Breve storia della città di Montella

dalle origini al 1900


Non è semplice ricostruire tutta la storia di Montella, in quanto essa è ricca di innumerevoli episodi ed avvenimenti, per cui, in questa sede, ci limiteremo ad esporre solo le tappe principali ed i fatti più salienti.

Non si conosce con certezza l’anno di fondazione della nostra cittadina1, ma, da alcuni reperti archeologici (punte silicee di frecce) rinvenute in località Fossa della Pila possiamo asserire che la zona fu abitata già dall’uomo del neolitico (circa il 2000 a.C.)2.

Nel periodo dell’età del bronzo (1000-500 a.C.) la nostra vallata fu abitata da uomini provenienti dal sud e che avevano raggiunto la penisola italica via mare3, forse i Greci, come, del resto, potrebbe farci presumere la presenza di un ponte, posto sulla strada che porta ad Acerno, detto Ponte re li Rieci (ponte dei Greci), e, del resto, ciò sarebbe più che plausibile visti i numerosi insediamenti greci presenti a quell’epoca nel sud della penisola italica (fig.1).

Intorno al 500 a.C., nella nostra vallata, molto fertile ed attraversata dalle limpide acque del fiume Calore, si insediarono gli Irpini alla ricerca di nuove terre e, come si può dedurre da una moneta di bronzo, ritrovata nel territorio di Montella e risalente almeno al 300 a.C., le tribù che scelsero come loro insediamento la nostra vallata furono quattro: gli Alfellàni, gli Atràni o Satrani, i Larinàtes o Lavrinàtes e i Deculàni.4

Ben presto, queste tribù della valle, sentirono il bisogno di spostassi in un luogo più facilmente difendibile, per cui si spostarono sul colle che ora porta il nome di Montella piccola o Castagni dei Preti.

Ma la libertà e l'indipendenza degli Irpini era minacciata dalla brama di conquiste dei romani, che agognavano impossesarsi delle fertili terre da essi occupate, così come del territorio dei Sanniti e delle fertili pianure campane, per cui si allearono ai Sanniti e con essi sostennero le tre Guerre Sannitiche (343/342, 326/304, 298/290 a.C.). (fig.2)

Dopo alterne vicende (si ricordi l’episodio delle Forche Caudine 321 a.C.) i romani ebbero definitivamente la meglio e le popolazioni irpine, ivi compresi gli abitanti dell’antica Montella, furono assoggettate al dominio romano.

I fieri Irpini, però, non si rassegnarono alla sconfitta e, anche se furono costretti a sciogliere l’alleanza con i Sanniti e a stipulare un patto di alleanza con i Romani, al pari degli altri confederati italici, mantennero sempre viva la speranza di scrollarsi di dosso il predominio romano.

Infatti, non appena se ne presentò l’occasione, gli Irpini impugnarono le armi contro Roma, e ciò si verificò dopo appena dieci anni (280 a.C.) allorché Pirro, re dell’Epiro, si alleò alla città di Taranto contro i romani.

Dopo alcune vane vittorie riportate da Pirro ed i suoi alleati, ad Eraclea (280) e ad Ascoli Satriano (279), Pirro fu indotto a recarsi in Sicilia e così i romani poterono riassoggettare le popolazioni ribelli, fra cui gli Irpini, per cui Pirro, nell’inverno del 276-275 si vide costretto a tornare in Italia e, penetrato nel Sannio, assalì l’esercito romano a Malevento (detta poi Benevento) ove subì una vera e propria disfatta che lo costrinse a ritornare in Epiro.

Una seconda occasione di rivincita si presentò agli irpini allorché il condottiero cartaginese Annibale intraprese la lotta contro Roma.

Certamente nella battaglia di Canne (216 a.C.) alcune tribù irpine tentarono un colpo di testa contro Roma e parteggiarono per Annibale, ma, con la sconfitta del loro alleato, ben presto furono di nuovo ridotte all’ubbidienza.

