23
Febbraio 2001 - Corvo nero, non avrai il mio scalpo |
Ma perché? Perché ho così forte la sensazione
che somigli tanto a qualche piccolo giornalino locale, di quelli
dove racconti del marciapiede sbertucciato e del semaforo spento da
mesi?
Perché quando varco la soglia della redazione la mattina mi
assale la paura di non trovarla più, la redazione? Oppure di
trovare ad aspettarmi alla scrivania la notizia: "ragazzi, ci
abbiamo provato, è andata male, chiudiamo, spegniamo il sito, siete
stati bravi ma sapete com'è: la crisi, la pubblicità che non c'è,
la disorganizzazione, l'invasione delle cavallette...".
E' l'incertezza la compagna di tutti i giorni, il corvo nero
che ti porti sulla spalla mentre passi agenzie, "cucini"
pastoni, titoli e mandi on-line. Eppure la mia scrivania è in una
redazione che è, a sua volta, nella pancia di un grande gruppo
editoriale, uno dei tre che in Italia producono i maggiori, i
più letti, quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali,
annuali ecc.
Di quelli che per entrarci fai una fatica del diavolo, quando ci
riesci. Per non parlare del contratto che quando lo firmi ti sembra
di aver fatto sei al superenalotto. Intendiamoci, non mi
lamento e non mi voglio lamentare: sono giovane, professionista
e assunto, udite, udite, come giornalista. Vengo dalla carta
stampata, da piccoli giornali locali sino a testate importanti
del gruppo. Come sono arrivato a una testata on-line sarebbe lungo
da spiegare ma sono qui e tant'è. E qui c'è qualcosa che non va.
Giornalisti-metalmeccanici, metalmeccanici-giornalisti,
programmisti registi -project manager, giornalisti-manager
e pochi, davvero pochi giornalisti tout-court. Entri in una
redazione on-line e ti rendi conto che tutto quello che pensavi di
conoscere qui non ti serve a granché. E' il nuovo che
avanza, direbbe qualcuno. Sarà ma in fondo sempre di un giornale si
tratta, o no?
E allora ecco che ti accorgi che la prima cosa che ti perdi per
strada sono le fonti. Le senti sempre meno, soprattutto
quando si tratta di verificare una notizia. Perché? Perché non
c'è tempo, non fai in tempo a passare un'agenzia, a scrivere trenta
righe che ne arriva un'altra e si ricomincia e dove lo trovi il
tempo di chiamare qualcuno per approfondire, per verificare magari
per trovarla tu la notizia.
Ma quanto leggeranno 'sti lettori che stanno sempre attaccati
al sito per trovare la notizia nuova, l'ultimissima? Qualcuno mi
aveva insegnato che una notizia non è tale se non l'hai
verificata, già ma il nuovo avanza e bisogna mettersi al passo.
L'incertezza, dicevo. Ogni volta che il Nasdaq e il Numtel vanno giù si
portano appresso buona parte del mio buon umore e questo senza che
abbia una lira investita in azioni. A ogni scivolone del "nuovo
mercato" c'è un sito che chiude e un amministratore
delegato che decide di non ripianare le perdite di questo o
quell'altro portale e noi a guardare l'altalena che sale e
che scende pensando se domani la ritroviamo, la redazione.
"Guarda
che questo è il giornalismo del futuro" mi disse qualcuno
quando accettai il trasferimento. Ora che sono qui credo che in
Internet il giornalismo bisogna ancora cominciare a farlo.
Far crescere la credibilità di quello che si scrive su un sito è
la chiave perché possa diventare un mezzo d'informazione al quale
rivolgersi, al pari del caro vecchio quotidiano o settimanale di
carta e per far questo c'è bisogno di giornalisti, che siano messi
in condizione di fare i giornalisti ovvero abbiano la possibilità di trovare e
verificare le notizie, approfondirle, insomma di fare il loro
lavoro.
E questo passare sopra allegramente all'ortografia della professione
giornalistica acuisce il senso d'incertezza. Ora scusate ma si sono
accumulate una decina di agenzie e non ho più tempo di scrivere.
Rael
Che dire? Non torna anche a voi alla mente il
grande Ivan Denisovic?
23
Febbraio 2001 - Dacci oggi il nostro Emilio
quotidiano |
"La depressione è
una roba da ricchi, mica per chi ha da alzarsi presto
tutte le mattine" (Ken
Loach, "Riff Raff").
Cioè, uno al
mattino si sveglia - presto, intendo - e se vuole
svegliarsi con la musica (chiamasi radiosveglia, fogge
diverse, io ce l'ho nera, con i numeroni grandi in rosso,
tutto in fm, una figata, anche se un po' retrò, accanto
al letto, sul comodino, intendo), è vagamente di sinistra
e soprattutto se sta a Milano ha solo due scelte:
sintonizzarsi su radio Popolare (network o
milanese) e godersi le aperture musicali, i notiziari, il
Robecchi di "Piovono Pietre" (altro titolo di
film, ma sempre di Ken Loach si tratta...), le rassegne
stampa curate ogni mattina da un giornalista diverso e,
poi, gli approfondimenti, le rubriche, la satira di
"Sansone".
Ma quando su radio pop ci sono cose tipo "Aem, gas,
luce, sì, ci dica", rubriche di libri o scienza o
peggio ancora le odiosissime interferenze di "Radio
Maria" che trasmette novene e "è arrivata
la fine del mondo" ogni cinque minuti, non resta che
buttarsi su qualche radio commerciale.
Radio Italia solo musica italiana? Troppo
ripetitiva. Radio 24? Troppa economia. Radio Dee
Jay?
Troppo giovanilista. Rds, tl o Radio 105? Troppo
frastuono, troppe rubriche gridate, troppo di
tutto. E allora? Miracolo! Radio Montecarlo.
Intelligente, briosa quanto basta, buona musica,
conduttori dotati di belle voci e piglio giornalistico.
Ma se per caso uno s'attarda a sistemare le faccende di
casa, telefonare all'Aem (quella vera), alla Sip o
comesichiamaadesso, alla banca (la propria) o alla mamma
(anch'essa la propria, ma non sempre più comprensiva
o espansiva della stessa banca...) incoccia, dalle 10 in
poi, in una rubrica - "Il curiosone",
"condotta da Max Venegoni per la parte
musicale e da Monica Sala per la parte
giornalistica" che - stiamo citando dal breviario del
bravo teledipendente, "Tv Sette" -
"introducono alle curiosità della giornata. Alle
10.50 le notizie scelte da Emilio Fede con punte di
tagliente ironia". Ecco, appunto, proprio qui
sta il problema.
Perché passi "Parlamento
In" di Piero Vigorelli - in onda tutti i
sabato sera su Canale 5 e domenica sera su Rete 4, in
replica - passino pure (in blocco) i tg del Tg4 o di
Studio Aperto, passino i mega-spot che Maurizio
Costanzo, Mike Bongiorno, chiperloro
(compresi Antonio Ricci e quelli di Striscia la
notizia) regalano al cav. dott. pres. Silvio Berlusconi,
il quale non ne ha bisogno, al fine di vincere le prossime
elezioni politiche, ma che persino su una radio
"estera" (tale mi risulta essere Radio
Montecarlo, come dice il nome stesso, proprietari - credo
- i fratelli Hazan, veri lupi dell'editoria
radiofonica) mi tocchi di sentire gli spot a favore
della Casa delle Libertà mi sembra francamente
troppo!!! Non fosse altro per il trascurabile particolare
che siamo oramai entrati in campagna elettorale e che le
radio "libere" (ma libere veramente?!)
dovrebbero rispettare (anche loro?!) la par condicio.
Chi vuole, altrimenti, può
sintonizzarsi tutte le mattine su radio Montecarlo ed
ascoltare gli spot dell'Invidiato Speciale, il caro
Emilio (ahi ahi ahi se faccio un figlio...) che
discetta di quanto fa schifo il Governo, di quanto è
buono re Silvio e di quanto sono cattivi i comunisti.
