Dai nostri inviati |
Voci, rumori, "boatos". E qualche onesto, innocente e gustoso pettegolezzo sul mondo dei giornali. Intendiamoci subito: i malintenzionati che vogliono offrire al Barbiere non saporite notizie, ma perfide insinuazioni, saranno fermamente respinti. Chi ha qualcosa di interessante da raccontare e' invece il benvenuto. Manda dunque le tue notizie al Barbiere della Sera |
Situazione
difficile al Giornale del Piemonte. Il quotidiano panino del Giornale di
Paolo Berlusconi ha ridotto la foliazione: da 24 a 16 pagine. Gli stipendi
vengono pagati in ritardo e il direttore Pierangelo Coscia per solidarietà
si è autoridotto lo stipendio. Rumors
dicono che la crisi economica in cui versa il giornale piemontese sia
dettata dalla scelta di Coscia di fare un quotidiano non schiacciato
politicamente sul Polo.
Gennaro
Malgieri è
pronto a lasciare la direzione del Secolo d’Italia. L’aveva già
preannunciato a Gianfranco Fini e alla sua redazione che, dopo le
elezioni, avrebbe voluto occuparsi a tempo pieno di cultura e di Percorsi,
il mensile che dirige da due anni. E
nei prossimi giorni Fini lo accontenterà seppur a malincuore. A
sostituirlo sulla poltrona di via Della Scrofa sarà Federico Guiglia
(ex Giornale e il Borghese). Alessandro Caprettini (Giornale)
ha risposto infatti picche alla chiamata del leader di An.
La
redazione è quella del Giorno. Il direttore è Umberto
Marchesini. La tiratura è di 100 mila copie. E sarà un quotidiano del
pomeriggio. Parliamo di Stasera, il nuovo giornale che l’editore Andrea
Riffeser è pronto a varare sulla piazza milanese. Stasera
(titolo provvisorio) sarà distribuito alle ore 17.00 e secondo i piani
dell’editore dovrebbe riempire uno spazio lasciato – quello
pomeridiano – lasciato vuoto da La Notte, la storica testata
scomparsa due anni fa. Shampoo
Caro Barbiere,
si mormora che Gennaro Malgieri, parlamentare di Alleanza Nazionale
e direttore del Secolo d'Italia, quotidiano di An, stia per
lasciare la poltrona di via della Scrofa per piazzarsi in quella di sottosegretario
ai Beni Culturali, o alla Pubblica Istruzione, o sullo scranno
di presidenza della Commissione Cultura alla Camera.
Entro l'anno, secondo
le ultime voci, Repubblica e Corriere della Sera sbarcheranno in
Veneto. Ormai da settimane nelle redazioni del Gazzettino, Mattino di
Padova, Tribuna di Treviso e Nuova Venezia, non si parla d'altro. Ma
oltre a parlarne in molti si danno da fare per cambiare casacca.
"La corte di Azzurra Caltagirone è stata spietata". Parola di Maurizio Belpietro. Il Direttore del Giornale non nega ai suoi redattori che un passaggio dal foglio di casa Berlusconi al Messaggero era assai vicino. Lunedì. Riunione di redazione de Il Giornale. Dopo alcuni giorni trascorsi in quel di Roma, Belpi è nuovamente al timone. Ma i capiredattori di via Negri vogliono conoscere il loro futuro. Vogliono sapere se il dopo-Belpietro si chiama Mario Giordano oppure Paolo Liguori. E Belpietro li accontenta. "Non me ne vado" è il leit motiv del pistolotto belpietresco. Molti sospiri di sollievo per il pericolo evitato anche se al Giornale si respira un’atmosfera di attesa e di stanchezza. Intanto, c’è maretta al Giornale del Piemonte, il panino del Giornale. Stipendi pagati in ritardo, un editore quasi latitante e un Direttore, Pierluigi Coscia, malvisto in via Negri sono gli ingredienti di una situazione che rischia il collasso.
Questa volta l'ha fatta grossa Teresa, il settimanale di
televisione e tempo libero del Messaggero. Avvolto nella plastica,
assieme ai programmi dal 22 al 28 maggio, i lettori hanno trovato ieri ben
altro programma: quello, elettorale, di Antonio Tajani,
che domenica si gioca con il candidato di centrosinistra Walter Veltroni
la poltrona di sindaco di Roma.