Il territorio di Montella, comunque, alla fine delle Guerre Sannitiche (290 a.C.), era divenuto demanio dello stato e quindi era stato spezzettato e distribuito alle colonie vincitrici mentre, al pari di molte altre comunità Sannitiche-Irpine, la cittadina era stata pressoché distrutta assieme alle sue fortificazioni, né aveva avuto, nel frattempo, occasione di riprendersi, per cui, la relativa pace seguita agli eventi sopra descritti, servì ai montellesi per riedificare quanto era stato distrutto.

Ma, nel 90 a.C., le ostilità con i romani si riaccesero; infatti le varie popolazioni italiche, fra cui gli Irpini, erano state deluse nelle loro legittime aspettative dal Senato Romano, per cui, dopo aver formato una repubblica, sul tipo di quella romana, ed eletta a loro capitale, col nome di Itàlica, la città di Corfinio, presero le armi contro Roma dando così inizio alla Guerra Sociale che venne combattuta nell’Italia centrale, per tre anni, fino a quando, cioè, il Senato concesse il diritto di cittadinanza romana a tutti gli Italici.

Tuttavia i risultati di questa sanguinosa guerra determinarono nuove cause di turbamento: prima fra esse la rivalità fra Mario e Silla.

Nella lotta fra i due Montella parteggiò per il primo, cosicché, in seguito alla vittoria di Silla, le fortificazioni di Montella, così come tutti i villaggi che lo avevano osteggiato, furono abbattute e date alle fiamme.

Una parte della popolazione fuggì verso Mangognàno, dove più tardi sorse la Chiesa di San Lorenzo, mentre i Deculani ottennero di rimanere nella loro sede primitiva, poiché si erano sottomessi, e assunsero il nome di Fundani (indigeni, abitanti del luogo) e, il luogo da loro abitato fu detto Fondana (l’odierno rione Fontana).

Molte furono le terre espropriate e distribuite ai legionari o poste sotto il diretto controllo del Senato Romano, e, parte di queste ultime, furono distribuite da Cesare Augusto ai suoi veterani dopo la battaglia di Anzio (31 a.C.), battaglia che segnò la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero.

Con le riforme amministrative promosse dall’Imperatore Augusto (31 a.C. - 14 d.C.) Montella fu costituita Municipio Romano e abbracciava un territorio dell’estensione di 160.000 iugeri (circa 40.000 ettari) che comprendeva terre ora situate, principalmente, nei comuni di Montella, Bagnoli, Cassano e Nusco.

Questa forma di amministrazione rimase in vigore fin verso la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476).

Con la caduta dell’Impero Romano, anche in Irpinia, cominciò il dominio dei barbari e nel V secolo era sotto il controllo dei Goti, che lo esercitarono fino al 555 quando furono sostituiti dai Bizantini che lo tennero fino al 571.

I terreni, specie quelli più fertili e produttivi, vennero divisi in contadi e affidati all’amministrazione di un duca che gestiva il potere solo a suo esclusivo vantaggio.

Infatti, anche se testimonianze storiche indicano Montella quale sede di un palazzo amministrativo gotico, di certo quello non fu un buon periodo per il nostro paese, che, retto da cattivi amministratori, sottoposto ad ingiustizie e prevaricazioni, e, sobbarcato da ingenti tasse, fu ridotto ad uno dei paesi più miseri dell’Irpinia.

Né valse l’ottimo governo dei Bizantini, retto dal Codice Giustiniano, a risolvere i mali procurati dai Goti, poiché esso durò soltanto 15 anni (555-571).

Nel 571 Montella cadde sotto il dominio dei Longobardi che vi rimasero per oltre 500 anni e cioè fino all’arrivo dei Normanni (1076).

L’Italia fu divisa in due zone distinte: la Longobardia, sotto il dominio longobardo e la Romània, sotto l’influenza bizantina (fig. 3).

