La vecchia Mata intervista eccezionalmente un politico minore, il Pierferdy Casini

"Ero un umile portacestino..."


Mata Hari

 

9 Febbraio 2001

Giorno di corta. Mi ero dimenticata che esistessero. Ho finito di acchittarmi, pregusto il vagabondaggio per negozietti e mercatini quando squilla il telefono. È la centralinista del giornale. Mi maledico per aver risposto.

"Ciao Mata, ti passo il capo".
"Digli che non mi hai trovata".
"Non posso; se se ne accorge mi fa un culo come la breccia di Porta Pia".

"Ciao Mata. Ti disturbo?".
I peggiori sospetti cominciano a prendere corpo: un capo non si preoccupa mai se disturba o meno; sento che sta per mollarmi qualche sòla. Sfodero il tono gelido delle grandi occasioni.

"Mi hai beccata sulla porta. Sai, oggi sono di corta", sperando che chi ha orecchie intenda.

"Certo, certo. Un giorno di riposo te lo meriti proprio. Dovrei chiederti una cortesia".

I sospetti diventano certezze: il barbitonsore capo, come tutti i direttori che ho avuto, non si preoccupa mai di chiedere cortesie: ordina e basta".

"Vado di fretta; ne parliamo domani?".
"Purtroppo no. Dovresti andare ad intervistare Casini".
"Non ci penso nemmeno né oggi né mai".
"Ma perché Berlusconi, Veltroni e Rutelli sì e Casini no?".
"Sono o non sono l'inviata di punta?"
"Certo che lo sei e allora?".

"L’inviata di punta vuole intervistati di punta: Berlusconi è il capo dell'opposizione, Veltroni il segretario del maggior partito di maggioranza, Rutelli il candidato premier dell'Ulivo mentre Casini non conta un cazzo. E poi sono di corta. Non ti sembrano ottime ragioni?".

Tenta di metterla sul ridere.

"Ma dai, oltre tutto è bellissimo, è il George Clooney della politica italiana; e poi, inter nos, ho ricevuto qualche sollecitazione".
Sì penso io, magari da via del Tritone.
"Gli ho dato i tuoi numeri di telefono e telefonino" prosegue. "Ti contatterà lui".

"Cristo, ma lo sai che non voglio che i miei numeri privati..."
"Scusa, scusa, ma mi chiamano sull'altra linea. Ciao, mi raccomando".

Schiumo di rabbia. Ho appena finito di mandare mentalmente al diavolo direttore, Casini, centralinista e Clooney che squillano telefono e telefonino. Scelgo il primo.

"Buongiorno, è il Ccd, le passo l'onorevole Casini".
"Aspetti un attimo perché mi stanno chiamando sul telefonino. Pronto?"

L'accento bolognese è inconfondibile.
"Buongiorno dottoressa Hari, sono Casini. Ho saputo che desidera intervistarmi".

Mi arrendo.
"Che ne dice di dopodomani nel primo pomeriggio?".
"La prego, venga subito".
"Ha qualche dichiarazione importante?".
"No, ma ho bisogno di parlare".
"Guardi che sono una giornalista non una psicoterapeuta".
"Lo so. Ma se non rilascio un'intervista al giorno mi sento male. È proprio un problema fisico; lo sa anche Mimun".
"Che c'entra Mimun?"
"Conosce questa mia debolezza e poi ha ricevuto ordini da Berlusconi. Sa che dico solo e sempre ovvietà, ma quando sono in astinenza da intervista manda qualcuno, soprattutto adesso con l'aria politica che tira. Venga la prego; se è stanca posso farmi da solo domande e risposte come con tanti suoi colleghi ".

"No grazie. Mi dia un'ora e sono da lei".
Mi scapicollo alla sede del Ccd in via Due Macelli. Non è un caso: macelli e casini vanno a braccetto.

Entrando nella sua stanza ho quasi le vertigini. Ogni cosa è azzurra: pareti, tappeti, quadri. Tutto.
In sottofondo, discreta, una musica: "Cerco un po' d'Africa in giardino...". È Azzurro, versione di Adriano Celentano.

Su ogni mensola ceramiche, vasi, crateri, maschere in terracotta; tutti azzurri.
"Sono tutte autentiche, di Caltagirone, la patria della ceramica. Belle vero?".