Ilaria Antonini è una giovane giornalista che si occupava del
settore dei femminili all’interno del service Vespina (quello che
realizza numerosi supplementi per riviste nonche' il Foglio del Lunedì). Il direttore Giorgio Dell’Arti replica dal Salone del Libro di Torino, dove il Barbiere l’ha raggiunto telefonicamente: "Ha contravvenuto una precisa clausola contrattuale. Nessuno di coloro che lavorano con me, lavora anche per altri. Non ammetto deroghe all’esclusiva. La ragione di questa rigidità è che Vespina, essendo un service, non può tollerare concorrenza interna". Ilaria ha risposto alla lettera di licenziamento chiedendo un colloquio, che non ha ottenuto. Sostiene Ilaria: "Praticamente sono stata licenziata in tronco" e aggiunge di non aver mai avuto "né discussioni, né casini col direttore. Quindi non mi spiego perché non abbia voluto parlare con me". Non era il caso di chiarire di persona un eventuale malinteso? "Su 65 dipendenti non ce n’è uno che si sia mai permesso di scrivere anche per altri – ribadisce Dell’Arti – poi non sono tenuto ad accordare colloqui a nessuno. Ho ricevuto la sua lettera e ne ho giudicato insoddisfacente il contenuto. Punto". Lametta
Lo sport non piace alla direzione di Radio
Capital. L’emittente diretta da Vittorio Zucconi, che conta
su circa 35 giornalisti, sta per smantellare gli appuntamenti dedicati a
calcio, basket, tennis e quant’altro: i radiogiornali sportivi, finora
circa 15 ogni giorno, verranno ridotti a 3-4 subito dopo la fine del
campionato.
E’ guerra aperta fra il direttore di Studio Aperto Mario Giordano e la redazione politica del tg di Italia 1. Il bubbone è scoppiato, dopo mesi di incubazione, a ridosso delle elezioni del 13 maggio quando Giordano ha di fatto esautorato i cronisti parlamentari, affidando i servizi ad altri giornalisti - non politici - della testata (e, in un caso - il collegamento nella notte elettorale dalla sede della Lega Nord - addirittura a un redattore "in prestito" dal Tg4).In particolare, gli speciali elettorali sarebbero stati realizzati da una sorta di redazione parallela, formata da 8 giornalisti assunti con contratto a termine di tre mesi (scaduto, dopo una breve proroga, il 15 maggio) nell’ambito del programma di sperimentazione digitale di cui Studio Aperto è il tg pilota. Il fatto è stato denunciato dal Cdr in un durissimo comunicato inviato allo stesso Giordano e, per conoscenza, a tre dirigenti Mediaset, Andrea Delogu , Mauro Crippa e Fabiano Giorgi e al segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi, che ha espresso una doverosa quanto scontata solidarietà ai "colleghi discriminati e a tutta la redazione". I colleghi che si sentono discriminati sarebbero in particolar modo due: Carlo Panella e Giuseppe Brindisi (il quale ha, in seguito alla vicenda, chiesto e ottenuto il trasferimento ad altra testata e dal 16 maggio è passato al Tg5). Panella, inviato parlamentare con anni di collegamenti audio-video alle spalle e titolare sin dall’inizio del tg di Italia 1, sarebbe stato "mandato a spasso" per mezza Italia e mezza Europa (da Londra a Parigi) per tutto il periodo pre-elettorale, al seguito di Silvio Berlusconi, senza che poi i suoi servizi fossero utilizzati. Al loro posto, andavano in onda pezzi "cucinati" in redazione. Panella sarebbe stato anche accusato di avere inviato il materiale in colpevole ritardo (circostanza da lui ogni volta seccamente smentita). A conclusione della bagarre Giordano ha deciso di "disconoscere" il giornalista, che ora deve fare capo a un dirigente, anziché al direttore che non vuole più "gestirlo". Un po' come un papa' che disereda il figlio. E’ solo l’ultimo episodio di una direzione già più volte contestata dai giornalisti. L’opinione prevalente è che "Giordano non fa un tg, ma avanspettacolo", come ha riferito uno di loro al Barbiere della Sera. Riprova ne sarebbe, oltre al malumore ormai molto più che serpeggiante, anche il calo di ascolti di Studio Aperto, che avrebbe raggiunto il suo minimo storico. La minaccia, che il Cdr cercherà in tutti i modi di attuare se le cose non cambieranno, è quella di bloccare la sperimentazione sul digitale. Per l’enfant prodige del giornalismo televisivo italiano si annunciano tempi bui.Gelsomina
Sulla scrivania di Elia Zamboni,
direttore di Radio24, c’è la lettera di scuse di Massimo
Donelli. Il neodirettore della televisione del Sole24Ore
chiarisce, nero su bianco, l’equivoco che ha rovinato la festa per la
presentazione della tv satellitare.