La Longobardia, a sua volta, fu divisa nei ducati di Spoleto e di Benevento, ducato questo da cui, ovviamente, dipese la nostra cittadina.

Allo stesso tempo Montella fu eletta capoluogo di un gastaldato5

Nell’anno 849 il ducato di Benevento fu diviso nei principati di Benevento e di Salerno e, Montella, nonostante la sua posizione geografica (alta valla del Calore), fu assegnata al principato di Salerno6 e, non solo conservò il gastaldato, ma fu posta a Capo Contado perché era l’ultimo baluardo a difesa dei confini del principato.

Montella seguitò ad essere Capo Contado sino al principio del X secolo dopo di che le notizie storiche pervenuteci si fanno incerte e confuse.

Certo è che, nel frattempo, Montella si era notevolmente ingrandita e la sua importanza politica era sempre andata crescendo, così come quella religiosa, e di ciò ne sono testimoni sia i numerosi documenti, sia i palazzi e gli edifici sacri che ancora oggi si possono ammirare nella nostra cittadina.

Tra il 1076 ed il 1077 Montella cadde sotto il dominio dei Normanni che la eressero a contea, retta da un vicecomite che aveva gli stessi poteri del gastaldo longobardo, e introdussero un nuovo sistema di vita sociale: il feudalesimo.

Nel periodo che va dal 1077 al 1127 Montella fu una città ducale retta, prima, da Roberto Guiscardo (1077-1085), poi, da suo figlio Roggiero (detto Borsa) (1085-1111), ed, infine, dal nipote Guglielmo (1111-1127).

Alla morte di quest’ultimo (1127) Montella cessò di essere contea e fu governata, fino al 1139, da Roggiero II (futuro Re di Sicilia).

Nel 1140 il feudo di Montella fu concesso alla famiglia De Tivilla che lo tenne fino al 1165 quando, dopo poco più di un anno, durante il quale il feudo di Montella fu regio demanio di Re Guglielmo I, nel 1167, passò ai Conti di Acerra.

Di questi, Riccardo d’Aquino, nella guerra di successione fra Enrico VI e Tancredi, parteggiò per quest’ultimo, ma, dopo la sconfitta, fu arrestato, condannato a morte e rinchiuso nella fortezza di Capua.

La sentenza venne eseguita in modo barbaro: Riccardo fu legato alla coda di un cavallo e venne trascinato per le vie di Capua, poi, per rendere più lunga e dolorosa la sua agonia, fu appeso alla forca a testa in giù fino a quando, dopo tre giorni di agonia, un buffone dell’Imperatore ne ebbe pietà e pose fine alle sue sofferenze.

Tutti i beni di Riccardo, e quindi anche il feudo di Montella, passarono al capitano tedesco Diopoldo di Schweispeunt, che ne ebbe il possesso fino al 1210 quando Montella passò ad essere regio demanio, prima dell’Imperatore Ottone IV (1210-1211) e poi del Re di Sicilia l’Imperatore Federico II (1211-1220)7.

Nel 1220 il feudo tornò ai d’Aquino che lo tennero fino al 1286 quando fu assegnato ai guerrieri francesi Guglielmo de Mareches e Balduino de Corbohans 8.

Nel 1292 Adenolfo d’Aquino riuscì a riavere il feudo, ma lo perse poco dopo (1293) e, processato per alto tradimento, fu infilzato in un palo aguzzo e rosolato a fuoco lento.

I suoi beni furono confiscati da Carlo II d’Angiò che tenne per se il feudo di Montella e, affidatane la custodia a Giovanni Mallardo, lo destinò a luogo di svago e riserva personale di caccia.

Però, visto che i sudditi montellesi erano alquanto intolleranti e gli procuravano continui fastidi, decise, nel febbraio del 1295, di affidare il feudo a Bartolomeo De Capua, Gran Protonotaio del Regno, ma, ritenendo il feudo di Montella assai importante, l’anno successivo (1296) lo affidò al proprio figlio Filippo I d’Angiò.

