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San Tommaso d'Aquino
Vita, opere, sintesi del pensiero
(e indice di questo saggio)
Tommaso
d'Aquino è vissuto in pieno secolo XIII, il secolo di Giotto, della grande
fioritura della nuova letteratura romanza (provenzale, castigliana,
portoghese, siciliana, umbra, toscana, ecc.) e dei Comuni, un secolo che,
grazie a tante geniali realizzazioni che l'Europa cristiana seppe produrre
in tutti i campi della cultura (letteratura, narrativa, poesia,
architettura, pittura, scultura, diritto, economia, filosofia, teologia,
ecc.), si è guadagnato l'appellativo di secolo d'oro. Quello fu anche il
secolo in cui fiorirono le prime università (Tommaso frequentò come
studente o come maestro Napoli, Parigi, Colonia, Roma, Bologna e poi di
nuovo Parigi e di nuovo Napoli), che in breve tempo portarono la ricerca
filosofica e teologica a livelli fino ad allora sconosciuti.
Vita
e opere
Il
padre di Tommaso era di stirpe longobarda, mentre la madre era di
discendenza normanna; la famiglia era ricca e potente: aveva vari
possedimenti in diversi luoghi dell'Italia meridionale, ma il più
importante era quello di Aquino, che era il luogo abituale della sua
residenza. A Roccasecca, nei pressi di Aquino, nacque Tommaso tra il 1224 e
il 1225 (la data è incerta). Per la prima formazione intellettuale i
genitori inviarono il piccolo Tommaso alla vicina Abbazia di Cassino, con
l'intenzione di avviarlo alla vita monastica, nella segreta speranza che
potesse arrivare un giorno alla suprema carica di abate e accrescere così
la potenza della casata. Tommaso, invece, dopo qualche anno tornò in
famiglia e proseguì gli studi all'Università di Napoli, dove ebbe la prima
diretta iniziazione alla filosofia aristotelica sotto Martino di Dacia per
la logica e Pietro d'Irlanda per la filosofia naturale. All'Università di
Napoli nacque la sua vocazione domenicana per opera del predicatore Giovanni
di San Giuliano. Ma, quando manifestò la sua decisione ai familiari,
Tommaso incontrò un'ostinata resistenza da parte dei fratelli, che
arrivarono a rinchiuderlo in prigione. Tommaso restò fermo però nel suo
proposito, e nel 1245, ormai maggiorenne, fu rilasciato, libero di seguire
la sua vocazione. Allora, d'accordo con i suoi superiori, lasciò l'Italia
per entrare nel convento domenicano di Parigi, dove studiò sotto la guida
di Alberto Magno. Nel 1248 seguì Alberto a Colonia, quando questi vi si recò
per fondarvi uno Studio generale dei Domenicani. A Colonia Tommaso frequentò
i corsi di teologia per la preparazione immediata al sacerdozio. Alla scuola
del suo dottissimo maestro, Tommaso prese contatto non solo con tutto il corpus
Aristotelicum ma anche con i commentari arabi e greci fino allora
tradotti e specialmente con il corpus Dionysianum [furono denominate corpus
dionysianum, nel Medioevo, le opere dello Pseudo-Dionigi, l'anonimo
neoplatonico del V secolo dopo Cristo], e poté rivelare al maestro la sua
reale capacità. Per l'insistenza di Alberto, nel 1252 Tommaso tornò a
Parigi per completare gli studi superiori e prendere il posto vacante di
baccelliere in teologia della cattedra domenicana. A Parigi iniziò quasi
subito la sua lunga e prolifica produzione letteraria, con alcuni brevi
saggi filosofici (De ente et essentia e De principiis naturae) e,
con il commento alla monumentale opera di Pier Lombardo, i Quattuor Libri
Sententiarum. Nel 1255 fu coinvolto nella disputa fra maestri secolari e
maestri appartenenti agli ordini religiosi per il possesso delle cattedre di
filosofia e teologia. A difesa del proprio diritto alla docenza
universitaria l'Angelico scrisse l'opuscolo Contra impugnantes Dei cultum
et religionem. Dopo la vittoria degli ordini religiosi, Tommaso fu
nominato magister regens dell'Università parigina (1257).
Nel
1259 fu richiamato in Italia per assumere l'incarico di teologo della corte
papale. Per dieci anni (dal 1259 al 1269) seguì il papa a Roma, Orvieto e
Viterbo. A questo periodo, che è il più tranquillo della sua vita,
appartengono le sue opere maggiori: la Summa contra gentiles, le Quaestiones
disputatae, la prima parte della Summa theologiae (iniziata nel
1267).