Stamane, in particolare, si è prodotto in una esilarante
(e involontaria gag). Titolo "immigrati raus!",
oggetto (e relative frasi, più o meno testuali, giuro...)
"rispedite a casa quei porci assassini schifosi
albanesi iugoslavi zingari che violentano uccidono
rapinano le nostre donne-case-lavoro-genitori-nonni-figli,
i cittadini non possono più sopportare questo oltraggio,
gli extracomunitari tornino a casa loro!", bieca e
pallida imitazione della xenofobia e del razzismo più
beceri. Insomma, buona giornata,
con il vostro "tagliente" (e obiettivo e pacato)
Emilio quotidiano, ascoltatori di radio Telemontecarlo...
Giovanni dalle Bande Nere
22
Febbraio 2001 - The Abruzzow's Connection |
DON'T YOU
KNOW THE ABRUZZOW'S CONNECTION? Cari colleghi, non voglio parlar male di Vespa perché tutto
sommato mi è quasi simpatico (a parte quella
volta in cui invitato in un'altra trasmissione ha messo
le grinfie intorno alla vita - meglio dire sotto
le tette - di una 'non ricordo chi' e NON HA MOLLATO la
presa!, il che dimostra che il potere ahimé non riesce
sempre a saziare tutti i suoi appetiti), ma una cosa so
di potervi dire senza paura di sbagliare: negli anni
Settanta i redattori del quotidiano Il Tempo che
in tarda mattinata scendevano a prendere il secondo caffè,
nel bar all'angolo di piazza Colonna, incontravano di
frequente un giovane bruno in immancabile abito blu
che
con aria circospetta ma passo sicuro saliva le scale,
diretto all'ufficio del direttore.
Avete tutti indovinato che si trattava proprio del Bruno
nazionale, il quale portava al direttore di allora,
guardacaso Gianni Letta - detto oggi "il
Mazarino di Arcore" - , il solito corsivo
incentrato per lo più su pallosissime polemiche e beghe
di deputati dc abruzzesi (ricordate Remo Gaspari e
Lorenzo Natali?). Letta di Avezzano e Vespa dell'Aquila
avevano lavorato ambedue, in ruoli e uffici diversi,
come corrispondenti de Il Tempo del rutilante Renato
Angiolillo.
Venuti a Roma, continuavano ad alimentare sul
giornale romano il dibattito politico abruzzese a
colpi di editoriali. Un'eterna campagna elettorale che
ha verosimilmente funzionato da rampa di lancio per i
due amici-colleghi. Dopo Letta, più anziano, anche Vespa
fece carriera (come? beh, era anche bravo e colto, no?).
Era entrato nel Tg nel 1969, fece Tam Tam dal
1977 e infine ottenne il monopolio, come dice Curzio
Maltese, della Telepolitica.
Intanto il suo mentore Gianni diventava il braccio
destro del Cavaliere. Detto questo, non è
difficile capire come mai il nostro Bruno faccia
fare al Berlusca quello che vuole nel suo salotto
di Porta a Porta. Forse Paolo Franchi - e
neanche Maltese a quanto pare - non sapeva della potente
"Abruzzow connection" che ha nutrito e
sdoganato nel gran mondo della politica e del
giornalismo queste due vite parallele.
Con Berlusconi insomma Vespa, che sa cos'è la gratitudine,
ha fatto benissimo il suo "lavoro" ...,
facilitato dal dinamismo (e diciamolo!) del suo
ospite e dalla acquiescenza dei presenti. Ancor più in
quel caso, come suggerisce VIP citando lo "strafigo"
Pansa, ci voleva uno pronto a rompere le palle,
ma uno - se mi permettete - che avesse VERAMENTE
qualcosa da dire.
Athos P.
22
Febbraio 2001 - La Banda Bassotti in
cerca di impunita' |
Che tempi caro Barbiere. Neanche la Lega è più quella di
una volta, popolana e assetata di ghigliottina. I cappi
sventolati minacciosamente a Montecitorio sono lontani
anni luce. Oggi Bossi e compagni, saldamente a braccetto
di Berlusconi, riscoprono perfino l'immunità
parlamentare.
Anzi lanciano perfino l'ideuzza di una
blindatura inossidabile per onorevoli e senatori, anche
a
prova di Corte costituzionale (che come tutti sanno è in
mano ai comunisti). Previti e Dell'Utri, per non parlare
del Cavaliere, non saranno dispiaciuti.
Leggere "la Padania" di oggi 21 febbraio per
averne conferma.
A presentare il disegno di legge per l'impunità
totale è il Senatore Luciano Gasperini, che è anche
l'avvocato difensore del Carroccio nel processo della
Procura di Verona contro una quarantina di esponenti
leghisti, Bossi compreso.
Bene, la sua proposta è
semplice: aggiungere un quarto comma all'articolo 68 della
Costituzione che recita così: "Il Senato della
Repubblica e la Camera dei deputati hanno competenza IN
VIA ESCLUSIVA a decidere sulla insindacabilità del proprio
membro".
Chiaro il concetto? Neanche un conflitto di
competenza sollevato presso la Corte costituzionale
potrebbe rimettere in discussione
"l'assoluzione" di Camera e Senato. A contare
sono solo i rapporti di forza: "Se il Parlamento
sbaglia - concede Gasperini - dovrà risponderne
politicamente davanti agli elettori".
I giudici (ma
anche gli italiani) sono avvisati: se vince il
centrodestra cala la saracinesca su qualsiasi processo che
coinvolga un onorevole. Inizio a sospettare che noi
giornalisti non abbiamo indagato abbastanza le appendici
giudiziarie del famoso accordo Bossi-Berlusconi. Omaggi.
Grisaglia
21
Febbraio 2001 - A Fra', dacce la notizia |
E cosi' anche la bella, brava, dolce e minuta Delia
e' stata irretita dal magmatico fascino del Grande
Affabulatore, zio Franco. Il Titano della Pubblica
amministrazione (parole di Delia, circa), l'uomo che con due
parole non ci fa niente, il Grande Nemico della
sintesi, che noi tanto amiamo (''a Fra', dacce la
notizia'' dovrebbe essere la maglietta ufficiale dei
giornalisti che affranti lo seguono) e' riuscito a farsi
difendere dalla sua Prima Vittima, Dolcedelia del Toboso.
E che grazia, quanta comprensione mette la nostra
beneamata (concordo totalmente con Adriana) nel segnalare
l'impresa sovrumana che l'alluvionale ministro si sobbarca
ormai dal '96. Lasciando da parte, con un gesto degno
della marmorea Pieta', le digrignanti dimostrazioni di
vile animosita' che solo un drappello di cani da strada,
incarogniti e maleodoranti come noi cronisti di agenzia,
dimostra nei confronti del Magnifico Semplificatore: ad
esempio - neghi chi puo' - MAI fermare Bassaninix per un 'a
margine' mentre sta entrando nel luogo ove Egli si
appalesa.
Questa e' una regola spontanea nata durante uno dei Forum
della PA che si tiene ogni anno all'Eur, se non sbaglio
era il '99, dal ringhiante gruppo di cui sopra, e poi
risuonata con sordido tamtam nelle buie stanze di agenzie
nazionali. La prima volta che accadde, il ministro passo'
tra due ali di cronistoidi dapprima in formazione di
testuggine ma poi apertisi come una cozza nella pentola,
senza che alcuno proferisse motto: primo caso, a memoria
di cane d'agenzia, di un totale abbandono del taccuino e
dell'''a margine' nei confronti di un ministro della
Repubblica...
Franchino era letteralmente basito, ma da grand'uomo par
suo fece finta di niente, lanciando occhiate di sbieco per
vedere se qualcuno, suvvia, lo fermava.