Fu proprio Filippo che, nel 1313, concesse alcuni privilegi ai frati del Convento di San Francesco a Folloni, convento che aveva fondato lo stesso San Francesco d’Assisi nel suo passaggio per queste terre (1221-1222)9. (fig.5 - 6)

Nel 131610, Filippo assegnò il feudo, quale dote, a sua moglie Caterina di Valois che lo resse dapprima da sola (1331), poi insieme al figlio Roberto (1347) ed, infine, solo da quest’ultimo (1364).

Dal 1364 al 1373 il feudo fu amministrato da Filippo II d’Angiò, principe di Taranto.

Poiché, nel 1373, con la morte di Filippo, i principi di Taranto si estinsero, il feudo di Montella fu ereditato dalla sorella Margherita, che aveva sposato in seconde nozze Francesco Del Balzo, duca di Andria, ma, poiché questi si ribellò, fu privato degli onori, dei beni e bandito dal regno, così il feudo passò sotto il diretto controlla della regina Giovanna I, nipote ed erede di Roberto d’Angiò, che, nel 1377, lo donò al suo quarto marito, Ottone di Brunswick 11.

Poco prima dell’assassinio della moglie, nel 1381, Ottone fu sconfitto e fatto prigioniero da Carlo III di Durazzo che affidò il feudo di Montella all’uccisore di Giovanna, Giacomo del Balzo, principe di Taranto e nipote di Carlo Martello, che lo conservò per solo due anni.

Infatti, nel 1383, esso fu regio demanio di Carlo III di Durazzo, ma, alla morte di questi (1386), il regno fu ereditato dal figlio Ladislao (ancora minorenne) che assegnò il feudo a Carlo Ruffo Conte di Corigliano, che era suo consanguineo, il quale, a sua volta, concesse il Suffeudo Cannavali al montellese Antonio Cariseo detto Zuccarino.

I Ruffo tennero il feudo fino al 1416 quando esso passò sotto il diretto controllo della regina Giovanna II, sorella di Ladislao, la quale, nel 1418, lo donò a Muzio da Cotignola detto Sforza e a suo figlio Francesco Sforza Attendolo.

Alla morte di Attendolo (1424) il feudo di Montella passò a suo figlio Francesco12.

Ma, alla morte della regina Giovanna II, avvenuta contemporaneamente a quella di Luigi III d’Angiò (1435), si riaccese la lotta per la conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona, successivamente detto il Magnanimo, e Renato, fratello ed erede di Luigi III.

Francesco Sforza era dalla parte degli Angiò, per cui, quando nel 1442 Alfonso d’Aragona ebbe la meglio e si insediò sul trono di Napoli, il feudo montellese gli fu sottratto e, nel 1443, fu donato a Garzia Cavaniglia Alfonso da Valenza13 - 14 a cui, nel 1452, successe il figlio Giovanni 15.

Alla morte di Giovanni (1459), essendo questi senza eredi, Re Ferrante riconobbe come suo successore il fratello Diego Cavaniglia e, nel 1473, attribuì a Montella il titolo di Contea.

Quando, nel 1481, in seguito ad una ferita al ginocchio, riportata nella guerra contro i turchi che si erano impadroniti di Otranto, Diego ebbe a morire, a soli 28 anni, Margherita Orsini, sua moglie, amministrò il feudo per conto del figlioletto Troiano, che aveva solo due anni16.

Il conte Troiano, nella lotta tra francesi e spagnoli17, parteggiò prima coi francesi e successivamente si schierò a favore degli spagnoli, per cui, quando gli spagnoli divennero padroni del regno, conservò il feudo di Montella.

Alla sua morte (1528) gli successe il figlio Diego II, ma questi, lo stesso anno, dovette scappare a Napoli per paura dei francesi che erano arrivati fino a Bagnoli.

Montella restò in balia di vari briganti e manigoldi fra cui un innominato bandito montellese che poi fu catturato e impiccato a Napoli.

