Trenta righe


 

Sapete com'e', non sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e propri. Sono proprio pezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina. Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete, gente, scrivete. Finche' si scrive c'e' speranza.


 

 

23 Febbraio 2001 - Corvo nero, non avrai il mio scalpo

Ma perché? Perché ho così forte la sensazione che somigli tanto a qualche piccolo giornalino locale, di quelli dove racconti del marciapiede sbertucciato e del semaforo spento da mesi?

Perché quando varco la soglia della redazione la mattina mi assale la paura di non trovarla più, la redazione? Oppure di trovare ad aspettarmi alla scrivania la notizia: "ragazzi, ci abbiamo provato, è andata male, chiudiamo, spegniamo il sito, siete stati bravi ma sapete com'è: la crisi, la pubblicità che non c'è, la disorganizzazione, l'invasione delle cavallette...".

E' l'incertezza la compagna di tutti i giorni, il corvo nero che ti porti sulla spalla mentre passi agenzie, "cucini" pastoni, titoli e mandi on-line. Eppure la mia scrivania è in una redazione che è, a sua volta, nella pancia di un grande gruppo editoriale, uno dei tre che in Italia producono i maggiori, i più letti, quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali, annuali ecc.

Di quelli che per entrarci fai una fatica del diavolo, quando ci riesci. Per non parlare del contratto che quando lo firmi ti sembra di aver fatto sei al superenalotto. Intendiamoci, non mi lamento e non mi voglio lamentare: sono giovane, professionista e assunto, udite, udite, come giornalista. Vengo dalla carta stampata, da piccoli giornali locali sino a testate importanti del gruppo. Come sono arrivato a una testata on-line sarebbe lungo da spiegare ma sono qui e tant'è. E qui c'è qualcosa che non va. 


Giornalisti-metalmeccanici, metalmeccanici-giornalisti, programmisti registi -project managergiornalisti-manager e pochi, davvero pochi giornalisti tout-court. Entri in una redazione on-line e ti rendi conto che tutto quello che pensavi di conoscere qui non ti serve a granché. E' il nuovo che avanza, direbbe qualcuno. Sarà ma in fondo sempre di un giornale si tratta, o no?

E allora ecco che ti accorgi che la prima cosa che ti perdi per strada sono le fonti. Le senti sempre meno, soprattutto quando si tratta di verificare una notizia. Perché? Perché non c'è tempo, non fai in tempo a passare un'agenzia, a scrivere trenta righe che ne arriva un'altra e si ricomincia e dove lo trovi il tempo di chiamare qualcuno per approfondire, per verificare magari per trovarla tu la notizia.

Ma quanto leggeranno 'sti lettori che stanno sempre attaccati al sito per trovare la notizia nuova, l'ultimissima? Qualcuno mi aveva insegnato che una notizia non è tale se non l'hai verificata, già ma il nuovo avanza e bisogna mettersi al passo.

L'incertezza
, dicevo. Ogni volta che il Nasdaq e il Numtel vanno giù si portano appresso buona parte del mio buon umore e questo senza che abbia una lira investita in azioni. A ogni scivolone del "nuovo mercato" c'è un sito che chiude e un amministratore delegato che decide di non ripianare le perdite di questo o quell'altro portale e noi a guardare l'altalena che sale e che scende pensando se domani la ritroviamo, la redazione.

"Guarda che questo è il giornalismo del futuro" mi disse qualcuno quando accettai il trasferimento. Ora che sono qui credo che in Internet il giornalismo bisogna ancora cominciare a farlo

Far crescere la credibilità di quello che si scrive su un sito è la chiave perché possa diventare un mezzo d'informazione al quale rivolgersi, al pari del caro vecchio quotidiano o settimanale di carta e per far questo c'è bisogno di giornalisti, che siano messi in condizione di fare i giornalisti
 ovvero abbiano la possibilità di trovare e verificare le notizie, approfondirle, insomma di fare il loro lavoro. 

E questo passare sopra allegramente all'ortografia della professione giornalistica acuisce il senso d'incertezza. Ora scusate ma si sono accumulate una decina di agenzie e non ho più tempo di scrivere.
 
Rael

Che dire? Non torna anche a voi alla mente il grande Ivan Denisovic?


23 Febbraio 2001 - Dacci oggi il nostro Emilio quotidiano

"La depressione è una roba da ricchi, mica per chi ha da alzarsi presto tutte le mattine" (Ken Loach, "Riff Raff").

Cioè, uno al mattino si sveglia - presto, intendo - e se vuole svegliarsi con la musica (chiamasi radiosveglia, fogge diverse, io ce l'ho nera, con i numeroni grandi in rosso, tutto in fm, una figata, anche se un po' retrò, accanto al letto, sul comodino, intendo), è vagamente di sinistra e soprattutto se sta a Milano ha solo due scelte: sintonizzarsi su radio Popolare (network o milanese) e godersi le aperture musicali, i notiziari, il Robecchi di "Piovono Pietre" (altro titolo di film, ma sempre di Ken Loach si tratta...), le rassegne stampa curate ogni mattina da un giornalista diverso e, poi, gli approfondimenti, le rubriche, la satira di "Sansone".

Ma quando su radio pop ci sono cose tipo "Aem, gas, luce, sì, ci dica", rubriche di libri o scienza o peggio ancora le odiosissime interferenze di "Radio Maria" che trasmette novene e "è arrivata la fine del mondo" ogni cinque minuti, non resta che buttarsi su qualche radio commerciale.

Radio Italia solo musica italiana? Troppo ripetitiva. Radio 24? Troppa economia. Radio Dee Jay? Troppo giovanilista. Rds, tl o Radio 105? Troppo frastuono, troppe rubriche gridate, troppo di tutto. E allora? Miracolo! Radio Montecarlo. Intelligente, briosa quanto basta, buona musica, conduttori dotati di belle voci e piglio giornalistico.

Ma se per caso uno s'attarda a sistemare le faccende di casa, telefonare all'Aem (quella vera), alla Sip o comesichiamaadesso, alla banca (la propria) o alla mamma (anch'essa la propria, ma non sempre più comprensiva o espansiva della stessa banca...) incoccia, dalle 10 in poi, in una rubrica - "Il curiosone", "condotta da Max Venegoni per la parte musicale e da Monica Sala per la parte giornalistica" che - stiamo citando dal breviario del bravo teledipendente, "Tv Sette" - "introducono alle curiosità della giornata. Alle 10.50 le notizie scelte da Emilio Fede con punte di tagliente ironia". Ecco, appunto, proprio qui sta il problema.

Perché passi "Parlamento In" di Piero Vigorelli - in onda tutti i sabato sera su Canale 5 e domenica sera su Rete 4, in replica - passino pure (in blocco) i tg del Tg4 o di Studio Aperto, passino i mega-spot che Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno, chiperloro (compresi Antonio Ricci e quelli di Striscia la notizia) regalano al cav. dott. pres. Silvio Berlusconi, il quale non ne ha bisogno, al fine di vincere le prossime elezioni politiche, ma che persino su una radio "estera" (tale mi risulta essere Radio Montecarlo, come dice il nome stesso, proprietari - credo - i fratelli Hazan, veri lupi dell'editoria radiofonica) mi tocchi di sentire gli spot a favore della Casa delle Libertà mi sembra francamente troppo!!! Non fosse altro per il trascurabile particolare che siamo oramai entrati in campagna elettorale e che le radio "libere" (ma libere veramente?!) dovrebbero rispettare (anche loro?!) la par condicio.