Provate voi a chiedere una sua posizione ''politica''
su questa o quella polemica tra poli o istituzioni: vi si
rivolge contro, lento, un volto leonino, in realta' nobile e alto di spirito, dal quale (dopo
qualche secondo di silenzio atto a farti valutare quanto
sei imbecille a rompere gli zebedei su sciocchezze tipo le
dimissioni di un qualche vertice Rai o l'avviso di
garanzia a qualche presidente del Consiglio che nel
frattempo stanno frantumando il paese mediatico) esce un
sibilo, o nel migliore dei casi una specie di eco ieratico:
''Non e' di questo che si parla oggi''. A mani
giunte, chiedi perdono al dio degli schiocchi.
Anch'io amo Delia - non me ne voglia l'ottimo
marito - per
la sua abnegazione e per la strenua difesa del suo
protetto: e' solo per Lei che i cani, a volte, non si
strappano con le zampe la museruola...
Sebastian Dangerfield
20
Febbraio 2001 - Telekom Serbia.
Finalmente un vero scoop |
Finalmente
si legge su un giornale italiano un vero Scoop. Giuseppe D'Avanzo,
che dopo il suo trionfale ritorno a Repubblica sembrava essere
finito nel dimenticatoio (per improvvisi e inattesi dissapori con Ezio
Mauro), eccolo di nuovo a firmare un grande reportage
d'inchiesta. Tema: lo scandalo della Telecom Italia e del suo
misterioso contratto con la Telekom serba.
Viaggio a Belgrado.... misteriose gole profonde...
informatori altolocati.... grande esclusiva!!!! Ma è davvero così?
Gran parte delle cose lette nelle paginate di sedicente Scoop, sono
disponibili da tempo nel più inaccessibile degli archivi mondiali: INTERNET.
Non ci credete? Ecco a voi una piccola raccolta di links:
1) www.peacelink.it/webgate/yugoslavia/msg00033.html
2) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon33.htm
3) www.amnistia.net/news/articles/balkdoss/telecom/telecom.htm
4) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon34.htm
5) http://www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon39.htm
Se aveste la pazienza di leggere tutti i dossjer sopra-indicati,
scoprireste persino notizie che D'Avanzo (o più in generale Repubblica)
non hanno avuto il coraggio - per il momento - di pubblicare. Una
per tutte: che il ministro delle privatizzazioni Milan Beko,
ad esempio, gran patron del famigerato contratto, e' diventato in
seguito (e lo è stato fino al settembre scorso) direttore generale
della Zastava, azienda a partecipazione italiana dell'IVECO,
cioè della Fiat. Ma guarda un po', della Fiat però non si
parla....
Ma perchè scrivo questo? Per sbugiardare un collega? Certamente
no, D'Avanzo e Repubblica hanno avuto il coraggio
di scrivere cose note ma che nessun grande giornale italiano aveva
avuto l'ardire di pubblicare. Gia' un' altra testata del gruppo, l'Espresso,
ha scritto di questa storia.
Andate a spulciare a questo indirizzo: http://www.espressonline.kataweb.it/ESW_articolo/0,2393,9050,00.html
E' un articolo dell'Espresso datato 16 febbraio e nel quale si parla
dello stesso scandalo Telecom. Insomma, l'Espresso ha
anticipato lo scoop di Repubblica. Forse le due maggiori testate del
gruppo hanno deciso di lavorare in sinergia.
Re Pubblico
20
Febbraio 2001 - Lo facciamo un controllino? |
Perché
devo ascoltare al TG3 delle 19 uno che mi racconta che
Rutelli è andato in Vaticano in occasione
dell'anniversario del concordato con la Chiesa
Cattolica. Ma oggi è il 16 febbraio. L'atto del 1929 fu
firmato l'11 febbraio. Quello del 1984 fu siglato il 18
febbraio. A quale anniversario si riferiva? O febbraio
è il mese del concordato? Lo sa questo collega che da
quest' anno lo Stato torna a ricordare l'evento il 18
febbraio?
E ancora. Perché devo sentire che sono stati condannati
gli assassini della bimba Silvia Ruotolo? Ma non era una
madre uccisa mentre teneva per mano la figlia? Ma
come si fa a spiegare agli italiani che il generale Cadorna, 1870, attaccò Porta Pia per ordine di
Camillo
Benso di Cavour? Il Cavour non era morto nel 1860? Non
è questione di giorni, ma di anni: dieci anni.
Può un giornalista essere alla stessa stregua degli
italiani che fanno la fila per andare ad uno dei tanti
quiz tv? Magari per rispondere che il Muro di Berlino è
caduto nel 1992. O che Keynes, secondo una studentessa
in Economia, era un aviatore inglese.
M
a questo è spettacolo. Il servizio pubblico, invece,
può disinformarmi?. Pago il canone Rai e da cittadino,
non da collega, mi attendo francamente di più. Io
lavoro in un giornale e sbaglio molto, ogni giorno. E
ogni volta mi rattristo e mi macero, non ci dormo la
notte. Ma non sono il servizio pubblico. Sono un
ciuco che disinforma qualche migliaio di lettori. Invece
un tg è seguito da milioni di persone.
E allora mi chiedo: ma alla Rai perché nessuno
controlla i servizi? Che cosa costa controllare una
norma, una data, un nome? Perché mi annunciano una
notizia e il servizio me ne dà un'altra? Vorrei
continuare, dire la mia sul vespismo, sul modo di fare
giornalismo in tv e sui giornali. Vespa è stato mio
insegnante alla scuola di giornalismo e devo dire che è
un fior di professionista. Ma mi sembra che predichi
bene e razzoli male. Mi fermo qui. Più penso a queste
vicende, più penso al mio lavoro quotidiano e più
nella mia testa si ingarbugliano i pensieri..
Silvio Buzzanca
20
Febbraio 2001 - Costanzo e' buono e gli
altri sono imbecilli |
Caro
Figaro,ho avuto la sventura di seguire un incontro tra il
Ministro per gli Affari Sociali, Livia Turco e le famiglie
di bambini e ragazzi disabili all'Istituto 'Leonarda
Vaccari' di Roma. Incontro coordinato dal collega (posso
chiamarlo cosi'?) Maurizio Costanzo, il cui impegno a
favore dei portatori di handicap e' arcinoto.
Merita
sicuramente un premio, Oscar di bonta', quel bonaccione di
Costanzo. Tutta per Lui la platea e la scena. Un
'Maurizio Costanzo show' in versione mattiniera, con una
spumeggiante Livia Turco ad elencare tutti i provevdimenti
assunti dal suo dicastero a favore dei disabili e con la
sua solerte addetta stampa ad 'aiutare' i giornalisti
nel lavoro di sintesi.
Mancava solo che i tre dessero
indicazioni di voto per le prossime elezioni politiche.
Perche' in verita' non c'era nessuna notizia degna di
questo nome, solo propaganda. E fin qui non mi sono
scandalizzato piu' di tanto. Cio' ho ho trovato
disgustoso e scandaloso e' l'attacco violentissimo di
Costanzo ad altri colleghi della carta stampata o
televisivi tacciati di essere "Imbecilli"
in quanto si sono permessi di criticare Sua Maesta'
di 'sfruttare' la sofferenza dei disabili portati sul
palco del 'Maurizio Costanzo Show'.
Che Costanzo sia
sempre alla ricerca di personaggi 'particolari' e' cosa
evidente a tutti: bisogna solo inchinarsi alla Sua
bravura, al suo giornalismo-spettacolo. Guai a sollevare
critiche. Si viene tacciati di essere
"Imbecilli".
Ma guarda un po' dove sono
finito, mi son detto, e cosa mi capita di sentire: le
paternali di Costanzo! Ormai Lui puo' tutto: persino
'curare' i depressi, impartire lezioni di 'bon-ton' a
tutti, stilare programmi elettorali, discettare di mafia e
delinquenza. Nel piu' assoluto silenzio stampa. A Lui e'
permesso tutto. Come appunto 'curare' i giovani depressi
che porta sul palco a raccontare le loro storie di tentati
suicidi, di sofferenza e dolore.