La nostra cittadina, già immiserita dal governo di Troiano e di suo figlio Diego, nonché dai saccheggi subiti, al ritorno del conte dovette versare dei tributi supplementari.

Questo fu un brutto periodo per Montella: la rocca del Monte fu completamente devastata e venne ridotta a rudere desolato; nel palazzo di corte furono bruciate tutte le scritture del conte e dell’università; tutte le case di Montella furono saccheggiate. (fig.8)

A Diego II seguirono Troiano II (1537), Garzia II (1550)18, e Troiano III (1592).

Nel 1597 Troiano III fu costretto a vendere il feudo di Montella, per 52.000 ducati, a Beatrice della Tolfa moglie di Giovanni Antonio Carbone Marchese di Paduli 19.

Stessa sorte toccò a questi ultimi che, dopo appena quattro anni, furono costretti a vendere il feudo al patrizio montellese dottor Cesare Palatucci, già Barone della terra di Bagnoli, che pose la sua dimora nel palazzo sito al rione Fontana e che oggi prende il nome di Palazzo Boccuti.

Nel 1613 anche il Palatucci, stretto dai debiti, fu costretto a mettere all’asta il feudo che fu acquistato, nel 1614, dal dottor Francesco Faraldo20 per conto del genovese Alessandro Grimaldi, che lo fece suo amministratore generale.

In questo periodo a Montella furono eseguite numerose opere pubbliche ed il tenore di vita dei cittadini divenne alquanto elevato nonostante i fuochi, cioè le famiglie, che nel 1597 erano 960, fossero passate a 850.

La maggior parte delle strade del paese erano pulite e selciate, vi era abbondanza di selvaggina, di mele, pere, ciliege, noci, castagne e si produceva dell’ottimo vino.

Il fiume Calore era ricco di trote, anguille e granchi, ed i boschi erano ricchi di faggi, cerri, grandi piante di castagno e altri alberi selvatici.

Notevole era l’abbondanza di bestiame e le donne si dedicavano alla filatura e tessitura, sia della lana che della seta, riuscendo a produrre ben 6.000 paia di calze di seta all’anno.

Vi erano anche una bottega di tintore ed una fabbrica di vermicelli.

Egualmente numerose erano le persone istruite, quali medici, notai, dottori in legge, insegnanti, speziali, nonché un folto stuolo di religiosi.

Nel 1635 il feudo di Montella passò sotto il diretto controllo di Antonio Grimaldi, figlio ed erede di Alessandro, il quale, con l’assenso del re Carlo II, lo cedette al nobile genovese Francesco Maria Sauli 21, che, a sua volta, nel 1685, ottenne il titolo di Marchese di Montella.

I Sauli tennero il possesso di Montella fino al 1715 quando, con il consenso del re Carlo III di Borbone, Don Domenico Maria Ignazio Sauli lo vendette a Don Giovanni Carlo Doria Principe di Angri, la cui casata conservò il feudo fino al 1806 quando il feudalesimo fu abolito dall’ondata innovatrice di Napoleone Bonaparte, che pose a capo del Regno di Napoli il fratello Giuseppe, più tardi sostituito dal cognato Gioacchino Murat (1808).

Dopo 729 anni di soprusi si dava avvio a importanti riforme, come l’applicazione di un Codice Civile che stabiliva l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’abolizione dei privilegi nobiliari, i diritti civili per tutti, la tolleranza religiosa e istituiva l’istruzione pubblica.

Si favorì la costruzione di strade e opere pubbliche ed, ancora, si introdusse un sistema unico di monete, pesi e misure (sistema metrico decimale)22.

In particolare, Murat, che fece di Napoli un centro europeo, si attivò a mettere in atto una serie di provvedimenti che favorì una certa distribuzione del le terre23 ed una forte limitazione del potere dei nobili.

