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TRATTO
DA IL SISTEMA LETTERARIO |
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Autori: |
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Guglielmino-Grosser |
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L'OPERA
NARRATIVA
Biografia e scritturi letterari
L'opera di Gadda ha profonde radici
autobiografiche: anche quando egli non
parla direttamente di sé, quando mette
in scena personaggi fittizi e narratori
vagamente mimetici e impersonali, il
lettore percepisce la sua presenza nella
pagina con tutta la carica di
sentimenti, stati d'animo, umori
(tendenti al nero) che in parte
conosciamo. Secondo il Baldi addirittura
« la massima musa di Gadda è la
nevrosi». Ma è anche vero, come ha
sostenuto Roscioni, che l'opera di Gadda
ha profonde radici filosofiche e che
Gadda è uno scrittore fortemente
consapevole dei procedimenti messi in
atto e della valenza culturale e
ideologica delle sue scelte letterarie
(lo testimoniano, oltre alla Meditazione
milanese, anche i molti scritti critici,
di poetica o di autocommento e varie
carte preparatorie). Comunque sia, la
nevrosi gaddiana incide profondamente
sulla sua scrittura, almeno quanto le
sue riflessioni filosofiche e critiche:
egli istituisce un rapporto
inequivocabilmente nevrotico col mondo,
che non può non riversare nell'opera
letteraria. I dati biografici,
caratteriali e ideologici, che abbiamo
preso in esame - l'esperienza del dolore
con l'oscuro intrico di risentimenti e
sensi di colpa, il senso della propria "difettività",
il "male oscuro", ecc. - sono dunque
essenziali per comprendere l'opera
gaddiana, nei suoi temi prediletti, ma
anche nelle sue scelte linguistiche e
stilistiche.
Aspirazione e scacco, caos e cosmo
La scrittura letteraria è dunque in
Gadda il luogo della ragione e dei
sentimenti e risentimenti, e il luogo
delle aspirazioni, delle contraddizioni
e dello scacco. Alla radice di ogni
opera gaddiana e del suo stesso rapporto
con la letteratura, infatti, si colloca
un processo conoscitivo e creativo che
possiamo così sintetizzare nei suoi
aspetti salienti: 1) originaria
(nevrotica e razionale) aspirazione
all'ordine, 2) scoperta del disordine
oggettivo, 3) sforzo soggettivo di
analisi e comprensione delle cause del
disordine, di dominio razionale di esso
(progetto di riduzione del caos a cosmo
attraverso l'indagine razionale e la
scrittura letteraria) e infine 4)
vanificazione dello sforzo per
insufficienza di energie o per
impossibilità oggettiva, che si
manifesta drammaticamente anche
nell'incapacità di portare a termine le
opere più impegnative (ma anche, come
diremo, nel pastiche). Scrivere un
romanzo infatti per Gadda significa «
aprire un'istruttoria» (Ferrero) nei
confronti del reale, indagare le cause e
le concause dei fenomeni, le molteplici
relazioni tra le cose e le cause: la
speranza che lo muove è che relazioni e
cause siano finite e dominabili; la
realtà è che nella ricerca le relazioni
si moltiplicano indefinitamente, i fili
si ingarbugliano e lo scrittore rischia
di perdersi. Si potrebbe anche dire che
Gadda è nelle intenzioni (per il bisogno
di ordine e di indagine razionale) un
positivista ottocentesco e nei risultati
(per l'inestricabilità del garbuglio
interno ed esterno) uno scrittore
esemplarmente novecentesco.
I temi: il dolore
I temi dell'opera gaddiana pur nella
loro concreta varietà possono abbastanza
facilmente ridursi, per l'omogeneità dei
processi creativi, ad alcune grandi
categorie ricorrenti. Innanzi tutto si
può riconoscere una distinzione
fondamentale tra i motivi che rimandano
all'esperienza interiore, familiare,
privata, all'io insomma e i motivi che
rimandano all'esperienza del mondo
esterno, della società e del reale
oggettivo. Motivi che, naturalmente, in
concreto si presentano molto spesso
strettamente intrecciati.