E' accaduto qualche
settimana fa: un ragazzo di 22 anni con la madre tra il
pubblico racconta la sua storia di depressione. La madre
una contadinona dalle spalle e braccia grosse fa sapere
che suo figlio ha tentato il suicidio, che passa le
giornate chiuso in casa. Il 'bonaccione' col baffo sprona
il ragazzo a seguire la madre nei campi, ad uscire di
casa, perche' gli dice "devi strutturarti
dentro". La 'cura' della depressione e' finita. E
tutti dobbiamo dirgli grazie per la sensibilita'
dimostrata, altrimenti saremmo imbecilli?
No,
il primo grande e grosso imbecille e' proprio Lui, il
meraviglioso Costanzo che dietro il faccione di
bonta' professata cela una violenza inaudita. Per ogni
disabile nel fisico e nella mente portato sul palco,
la Comunita' deve riverire Sua Maesta', Re Costanzo,
anch'egli Unto dal Signore. Noi continueremo a seguire per
sventura incontri di questo tipo dove gli imbecilli
credono di impartire lezioni: e noi che siano davvero
buoni glielo lasciamo credere, tanto loro sono Unti dal
Signore, hanno una missione da svolgere sulla terra che
noi atei non abbiamo.
Carlo Patrignani Agi Roma
15
Febbraio 2001 - Evviva Delia Ciciliani |
Caro Barbiere, pur essendo
una convinta sostenitrice del centro-sinistra, a volte mi capita di sperare
che Berlusconi&Co. vincano presto le elezioni. Il motivo? E'
quasi banale. Alcuni ministri di questo Governo sono delle vere prime
donne: bizzose, ammalate di protagonismo, egoiste, insomma
insopportabili!!!
Tra tutti, mi riferisco a Bassanini. Sono una collega che
lavora al servizio economico di una "gloriosa" agenzia di
stampa e tutti i giorni (dico tutti i giorni!!!!) vengo presa
d'assalto dai comunicati di Bassanini, che deve puntualizzare su
ogni cazzata sparata dall'ultimo dei sindacalisti o dal più infimo
dei personaggi politici. Per non parlare del venerdì
pomeriggio...al termine del Consiglio dei Ministri. Viaggiamo ad una
media di cinque comunicati!!!
Se ho la forza di passarli tutti, lo faccio solo per una
persona di rara simpatia e intelligenza: l'addetto stampa di
Bassanini, Delia Ciciliani. Nei miei dodici anni di esperienza
non ho mai conosciuto una portavoce come lei che riesce a coniugare
le esigenze dei giornalisti con quelle del suo Ministro. Se lei
decide di alzare la cornetta lo fa solo se c'e' una valida ragione.
Delia è gentile, simpatica e (non so come ci riesca con Bassanini)
sempre calmissima e sorridente.
Noi tutti proviamo per lei grande stima perchè: 1) è una brava
giornalista; 2) scrive dei comunicati comprensibili (e quando sono
stati scritti da tecnici ce li spiega; 3) con lei Bassanini diventa
docile come un agnellino. In conclusione: forza Delia
tieni duro. Siamo tutti con te
Adriana
13
Febbraio 2001 - Anch'io ho gridato:
"Maremma maiala!!!" |
Cara
Mata Hari,
hai ragione a deplorare lo stato miserando in cui versa
quello che, ahimè, era un tempo un prestigioso e battagliero
settimanale d'informazione. Ma, perché il tuo cruccio si trasformi
in un lieto e speranzoso sorriso, ti basterà distogliere lo
sguardo dalle nebbie di Segrate, e rinfrancarlo allo
smagliante sole romano di via Po. Qui infatti, immoto
e tetragono, si erge da oltre quarant'anni il vero, l'unico,
l'incrollabile bastione del giornalismo italiano. L'Espresso!
Solo lui ci rimane!
L'ultimo numero è l'ennesima
riprova di come il più antico newsmagazine del nostro Paese
non abbassi mai la fiaccola dell'informazione libera,
impegnata, scomoda. Non voglio certo rovinare a te e ai lettori il
piacere settimanale di sfogliare quelle pagine patinate e scoprirle
traboccanti di notizie esclusive, inchieste affilate,
reportage appassionanti, opinioni fuori dal coro. Ma basta
accennare a un paio di pezzi, pur nascosti nelle pagine interne, per
farsi venire l'acquolina in bocca.
Ad esempio, ecco a pagina 81 il
ritratto di un industriale che si batte per trasformare
Trieste in provincia autonoma. Come fornire al lettore di Roccasecca
o Canicattì gli strumenti per capire al meglio la realtà
sociopolitica giuliana? Ma certo: con un bel boxino sul primato
di Trieste nel consumo procapite di Viagra! Nel titolo
poi, "Quando San Giusto non basta", gli eredi di Pannunzio,
Benedetti ed Ernesto Rossi riversano tutto l'impegno laico e
anticlericale dei loro maggiori.
Del resto, la sapienza nel trovare
titoli sempre arguti e brillanti e mai banali è tuttora il
marchio di fabbrica dell'Espresso: "Fiorin Fiorello lo share
è bello", "E il procuratore disse: 'Tanto di Capello'",
"C'è un Torquemada dentro il Forno": come faranno a
pensarne tante, quei diavoli di via Po?
Ma il vero capolavoro, l'articolo
che da solo basterebbe a giustificare l'acquisto del giornale,
(sebbene un inopportuno senso di modestia abbia consigliato
di non "spararlo" in copertina) è quello a pagina 70-71.
Una puntuale, dettagliata inchiesta, di quelle che non guardano in
faccia a nessuno, su un film a luci rosse girato, appunto, nella
Maremma toscana. Ma come, proprio "nella blasonata zona di
Capalbio?" Ebbene sì. Proprio nel "rifugio esclusivo
dell'intellighenzia romana progressista?". Proprio lì.
Ecco che l'Espresso si rivela per
quello che, per fortuna, non smette di essere: un giornale di servizio.
Io stesso, che come tutti i lettori (e i giornalisti, ça va sans
dire) del settimanale, faccio parte dell'intellighenzia romana
progressista, e quindi possiedo un casale a Capalbio,
non sapevo niente degli exploit erotici dei miei probabili vicini di
ombrellone. L'Espresso me ne informa in dettaglio, e, non pago,
condisce il tutto con una sferzante intervista a
nientedimeno che Alessandra Acciai, "una delle protagoniste
della telenovela Incantesimo, assidua frequentatrice della
spiaggia maremmana". Incalzata dallo spietato intervistatore,
la ragazza ammette che "Quando ho cominciato ad andare a Capalbio,
11 anni fa, si sentiva parlare di festini un po' spinti...ma adesso
non più". Meno male, grazie al mio settimanale
preferito, non dovrò rinunciare a portare i bambini al mare.
Ma è nel titolo, come al
solito, il colpo di genio: "Maremma che maiala", parafrasi
ardita di una delle forme più schiette e veraci dell'eloquio
popolare, che trova le sue radici nella secolare tradizione
letteraria toscana. Chi non vi avverte l'eco di un Collodi,
di un Fucini...
La stessa eco si sente nell'attacco del pezzo, che per chi non
l'avesse capito, ribadisce. "Se avete voglia, stavolta
potete proprio dirlo forte, anzi gridarlo: Maremma maiala!"
Finalmente! Autorizzato e anzi spronato dalla più
autorevole rivista di opinione, confesso di essermi abbandonato
a un lungo, liberatorio, urlo a squarciagola.