Chi vuole, altrimenti, può sintonizzarsi tutte le mattine su radio Montecarlo ed ascoltare gli spot dell'Invidiato Speciale, il caro Emilio (ahi ahi ahi se faccio un figlio...) che discetta di quanto fa schifo il Governo, di quanto è buono re Silvio e di quanto sono cattivi i comunisti.

Stamane, in particolare, si è prodotto in una esilarante (e involontaria gag). Titolo "immigrati raus!", oggetto (e relative frasi, più o meno testuali, giuro...) "rispedite a casa quei porci assassini schifosi albanesi iugoslavi zingari che violentano uccidono rapinano le nostre donne-case-lavoro-genitori-nonni-figli, i cittadini non possono più sopportare questo oltraggio, gli extracomunitari tornino a casa loro!", bieca e pallida imitazione della xenofobia e del razzismo più beceri.
Insomma, buona giornata, con il vostro "tagliente" (e obiettivo e pacato) Emilio quotidiano, ascoltatori di radio Telemontecarlo...
Giovanni dalle Bande Nere


22 Febbraio 2001 - The Abruzzow's Connection

DON'T YOU KNOW THE ABRUZZOW'S CONNECTION? Cari colleghi, non voglio parlar male di Vespa perché tutto sommato mi è quasi simpatico (a parte quella volta in cui invitato in un'altra trasmissione ha messo le grinfie intorno alla vita - meglio dire sotto le tette - di una 'non ricordo chi' e NON HA MOLLATO la presa!, il che dimostra che il potere ahimé non riesce sempre a saziare tutti i suoi appetiti), ma una cosa so di potervi dire senza paura di sbagliare: negli anni Settanta i redattori del quotidiano Il Tempo che in tarda mattinata scendevano a prendere il secondo caffè, nel bar all'angolo di piazza Colonna, incontravano di frequente un giovane bruno in immancabile abito blu che con aria circospetta ma passo sicuro saliva le scale, diretto all'ufficio del direttore.

Avete tutti indovinato che si trattava proprio del Bruno nazionale, il quale portava al direttore di allora, guardacaso Gianni Letta - detto oggi "il Mazarino di Arcore" - , il solito corsivo incentrato per lo più su pallosissime polemiche e beghe di deputati dc abruzzesi (ricordate Remo Gaspari e Lorenzo Natali?). Letta di Avezzano e Vespa dell'Aquila avevano lavorato ambedue, in ruoli e uffici diversi, come corrispondenti de Il Tempo del rutilante Renato Angiolillo.

Venuti a Roma, continuavano ad alimentare sul giornale romano il dibattito politico abruzzese a colpi di editoriali. Un'eterna campagna elettorale che ha verosimilmente funzionato da rampa di lancio per i due amici-colleghi. Dopo Letta, più anziano, anche Vespa fece carriera (come? beh, era anche bravo e colto, no?). Era entrato nel Tg nel 1969, fece Tam Tam dal 1977 e infine ottenne il monopolio, come dice Curzio Maltese, della Telepolitica.

Intanto il suo mentore Gianni diventava il braccio destro del Cavaliere. Detto questo, non è difficile capire come mai il nostro Bruno faccia fare al Berlusca quello che vuole nel suo salotto di Porta a Porta. Forse Paolo Franchi - e neanche Maltese a quanto pare - non sapeva della potente "Abruzzow connection" che ha nutrito e sdoganato nel gran mondo della politica e del giornalismo queste due vite parallele.

Con Berlusconi insomma Vespa, che sa cos'è la gratitudine, ha fatto benissimo il suo "lavoro" ..., facilitato dal dinamismo (e diciamolo!) del suo ospite e dalla acquiescenza dei presenti. Ancor più in quel caso, come suggerisce VIP citando lo "strafigo" Pansa, ci voleva uno pronto a rompere le palle, ma uno - se mi permettete - che avesse VERAMENTE qualcosa da dire.
Athos P.


22 Febbraio 2001 - La Banda Bassotti in cerca di impunita'

Che tempi caro Barbiere. Neanche la Lega è più quella di una volta, popolana e assetata di ghigliottina. I cappi sventolati minacciosamente a Montecitorio sono lontani anni luce. Oggi Bossi e compagni, saldamente a braccetto di Berlusconi, riscoprono perfino l'immunità parlamentare

Anzi lanciano perfino l'ideuzza di una blindatura inossidabile per onorevoli e senatori, anche a prova di Corte costituzionale (che come tutti sanno è in mano ai comunisti). Previti e Dell'Utri, per non parlare del Cavaliere, non saranno dispiaciuti.

Leggere "la Padania" di oggi 21 febbraio per averne conferma.

A presentare il disegno di legge per l'impunità totale è il Senatore Luciano Gasperini, che è anche l'avvocato difensore del Carroccio nel processo della Procura di Verona contro una quarantina di esponenti leghisti, Bossi compreso

Bene, la sua proposta è semplice: aggiungere un quarto comma all'articolo 68 della Costituzione che recita così: "Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno competenza IN VIA ESCLUSIVA a decidere sulla insindacabilità del proprio membro". 

Chiaro il concetto? Neanche un conflitto di competenza sollevato presso la Corte costituzionale potrebbe rimettere in discussione "l'assoluzione" di Camera e Senato. A contare sono solo i rapporti di forza: "Se il Parlamento sbaglia - concede Gasperini - dovrà risponderne politicamente davanti agli elettori". 

I giudici (ma anche gli italiani) sono avvisati: se vince il centrodestra cala la saracinesca su qualsiasi processo che coinvolga un onorevole. Inizio a sospettare che noi giornalisti non abbiamo indagato abbastanza le appendici giudiziarie del famoso accordo Bossi-Berlusconi. Omaggi.
Grisaglia


21 Febbraio 2001 - A Fra',  dacce la notizia

E cosi' anche la bella, brava, dolce e minuta Delia e' stata irretita dal magmatico fascino del Grande Affabulatore, zio Franco. Il Titano della Pubblica amministrazione (parole di Delia, circa), l'uomo che con due parole non ci fa niente, il Grande Nemico della sintesi, che noi tanto amiamo (''a Fra', dacce la notizia'' dovrebbe essere la maglietta ufficiale dei giornalisti che affranti lo seguono) e' riuscito a farsi difendere dalla sua Prima Vittima, Dolcedelia del Toboso.  

E che grazia, quanta comprensione mette la nostra beneamata (concordo totalmente con Adriana) nel segnalare l'impresa sovrumana che l'alluvionale ministro si sobbarca ormai dal '96. Lasciando da parte, con un gesto degno della marmorea Pieta', le digrignanti dimostrazioni di vile animosita' che solo un drappello di cani da strada, incarogniti e maleodoranti come noi cronisti di agenzia, dimostra nei confronti del Magnifico Semplificatore: ad esempio - neghi chi puo' - MAI fermare Bassaninix per un 'a margine' mentre sta entrando nel luogo ove Egli si appalesa.  

Questa e' una regola spontanea nata durante uno dei Forum della PA che si tiene ogni anno all'Eur, se non sbaglio era il '99, dal ringhiante gruppo di cui sopra, e poi risuonata con sordido tamtam nelle buie stanze di agenzie nazionali. La prima volta che accadde, il ministro passo' tra due ali di cronistoidi dapprima in formazione di testuggine ma poi apertisi come una cozza nella pentola, senza che alcuno proferisse motto: primo caso, a memoria di cane d'agenzia, di un totale abbandono del taccuino e dell'''a margine' nei confronti di un ministro della Repubblica...  

