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TRATTO
DA IL SISTEMA LETTERARIO |
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Autori: |
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Guglielmino-Grosser |
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CAPIRE
GADDA
Garbugli e investigazioni
Primo elemento significativo di questa
"digressione" è che affronta il tema
poliziesco, caro a Gadda che lo
riproporrà in numerose altre occasioni,
fra cui il celebre Pasticciaccio. Cadono
nel racconto, a questo proposito, alcune
delle parole-chiave della narrativa,
della poetica e della concezione del
mondo gaddiane: «pasticcio» e
«garbuglio», «mistero» e «
sottomistero», ma anche «ghirigoro». La
realtà stessa per Gadda è un intrico
insolubile, un inestricabile garbuglio
di fenomeni e di cause, concause, cause
delle cause, che lo scrittore si propone
di indagare e analizzare senza
ovviamente poter mai giungere a
districare. Ecco allora che il tema
poliziesco, come avremo modo di ribadire
a proposito del Pasticciaccio, si
presenta particolarmente congeniale allo
scrittore e, anzi, dotato di un'evidenza
simbolica che va ben oltre i confini del
genere. I "garbugli", i "pasticci" non
si districano mai, gli investigatori,
come Gadda, finiscono col brancolare nel
buio.
Incompiuto digressione enumerazione
caotica
Altri dati significativi dell'episodio e
del libro, strettamente connessi a
questo, riguardano la struttura e alcuni
procedimenti retorici. Tipicamente
gaddiane sono la struttura divagante,
per continuo accumulo di digressioni e
analessi (quella riprodotta è appunto
una digressione in analessi o
flash-back), e l'incompiutezza: anche
l'intrico narrativo è indipanabile, come
indipanabile è il garbuglio del reale
che vuol rappresentare e vorrebbe
riordinare. Ma sulla medesima linea si
colloca il procedimento tipicamente
novecentesco - come ha mostrato Dàmaso
Alonso - della enumerazione caotica, che
accumula appunto disordinatamente
elementi di un fenomenico che appare
refrattario ad ogni ordinata
sistemazione. Nell'inchiesta in cui è
coinvolto il Gildo compaiono prima le
«quattro biciclette», che naturalmente
si dileguano «zigzagando» ad
ingarbugliare la matassa, poi una
sequela di oggetti e persone: cravatte,
mutande, saponette, bottiglie, fiale,
pere di gomma e via dicendo; magliai,
tabaccai, osti e Caroline... finché
giunge, per «fortuna», la guerra, il
garbuglio dei garbugli che salva il
Gildo, ma lascia questo piccolo
garbuglio più ingarbugliato che mai.
Humour, comicità e pastiche.
L'enumerazione caotica degli oggetti
(refurtiva?) e molti tratti del racconto
introducono elementi di umorismo e
comicità pure tipicamente gaddiani.
Gadda è infatti uno dei non molti
scrittori novecenteschi che affronta i
temi anche drammatici della propria
meditazione, accostando e talora facendo
cozzare il tragico e il comico, il
patetico e il sarcastico. Qui, se non
consideriamo il significato simbolico
del "garbuglio", il registro è però
piuttosto uniformemente tenuto nei
canali dell'umorismo e della comicità.
A crearla contribuisce anche un accenno,
in verità ancora moderato, di pastiche
linguistico (anche la lingua è un
pasticcio per Gadda!): si notino la
mimesi del parlato (gergale, dialettale)
a scopo che solo in parte o solo in
apparenza è realistico; e il ricorso a
locuzioni ed espressioni ricercate,
auliche, arcaizzanti, tecniche o
semplicemente insolite, talora sino al
neologismo («un rugginoso coltello dal
defunto manico», «le gomita», «le sue
paròtidi avevano lautamente accudito»,
«ipotiposi») che vengono poste in
contrasto (qui, ripetiamo, ancora assai
moderato, ma si legga sen'altro il testo
seguente) con il parlato quotidiano a
scopo che può definirsi già
espressionistico.
La polemica di Gadda nei confronti della
società milanese, altrove assai feroce
specie quando è indirizzata contro la
borghesia industriale e commerciale, è
qui particolarmente bonaria e talora si
vela addirittura di toni quasi patetici
(un poco risentendo del punto di vista
globalmente adottato nel racconto, che è
quello dell'Adalgisa che ricorda il
marito defunto).
Domina comunque, con il pastiche
linguistico, l'ironia, il cui obiettivo
(appunto bonario) è l'innocente mania
del «povero Carlo» di ricercare e
collezionare insetti, coinvolgendo
parenti (l'Adalgisa e i figli) e amici
(gli invitati nella «sala de recéf»,
sottoposti alla tortura di dover
ascoltare, reprimendo il disgusto e
fingendo anzi interesse e
partecipazione, resoconti
presumibilmente interminabili
dell'entomologo dilettante). In seconda
istanza, con più veleno, l'ironia di
Gadda si appunta contro i falsi rituali
e le buone ipocrite maniere della
società, qui piccolo borghese, che è
pronta a scaldarsi appena si parla di
risparmi e di denaro, sia pure
attraverso l'ardita, moralistica
similitudine avanzata dal «povero Carlo»
tra lo sterco e i risparmi, poi
amplificata, maliziosamente, dal
narratore mediante quella tra la carogna
del topo e la Cassa di Risparmio.
Il linguaggio, sempre oscillante tra gli
estremi del dialetto e di un italiano
aulico, è lo strumento principe sia
dell'ironia, sia dell'umorismo gaddiani.
Certi inserti di matrice letteraria e
poetica ad esempio: «Vele erano nel
mare, lontane», nel bel mezzo
dell'epopea della cattura dell'Ateuco -
suonano poi, oltre che come elementi del
notato contrasto di toni, anche come
oggettiva demistificazione ironica di
una letteratura calligrafica ed elegiaca
assai diffusa negli anni in cui Gadda
stendeva questo racconto.
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