L'impiegato del catasto
13
Febbraio 2001 - In questa radio per voi non c'e' futuro |
Radio Città Futura cerca
di cambiar pelle e provoca liti e sconcerto dentro e fuori
la redazione. A ottobre, la Cooperativa proprietaria della
storica emittente romana ha deciso di interrompere la
collaborazione con la milanese Radio Popolare, che le
forniva tre notiziari al giorno, rassegna stampa e vari
programmi dal '93, per sostituirla con quella di Area,
agenzia stampa vicina ai Ds guidata da Renato Sorace. Il
presidente della Cooperativa Nicola Roumeliotis:
"Vogliamo bene a Rcf e cerchiamo di farla camminare
sulle sue gambe, senza spese eccessive". Una radio
più bella e rilanciata, un informazione di qualità,
insomma.
L'operazione è però contestata dalla
maggioranza dei sostenitori e degli ascoltatori, che
temono una "mutazione genetica" di una radio che è sempre stata un punto di riferimento
della sinistra romana. Il presidente dell'Associazione
ascoltatori, Roberto Giovannini, redattore della
Stampa: "Certo, si arriva
nel Duemila e ci si accorge che l'emittente ha un valore
che va sfruttato, ma c'è il forte rischio di snaturare la
radio da quello che è stata e perdersi per strada gli
ascoltatori. Quelli di Area sono bravi, ma insomma, hanno
un'altra formazione":
I timori dell'Associazione non sono campati in aria: lo
dimostrano le violente mutazioni all'interno della
redazione. Direttore della testata è diventato infatti lo
stesso Renato Sorace. Il primo atto dopo l'insediamento,
il 19 gennaio, una letterina di tre righe per licenziare
Elisabetta Ramogida, collaboratrice da cinque anni e
contraria all'operazione Popolare/Area.
Due giorni dopo,
agli altri redattori non graditi viene comunicata la
"messa a disposizione": non servono più,
giacché a fornire i notiziari locali saranno d'ora in poi
i giornalisti di Area. Non solo: ai collaboratori , che
nel frattempo si sono rivolti all'Associazione della
stampa romana e all'Ordine, viene comunicato che della cosa non
è possibile discutere tutti insieme: nelle prossime
settimane verranno convocati uno per uno per ragionare
sulle loro sorti.
Per rilanciare la radio, l'Associazione degli Ascoltatori Rcf, insieme a
Manifesto,
Radio Popolare, Mir, Internazionale, Centro sociale
Brancaleone, aveva proposto tempo fa alla
Cooperativa di fondare una Srl. "Pensavamo che la
cosa fosse accolta con entusiasmo e gratitudine",
racconta Giovannini, "Invece è caduta nel
vuoto". L 'assemblea per discutere la proposta di
rilancio
non è ancora stata convocata.
Preoccupata per il "domani dell'emittente" (che
da due mesi è senza notiziari) l'Associazione
ascoltatori - che per ora ha deciso di interrompere
l'erogazione di fondi alla radio (400 milioni negli ultimi
5 anni, un terzo degli introiti complessivi) - ha
convocato un'assemblea pubblica per il 15 febbraio al
Centro Sociale Brancaleone, "per parlare di una
situazione che va alla deriva - spiega uno dei soci - e
per cercare di trovare una soluzione in questo strano
gioco a far fuori il più debole".
Costanza
13
Febbraio 2001 - La California? Meglio la Puglia |
Caro Barbiere, la Puglia è di nuovo la
California nonostante
Tatò e il suo libro tanto recensito ma poco letto. Tra un
po' avremo più quotidiani che lettori. Da un paio di
mesi, infatti, gli edicolanti sono in difficoltà: la
quasi contemporanea uscita di Repubblica e Corriere
del Mezzogiorno, con annesse signorine in pettorale
sponsorizzato, ha ridotto gli spazi già esigui di
numerose edicole. Da oggi, poi, anche il Roma si è
rinnovato presentandosi come "Puglia d'oggi",
ovvero "edizione regionale del quotidiano Roma".
Alla faccia di Bossi, poi, a Napoli si stampano sia il
Corriere del Mezzogiorno che il Roma-Puglia d'oggi e
napoletani sono i direttori (Marco De Marco e Gennaro
Sangiuliano). Anche il capo di Repubblica non è barese ma
(forse) calabrese e risponde al nome di Ettore Boffano. A
due mesi e più dall'uscita pugliese delle due corazzate
è possibile tracciare un primo, sia pur sommario,
bilancio.
Repubblica di Bari è molto barese e poco
regionale. Cerca di fare opposizione al governatore
regionale Fitto ma soprattutto al podestà cittadino
Simeone di Cagno Abbrescia. In una città (e una regione)
in cui il Polo viaggia sul 60 per cento ed è in crescita
costante, Repubblica cerca di smuovere le acque,
utilizzando il popolo delle e-mail e schierandosi
apertamente con tutto ciò che è di sinistra.
Peccato che
ignori la Provincia, unico Ente cittadino in cui il centro
sinistra e' in maggioranza. Le firme di spicco? Quella di
Mimmo Castellaneta, ex capocronista della Gazzetta del
Mezzogiorno, e quella di Gianni Messa, capo dello sport.
Altra storia, invece, per il Corriere
del Mezzogiorno, che punta anch'esso sulla politica ma lo fa
con classe, eleganza ed intelligenza. D'altro canto quando
hai un tale Peppino Caldarola tra i tuoi collaboratori,
puoi permetterti di tutto. Non a caso sia il direttore De
Marco che il caporedattore Maddalena Tulanti sono
cresciuti (e pasciuti) all'Unità. Eppure non si può dire
che il Corriere sia di sinistra. E neanche di destra. Di
centro, allora? Neanche per idea! Il Corriere e del
Corriere, punto e basta.
La Gazzetta del Mezzogiorno in tutto ciò non ha
perso una copia che sia una; ha chiamato Onofrio Pagone a
sostituire Castellaneta e ha messo tutti i suoi cronisti
in campo. Con risultati invisibili, nel senso che il
giornale è sempre quello da 100 e passa anni, con un
occhio di riguardo per il potere (politico, economico,
sindacale, ecc), qualunque esso sia e chiunque lo
rappresenti!
Emblematico,
infine, è il trattamento che i tre quotidiani hanno
riservato alla vicenda di Punta Perotti. La Gazzetta
sta
lavorando perché i costruttori possano completarla,
nonostante la sentenza della Cassazione. Il Corriere prova
a mettere tutti d'accordo mentre Repubblica ha già pronta
la dinamite necessaria per abbatterlo. Un pluralismo così,
la California se lo può solo sognare!
Giesse
12
Febbraio 2001 - Italiani brava gente.
Mica come gli albanesi |
Caro
Barbiere, sono convinto che in Italia stia
crescendo il germoglio del razzismo e sono
altrettanto convinto che noi giornalisti contribuiamo ad
alimentarlo. Poiche' combatterlo credo sia un nostro
dovere civico, ti sottopongo una notizia e una
riflessione. Intanto leggi (per sintesi) questa
notizia apparsa sul sito della Repubblica del 9 febbraio
2001. La stessa notizia peraltro è presente su molti
altri portali, sulle agenzie di stampa e domani, immagino,
sui giornali. Ecco l'estratto del pezzo (verifica: http://www.repubblica.it/online/cronaca/autonapoli/confessa
/confessa.html)
ROMA - Negare, scappare, inventare qualche storia? E'
stata una notte piena di domande tormentate quella
dell'automobilista che stanotte ha investito due
extracomunitari, uccidendone uno, e poi è scappato via,
lasciando sulla strada, a pochi passi dal Colosseo, le sue
vittime.