Franchino era letteralmente basito, ma da grand'uomo par suo fece finta di niente, lanciando occhiate di sbieco per vedere se qualcuno, suvvia, lo fermava. Provate voi a chiedere una sua posizione ''politica'' su questa o quella polemica tra poli o istituzioni: vi si rivolge contro, lento, un volto leonino, in realta' nobile e alto di spirito, dal quale (dopo qualche secondo di silenzio atto a farti valutare quanto sei imbecille a rompere gli zebedei su sciocchezze tipo le dimissioni di un qualche vertice Rai o l'avviso di garanzia a qualche presidente del Consiglio che nel frattempo stanno frantumando il paese mediatico) esce un sibilo, o nel migliore dei casi una specie di eco ieratico: ''Non e' di questo che si parla oggi''. A mani giunte, chiedi perdono al dio degli schiocchi.  

Anch'io amo Delia - non me ne voglia l'ottimo marito - per la sua abnegazione e per la strenua difesa del suo protetto: e' solo per Lei che i cani, a volte, non si strappano con le zampe la museruola... 
Sebastian Dangerfield


20 Febbraio 2001 - Telekom Serbia. Finalmente un vero scoop

Finalmente si legge su un giornale italiano un vero Scoop. Giuseppe D'Avanzo, che dopo il suo trionfale ritorno a Repubblica sembrava essere finito nel dimenticatoio (per improvvisi e inattesi dissapori con Ezio Mauro), eccolo di nuovo a firmare un grande reportage d'inchiesta. Tema: lo scandalo della Telecom Italia e del suo misterioso contratto con la Telekom serba.

Viaggio a Belgrado.... misteriose gole profonde... informatori altolocati.... grande esclusiva!!!! Ma è davvero così? Gran parte delle cose lette nelle paginate di sedicente Scoop, sono disponibili da tempo nel più inaccessibile degli archivi mondiali: INTERNET. Non ci credete? Ecco a voi una piccola raccolta di links:

1) www.peacelink.it/webgate/yugoslavia/msg00033.html
2) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon33.htm
3) www.amnistia.net/news/articles/balkdoss/telecom/telecom.htm
4) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon34.htm
5) http://www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon39.htm

Se aveste la pazienza di leggere tutti i dossjer sopra-indicati, scoprireste persino notizie che D'Avanzo (o più in generale Repubblica) non hanno avuto il coraggio - per il momento - di pubblicare. Una per tutte: che il ministro delle privatizzazioni Milan Beko, ad esempio, gran patron del famigerato contratto, e' diventato in seguito (e lo è stato fino al settembre scorso) direttore generale della Zastava, azienda a partecipazione italiana dell'IVECO, cioè della Fiat. Ma guarda un po', della Fiat però non si parla....

Ma perchè scrivo questo? Per sbugiardare un collega? Certamente no, D'Avanzo e Repubblica hanno avuto il coraggio di scrivere cose note ma che nessun grande giornale italiano aveva avuto l'ardire di pubblicare. Gia' un' altra testata del gruppo, l'Espresso, ha scritto di questa storia.

Andate a spulciare a questo indirizzo: http://www.espressonline.kataweb.it/ESW_articolo/0,2393,9050,00.html
E' un articolo dell'Espresso datato 16 febbraio e nel quale si parla dello stesso scandalo Telecom. Insomma, l'Espresso ha anticipato lo scoop di Repubblica. Forse le due maggiori testate del gruppo hanno deciso di lavorare in sinergia.
Re Pubblico


20 Febbraio 2001 - Lo facciamo un controllino?

Perché devo ascoltare al TG3 delle 19 uno che mi racconta che Rutelli è andato in Vaticano in occasione dell'anniversario del concordato con la Chiesa Cattolica. Ma oggi è il 16 febbraio. L'atto del 1929 fu firmato l'11 febbraio. Quello del 1984 fu siglato il 18 febbraio. A quale anniversario si riferiva? O febbraio è il mese del concordato? Lo sa questo collega che da quest' anno lo Stato torna a ricordare l'evento il 18 febbraio?

E ancora. Perché devo sentire che sono stati condannati gli assassini della bimba Silvia Ruotolo? Ma non era una madre uccisa  mentre teneva per mano la figlia? Ma come si fa a spiegare agli italiani che il generale Cadorna, 1870, attaccò Porta Pia per ordine di Camillo Benso di Cavour? Il Cavour non era morto nel 1860? Non è questione di giorni, ma di anni: dieci anni. 

Può un giornalista essere alla stessa stregua degli italiani che fanno la fila per andare ad uno dei tanti quiz tv? Magari per rispondere che il Muro di Berlino è caduto nel 1992. O che Keynes, secondo una studentessa in Economia, era un aviatore inglese.

M a questo è spettacolo. Il servizio pubblico, invece, può disinformarmi?. Pago il canone Rai e da cittadino, non da collega, mi attendo francamente di più. Io lavoro in un giornale e sbaglio molto, ogni giorno. E ogni volta mi rattristo e mi macero, non ci dormo la notte.  Ma non sono il servizio pubblico. Sono un ciuco che disinforma qualche migliaio di lettori. Invece un tg è seguito da milioni di persone.

E allora mi chiedo: ma alla Rai perché nessuno controlla i servizi? Che cosa costa controllare una norma, una data, un nome? Perché mi annunciano una notizia e il servizio me ne dà un'altra? Vorrei continuare, dire la mia sul vespismo, sul modo di fare giornalismo in tv e sui giornali. Vespa è stato mio insegnante alla scuola di giornalismo e devo dire che è un fior di professionista. Ma mi sembra che predichi bene e razzoli male. Mi fermo qui. Più penso a queste vicende, più penso al mio lavoro quotidiano e più nella mia testa si ingarbugliano i pensieri..

Silvio Buzzanca
 


20 Febbraio 2001 - Costanzo e' buono e gli altri sono imbecilli

Caro Figaro,ho avuto la sventura di seguire un incontro tra il Ministro per gli Affari Sociali, Livia Turco e le famiglie di bambini e ragazzi disabili all'Istituto 'Leonarda Vaccari' di Roma. Incontro coordinato dal collega (posso chiamarlo cosi'?) Maurizio Costanzo, il cui impegno a favore dei portatori di handicap e' arcinoto. 

Merita sicuramente un premio, Oscar di bonta', quel bonaccione di Costanzo. Tutta per Lui la platea e la scena. Un 'Maurizio Costanzo show' in versione mattiniera, con una spumeggiante Livia Turco ad elencare tutti i provevdimenti assunti dal suo dicastero a favore dei disabili e con la sua solerte addetta stampa ad 'aiutare' i giornalisti nel lavoro di sintesi. 

Mancava solo che i tre dessero indicazioni di voto per le prossime elezioni politiche. Perche' in verita' non c'era nessuna notizia degna di questo nome, solo propaganda. E fin qui non mi sono scandalizzato piu' di tanto. Cio' ho ho trovato disgustoso e scandaloso e' l'attacco violentissimo di Costanzo ad altri colleghi della carta stampata o televisivi tacciati di essere "Imbecilli" in quanto si sono permessi di criticare Sua Maesta' di 'sfruttare' la sofferenza dei disabili portati sul palco del 'Maurizio Costanzo Show'. 

Che Costanzo sia sempre alla ricerca di personaggi 'particolari' e' cosa evidente a tutti: bisogna solo inchinarsi alla Sua bravura, al suo giornalismo-spettacolo. Guai a sollevare critiche. Si viene tacciati di essere "Imbecilli". 

Ma guarda un po' dove sono finito, mi son detto, e cosa mi capita di sentire: le paternali di Costanzo! Ormai Lui puo' tutto: persino 'curare' i depressi, impartire lezioni di 'bon-ton' a tutti, stilare programmi elettorali, discettare di mafia e delinquenza. Nel piu' assoluto silenzio stampa. A Lui e' permesso tutto. Come appunto 'curare' i giovani depressi che porta sul palco a raccontare le loro storie di tentati suicidi, di sofferenza e dolore. 