Il motivo personale e familiare percorre
gran parte dell'opera gaddiana: la summa
dell'esperienza soggettiva si ha nella
Cognizione del dolore, che nasce
esplicitamente come progetto di un
romanzo autobiografico, ma in varie
altre opere, con diversa intensità e
diverse valenze, Gadda parla di sé,
della famiglia, dei traumi e dei motivi
topici della sua giovinezza: la villa,
la povertà, la dinamica degli affetti,
la giovinezza malata, la guerra. Innanzi
tutto nel Giornale di guerra e di
prigionia, che è la prima analitica
ricognizione del suo modo di essere, di
sentire e di stare nel mondo, ma anche,
ad esempio nella Madonna dei filosofi
(da cui son tratte alcune delle
citazioni precedenti), nei documenti di
poetica (Tendo al mio fine: «Umiliato
dal destino, sacrificato alla inutilità,
nella bestialità corrotto, io...»;
«Quella che le cantatrici e i loro aiuti
sogliono chiamare la vita è stata per me
una immonda prigione: la mia giovinezza,
secondo il detto del poeta, una
tenebrosa tempesta»), in molti racconti,
da Villa in Brianza ai Viaggi' di
Gulliver cioè del Gaddus,
nell'incompiuto Racconto di ignoto del
Novecento, ecc., sino al Pasticciaccio,
dove si attua l'identificazione ideale
con il commissario Ingravallo, tenace
indagatore dei garbugli che la società
propone alla sua intelligenza. Dell'io e
dei suoi profondi tormenti Gadda parla
senza pietà e pudore, anzi con la
volontà di mettersi impietosamente a
nudo, di gridare la propria sofferenza,
la propria rabbia, il proprio
risentimento contro chi gli ha nuociuto,
contro il mondo e contro la propria
stessa natura "difettiva", ma anche di
"sezionarsi" per disbrogliare qualche
filo almeno del suo inestricabile
garbuglio interiore, per conoscersi.
La cognizione del dolore
La cognizione del dolore rappresenta il
più tipico incompiuto gaddiano e il
romanzo della sua più lucida e impietosa
autoanalisi. Realizzato concretamente
dopo la morte della madre, ma a lungo
accarezzato, è un'esplorazione delle
ragioni del proprio personale dolore,
che svolge esplicitamente o
allusivamente quasi tutti i motivi della
biografia interna ed esterna che abbiamo
sintetizzato. Protagonista e alter ego
di Gadda è Gonzalo Pirobutirro d'Eltino,
che vive con la madre vedova
(«altissima, immobile, velata, nera») in
una villa collocata in una Brianza
appena travestita da Sud America (il
Maradagàl), nell'epoca di poco
successiva a una disastrosa guerra col
Parapagàl, cioè, fuor di finzione, negli
anni del fascismo. 1 motivi di analisi
interiore, assolutamente prioritari,
ruotano attorno al "male oscuro" del
protagonista («Era il male oscuro di cui
le storie e le leggi e le universe
discipline delle gran cattedre
persistono a dover ignorare la causa, i
modi: e lo si porta dentro di sé per
tutto il fulgurato scoscendere d'una
vita, più greve ogni giorno, immedicato»),
agli alterni moti di affetto represso o
manifestato e di rancore e violenta ira
nei confronti della madre e dei peones
(contadini) che questa benefica e che
irrompono nella villa a recare a lui un
indicibile oltraggio. Ma attorno alla
villa dove si vive l'esperienza di un
dolore profondo, irrazionale, «
immedicabile», ruotano figure e
personaggi svariati, anch'essi manifesti
strumenti dell'oltraggio che il mondo
intero nella sua imbecillità arreca al
protagonista: i peones appunto; i nuovi
ricchi e gli arrampicatori sociali; il
medico che gli propone per distrarsi
gite in automobile con la figlia Pepita,
spericolata guidatrice; gli equivoci
rappresentanti del «Nistitùo de
vigilancia para la poche», un istituto
di vigilanza notturna che dovrebbe
proteggere le ville dei piccoli e grandi
possidenti del Maradagàl e che adombra
il fascismo... E accanto ai personaggi
una marea di oggetti pure oltraggiosi
nella loro disordinata invadenza:
galline, polli, cani pulciosi, «cicale
cipolle zòccoli», «lattughe», «
formaggelle», « il bagaglio del mondo,
del fenomènico mondo» insomma.