Una notte che all'uomo, cognato del proprietario della Volvo
Station Wagon grigia che ha investito e ucciso i due
immigrati, ha portato un pessimo consiglio: stamane
alle otto, infatti, ha denunciato alla polizia il furto
della vettura. Per questo l'uomo, un produttore
discografico di 35 anni, compositore e musicista, Sandro
Mattoccia, è stato denunciato non solo per omicidio
colposo e omissione di soccorso ma anche per simulazione
di reato. (...) "E' un uomo normale, senza
precedenti, lavoratore. Non era ubriaco, né aveva assunto
sostanze stupefacenti. Gli è capitata una cosa più
grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento",
osservano gli inquirenti. (9 febbraio 2001)
La storia è identica per dinamica e comportamento del
pirata a quella che vide protagonista qualche mese fa il
celebre albanese Panajot Bita. Lo ricordiamo tutti:
investì un povero bambino (certamente incolpevole), fuggì,
fu catturato, processato, condannato, poi lapidato a fine
pena, esposto al pubblico ludibrio... il parlamento si è
riunito, la procura si è autoconvocata di sabato sera e
infine il pericolo pubblico è stato espulso dall'Italia
con tanto di scorta di polizia.
L'Italia, indignata insieme alla stampa, tirò un sospiro
di sollievo. Ora accade il contrario: un italiano investe due
extracomunitari uccidendone uno e poi bellamente
fugge. Lui nelle cronache piange, si dispera, passa una
notte insonne e quando infine viene scoperto, si becca una
bella denuncia (a piede libero). Mentre gli inquirenti
rassicurano: ''...gli è capitata una cosa più grande di
lui. Ha sbagliato per lo spavento''. Panajot Bita
invece no, lui scappò perchè era un albanese criminale e
tutto il resto. Naturalmente la storia del pirata
assassino-italiano non scuoterà l'opinione pubblica
italiana, non scatenerà gli inviati, non finirà
in prima pagina e presumo non provocherà nessuna
interpellanza parlamentare. Vogliamo vergognarci almeno un
po'? Un saluto multirazziale dal tuo
Re Pubblico
12
Febbraio 2001 - Giornalista, mamma e casalinga |
Sono
una giornalista, madre di due ragazzine adolescenti (quasi
15 e quasi 13 anni). Probabilmente non ve ne siete
accorti, ma quale sera fa, in prima serata, Rai Due ha mandato
in onda, nell'ora di massimo ascolto, un funzionario Rai.
La trasmissione mi pare fosse 'Il raggio verde'
o qualcosa così (stavo dissurgelando le fiorentine
e non prestavo molta attenzione). A un certo punto mia
figlia, la maggiore, ha urlato: 'Ma mamma, guarda!
Molle...guarda il colore!' . Le ha fatto eco la piccola:
'E' terribile...'.
Sul momento ho pensato fossero rimaste anche loro colpite
dal morbo della mucca pazza e che si riferissero a quanto
stavo -distrattamente- bruciacchiando. Poi l'occhio
è caduto sul funzionario Rai intervistato da Santoro. E
ho capito.
E' ora di dire basta. Lo affermo come madre e come
casalinga. Non si possono mandare in onda in prima
serata immagini che turbano adolescenti che muovono,
timidamente, i primi passi nel difficile pianeta della
sessualità. Abituate a Taricone, le mie
ragazze si sono fatte un'idea del maschio ben lontana
dagli stereotipi propinati dalla Rai.
Tollerano Baudo per motivi storici (sono di
sinistra e quindi le ho educate nel rispetto della carta
costituzionale), ma non accettano la cruda realtà. Il
mollaccioso funzionario Rai ha provocato in loro (che,
quando va in onda Porta a Porta, sono già a dormire) un
disgusto senza precedenti. 'Mamma- ha affermato con
sgomento la piccina- ma è come una m....'.' Sto
mangiando, per piacere...' ha urlato la più grande.
Rendetevi conto. La sera
a cena le famiglie, anche quelle dei giornalisti,
si riuniscono. Il cibo è quello che è, tanto la
conversazione è peggiore. Ragazze cresciute a
sbudellamenti, politici e redazionali, sono abituate a
tutto. Per loro la merda è, metaforicamente e spesso
concretamente, pane quotidiano. E' giusto costringerle a
fare i conti, minorenni, con una grande abbuffata?
Francesca Longo
8
Febbraio 2001 - Il comunicato stampa.
Che schifezza!!! |
Non è che ci si nasce
ufficio stampa. No, altrimenti si tratterebbe di una modificazione
genetica perseguibile dalla Corte dei diritti dell'uomo. Ci si
diventa! Cosi! Semplicemente ci si diventa. Magari perché una è
laureata in Scienze politiche indirizzo internazionale ed è figlia
di impiegato e quindi a fare l'ambasciatore non ci pensa neanche.
Oppure perché qualcosa bisogna pur fare. Allora si diventa ufficio
stampa.
Che si chiama ufficio ma è composto da una sola persona. Nella
fattispecie da me.. con tanto di biglietto da visita, due cellulari,
4 e -mail, e nessun titolo tipo dott.ssa perché non si usa.
E di chi fai l'ufficio stampa? Del primo che ti capita, ovviamente,
se sei senza lavoro da tempo senza ritegno. Partiti politici, di
destra, di sinistra, di centro, chiunque ti paghi insomma per
apparire sul giornale, purchè il suo nome appaia sul giornale e non
nel colonnino delle brevi ma al centro pagina.
Poi, se hai fortuna, se non ti suicidi prima, continui e
magari vieni assunta per fare l'ufficio stampa. E inizia la vita.
Intanto il comunicato. Tu, che hai lavorato in un giornale, sai
benissimo che cosa si prova a ricevere il comunicato stampa. Un moto
interiore di repulsione che finisce per farti cestinare quel
foglio. Eppure lo fai perché ti pagano.
E subito dopo la telefonata. Con la ricerca dell'amico in redazione
che di solito quando lo cerchi ha la corta e quindi il
telefonino staccato. Allora devi parlare con qualcun altro.
Chiami, e mentre accendi la 200 esima sigaretta, ti presenti e dici
che hai appena mandato un fax.
Di solito di risponde uno: incazzato, stanco, assonnato, che
ha appena finito di litigare con qualcuno. E lo capisci dal
"Chi è" con cui risponde. E tu sei lì, inerme, a
cercare di descrivere il contenuto del comunicato stampa che non
contiene nessuna notizia, ma che ti devono pubblicare perché
altrimenti, l'indomani:
”Che fa? Non è uscito il comunicato? E come mai non ci siamo noi
ma c'è quest'altra associazione? Che fa dottoressa, non
riusciamo a fare pubblicare una notizia?”.
E tu vorresti spiegarglielo che hai fatto di tutto, che il
comunicato non conteneva nessuna notizia, che se lo mettono è
solo perché sei andata a cena con quello che al desk, riesce a
fartelo passare, che è solo merito tuo.
Ma non dici niente e allora inventi azioni di sabotaggio,
interventi politici di cui sei venuta a conoscenza per bloccare il
comunicato, cordate giornalistiche contro quell'associazione
e cazzate simili. Il tutto per aspettare l'amico che torna al
lavoro e pregarlo di metterlo quel comunicato.
Così è la vita dell'ufficio stampa. Che compra i giornali,
che deve sapere tutto, che sa anche quello che non sa, che non può
mai essere colto in fallo, che deve far capire ciò che si può
passare e ciò che non si può fare passare. Frantumati i sogni
dell'università da dieci anni faccio questa vita. Pensate quando
ricevete una telefonata dal povero ufficio stampa. Dall'altra parte
c'è un aspirante suicida.
Roberto
8
Febbraio 2001 - Io quelli del Manifesto non li capisco |
A
volte, quelli del manifesto uno non li capisce. Martedì 6
febbraio “festeggiano” con uno spettacolo di Dario Fo
e Franca Rame, al teatro Smeraldo di Milano (“Una bomba
di solidarietà”) la bomba, appunto, che un neofascista
gli ha piazzato nella sede (romana e principale) del
quotidiano medesimo. E va bene.
