Fumoir
di Don Bartolo
Dall'alto della sua esperienza e autorevolezza, Don Bartolo ci regalera', di tanto in tanto, le sue riflessioni su quel mondo nel quale la grande finanza si intreccia con i giornali e la comunicazione. Grazie, Don Bartolo, per aver accettato la nostra proposta. |
Notato nulla nelle pagine politiche del Corriere della Sera? Ultimo esempio: sabato 9 settembre: un editoriale di Francesco Merlo toglie il pelo a Francesco Rutelli e al suo finto piacionismo clintonian-romanesco. Domenica 10: due pagine dí inchiesta di Sergio Rizzo elencano le riforme mancate del centrosinistra. Forse la stessa cura verra' riservata al Polo e allo stile di Silvio Berlusconi. Intanto resta l' uno-due al mento dell' Ulivo, che risalta ancor piu' al cospetto dello squillar di trombe filogovernativo di Repubblica. Ma non e' solo per differenziarsi dal concorrente romano che il milanese Corrierone ha scelto, e non da ora, di far le bucce al governo. Né soltanto perché questo e' in fondo il dovere di ogni giornale che si rispetti. La sensazione, tra chi frequenta le stanze del potere finanziario-editoriale e' che ci sia altro. La proprieta' del Corriere, ovvero Cesare Romiti e Gianni Agnelli, sembra aver scommesso sul Polo: cio' puo' stupire meno in Romiti, ma rappresenta una svolta per l' Avvocato, che nel '94 non fu certo tra i simpatizzanti del primo governo del Cavaliere. Ora si respira un'altra aria. Prima dell'estate, un lungo incontro Agnelli-Berlusconi. Poi un colloquio Berlusconi - Umberto Agnelli, nel quartier generale romano del capo del Polo di via del Plebiscito. Alla fine delle vacanze, sempre a Roma, visita del Cavaliere all' Avvocato nella dimora di fronte al Quirinale. Nel frattempo, alla vigilia di Ferragosto, sul Corriere e sulla Stampa (il quotidiano Fiat), uscivano in contemporanea due lunghe e assai cordiali interviste a Berlusconi nella sua villa di Tuckerís Town alle Bermuda. Grande fair play, grande attenzione, dunque. Dove certo pesano autonome scelte editoriali e un "sentiment" (direbbero in borsa) verso Berlusconi che al Nord e' diverso rispetto a Roma. Ma dove trovano anche spazio le attese degli Agnelli per un possibile governo del Polo. Con la sinistra a palazzo Chigi la dinastia di Torino ha ricevuto quasi solo schiaffoni. Gli incentivi per la rottamazione sono presto stati oscurati dalle ritirate imposte su banche e telecomunicazioni: settori sempre piu' vitali per un gruppo che considera risolti i problemi nell'auto con l'arrivo, usiamo un eufemismo, della General Motors. Cio' che gli Agnelli, in particolare l'Avvocato, non hanno proprio mandato giu' e' la cacciata da Telecom, avvenuta con la benedizione e gli sberleffi di D'Alema. Pensate: messi fuori dai grandi giri di potere e di guadagni della new economy, sottoposti all'umiliazione di essere scavalcati in borsa da un Colaninno e da un Soru. E che dire, infine, della beffa di Telemontecarlo? Gli Agnelli se l'erano vista negare anni fa per via della legge Mammi'; oggi il governo la concede a Telecom e Seat in barba alle stesse leggi. Ma Torino non ha affatto rinunciato al business dei telefoni e dei new media, come conferma la partecipazione Fiat-Ifil alla gara per i supercellulari Umts, in alleanza con gli spagnoli di Telefonica. Ora riflettiamo. Chi altri puo' nutrire analoghi sentimenti di rivalsa? Semplice: il Cavaliere. Intendiamoci, Berlusconi non pensa affatto di conquistare la Telecom, tanto meno se andra' al governo. Ma quell'epiteto, "starnazzare", rivolto da Colaninno al Polo, e l"appassionata dichiarazione di amicizia dalemiana del capo di Telecom, lo hanno mandato su tutte le furie (ma come, proprio lui, appena invitato come guest star alla convention del Biscione), e, nonostante gli sforzi dei mediatori, convinto a scrivere il nome del ruspante imprenditore sul libro nero. Gli Agnelli sanno bene che la proprieta' di Telecom non e' ancora blindata. Certo, non sono molto avvezzi a tirar fuori miliardi in contanti, ma potrebbero allearsi con chi in Europa e' disposto a farlo: magari proprio attraverso un asse italo-spagnolo (o, secondo un'altra ipotesi, italo-tedesco) che coinvolgerebbe telecomunicazioni e banche. A Madrid, il premier Aznar ne sarebbe soddisfatto. Idem, a Berlino, il cancelliere Schroeder, E a Roma, da palazzo Chigi, Berlusconi, non alzerebbe un dito per impedire la scalata: che oltre al resto gli farebbe acquisire crediti importanti in Italia e in Europa. La Telecom cambierebbe nuovamente padrone. E il circo di manager e direttori che in attualmente si agita intorno a Seat-Tmc rischierebbe di doversi rimettere in cammino. Ma questo e' un altro spettacolo. Ne riparleremo. Don Bartolo |