Il romanzo poi ha potenzialmente la
struttura del "giallo": nei tratti
conclusivi, dopo che Gonzalo irato si
allontana dalla villa, la madre subisce
una misteriosa aggressione e viene
trovata morente. Il narratore non
scioglie il mistero dell'identità
dell'aggressore: qualche rappresentante
del Nistitùo? le guardie del corpo
assoldate da un vicino per sottrarsi
all'invadenza del Nistitùo? d peone José?
Gonzalo stesso? Gadda medesimo allude
alla possibilità che sia Gonzalo il
colpevole, sia pur in definitiva per
escluderla: « il senso tragico del
matricidio deve essere soltanto nel
terrore degli ultimi momenti della
madre, che pensa al figlio come
all'esecutore: ma poi lo esclude lei
stessa, morendo. E nell'angoscia del
figlio che pensa che la madre abbia
potuto sospettare di lui». Il romanzo
rimane incompiuto: «si trattava di
mettere in piedi una macchina di
spiegazioni non necessaria, posticcia: a
Gadda-Gonzalo interessa non rintracciare
un colpevole, ma giungere al fondo della
"cognizione del dolore", e questo fondo
è toccato: l'alba che si affaccia alle
finestre della villa violata segna anche
una dolente catarsi, la constatazione
dell'inanità del tutto» (Ferrero).
I temi: il garbuglio, il pasticcio
Anche il mondo, la realtà, come abbiamo
detto, sono per Gadda garbuglio che
attende di essere districato e pur non
si lascia districare. Ebbene, il mondo
nell'infinita varietà dei suoi oggetti,
fenomeni e accidenti (il «bagaglio del
mondo, del fenomenico mondo») e in
particolare l'agire dell'uomo in società
è l'altro oggetto privilegiato della
narrativa gaddiana. Basta leggere Tendo
al mio fine, uno dei più interessanti
documenti di poetica, per comprendere lo
specifico gaddiano di questa
rappresentazione del mondo: «Tendo a una
sozza dipintura della mandra e del suo
grandissimo e grossissimo intelletto:
tendo a far che vàdino contenti li eroi;
darò loro cignale e vitellozzo a
mangiare e molto mescerò perché molto
bevino...». Così inizia una lunga
rassegna di oggetti della musa gaddiana,
che comprende eroi «sanguigni» e
«macilenti e cavi nel viso», «signori...
povari... meccanici», «maschi» e «
castrati», «femmine», «infarinate
bagasce», «monache... frati», «malati»
con tanto di «croste e piaghe»,
«mendichi» con «altre fistole e piaghe»,
e poi «musici... servi... scrittori...
maestri d'arte... soldati... capitani
generali», e il « villano» e «
l'ingegnoso ingegnere». « Di molti
insomma saranno commendati e onorati,
dimolti nutriti, pettinati e ben
vestiti, e ornati di tutti quelli
ornamenti che a cotali dignità si
confanno: e tutti li lascerò liberi,
sempre che voglino, di accudire ad opere
degnissime e di satisfare adeguatamente
alle loro corporali necessità, con
grugniti e motti adeguati». All'uomo si
accompagnano naturalmente gli oggetti
d'uso e di contorno più svariati, nonché
altri aspetti immateriali e materiali
del reale: « la spica e 'l corimbo, et
il frutice», « i teneri vitelli e le
dolci carote», «ghirlande di rose e
musiche di dolcissimi pifferi», «sogni e
chimere», «sputi e catarri» ecc. ecc.
L'analisi dell'uorno nella società e nel
mondo .ha intenti che nel profondo sono
conoscitivi (come si è detto) e
moralistici, di una conoscenza che, come
per la rappresentazione dell'io, non
indietreggia per pudore di fronte a
nulla e di un moralismo acre e per nulla
paludato o convenzionale: «sarò il poeta
del bene e della virtù, e il famiglio
dell'ideale: ma farò sentirvi grugnire
il porco nel braco...». Ma la superficie
è un caleidoscopio di immagini, una
fantasmagoria di invenzioni e toni e
registri, che vanno dall'invettiva alla
comicità significativamente degradante e
oltraggiosa, e che distanziano la
narrativa gaddiana da ogni altra coeva
rappresentazione dell'io, della società
e del mondo e la riconducono a
tradizioni più remote (ad esempio la
maccaronea).