A
Orvieto ebbe la fortuna di incontrare il confratello Guglielmo di Moerbeke,
eccellente grecista, al quale Tommaso chiese di apprestare una nuova
traduzione latina delle opere di Aristotele, sulla quale egli avrebbe poi
steso i suoi famosi commentari, come di fatto avvenne per la Fisica, la
Metafisica, il trattato Sull'anima, l'Etica nicomachea, la Politica
e quasi tutti gli altri libri dello Stagirita. Allo stesso Guglielmo di
Moerbeke e ad altri confratelli Tommaso chiese di realizzare la traduzione
di alcune importanti opere dei Padri greci che non erano ancora mai state
tradotte in latino, arricchendo così notevolmente le fonti patristiche
accessibili ai teologi latini, fonti di cui lo stesso Tommaso fece largo uso
nella stesura della sua Summa theologiae.
Nel
1269 fu richiamato a Parigi per un secondo cielo di insegnamento. Là ebbe a
lottare su due fronti in difesa di Aristotele (e di sé stesso, essendo
ormai di Aristotele il più convinto e fermo sostenitore): contro gli
scolastici agostiniani che lo accusavano di paganesimo, e contro gli
averroisti che davano del suo pensiero una interpretazione incompatibile con
la fede cristiana; in polemica con questi ultimi Tommaso scrisse il De
unitate intellectus contra Averroistas ("L'unità dell'intelletto:
errore degli averroistí").
Nel
1272 tornò in Italia dove ricevette dai suoi superiori l'incarico di
riordinare l'insegnamento di teologia nell'Università di Napoli e di
tenervi egli stesso alcuni corsi, cosa che fece fino al gennaio del 1274. In
questo periodo, come già quando si trovava a Viterbo, oltre che allo studio
e all'insegnamento si dedicò con zelo anche alla predicazione al popolo,
che andava ad ascoltarlo con grande entusiasmo, apprezzando la semplicità
della sua parola congiunta alla chiarezza e profondità del suo pensiero. Un
giorno di dicembre 1273, dopo la celebrazione della Messa, chiamò il suo
fedelissimo segretario fra' Reginaldo da Piperno e gli comunicò la
decisione di interrompere ogni lavoro, perché quella mattina durante la
Messa aveva capito che quanto aveva scritto nei suoi libri era "tota
palea" (un mucchio di paglia). Così rimasero interrotte due delle
sue opere più importanti: la Summa theologiae rimase ferma alla
Questione 90 della Tertia Pars e il Compendium theologiae restò
sospeso al capitolo 10 del Secondo Libro.
Nel
gennaio del 1274, su invito di Gregorio X parti alla volta di Lione, dove il
Papa aveva convocato un concilio ecumenico. Giunto nei pressi di Fossanova,
fu colto da grave malore e fu ricoverato sollecitamente nella celebre
abbazia cistercense di quella città. Tutte le cure risultarono vane, e dopo
qualche settimana (il 7 marzo 1274) morì, senza che si fosse saputo
comprendere la natura del male che l'aveva colpito.
Nei
suoi contemporanei Tommaso lasciò un ricordo profondo e indelebile, per la
finezza e acutezza della sua intelligenza, per la grandezza e originalità
del suo genio, per la santità della sua vita. Guglielmo di Tocco, il suo
primo biografo, sottolinea la straordinaria originalità di san Tommaso in
tutto ciò che faceva: "Fra' Tommaso proponeva nelle sue lezioni problemi
nuovi, scopriva nuovi metodi, impiegava nuove concatenazioni
di prove, e nell'udirlo spiegare, poiché proponeva una nuova
dottrina con nuovi argomenti, non si poteva dubitare che Dio,
attraverso l'irradiarsi di questa nuova luce e la novità di
questa ispirazione, gli avesse fatto dono dell'insegnamento, in parole e
scritti, di una nuova dottrina". Tommaso d'Aquino fu dichiarato
santo da Giovanni XXII nel 1323. Ben presto gli fu dato il titolo di
"dottore angelico" e recentemente anche quello di "doctor
communis", cioè di dottore universale della Chiesa, non limitato a
una scuola particolare. Il Concilio Vaticano Il (1965) lo ha espressamente
segnalato due volte come punto di riferimento per la teologia cattolica [Cfr.
Concilio Vaticano II, decreto Presbyterorum ordinis, n. 16;
dichiarazione Gravissimum educationis, n. 10].
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