Poi scrivono sullo stesso
quotidiano che l’idea dei coupon (tu acquisti il
pacchetto di coupon dalle casse del manifesto, che così
respirano un po’, essendo dissanguate, poi vai
dall’edicolante, presenti il coupon e quello ti da' il
giornale, che tu a questo punto non paghi più, avendolo
già fatto prima) è stata geniale e ha ottenuto un
riscontro eccezionale, molto superiore alle usuali formule
di abbonamento, purtuttavia – recita un avviso in prima
pagina – i coupon non sono disponibili, arriveranno,
pazientate.
E va bene. Poi, però, ricorre il decimo
anniversario della nascita del Prc (Partito della
Rifondazione comunista) e al manifesto, quotidiano
comunista da quando era in fasce, ma comunista
“eterodosso”, “libertario”, “antisovietico”,
“ingraiano”, eccetera, decidono di ricordarlo con una
bella intervista - pubblicata sul numero uscito sabato 3
febbraio – a Fausto Bertinotti.
Segretario del Prc, come
no, e probabile artefice della prossima, rovinosa, debacle
(almeno al Senato) della sinistra – comunista o meno che
sia – alle prossime elezioni politiche.
Peccato solo
che, nel 1991, Bertinotti non solo non c’era, a far da
levatrice alla formazione neocomunista, ma militava
– “dissenziente”, ovvio, radicale,
radicalissimo – dentro il Pds, quello di Occhetto e
Petruccioli, di Adornato e della sinistra dei club, per
capirci. Nel 1991 c’era, invece, eccome se c’era,
Armando Cossutta, che dal 1998 ha rotto con Bertinotti
(dopo averlo elevato al rango di segretario, qualche anno
prima) per dar vita al partito dei Comunisti italiani.
Solo che al manifesto Cossutta proprio non lo possono soffrire, lo detestano da sempre, imputandogli quantomeno
la ragione della loro “epurazione” dal Pci, anno 1969.
Il fatto è che Cossutta, con quella radiazione, ha poco a
che fare (a fare il processo ci pensò Natta). Con la
nascita, lo sviluppo, il radicamento e la storia di
Rifondazione comunista, al contrario, l’Armando ha a che
fare eccome, “a prescindere” – direbbe Totò – se
trattasi di meriti o di demeriti.
Bertinotti, decisamente
molto meno, almeno fino al 1995 e seguenti. Tutt’al più,
da allora in poi. E sempre a prescindere da meriti e
demeriti (rottura con Prodi, caduta del suo governo e
conseguente “spostamento a destra”, amerebbero dire al
manifesto, dell’asse politico). Ma la goccia che fa
traboccare il vaso – sempre in quanto trattasi di
quotidiano “comunista”, per carità – visto che se
si trattasse di quotidiano “antagonista”, “della
sinistra radicale”, “anticapitalista”,
“antiglobalizzante” il problema non si porrebbe – è
questa: domenica scorsa 4 febbraio è morto Elio Quercioli,
storico dirigente del Pci prima, del Pds-Ds poi, nonché
giornalista (comunista) di primissimo piano, direttore di
molti giornali (comunisti) e persino dell’Unità
(quand’era un quotidiano comunista). Peccato che, sul
manifesto (quotidiano comunista, appunto) la notizia non
c’era.
Tersìte
5
Febbraio 2001 - Da grande mi cerchero' un lavoro onesto |
La
mia storia è molto semplice, se ne potrebbe fare un film. Ogni
riferimento al virtuale è puramente casuale.
Scena prima: Pleistocene, redazione di un quotidiano
politico nazionale, dove gruppi di giornalisti conducono una
vita molto contrastata. Io arrivo nel pieno di una zuffa sul tema 'perchè
cazzo devo andare quando c'è già l'Ansa' e mi candido per un
'dietro le quinte' (in seguito mi offrirò per fare tre pagine al
giorno da casa mia, comprese le indicazioni ai grafici, e salva
restando la non assunzione, il non rimborso spese, ovviamente i non
contributi e un 'tanto a pezzo'- non quantificabile, dal momento che
in certe giornate, soprattutto festive, i pezzi sono anche dodici e
gli pseudonimi almeno sei).
Con un grido di trionfo il direttore mi lancia in aria (sono
magrolina) e mi trasformo in un'astronave. Il Discovery,
appunto, free lance a tutti gli effetti (al free lance
'professionista' giungerò grazie al contributo della temibile FNSI
della mia regione, che mi ha concesso di pagarmi da sola un
avvocato e di ricorrere a Stampa romana).
Tutti mi guardano con interesse (gira voce che io sia in grado di
usare il congiuntivo, di rispettare le misure e i tempi di
consegna dei pezzi, di raccogliere addirittura informazioni di prima
mano o, in caso di riciclaggio, di ampliarle con particolari di
colore, di esimermi da commenti personali e al limite, con
vento a favore, di supportare il pezzo con titoli,
occhielli e fotografie).
Non è ovviamente la prima volta che un giornale s'imbatte
nella prova dell'esistenza di un extraterrestre, comunque la
nuova congiunzione solare, con un sibilo violento, mi rilancia
nello spazio. Collaboro con una ventina di testate, tra quotidiani,
settimanali, mensili, agenzie e televisioni. Pagamento a 365/730
giorni (record 912 giorni per Lit. 2.000.000 lordi battuto da Dalai,
tanto per consolare i colleghi della nuova Unità), spese e
contributi a mio carico.
Scena
seconda: dopo un catastrofico esame professionale, cui
accedo grazie al riconoscimento d'ufficio del praticantato (mille
articoli in due anni e mezzo per una sola testata, più le
varie collaborazioni) e che supero solo in virtù degli scritti (ho
iniziato tardi e dopo i 40 anni si sa dove reperire le fonti, ma si
fatica a mandare a memoria anche la nozione più semplice), ottengo
i benefici della disoccupazione, gestiti da HAL 9000.
E' un calcolatore perfetto che mi guida nei meandri di Ordine,
Inpgi, Fnsi e Casagit, che m'infila nelle liste dei giornalisti
professionisti disoccupati , parla, pensa ed è informato. Io
posso quindi permettermi di fare la free lance a tempo pieno. Mi
iberno. Non so che HAL non si fida dei giornalisti, che ha dei dubbi
sul viaggio intrapreso.
La mia collega free lance 'Poole' (nome fittizio, scelto ovviamente
a caso), su errore di HAL, viene incredibilmente assunta
da una testata locale, e si allontana per sempre nello spazio
siderale.
E' l'ultima. Le funzioni di noi ibernate vengono interrotte. Mi
salvo a stento -sono divorziata con due figlie a carico e, ancora
per una decina d'anni, l'ex marito è costretto a versare gli
alimenti- e procedo alla disattivazione di HAL, rimandando i vari
pagamenti delle quote annuali, trimestruali, quadrimestruali
ecc. e l'invio delle centinaia di moduli e dichiarazioni che
settimanalmente il computer mi sottopone. Lui reagisce alla 'morte'
in modo 'umano' e straziante, con suppliche e lamenti, apre
persino un sito Internet, 'Il barbiere della sera'. Io procedo
da sola.
Scena terza: tutto ciò che resta è il mio occhio, lo lascio
fluire nello spazio e nel tempo, tra immagini e visioni. Elimino
volontariamente tutte le testate che pagano in ritardo, non
pagano, pagano redazionali o 'diritti d'autore' (che peraltro, sebbene
iscritta, non sono tutelati nemmeno dalla Siae).
E finalmente mi riposo. Sono in un palazzo antico, San Macuto,
consulente di una Commissione, una delle poche che a
ore chiuderà definitivamente i battenti, anche grazie al mio
contributo. Sto passando dalla maturità, alla vecchiaia,
all'agonia. Davanti a me s'erge questo feto astrale, il
lavoro di free lance, una bolla di sapone in cui si scorgono i
lineamenti incerti di un neonato che guarda a voi
giornalisti sfocato e quasi pauroso.