L'uomo come essere naturale e sociale è
proposto nella più ampia gamma delle sue
manifestazioni, dalle chimere ai
catarri, dai sogni alle «corporali
necessità», senza preclusioni, anzi con
un gusto perla demistificazione di tutti
i falsi ideali, le ipocrisie, le belle
parole, i fantasiosi progetti, le
sovrastrutture ideologiche che
mascherano una realtà assai diversa,
informe, caotica, immorale, triviale,
degenerata. L'aspirazione razionale e
nevrotica all'ordine si manifesta così
soprattutto nella pittura
dell'irrazionalità e del disordine, di
cui sono spia il termine "pasticcio" e
gli innumerevoli sinonimi che rimandano
alla medesima area semantica (garbuglio,
caos, baraonda, ecc.) e vari
procedimenti stilistici di cui diremo.
Dal Giornale di guerra e di prigionia,
con la sua impietosa rappresentazione
delle disfunzioni dell'apparato
militare, alla Madonna dei filosofi, che
ad esempio nei due racconti Cinema e
Teatro mostra spaccati di società in cui
si confrontano le sue manifestazioni
dirette (i comportamenti degli
spettatori) e quelle mediate (due generi
di spettacolo, con i loro stereotipi
socio-culturali); dall'Adalgisa che in
pagine di irresistibile comicità mette a
nudo le abitudini, le manie, le
preoccupazioni, gli pseudo-valori, le
ipocrisie della borghesia milanese di
fine secolo, a Eros e Priapo,
implacabile satira del fascismo e della
società italiana irretita dal fascino
del duce.
Il garbuglio poliziesco:
Il pasticciaccio
5e il romanzo è poi un'indagine della
realtà, che mira a sbrogliare i garbugli
apparirà chiaro come un motivo
privilegiato della narrativa gaddiana
sia quello del garbuglio poliziesco. Il
delitto è la manifestazione patologica,
evidente, di un disordine assai più
generale di cui può essere preso come
campione emblematico. Così analogamente
l'indagine poliziesca rappresenterà
l'equivalente nella situazione
specifica, di fronte al delitto,
dell'atteggiamento gaddiano nei
confronti della realtà: dalla Meccanica,
che fornisce uno dei più remoti esempi
gaddiani di garbuglio delittuoso,
attraverso la Cognizione del dolore, che
propone un analitico antefatto
problematico del delitto, e vari
racconti, fino a Quer pasticciaccio
brutto de via Merulana, il romanzo
d'indagine poliziesca per eccellenza.
Anche in questo caso il nodo
dell'indagine (riguardo a un furto di
gioielli e a un delitto le cui vicende
si intrecciano) significativamente non
viene sciolto, non può essere sciolto
perché nell'intimo di Gadda il caos
finisce per prevalere sul cosmo, la
ricerca delle cause e concause si rivela
infinita. Eppure il romanzo propone nel
commissario Ciccio Ingravallo un
personaggio positivo, che costituisce la
più compiuta controfigura ideale di
Gadda. « Con le sue meditazioni e
illuminazioni, sotto il "parruccone
[...] riccioluto e compatto", Ingravallo
è insomma l'umile e tenace e silenzioso
indagatore e ordinatore dentro il
disordine (disordine e ordine che in
quel "riccioluto e compatto" sembrano
quasi, rispettivamente,
materializzarsi). Nel romanzo infatti le
numerose "causali" da cui consegue il
"fattaccio" e a cui bisogna risalire per
spiegarlo, si presentano sempre come
"nodo o groviglio o garbuglio o gnommero,
che alla romana vuol dire gomitolo", e
che Ingravallo chiama "gliuommero" nel
suo linguaggio contaminato. E proprio
questo è il leitmotiv delle instancabili
indagini cognitive e ordinatrici del
commissario. Ingravallo si può
considerare perciò la prima e compiuta e
oggettivata realizzazione letteraria di
tutti gli ideali e tensioni di ordine,
funzionalità, concretezza, equilibrio,
da Gadda sempre perseguiti e sognati (e
frustrati). La sua è in certo senso una
diversità positiva, rispetto a quella di
altre figure smarrite, ferite, malate,
impotenti e più esplicitamente
autobiografiche come Gonzalo»
(Ferretti).
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