La sconfitta di Napoleone provocò anche la fine del regno di Murat, che, dopo aver cercato di esortare gli italiani a difendere la propria indipendenza (Proclama di Rimini), fu catturato dalle forze borboniche e fucilato (1815).

Sul trono di Napoli tornò Ferdinando IV, ma ormai le idee liberali avevano preso piede un po’ ovunque e, anche a Montella sorsero due vendite della Carboneria 24 che parteciparono ai moti rivoluzionari del 1820 guidati da Morelli e Silvati, così come non mancarono affiliati alla Giovane Italia.

La definitiva cacciata dei Borboni dal Regno di Napoli (1861) non fece cessare del tutto i disordini che si erano andati verificando nel territorio di Montella, sia a causa dei numerosi briganti 25 che infestavano la zona, sia per l’assurda speranza della nobiltà montellese che agognava il ritorno di Ferdinando II e la restaurazione degli antichi privilegi.

Ma, nel 1863, anche a Montella fu eletto il primo Consiglio Comunale e fu designato a Sindaco il Dr. Scipione Capone26.

Negli anni che vanno dal 1870 al 1879 la situazione socio-economica di Montella era relativamente fiorente e un elevato numero di servizi sociali garantiva i bisogni primari dei cittadini.

Già allora Montella era sede di una pretura, di un ufficio di conciliazione e di un ospedale, sito in via della "Libera" e che prese il nome di San Rocco; questo ospedale era stato costruito per sostituire quello intitolato a San Leonardo che si trovava nella zona attualmente denominata Avanti Corte.

Vi era una scuola elementare che contava 550 alunni distribuiti in nove classi27 più un insegnante privato che seguiva altri 40 alunni.

Già era operante una Società Operaia-Agricola Industriale, che contava circa 110 soci e un Circolo Ricreativo.

Da notare che Montella, già in quel periodo, era dotata di una tipografia28 e godeva di un ottimo stato di "salute" economica, come, del resto, si può dedurre osservando l’importo che Montella versava quale tassa commerciale, e che ammontava a ben 804 lire, ed era superata soltanto dalla città di Avellino (1180 lire) e da Ariano Irpino (809 lire).

Si può affermare che, in quel periodo, il nostro paese era del tutto autosufficiente e si poneva a punto di riferimento per molti paesi limitrofi i cui abitanti accorrevano numerosi al mercato domenicale29 e alla fiera annuale che si svolgeva l’ultima Domenica di agosto.

La popolazione già consisteva in più di 7.500 abitanti (nel censimento del 1871 vi erano ben 7.650 abitanti) e, già nel 1821, vi erano 1.720 abitazioni.

Comunque, la forza traente dell’economia montellese era rappresentata dalla raccolta e dal commercio delle castagne, risorsa che, ancora oggi, rappresenta l’attività principale della nostra cittadina e che ha fatto conoscere Montella in tutto il mondo.

Non sta a noi valutare i "frutti" della politica degli ultimi cento anni, né giudicare i risvolti socioeconomici, "subiti" dal Mezzogiorno, e quindi dalla nostra cittadina, dovuti all’unità d’Italia, alla politica del Cavour e alla "dominazione" di Casa Savoia, certo è che, a partire da quel momento, i nostri mali e le nostre miserie, anziché essere alleviate dal nuovo ordine sociale, andarono via via accrescendosi; il dramma della disoccupazione, fino ad allora abbastanza contenuto andò assumendo un aspetto sempre più tragico sino ad arrivare alle drammatiche dimensioni dei nostri giorni30.

Di chi le colpe? Dei nostri amministratori? Dei nostri governanti? Della politica della nuova monarchia, protesa a far sviluppare sempre più l’industria del Nord a spese di quella del Sud e che utilizzò i nostri fondi per saldare gli ingenti debiti accumulati dalla Monarchia Savoia?31

Oggi stanno venendo alla luce nuove verità storiche, ma la risposta definitiva spetta solo e soltanto ad ognuno di voi!