E' accaduto qualche settimana fa: un ragazzo di 22 anni con la madre tra il pubblico racconta la sua storia di depressione. La madre una contadinona dalle spalle e braccia grosse fa sapere che suo figlio ha tentato il suicidio, che passa le giornate chiuso in casa. Il 'bonaccione' col baffo sprona il ragazzo a seguire la madre nei campi, ad uscire di casa, perche' gli dice "devi strutturarti dentro". La 'cura' della depressione e' finita. E tutti dobbiamo dirgli grazie per la sensibilita' dimostrata, altrimenti saremmo imbecilli?  

No, il primo grande e grosso imbecille e' proprio Lui, il meraviglioso Costanzo che dietro il faccione di bonta' professata cela una violenza inaudita. Per ogni disabile nel fisico e nella mente portato sul palco, la Comunita' deve riverire Sua Maesta', Re Costanzo, anch'egli Unto dal Signore. Noi continueremo a seguire per sventura incontri di questo tipo dove gli imbecilli credono di impartire lezioni: e noi che siano davvero buoni glielo lasciamo credere, tanto loro sono Unti dal Signore, hanno una missione da svolgere sulla terra che noi atei non abbiamo.
Carlo Patrignani Agi Roma
 


15 Febbraio 2001 - Evviva Delia Ciciliani

Caro Barbiere, pur essendo una convinta sostenitrice del centro-sinistra, a volte mi capita di sperare che Berlusconi&Co. vincano presto le elezioni. Il motivo? E' quasi banale. Alcuni ministri di questo Governo sono delle vere prime donne: bizzose, ammalate di protagonismo, egoiste, insomma insopportabili!!!

Tra tutti, mi riferisco a Bassanini. Sono una collega che lavora al servizio economico di una "gloriosa" agenzia di stampa e tutti i giorni (dico tutti i giorni!!!!) vengo presa d'assalto dai comunicati di Bassanini, che deve puntualizzare su ogni cazzata sparata dall'ultimo dei sindacalisti o dal più infimo dei personaggi politici. Per non parlare del venerdì pomeriggio...al termine del Consiglio dei Ministri. Viaggiamo ad una media di cinque comunicati!!!

Se ho la forza di passarli tutti, lo faccio solo per una persona di rara simpatia e intelligenza: l'addetto stampa di Bassanini, Delia Ciciliani. Nei miei dodici anni di esperienza non ho mai conosciuto una portavoce come lei che riesce a coniugare le esigenze dei giornalisti con quelle del suo Ministro. Se lei decide di alzare la cornetta lo fa solo se c'e' una valida ragione. Delia è gentile, simpatica e (non so come ci riesca con Bassanini) sempre calmissima e sorridente.

Noi tutti proviamo per lei grande stima perchè: 1) è una brava giornalista; 2) scrive dei comunicati comprensibili (e quando sono stati scritti da tecnici ce li spiega; 3) con lei Bassanini diventa docile come un agnellino. In conclusione: forza Delia tieni duro. Siamo tutti con te
Adriana


13 Febbraio 2001 - Anch'io ho gridato: "Maremma maiala!!!"

Cara Mata Hari, hai ragione a deplorare lo stato miserando in cui versa quello che, ahimè, era un tempo un prestigioso e battagliero settimanale d'informazione. Ma, perché il tuo cruccio si trasformi in un lieto e speranzoso sorriso, ti basterà distogliere lo sguardo dalle nebbie di Segrate, e rinfrancarlo allo smagliante sole romano di via Po. Qui infatti, immoto e tetragono, si erge da oltre quarant'anni il vero, l'unico, l'incrollabile bastione del giornalismo italiano. L'Espresso! Solo lui ci rimane!

L'ultimo numero è l'ennesima riprova di come il più antico newsmagazine del nostro Paese non abbassi mai la fiaccola dell'informazione libera, impegnata, scomoda. Non voglio certo rovinare a te e ai lettori il piacere settimanale di sfogliare quelle pagine patinate e scoprirle traboccanti di notizie esclusive, inchieste affilate, reportage appassionanti, opinioni fuori dal coro. Ma basta accennare a un paio di pezzi, pur nascosti nelle pagine interne, per farsi venire l'acquolina in bocca.  

Ad esempio, ecco a pagina 81 il ritratto di un industriale che si batte per trasformare Trieste in provincia autonoma. Come fornire al lettore di Roccasecca o Canicattì gli strumenti per capire al meglio la realtà sociopolitica giuliana? Ma certo: con un bel boxino sul primato di Trieste nel consumo procapite di Viagra! Nel titolo poi, "Quando San Giusto non basta", gli eredi di Pannunzio, Benedetti ed Ernesto Rossi riversano tutto l'impegno laico e anticlericale dei loro maggiori. 

Del resto, la sapienza nel trovare titoli sempre arguti e brillanti e mai banali è tuttora il marchio di fabbrica dell'Espresso: "Fiorin Fiorello lo share è bello", "E il procuratore disse: 'Tanto di Capello'", "C'è un Torquemada dentro il Forno": come faranno a pensarne tante, quei diavoli di via Po?

Ma il vero capolavoro, l'articolo che da solo basterebbe a giustificare l'acquisto del giornale, (sebbene un inopportuno senso di modestia abbia consigliato di non "spararlo" in copertina) è quello a pagina 70-71. Una puntuale, dettagliata inchiesta, di quelle che non guardano in faccia a nessuno, su un film a luci rosse girato, appunto, nella Maremma toscana. Ma come, proprio "nella blasonata zona di Capalbio?" Ebbene sì. Proprio nel "rifugio esclusivo dell'intellighenzia romana progressista?". Proprio lì.

Ecco che l'Espresso si rivela per quello che, per fortuna, non smette di essere: un giornale di servizio. Io stesso, che come tutti i lettori (e i giornalisti, ça va sans dire) del settimanale, faccio parte dell'intellighenzia romana progressista, e quindi possiedo un casale a Capalbio, non sapevo niente degli exploit erotici dei miei probabili vicini di ombrellone. L'Espresso me ne informa in dettaglio, e, non pago, condisce il tutto con una sferzante intervista a nientedimeno che Alessandra Acciai, "una delle protagoniste della telenovela Incantesimo, assidua frequentatrice della spiaggia maremmana". Incalzata dallo spietato intervistatore, la ragazza ammette che "Quando ho cominciato ad andare a Capalbio, 11 anni fa, si sentiva parlare di festini un po' spinti...ma adesso non più". Meno male, grazie al mio settimanale preferito, non dovrò rinunciare a portare i bambini al mare.  

Ma è nel titolo, come al solito, il colpo di genio: "Maremma che maiala", parafrasi ardita di una delle forme più schiette e veraci dell'eloquio popolare, che trova le sue radici nella secolare tradizione letteraria toscana. Chi non vi avverte l'eco di un Collodi, di un Fucini... 

La stessa eco si sente nell'attacco del pezzo, che per chi non l'avesse capito, ribadisce. "Se avete voglia, stavolta potete proprio dirlo forte, anzi gridarlo: Maremma maiala!" Finalmente! Autorizzato e anzi spronato dalla più autorevole rivista di opinione, confesso di essermi abbandonato a un lungo, liberatorio, urlo a squarciagola. 