Non vedo l'ora di cominciare l'intervista e andarmene, ma lui prosegue imperterrito.
"Anche quel quadro è di Caltagirone".
"Onorevole, sono siciliana e conosco benissimo Caltagirone: quella è Bologna, ci sono anche le due torri".
"Ma cosa ha capito, certo che quella è Bologna ma il quadro è di Caltagirone, del signor Caltagirone; me lo ha regalato".

"Signor Caltagirone? Ingegner Caltagirone".
"Ma si', ingegnere! Che vuole, ognuno ha le sue debolezze".
"Bene, andiamo al dunque. Quando è nata la passione per la politica?".
"Da quando avevo cinque anni, all'asilo".
"Come è successo?".
"Il mio compagno di banco si fratturò un braccio giocando a pallone e mi chiese di portare il cestino della merenda. Fu un'esperienza illuminante. Portare il cestino mi gratificava; da porta cestino a porta borse il passo fu breve.  Per anni ho portato la borsa di Bisaglia ma il periodo più felice della mia vita è stato quello con Arnaldo Forlani. Non faceva un passo senza la sua borsa: io gliela portavo ed ero felice. Adesso invece è una tragedia".

"Perché?".
"Berlusconi non usa borse. Non passa ricorrenza, Natale, onomastico, compleanno che io non gliene regali una. Ho speso un patrimonio, ma niente da fare. Niente borse per lui e niente borse da portare per me".

La musica continua. "Ora mi annoio più di allora..."

Vedo sul tavolo un modellino di barca. Sto per chiedere cosa è ma la riconosco: è la copia conforme dell'Azzurra che partecipo' con i colori italiani all'America's cup.

"I punti pregnanti del suo programma onorevole".
"Innanzitutto la famiglia. Tutti noi leader del polo amiamo la famiglia. Non è un caso che sia Berlusconi, sia Fini, sia io ne abbiamo due".
"E Buttiglione?".
"Tocca un punto dolente. Anche Butty vorrebbe separarsi e avere due famiglie ma non può".
"Perché?".
"Angela e Marina non glielo permettono. Lui non fa nulla senza il permesso delle sorelle, Marina ancora ancora, ma Angela è terribile".

"Ma le sembra dignitoso chiamarlo Butty? In fondo è un leader politico nazionale, ministro in pectore della Pubblica istruzione".
"Tutti noi del grande centro ci chiamiamo con dei diminutivi. Io sono Ferdy, Sergio è D'Anty, Giulio è Gobby, e lui Butty. Prima lo chiamavamo Gliony ma i soliti comunisti hanno cominciato a fare battute inopportune e abbiamo deciso di chiamarlo Butty.  Siamo Ferdy e Butty, come Cip e Ciop o come usa e getta. E poi, a parte le battute licenziose c'erano problemi di omonimia. Sa, di Gliony il grande centro è pieno".

La musica continua: "Ora son solo più di allora, nemmeno un prete...".

Che palle sta' musica..

"Onorevole, non vorrei essere scortese, ma credo che ci sia qualche problema con l'impianto stereo: è da un'ora che trasmette in continuazione Azzurro, finisce e riparte, finisce  e riparte".
"No, non è un guasto: è una musica, come dire, azzurra, che mi fa compagnia dalla mattina alla sera".

Entra una segretaria.
"Onorevole, c'è il dottor Cragnotti; Moratti ha telefonato e sta arrivando".

Contributi sottobanco, penso, ma Ferdy mi anticipa.

"Non è come pensa lei. Ho un problema e Sergio e Massimo mi stanno aiutando. Ho bisogno di un antenato nato a Caltagirone, sa, il paesotto in provincia di Catania, quello di  Scelba e don Sturzo, ma non c'è niente da fare. Ho rivoltato gli uffici anagrafe di Bologna: papà e mamma sono più bolognesi di Balanzone, nonni e bisnonni materni sono di Anzola Emilia, quelli paterni di Casalecchio sul Reno. È un dramma":

"Capisco, ma cosa c'entrano Moratti e Cragnotti?".
"Ma dì ben so' ragassola. Se sono riusciti a far passare per italiani Veron e Recoba saranno pur capaci di trovare un trisavolo siciliano al povero Ferdy. Soccmel!". 

Mata Hari

 

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