Da
grande ho deciso che mi cercherò un lavoro onesto. Magari, come gli
extracomunitari, uno di quei lavori che gli italiani non vogliono
più fare.
Francesca Longo
Breve
cronistoria dell' importanza della Mucca pazza per l' Ansa
negli ultimi 10 anni.
Nel '93 una notizia: Gb:
morbo mucca pazza fra antilopi zoo Londra.
Nel '94 una notizia: Gb:
allarme per morte donatori sangue causa morbo
Nel 95, a cominciare da
ottobre, 4 notizie del tipo: Natale: arrosto canguro per
paura morbo mucca pazza.
Nel '96 cinquecento notizie, forse si comincia a capire di cosa si sta
parlando.
Nell' agosto '95 un
cronista dell' Ansa siciliana viene inviato ad Erice dove
Luc Montagnier (quello dell' Hiv) invita autorita'
e comunita' scientifica a non distrarsi ricercando
la cura per Aids ed altri gravi morbi, tra cui mucca
pazza, pericolosi per l' uomo. "Se si diffondesse il
morbo della pazzia delle vacche - diceva lo scienziato -
le conseguenze sarebbero gravissime anche perchè la
malattia è poco studiata e non si conoscono gli
antidoti".
Il giornalista scrive un
pezzo sull' allarme di Montagnier ma l' Ansa decide che l'
allarme di Montagnier non vada diffuso.
La notizia non viene rilanciata neanche in Sicilia.
B.S.
5
Febbraio 2001 - "Non fatemi pensare
a quel bavoso di Prodi" |
Adg - Agenda del Giornalista,
buonasera
??? – (silenzio)
Adg – Pronto?
??? – (silenzio)
Adg – Pronto?
??? – Sono una signora
Adg – Buonasera! In cosa posso esserle utile?
Signora – Io ho telefonato per parlare di quel ministro
Adg – Scusi!?
Signora – Sì, sì quel ministro comunista
Adg – ….
Signora – Sì, Sì da Vespa. Beh guardi, dovrebbe proprio
dimettersi. Ma come si fa? Dire a quella poverina che non dovrebbe
andare in giro con quel nome. Ma perché cosa hanno fatto questi
comunisti che hanno ammazzato milioni e milioni di persone mentre
Mussolini, poverino, è… è stato solo ingannato.
Adg – Signora questo numero….
Signora – Ah sì, il vostro numero l’ho letto sul Giornale. Ma
insomma è una vergogna questi comunisti…. sapesse quanta gente
che vedo al mercato che raccoglie la frutta da per terra. Ecco cosa
dovevano fare, dovevano aumentare la pensioni di quelli che
c’hanno seicentomila lire al mese e che non riescono a campare. E
invece, niente. Ah ..ma andare al governo è stata la loro
rovina. Che ci sono andati a fare? Perché cosa hanno
fatto?….niente!
Adg – Beh forse l’Eu…
Signora – Non mi faccia pensare a quel bavoso di Prodi,…
eppoi quel Visco, mamma mia Visco proprio non lo…..lo sa a cosa mi
fa pensare Visco?
Adg – mh…no.
Signora – C’ha presente quelli dell’antica Roma i… i… i
carnefici. Ecco proprio un carnefice.
Adg – Signora guardi che la redazione dell’Agenda del
Giornalista è….
Signora – Sì, lo so, il numero l’ho trovato sul Giornale…
Ah ma quanto mi piace il Giornale
cioè… Libero. Lo leggo tutti i giorni. Sono addirittura
abbonata. Prima al Giornale e adesso a Libero. Mi piacciono anche
altri giornali eh…. il nuovo Giornale, Il Tempo di Roma….gli
altri no, sono pieni di bugie, di menzogne.
Adg – Ma il Corr….
Signora – Anche la sera sa, quando guardo la rassegna stampa,
se leggono Libero, Il Tempo… così ..li guardo, se no
spengo il televisore e poi riaccendo.
Adg – Forse sarebbe bene confront…
Signora – Vabbé adesso mi sono sfogata. Grazie e Buonasera.
Click
Adg- Buonasera. Buonasera Signora!
Madmax
2
Febbraio 2001 - La legge e' uguale per tutti |
Storie di
immigrazione clandestina. Mohammed ha 34 anni, Alvaro
ne ha 24. Uno è marocchino di Casablanca, l'altro viene dall'Uruguay
(è nato a Montevideo). Li accomuna - si fa per dire - una
disavventura giudiziaria.
Sono due "irregolari". I passaporti con cui sono
arrivati in Italia, entrambi intestati alla Questura di Roma, sono
risultati falsi. Ottenuti chissà e come e chissà da chi, senza
averne diritto. A questo punto la legge italiana parla chiaro. Il
documento contraffatto deve essere immediatamente ritirato.
Per i due stranieri scatta la denuncia per falso ideologico e
materiale (si rischia anche la galera) e la revoca immediata del
permesso di soggiorno. Mohammed e Alvaro devono lasciare
l'Italia. Gli verrà consegnato un'intimazione ad uscire dai confini
nazionali entro quindici giorni. Ma non solo. Se non sarà
verificata la loro identità finiranno in un Centro di
permanenza temporanea in attesa che siano espletate tutte le
pratiche necessarie a chiarire con esattezza chi sono e da dove
vengono.
E - tra l'altro - per una mostruosità della norma italiana in
materia di rimpatri coattivi, se la loro identità verrà
effettivamente accertata saranno espulsi, in caso contrario
torneranno liberi (e clandestini). Insomma, per farla breve, Mohammed
e Alvaro si sono cacciati in un bel guaio.
Ma con una piccola differenza. Mohammed fa il lavavetri
ai semafori e vive (o forse sarebbe meglio dire sopravvive) nel
casotto abbandonato di un vecchio cantiere edile, mentre Alvaro
fa il calciatore e abita in un super-attico di Milano con la
famiglia, il procuratore, gli amici, due domestiche ed un
cane.
Mohammed, tra insulti velenosi degli automobilisti e mattinate
trascorse nelle celle di sicurezza della Questura, fatica a sbarcare
il lunario. Alvaro guadagna 15 miliardi l'anno, la
massima costrizione a cui è sottoposto è trascorrere la mattinata
sul lettino del massaggiatore, e se l'allenatore si permette,
non di insultarlo, ma anche solo di criticarlo, lui lo denuncia
all'Associazione Calciatori e poi va in televisione e gli pianta
un gran casino da Biscardi.
Ma in fondo Mohammed e Alvaro sono uguali. Due immigrati
clandestini. Dovrebbero godere dello stesso trattamento. Anche perché
in Italia sono arrivati con lo stesso desiderio. Una vita
migliore. Che per Mohammed vuol dire una casa decente e un paio
di pasti caldi al giorno mentre per Alvaro significa il Pallone
d'Oro e la Champions’ League.
Adesso Mohammed è in una grande camerata del Centro di
permanenza di Roma. Deve stare attento perché ieri notte un
tunisino ha cercato di accoltellarlo per fregargli le scarpe.
Aspetta che la sua ambasciata lo riconosca o (molto più
probabilmente) se ne lavi le mani. E spera che nel frattempo qualche
altro marocchino non gli abbia fregato il posto al semaforo.
Alvaro, invece, è nel suo super-attico a San Siro. Attaccato al telefonino
e al sito in Internet con cui ogni giorno "dialoga"
con i suoi fans. Il procuratore (inteso come manager e non
come magistrato) gli ha detto che la pratica verrà sbrigata
in pochi giorni. Dovrà sopportare il tormento di un viaggio
in business class dall'Italia all'Uruguay per rifare tutti i
documenti. E purtroppo dovrà rinunciare anche a quella lontana zia
friulana che gli garantiva la qualifica di giocatore comunitario.
Ma il Pallone d'Oro, l'anno prossimo, non glielo leva nessuno.
Giorgio Lambri - bogey1960@hotmail.com