L'impiegato del catasto


13 Febbraio 2001 - In questa radio per voi non c'e' futuro

Radio Città Futura cerca di cambiar pelle e provoca liti e sconcerto dentro e fuori la redazione. A ottobre, la Cooperativa proprietaria della storica emittente romana ha deciso di interrompere la collaborazione con la milanese Radio Popolare, che le forniva tre notiziari al giorno, rassegna stampa e vari programmi dal '93, per sostituirla con quella di Area, agenzia stampa vicina ai Ds guidata da Renato Sorace. Il presidente della Cooperativa Nicola Roumeliotis: "Vogliamo bene a Rcf e cerchiamo di farla camminare sulle sue gambe, senza spese eccessive". Una radio più bella e rilanciata, un informazione di qualità, insomma. 

L'operazione è però contestata dalla maggioranza dei sostenitori e degli ascoltatori, che temono una "mutazione genetica" di una radio che è sempre stata un punto di riferimento della sinistra romana. Il presidente dell'Associazione ascoltatori, Roberto Giovannini, redattore della Stampa: "Certo, si arriva nel Duemila e ci si accorge che l'emittente ha un valore che va sfruttato, ma c'è il forte rischio di snaturare la radio da quello che è stata e perdersi per strada gli ascoltatori. Quelli di Area sono bravi, ma insomma, hanno un'altra formazione":

I timori dell'Associazione non sono campati in aria: lo dimostrano le violente mutazioni all'interno della redazione. Direttore della testata è diventato infatti lo stesso Renato Sorace. Il primo atto dopo l'insediamento, il 19 gennaio, una letterina di tre righe per licenziare Elisabetta Ramogida, collaboratrice da cinque anni e contraria all'operazione Popolare/Area

Due giorni dopo, agli altri redattori non graditi viene comunicata la "messa a disposizione": non servono più, giacché a fornire i notiziari locali saranno d'ora in poi i giornalisti di Area. Non solo: ai collaboratori , che nel frattempo si sono rivolti all'Associazione della stampa romana e all'Ordine, viene comunicato che della cosa non è possibile discutere tutti insieme: nelle prossime settimane verranno convocati uno per uno per ragionare sulle loro sorti. 

Per rilanciare la radio, l'Associazione degli Ascoltatori Rcf, insieme a Manifesto, Radio Popolare, Mir, Internazionale, Centro sociale Brancaleone,  aveva proposto tempo fa alla Cooperativa di fondare una Srl. "Pensavamo che la cosa fosse accolta con entusiasmo e gratitudine", racconta Giovannini, "Invece è caduta nel vuoto". L 'assemblea  per discutere la proposta di rilancio non è ancora stata convocata. 

Preoccupata per il "domani dell'emittente" (che da due mesi è senza notiziari)  l'Associazione ascoltatori - che per ora ha deciso di interrompere l'erogazione di fondi alla radio (400 milioni negli ultimi 5 anni, un terzo degli introiti complessivi) - ha convocato un'assemblea pubblica per il 15 febbraio al Centro Sociale Brancaleone, "per parlare di una situazione che va alla deriva - spiega uno dei soci - e per cercare di trovare una soluzione in questo strano gioco a far fuori il più debole".
Costanza


13 Febbraio 2001 - La California? Meglio la Puglia

Caro Barbiere, la Puglia è di nuovo la California nonostante Tatò e il suo libro tanto recensito ma poco letto. Tra un po' avremo più quotidiani che lettori. Da un paio di mesi, infatti, gli edicolanti sono in difficoltà: la quasi contemporanea uscita di Repubblica e Corriere del Mezzogiorno, con annesse signorine in pettorale sponsorizzato, ha ridotto gli spazi già esigui di numerose edicole. Da oggi, poi, anche il Roma si è rinnovato presentandosi come "Puglia d'oggi", ovvero "edizione regionale del quotidiano Roma".

Alla faccia di Bossi, poi, a Napoli si stampano sia il Corriere del Mezzogiorno che il Roma-Puglia d'oggi e napoletani sono i direttori (Marco De Marco e Gennaro Sangiuliano). Anche il capo di Repubblica non è barese ma (forse) calabrese e risponde al nome di Ettore Boffano. A due mesi e più dall'uscita pugliese delle due corazzate è possibile tracciare un primo, sia pur sommario, bilancio.

Repubblica di Bari è molto barese e poco regionale. Cerca di fare opposizione al governatore regionale Fitto ma soprattutto al podestà cittadino Simeone di Cagno Abbrescia. In una città (e una regione) in cui il Polo viaggia sul 60 per cento ed è in crescita costante, Repubblica cerca di smuovere le acque, utilizzando il popolo delle e-mail e schierandosi apertamente con tutto ciò che è di sinistra

Peccato che ignori la Provincia, unico Ente cittadino in cui il centro sinistra e' in maggioranza. Le firme di spicco? Quella di Mimmo Castellaneta, ex capocronista della Gazzetta del Mezzogiorno, e quella di Gianni Messa, capo dello sport.

Altra storia, invece, per il Corriere del Mezzogiorno, che punta anch'esso sulla politica ma lo fa con classe, eleganza ed intelligenza. D'altro canto quando hai un tale Peppino Caldarola tra i tuoi collaboratori, puoi permetterti di tutto. Non a caso sia il direttore De Marco che il caporedattore Maddalena Tulanti sono cresciuti (e pasciuti) all'Unità. Eppure non si può dire che il Corriere sia di sinistra. E neanche di destra. Di centro, allora? Neanche per idea! Il Corriere e del Corriere, punto e basta.

La Gazzetta del Mezzogiorno in tutto ciò non ha perso una copia che sia una; ha chiamato Onofrio Pagone a sostituire Castellaneta e ha messo tutti i suoi cronisti in campo. Con risultati invisibili, nel senso che il giornale è sempre quello da 100 e passa anni, con un occhio di riguardo per il potere (politico, economico, sindacale, ecc), qualunque esso sia e chiunque lo rappresenti!

Emblematico, infine, è il trattamento che i tre quotidiani hanno riservato alla vicenda di Punta Perotti. La Gazzetta sta lavorando perché i costruttori possano completarla, nonostante la sentenza della Cassazione. Il Corriere prova a mettere tutti d'accordo mentre Repubblica ha già pronta la dinamite necessaria per abbatterlo. Un pluralismo così, la California se lo può solo sognare! 
Giesse


12 Febbraio 2001 - Italiani brava gente. Mica come gli albanesi

Caro Barbiere, sono convinto che in Italia stia crescendo il germoglio del razzismo e sono altrettanto convinto che noi giornalisti contribuiamo ad alimentarlo. Poiche' combatterlo credo sia un nostro dovere civico, ti sottopongo una notizia e una riflessione. Intanto leggi (per sintesi) questa notizia apparsa sul sito della Repubblica del  9 febbraio 2001. La stessa notizia peraltro è presente su molti altri portali, sulle agenzie di stampa e domani, immagino, sui giornali. Ecco l'estratto del pezzo (verifica: http://www.repubblica.it/online/cronaca/autonapoli/confessa
/confessa.html
)

ROMA - Negare, scappare, inventare qualche storia? E' stata una notte piena di domande tormentate quella dell'automobilista che stanotte ha investito due extracomunitari, uccidendone uno, e poi è scappato via, lasciando sulla strada, a pochi passi dal Colosseo, le sue vittime. 

