Veltroni:"Sabrina, il mio asso nella manica"
Mata Hari
29 Novembre 2000 Ebbene sì, ero emozionata. Entrando nella stanza che fu di Longo e di Togliatti, di Natta e di Enrico Berlinguer, provavo un certo non so che. Non ci avevo mai messo piede ma era come se ci fossi stata cento volte dai racconti di tutti i miei redattori capo. Sapevo del ritratto di Antonio Gramsci, del quadro di Pelizza da Volpedo, della foto di piazza San Giovanni brulicante di bandiere rosse nel comizio di chiusura di Palmiro Togliatti nella campagna elettorale del 1948. Ma i tempi cambiano; scomparsa la foto di Gramsci, sostituita da Totò che dal balcone urla: Votantonio, votantonio, Antonio Latrippa; Pelizza da Volpedo ha ceduto il posto alla maratona di New York un’enorme maxifoto con Veltroni, Cesare Salvi e Antonio Parisi, con i volti impiastricciati di Nutella, che festeggiano la caduta del governo D’Alema. Veltroni è al telefono ma mi fa cenno di entrare. "Okay, okay… sure … sure, dont worry Hillary, I care; well, call you tomorrow and say hello to Bill". E riattacca. "Si accomodi. Anzi, accomodati, diamoci del tu, siamo colleghi anche se all’esame di professionista mi hanno bocciato due volte. Alla terza ce l’ho fatta e quel che conta è il risultato. Da dove cominciamo? Dalle elezioni americane, I think". "Perché no?". "Se Al non ce la fa se l’è proprio voluta. Durante la campagna elettorale non passava giorno che non chiamasse per chiedermi consigli, ma poi faceva di testa sua. Gli ho detto mille volte di lasciare perdere le convention. Trova per Bush un bel conflitto d’interessi, gli dicevo, e se non c’è inventalo. E poi è possibile che in tutti gli States non abbia un magistrato amico che gli sbatta in faccia un bell’avviso di garanzia e come finisce finisce? Anche mia moglie è stata ore al telefono con Tipper (sono molto amiche) perché convincesse il marito: niente da fare. E adesso si becchi Bush". "E se parlassimo delle nostre di elezioni?" "Well, se vuoi il mio parere prenderemo una suonata di quelle storiche, ma a me basta che i Ds prendano mezzo punto percentuale in più dell’ultima volta. Io faccio un figurone e dò tutta la colpa agli altri della coalizione e a D’Alema che si è defilato. Anche perché, detto fra noi ma non lo scrivere, a Palazzo Chigi meglio Berlusconi di Rutelli con le sue ridicole camicie botton down e quella moglie spocchiosa". "Ma allora perché l’avete scelto? In fondo sarebbe stato normale che il segretario del maggior partito della coalizione, cioè tu, fosse stato il leader della coalizione; in seconda battuta ci sarebbe stato Amato…". "Mata. Mata, mi prendi per scemo? Come diceva Totò io ho fatto il militare a Cuneo? Vuoi che vada alle elezioni sapendo di prendere schiaffoni? Non sono mica Occhetto io". "E Amato?" "Anche lui non è mica nato sotto il pero; da vecchio ex socialista qual è ha fiutato il vento ed è riuscito anche a fare bella figura facendo un passo indietro". "E quindi Rutelli". "È stata una scelta sofferta. Per settimane abbiamo cercato uno più bambacione di lui ma non c’è stato niente da fare, anche perché persino Prodi ha detto no". "Qualche anticipazione sul programma?". "Agevolare il contribuente. Agli addetti al bonus fiscale affiancheremo la bona fiscale che riscuoterà presso gli uomini. Coordinatore del bonus fiscale sarà Pietro Taricone del Grande Fratello e delle bone fiscali Sabrina Ferilli, il nostro asso nella manica". "Perché?". "Ha dichiarato che se la Roma vincerà lo scudetto si esibirà in uno spogliarello integrale all’Olimpico ma che la vittoria elettorale è per lei molto più importante. Non posso dire altro, ma se tanto mi dà tanto… Ma i veri punti pregnanti del programma saranno quattro: fisco, come ho detto; istruzione, i giovani di oggi saranno la classe dirigente del domani; giustizia, processi più rapidi; ambiente, per salvaguardare il paese in cui viviamo. Abbiamo già uno slogan accattivante". "E cioè?". "Prima di tutto la figa". "Prego?"
Chiarissimo. Entra un anziano usciere, con la faccia di uno che ne ha viste tante. "Compagno segretario volevo ricordarti che…". "Sì, sì lo so, I care". Poi rivolgendosi a me: "Non hai idea del fastidio che mi dia essere chiamato compagno. L’avrò detto mille volte ma che vuoi, le vecchie abitudini sono le più dure a morire". Poi, avviandosi verso il frigo bar: "Something to drink? Bevi qualcosa?" Sto per chiedere una vodka, poi memore dell’esperienza di Arcore mi fermo in tempo. Vuoi vedere che anche lui mi cazzia se chiedo un liquore dell’ex Unione Sovietica? "Un succo d’arancia va benissimo". "Io prendo un goccio di questo bourbon del Tennessee. È un vero nettare, dentro c’è tutta la Old America". "Novità sulla riapertura de L’Unità?" "Ho già pronto il progetto di rilancio". "Mi anticipi qualcosa?" "Certo. Ricordi che durante la mia direzione davamo le figurine a chi comprava il giornale? L’idea funzionava ma i tempi sono cambiati. Bisogna fare esattamente l’inverso. Mettiamoci a vendere i Pokèmon e a chi compra (almeno, of course) dieci bustine diamo in omaggio L’Unità. Che te ne pare?" "Geniale. Come sono i tuoi rapporti con D’Alema?" "Well, thank you for the question, grazie per questa domanda che mi permette di dire una volta per tutte come stanno le cose. La mia vita e quella di Massimo hanno avuto un percorso parallelo. Certo, talvolta abbiamo avuto dei dissensi e la dialettica è stata un po’ ruvida ma sostanzialmente abbiamo sempre perseguito lo stesso obiettivo: cercare di fottere l’altro. Per il bene del partito e dell’Ulivo è bene che resti alla presidenza della Fondazione ItalianiEuropei dove sta svolgendo, sotto traccia, anche un prezioso lavoro diplomatico esaltando quelle che sono le sue doti. Massimo è diplomatico, garbato, mai altezzoso o supponente. Ha inoltre la grande dote di mettere immediatamente a proprio agio l’interlocutore e creare con lui quel feeling umano indispensabile per mantenere aperto il dialogo. Infine, last but not least, riesce ad avere ottimi rapporti con i giornalisti. Insomma, l’uomo giusto al posto giusto. Alla Fondazione è ed alla Fondazione resti per il bene del partito, della coalizione e forse anche mio". "Bene Walter, ho quanto basta per il pezzo. Chiamo un taxi". "Ma ti prego, I care". Mentre il taxi mi riporta in redazione squilla il portatile. È Walter. "Scusa, mi è venuto un dubbio. Non vorrei che qualche maligno fraintendesse le mie parole e pensasse che con Massimo ci sono cattivi rapporti o che trovasse un doppio senso sulla figa?". "Ma dai, non riesco ad immaginare nessuno talmente infame da poter supporre cose del genere". Chiudo il telefonino e scoppio in una risata irrefrenabile che degenera
in una crisi di tosse. Tosse e risate, risate e tosse.
"Signora, mi fermo ad un bar e magari beve un goccio d’acqua?" "No, no, vada pure, non si preoccupi, anzi, don't worry". Mata Hari |