visco, mamma mia Visco proprio non lo…..lo sa a cosa mi
fa pensare Visco?
Adg – mh…no.
Signora – C’ha presente quelli dell’antica Roma i… i… i
carnefici. Ecco proprio un carnefice.
Adg – Signora guardi che la redazione dell’Agenda del
Giornalista è….
Signora – Sì, lo so, il numero l’ho trovato sul Giornale…
Ah ma quanto mi piace il Giornale
cioè… Libero. Lo leggo tutti i giorni. Sono addirittura
abbonata. Prima al Giornale e adesso a Libero. Mi piacciono anche
altri giornali eh…. il nuovo Giornale, Il Tempo di Roma….gli
altri no, sono pieni di bugie, di menzogne.
Adg – Ma il Corr….
Signora – Anche la sera sa, quando guardo la rassegna stampa,
se leggono Libero, Il Tempo… così ..li guardo, se no
spengo il televisore e poi riaccendo.
Adg – Forse sarebbe bene confront…
Signora – Vabbé adesso mi sono sfogata. Grazie e Buonasera.
Click
Adg- Buonasera. Buonasera Signora!
Madmax
2
Febbraio 2001 - La legge e' uguale per tutti |
Storie di
immigrazione clandestina. Mohammed ha 34 anni, Alvaro
ne ha 24. Uno è marocchino di Casablanca, l'altro viene dall'Uruguay
(è nato a Montevideo). Li accomuna - si fa per dire - una
disavventura giudiziaria.
Sono due "irregolari". I passaporti con cui sono
arrivati in Italia, entrambi intestati alla Questura di Roma, sono
risultati falsi. Ottenuti chissà e come e chissà da chi, senza
averne diritto. A questo punto la legge italiana parla chiaro. Il
documento contraffatto deve essere immediatamente ritirato.
Per i due stranieri scatta la denuncia per falso ideologico e
materiale (si rischia anche la galera) e la revoca immediata del
permesso di soggiorno. Mohammed e Alvaro devono lasciare
l'Italia. Gli verrà consegnato un'intimazione ad uscire dai confini
nazionali entro quindici giorni. Ma non solo. Se non sarà
verificata la loro identità finiranno in un Centro di
permanenza temporanea in attesa che siano espletate tutte le
pratiche necessarie a chiarire con esattezza chi sono e da dove
vengono.
E - tra l'altro - per una mostruosità della norma italiana in
materia di rimpatri coattivi, se la loro identità verrà
effettivamente accertata saranno espulsi, in caso contrario
torneranno liberi (e clandestini). Insomma, per farla breve, Mohammed
e Alvaro si sono cacciati in un bel guaio.
Ma con una piccola differenza. Mohammed fa il lavavetri
ai semafori e vive (o forse sarebbe meglio dire sopravvive) nel
casotto abbandonato di un vecchio cantiere edile, mentre Alvaro
fa il calciatore e abita in un super-attico di Milano con la
famiglia, il procuratore, gli amici, due domestiche ed un
cane.
Mohammed, tra insulti velenosi degli automobilisti e mattinate
trascorse nelle celle di sicurezza della Questura, fatica a sbarcare
il lunario. Alvaro guadagna 15 miliardi l'anno, la
massima costrizione a cui è sottoposto è trascorrere la mattinata
sul lettino del massaggiatore, e se l'allenatore si permette,
non di insultarlo, ma anche solo di criticarlo, lui lo denuncia
all'Associazione Calciatori e poi va in televisione e gli pianta
un gran casino da Biscardi.
Ma in fondo Mohammed e Alvaro sono uguali. Due immigrati
clandestini. Dovrebbero godere dello stesso trattamento. Anche perché
in Italia sono arrivati con lo stesso desiderio. Una vita
migliore. Che per Mohammed vuol dire una casa decente e un paio
di pasti caldi al giorno mentre per Alvaro significa il Pallone
d'Oro e la Champions’ League.
Adesso Mohammed è in una grande camerata del Centro di
permanenza di Roma. Deve stare attento perché ieri notte un
tunisino ha cercato di accoltellarlo per fregargli le scarpe.
Aspetta che la sua ambasciata lo riconosca o (molto più
probabilmente) se ne lavi le mani. E spera che nel frattempo qualche
altro marocchino non gli abbia fregato il posto al semaforo.
Alvaro, invece, è nel suo super-attico a San Siro. Attaccato al telefonino
e al sito in Internet con cui ogni giorno "dialoga"
con i suoi fans. Il procuratore (inteso come manager e non
come magistrato) gli ha detto che la pratica verrà sbrigata
in pochi giorni. Dovrà sopportare il tormento di un viaggio
in business class dall'Italia all'Uruguay per rifare tutti i
documenti. E purtroppo dovrà rinunciare anche a quella lontana zia
friulana che gli garantiva la qualifica di giocatore comunitario.
Ma il Pallone d'Oro, l'anno prossimo, non glielo leva nessuno.
Giorgio Lambri - bogey1960@hotmail.com
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