Una notte che all'uomo, cognato del proprietario della Volvo Station Wagon grigia che ha investito e ucciso i due immigrati, ha portato un pessimo consiglio: stamane alle otto, infatti, ha denunciato alla polizia il furto della vettura. Per questo l'uomo, un produttore discografico di 35 anni, compositore e musicista, Sandro Mattoccia, è stato denunciato non solo per omicidio colposo e omissione di soccorso ma anche per simulazione di reato. (...) "E' un uomo normale, senza precedenti, lavoratore. Non era ubriaco, né aveva assunto sostanze stupefacenti. Gli è capitata una cosa più grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento", osservano gli inquirenti. (9 febbraio 2001) 

La storia è identica per dinamica e comportamento del pirata a quella che vide protagonista qualche mese fa il celebre albanese Panajot Bita. Lo ricordiamo tutti: investì un povero bambino (certamente incolpevole), fuggì, fu catturato, processato, condannato, poi lapidato a fine pena, esposto al pubblico ludibrio... il parlamento si è riunito, la procura si è autoconvocata di sabato sera e infine il pericolo pubblico è stato espulso dall'Italia con tanto di scorta di polizia. 

L'Italia, indignata insieme alla stampa, tirò un sospiro di sollievo. Ora accade il contrario: un italiano investe due extracomunitari uccidendone uno e poi bellamente fugge. Lui nelle cronache piange, si dispera, passa una notte insonne e quando infine viene scoperto, si becca una bella denuncia (a piede libero). Mentre gli inquirenti rassicurano: ''...gli è capitata una cosa più grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento''. Panajot Bita invece no, lui scappò perchè era un albanese criminale e tutto il resto. Naturalmente la storia del pirata assassino-italiano non scuoterà l'opinione pubblica italiana, non scatenerà gli inviati, non finirà in prima pagina e presumo non provocherà nessuna interpellanza parlamentare. Vogliamo vergognarci almeno un po'? Un saluto multirazziale dal tuo 
Re Pubblico  


12 Febbraio 2001 - Giornalista, mamma e casalinga

Sono una giornalista, madre di due ragazzine adolescenti (quasi 15 e quasi 13 anni). Probabilmente non ve ne siete accorti, ma quale sera fa, in prima serata, Rai Due ha mandato in onda, nell'ora di massimo ascolto, un funzionario Rai. La trasmissione mi pare fosse 'Il raggio verde' o qualcosa così (stavo dissurgelando le fiorentine e non prestavo molta attenzione). A un certo punto mia figlia, la maggiore, ha urlato: 'Ma mamma, guarda! Molle...guarda il colore!' . Le ha fatto eco la piccola: 'E' terribile...'.

Sul momento ho pensato fossero rimaste anche loro colpite dal morbo della mucca pazza e che si riferissero a quanto stavo -distrattamente- bruciacchiando. Poi l'occhio è caduto sul funzionario Rai intervistato da Santoro. E ho capito.

E' ora di dire basta. Lo affermo come madre e come casalinga. Non si possono mandare in onda in prima serata immagini che turbano adolescenti che muovono, timidamente, i primi passi nel difficile pianeta della sessualità. Abituate a Taricone, le mie ragazze si sono fatte un'idea del maschio ben lontana dagli stereotipi propinati dalla Rai. 

Tollerano Baudo per motivi storici (sono di sinistra e quindi le ho educate nel rispetto della carta costituzionale), ma non accettano la cruda realtà. Il mollaccioso funzionario Rai ha provocato in loro (che, quando va in onda Porta a Porta, sono già a dormire) un disgusto senza precedenti. 'Mamma- ha affermato con sgomento la piccina- ma è come una m....'.' Sto mangiando, per piacere...' ha urlato la più grande.

Rendetevi conto. La sera a cena le famiglie, anche quelle dei giornalisti, si riuniscono. Il cibo è quello che è, tanto la conversazione è peggiore. Ragazze cresciute a sbudellamenti, politici e redazionali, sono abituate a tutto. Per loro la merda è, metaforicamente e spesso concretamente, pane quotidiano. E' giusto costringerle a fare i conti, minorenni, con una grande abbuffata?
Francesca Longo


8 Febbraio 2001 - Il comunicato stampa. Che schifezza!!!

Non è che ci si nasce ufficio stampa. No, altrimenti si tratterebbe di una modificazione genetica perseguibile dalla Corte dei diritti dell'uomo. Ci si diventa! Cosi! Semplicemente ci si diventa. Magari perché una è laureata in Scienze politiche indirizzo internazionale ed è figlia di impiegato e quindi a fare l'ambasciatore non ci pensa neanche. Oppure perché qualcosa bisogna pur fare. Allora si diventa ufficio stampa.

Che si chiama ufficio ma è composto da una sola persona. Nella fattispecie da me.. con tanto di biglietto da visita, due cellulari, 4 e -mail, e nessun titolo tipo dott.ssa perché non si usa.

E di chi fai l'ufficio stampa? Del primo che ti capita, ovviamente, se sei senza lavoro da tempo senza ritegno. Partiti politici, di destra, di sinistra, di centro, chiunque ti paghi insomma per apparire sul giornale, purchè il suo nome appaia sul giornale e non nel colonnino delle brevi ma al centro pagina.

Poi, se hai fortuna, se non ti suicidi prima, continui e magari vieni assunta per fare l'ufficio stampa. E inizia la vita.

Intanto il comunicato. Tu, che hai lavorato in un giornale, sai benissimo che cosa si prova a ricevere il comunicato stampa. Un moto interiore di repulsione che finisce per farti cestinare quel foglio. Eppure lo fai perché ti pagano.

E subito dopo la telefonata. Con la ricerca dell'amico in redazione che di solito quando lo cerchi ha la corta e quindi il telefonino staccato. Allora devi parlare con qualcun altro. Chiami, e mentre accendi la 200 esima sigaretta, ti presenti e dici che hai appena mandato un fax.

Di solito di risponde uno: incazzato, stanco, assonnato, che ha appena finito di litigare con qualcuno. E lo capisci dal "Chi è" con cui risponde. E tu sei lì, inerme, a cercare di descrivere il contenuto del comunicato stampa che non contiene nessuna notizia, ma che ti devono pubblicare perché altrimenti, l'indomani:
”Che fa? Non è uscito il comunicato? E come mai non ci siamo noi ma c'è quest'altra associazione? Che fa dottoressa, non riusciamo a fare pubblicare una notizia?”.

E tu vorresti spiegarglielo che hai fatto di tutto, che il comunicato non conteneva nessuna notizia, che se lo mettono è solo perché sei andata a cena con quello che al desk, riesce a fartelo passare, che è solo merito tuo.

Ma non dici niente e allora inventi azioni di sabotaggio, interventi politici di cui sei venuta a conoscenza per bloccare il comunicato, cordate giornalistiche contro quell'associazione e cazzate simili. Il tutto per aspettare l'amico che torna al lavoro e pregarlo di metterlo quel comunicato.

Così è la vita dell'ufficio stampa. Che compra i giornali, che deve sapere tutto, che sa anche quello che non sa, che non può mai essere colto in fallo, che deve far capire ciò che si può passare e ciò che non si può fare passare. Frantumati i sogni dell'università da dieci anni faccio questa vita. Pensate quando ricevete una telefonata dal povero ufficio stampa. Dall'altra parte c'è un aspirante suicida.

Roberto


8 Febbraio 2001 - Io quelli del Manifesto non li capisco

A volte, quelli del manifesto uno non li capisce. Martedì 6 febbraio “festeggiano” con uno spettacolo di Dario Fo e Franca Rame, al teatro Smeraldo di Milano (“Una bomba di solidarietà”) la bomba, appunto, che un neofascista gli ha piazzato nella sede (romana e principale) del quotidiano medesimo. E va bene. 

Poi scrivono sullo stesso quotidiano che l’idea dei coupon (tu acquisti il pacchetto di coupon dalle casse del manifesto, che così respirano un po’, essendo dissanguate, poi vai dall’edicolante, presenti il coupon e quello ti da' il giornale, che tu a questo punto non paghi più, avendolo già fatto prima) è stata geniale e ha ottenuto un riscontro eccezionale, molto superiore alle usuali formule di abbonamento, purtuttavia – recita un avviso in prima pagina – i coupon non sono disponibili, arriveranno, pazientate. 

E va bene. Poi, però, ricorre il decimo anniversario della nascita del Prc (Partito della Rifondazione comunista) e al manifesto, quotidiano comunista da quando era in fasce, ma comunista “eterodosso”, “libertario”, “antisovietico”, “ingraiano”, eccetera, decidono di ricordarlo con una bella intervista - pubblicata sul numero uscito sabato 3 febbraio – a Fausto Bertinotti

Segretario del Prc, come no, e probabile artefice della prossima, rovinosa, debacle (almeno al Senato) della sinistra – comunista o meno che sia – alle prossime elezioni politiche.

Peccato solo che, nel 1991, Bertinotti non solo non c’era, a far da levatrice alla formazione neocomunista, ma militava  – “dissenziente”, ovvio, radicale, radicalissimo – dentro il Pds, quello di Occhetto e Petruccioli, di Adornato e della sinistra dei club, per capirci. Nel 1991 c’era, invece, eccome se c’era, Armando Cossutta, che dal 1998 ha rotto con Bertinotti (dopo averlo elevato al rango di segretario, qualche anno prima) per dar vita al partito dei Comunisti italiani. 

Solo che al manifesto Cossutta proprio non lo possono soffrire, lo detestano da sempre, imputandogli quantomeno la ragione della loro “epurazione” dal Pci, anno 1969. Il fatto è che Cossutta, con quella radiazione, ha poco a che fare (a fare il processo ci pensò Natta). Con la nascita, lo sviluppo, il radicamento e la storia di Rifondazione comunista, al contrario, l’Armando ha a che fare eccome, “a prescindere” – direbbe Totò – se trattasi di meriti o di demeriti. 

Bertinotti, decisamente molto meno, almeno fino al 1995 e seguenti. Tutt’al più, da allora in poi. E sempre a prescindere da meriti e demeriti (rottura con Prodi, caduta del suo governo e conseguente “spostamento a destra”, amerebbero dire al manifesto, dell’asse politico). Ma la goccia che fa traboccare il vaso – sempre in quanto trattasi di quotidiano “comunista”, per carità – visto che se si trattasse di quotidiano “antagonista”, “della sinistra radicale”, “anticapitalista”, “antiglobalizzante” il problema non si porrebbe – è questa: domenica scorsa 4 febbraio è morto Elio Quercioli, storico dirigente del Pci prima, del Pds-Ds poi, nonché giornalista (comunista) di primissimo piano, direttore di molti giornali (comunisti) e persino dell’Unità (quand’era un quotidiano comunista). Peccato che, sul manifesto (quotidiano comunista, appunto) la notizia non c’era. 

Tersìte


5 Febbraio 2001 - Da grande mi cerchero' un lavoro onesto

La mia storia è molto semplice, se ne potrebbe fare un film. Ogni riferimento al virtuale è puramente casuale.

Scena prima: Pleistocene, redazione di un quotidiano politico nazionale, dove gruppi di giornalisti conducono una vita molto contrastata. Io arrivo nel pieno di una zuffa sul tema 'perchè cazzo devo andare quando c'è già l'Ansa' e mi candido per un 'dietro le quinte' (in seguito mi offrirò per fare tre pagine al giorno da casa mia, comprese le indicazioni ai grafici, e salva restando la non assunzione, il non rimborso spese, ovviamente i non contributi e un 'tanto a pezzo'- non quantificabile, dal momento che in certe giornate, soprattutto festive, i pezzi sono anche dodici e gli pseudonimi  almeno sei).

Con un grido di trionfo il direttore mi lancia in aria (sono magrolina) e mi trasformo in un'astronave. Il Discovery, appunto, free lance a tutti gli effetti (al free lance 'professionista' giungerò grazie al contributo della temibile FNSI della mia regione, che mi ha concesso di pagarmi da sola un avvocato e di ricorrere a Stampa romana).

Tutti mi guardano con interesse (gira voce che io sia in grado di usare il congiuntivo, di rispettare le misure e i tempi di consegna dei pezzi, di raccogliere addirittura informazioni di prima mano o, in caso di riciclaggio, di ampliarle con particolari di colore, di esimermi da commenti personali e al limite, con vento a favore, di supportare il pezzo con titoli,  occhielli e fotografie). 

Non è ovviamente la prima volta  che un giornale s'imbatte nella prova dell'esistenza di un extraterrestre, comunque la nuova congiunzione  solare, con un sibilo violento, mi rilancia nello spazio. Collaboro con una ventina di testate, tra quotidiani, settimanali, mensili, agenzie e televisioni. Pagamento a 365/730 giorni (record 912 giorni per Lit. 2.000.000 lordi battuto da Dalai, tanto per consolare i colleghi della nuova Unità), spese e contributi a mio carico.

Scena seconda: dopo un catastrofico esame professionale, cui accedo grazie al riconoscimento d'ufficio del praticantato (mille articoli in due anni e mezzo per una sola testata, più le varie collaborazioni) e che supero solo in virtù degli scritti (ho iniziato tardi e dopo i 40 anni si sa dove reperire le fonti, ma si fatica a mandare a memoria anche la nozione più semplice), ottengo i benefici della disoccupazione, gestiti da HAL 9000.

E' un calcolatore perfetto che mi guida nei meandri di Ordine, Inpgi, Fnsi e Casagit, che m'infila nelle liste dei giornalisti professionisti disoccupati , parla, pensa ed è informato. Io posso quindi permettermi di fare la free lance a tempo pieno. Mi iberno. Non so che HAL non si fida dei giornalisti, che ha dei dubbi sul viaggio intrapreso.

La mia collega free lance 'Poole' (nome fittizio, scelto ovviamente a caso), su errore di HAL, viene incredibilmente assunta da una testata locale, e si allontana per sempre nello spazio siderale. 

E' l'ultima. Le funzioni di noi ibernate vengono interrotte. Mi salvo a stento -sono divorziata con due figlie a carico e, ancora per una decina d'anni, l'ex marito è costretto a versare gli alimenti- e procedo alla disattivazione di HAL, rimandando i vari pagamenti delle quote annuali, trimestruali, quadrimestruali ecc. e l'invio delle centinaia di moduli e dichiarazioni che settimanalmente il computer mi sottopone. Lui reagisce alla 'morte' in modo 'umano' e straziante, con suppliche e lamenti, apre persino un sito Internet, 'Il barbiere della sera'. Io procedo da sola.

Scena terza: tutto ciò che resta è il mio occhio, lo lascio fluire nello spazio e nel tempo, tra immagini e visioni. Elimino volontariamente tutte le testate che pagano in ritardo, non pagano, pagano redazionali o 'diritti d'autore' (che peraltro, sebbene iscritta, non sono tutelati nemmeno dalla Siae). 

E finalmente mi riposo. Sono in un palazzo antico, San Macuto, consulente di una Commissione, una delle poche che a ore chiuderà definitivamente i battenti, anche grazie al mio contributo. Sto passando dalla maturità, alla vecchiaia, all'agonia. Davanti a me s'erge questo feto astrale, il lavoro di free lance, una bolla di sapone in cui si scorgono i lineamenti incerti di un neonato che guarda a voi giornalisti sfocato e quasi pauroso.

Da grande ho deciso che mi cercherò un lavoro onesto. Magari, come gli extracomunitari, uno di quei lavori che gli italiani non vogliono più fare.
Francesca Longo


5 Febbraio 2001 - 

Breve cronistoria dell' importanza della Mucca pazza per l' Ansa negli ultimi 10 anni.  
Nel '93 una notizia: Gb: morbo mucca pazza fra antilopi zoo Londra.  

Nel '94 una notizia: Gb: allarme per morte donatori sangue causa morbo  
Nel 95, a cominciare da ottobre, 4 notizie del tipo: Natale: arrosto canguro per paura morbo mucca pazza.  
Nel '96 cinquecento notizie, forse si comincia a capire di cosa si sta parlando.  

Nell' agosto '95 un cronista dell' Ansa siciliana viene inviato ad Erice dove Luc Montagnier (quello dell' Hiv)  invita autorita'  e comunita' scientifica a non distrarsi  ricercando la cura per Aids ed altri gravi morbi, tra cui mucca pazza, pericolosi per l' uomo. "Se si diffondesse il morbo della pazzia delle vacche - diceva lo scienziato - le conseguenze sarebbero gravissime anche perchè la malattia è poco studiata e non si conoscono gli antidoti".  

Il giornalista scrive un pezzo sull' allarme di Montagnier ma l' Ansa decide che l' allarme di Montagnier non vada diffuso. La notizia non viene rilanciata neanche in Sicilia.  
B.S.


5 Febbraio 2001 - "Non fatemi pensare a quel bavoso di Prodi"

Adg - Agenda del Giornalista, buonasera

??? – (silenzio)

Adg – Pronto?

??? – (silenzio)

Adg – Pronto?

??? – Sono una signora

Adg – Buonasera! In cosa posso esserle utile?
Signora – Io ho telefonato per parlare di quel ministro
Adg – Scusi!?

Signora – Sì, sì quel ministro comunista

Adg – ….
Signora – Sì, Sì da Vespa. Beh guardi, dovrebbe proprio dimettersi. Ma come si fa? Dire a quella poverina che non dovrebbe andare in giro con quel nome. Ma perché cosa hanno fatto questi comunisti che hanno ammazzato milioni e milioni di persone mentre Mussolini, poverino, è… è stato solo ingannato. 

Adg – Signora questo numero….
Signora – Ah sì, il vostro numero l’ho letto sul Giornale. Ma insomma è una vergogna questi comunisti…. sapesse quanta gente che vedo al mercato che raccoglie la frutta da per terra. Ecco cosa dovevano fare, dovevano aumentare la pensioni di quelli che c’hanno seicentomila lire al mese e che non riescono a campare. E invece, niente. Ah ..ma andare al governo è stata la loro rovina.  Che ci sono andati a fare? Perché cosa hanno fatto?….niente!

Adg – Beh forse l’Eu…
Signora – Non mi faccia pensare a quel bavoso di Prodi,… eppoi quel Visco, mamma mia Visco proprio non lo…..lo sa a cosa mi fa pensare Visco?
Adg – mh…no.

Signora – C’ha presente quelli dell’antica Roma i… i… i carnefici. Ecco proprio un carnefice.
Adg – Signora guardi che la redazione dell’Agenda del Giornalista è…. 
Signora – Sì, lo so, il numero l’ho trovato sul Giornale… Ah ma quanto mi piace il Giornale  cioè… Libero. Lo leggo tutti i giorni. Sono addirittura abbonata. Prima al Giornale e adesso a Libero. Mi piacciono anche altri giornali eh…. il nuovo Giornale, Il Tempo di Roma….gli altri no, sono pieni di bugie, di menzogne.
Adg – Ma il Corr….
Signora – Anche la sera sa, quando guardo la rassegna stampa,  se leggono Libero, Il Tempo… così ..li guardo, se no spengo il televisore e poi riaccendo.
Adg – Forse sarebbe bene confront…
Signora – Vabbé adesso mi sono sfogata. Grazie e Buonasera.

Click

Adg- Buonasera. Buonasera Signora!
Madmax

2 Febbraio 2001 - La legge e' uguale per tutti

Storie di immigrazione clandestina. Mohammed ha 34 anni, Alvaro ne ha 24. Uno è marocchino di Casablanca, l'altro viene dall'Uruguay (è nato a Montevideo). Li accomuna - si fa per dire - una disavventura giudiziaria.

Sono due "irregolari". I passaporti con cui sono arrivati in Italia, entrambi intestati alla Questura di Roma, sono risultati falsi. Ottenuti chissà e come e chissà da chi, senza averne diritto. A questo punto la legge italiana parla chiaro. Il documento contraffatto deve essere immediatamente ritirato.

Per i due stranieri scatta la denuncia per falso ideologico e materiale (si rischia anche la galera) e la revoca immediata del permesso di soggiorno. Mohammed e Alvaro devono lasciare l'Italia. Gli verrà consegnato un'intimazione ad uscire dai confini nazionali entro quindici giorni. Ma non solo. Se non sarà verificata  la loro identità finiranno in un Centro di permanenza temporanea in attesa che siano espletate tutte le pratiche necessarie a chiarire con esattezza chi sono e da dove vengono.

E - tra l'altro - per una mostruosità della norma italiana in materia di rimpatri coattivi, se la loro identità verrà effettivamente accertata saranno espulsi, in caso contrario torneranno liberi (e clandestini). Insomma, per farla breve, Mohammed e Alvaro si sono cacciati in un bel guaio.

Ma con una piccola differenza. Mohammed fa il lavavetri ai semafori e vive (o forse sarebbe meglio dire sopravvive) nel casotto abbandonato di un vecchio cantiere edile, mentre Alvaro fa il calciatore e abita in un super-attico di Milano con la famiglia, il procuratore, gli amici, due domestiche ed un cane.

Mohammed, tra insulti velenosi degli automobilisti e mattinate trascorse nelle celle di sicurezza della Questura, fatica a sbarcare il lunario. Alvaro guadagna 15 miliardi l'anno, la massima costrizione a cui è sottoposto è trascorrere la mattinata sul lettino del massaggiatore, e se l'allenatore si permette, non di insultarlo, ma anche solo di criticarlo, lui lo denuncia all'Associazione Calciatori e poi va in televisione e gli pianta un gran casino da Biscardi.

Ma in fondo Mohammed e Alvaro sono uguali. Due immigrati clandestini. Dovrebbero godere dello stesso trattamento. Anche perché in Italia sono arrivati con lo stesso desiderio. Una vita migliore. Che per Mohammed vuol dire una casa decente e un paio di pasti caldi al giorno mentre per Alvaro significa il Pallone d'Oro e la Champions’ League.

Adesso Mohammed è in una grande camerata del Centro di permanenza di Roma. Deve stare attento perché ieri notte un tunisino ha cercato di accoltellarlo per fregargli le scarpe. Aspetta che la sua ambasciata lo riconosca o (molto più probabilmente) se ne lavi le mani. E spera che nel frattempo qualche altro marocchino non gli abbia fregato il posto al semaforo.

Alvaro, invece, è nel suo super-attico a San Siro. Attaccato al telefonino e al sito in Internet con cui ogni giorno "dialoga" con i suoi fans. Il procuratore (inteso come manager e non come magistrato) gli ha detto che la pratica verrà sbrigata in pochi giorni. Dovrà sopportare il tormento di un viaggio in business class dall'Italia all'Uruguay per rifare tutti i documenti. E purtroppo dovrà rinunciare anche a quella lontana zia friulana che gli garantiva la qualifica di giocatore comunitario. Ma il Pallone d'Oro, l'anno prossimo, non glielo leva nessuno. 
Giorgio Lambri
- bogey1960@hotmail.com


 


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