Dopo otto mesi di nuova direzione, alla Libertà di Piacenza, si respira un’atmosfera pesante. La rivoluzione redazionale di Gaetano Rizzuto non piace. Il giro di poltrone e di nomine- ha riguardato 18 giornalisti su 26 - ha scosso la tranquillità di un gruppo professionalmente affiatato. Ma anche la decisione del Direttore di spostare a sinistra il giornale ha avuto un effetto negativo: alcune aziende hanno sospeso la pubblicità e il trend di crescita delle vendite si è fermato. Ma Rizzuto non demorde pur sapendo che sulla piazza piacentina si affacciano nuove iniziative editoriali. Secondo indiscrezioni, la famiglia Garilli (già proprietaria come Camuzzi editoriale di Selezione) starebbe mettendo a punto un nuovo quotidiano. Un giornale libero dalle lobby che potrebbe ben inserirsi nello spazio perso dalla Libertà, dove l’unico concorrente – il Giorno – veleggia appena sopra le mille copie. A muovere i primi passi per conto della Camuzzi è Roberto Mori (ex Giornale). Shampoo
La notizia sta facendo il giro degli
editori italiani. Che non sanno se mettersi a ridere o se incazzarsi.
Perchè il candidato alla presidenza della FIEG, il mitico Luca Cordero
di Montezemolo, ha avanzato la sua modesta richiesta di emolumento per
occupare la prestigiosa poltrona: solo un miliardo l'anno. Sì,
avete capito bene, un miliardo.
Quattro giornalisti per conquistare la
piazza di Milano. E’ la squadra di Leggo, il freepress del gruppo
Caltagirone che dal 21 maggio sarà distribuito gratuitamente nelle
strade del capoluogo lombardo. Una squadra formata da Giampiero Rossi
(ex Unità e ilNuovo.it), con qualifica di caposervizio, e da Chiara
Prazzoli (ex Prealpina e Padania), Paola Pastorini (ex Giornale
di Brescia) e Marco Ronchetto (ex Agi Milano). Nella sede di Leggo, in via Botticelli, i
quattro colleghi – insieme ai collaboratori esterni - stanno mettendo a
punto il primo numero di Leggo che, secondo rumors, fornirà anche
“contenuti” alla sezione Milano del portale Caltanet.
L’ultima frontiera dell’editoria femminile è l’estremo Oriente, nella fattispecie la Repubblica socialista del Vietnam, nella quale sono sbarcati l’italiana Rcs e la tedesca Burda per dare vita a un progetto sulla carta bizzarro: Phu Nu – Women’s World, settimanale di moda e bellezza. O meglio, "decadale". Ovvero, un settimanale che esce, curiosamente, tre volte al mese. "All’inizio era un mensile", spiega Gianni D’Angelo, responsabile della "politica estera" di Rcs e dell’insolita iniziativa editoriale. "Poi, visto il successo (sono state raggiunte le 125.000 copie di tiratura, ndr), abbiamo chiesto al governo il permesso di farne un settimanale". La burocrazia orientale segue strade tutte sue e così, dopo una serie di trattative, si è giunti al compromesso dell’uscita "trimensile". La tiratura di tutto rispetto e il conto economico in profitto sono i segni del successo di un’iniziativa nata quasi per scommessa (dall’idea di un editore tedesco di origine vietnamita), con immaginabili scogli da superare. Innanzi tutto, si diceva, la complicata burocrazia vietnamita. Oltre ai permessi governativi, i contenuti devono sottostare al vaglio dell’Associazione delle donne di Madame Minh, incaricata di verificare che non ci sia nulla di volgare o di offensivo o in altro modo lesivo del decoro delle lettrici. Poi, sul piano pratico, una rete di distribuzione inesistente, letteralmente da inventare. E, naturalmente, una redazione da mettere in piedi dal nulla. Per chi stesse già preparando valigie, passaporto e curriculum, niente da fare: Phu Nu è interamente realizzato in Vietnam, con giornalisti vietnamiti, fotografi vietnamiti, modelle vietnamite. A proposito di modelle: un concorso indetto dalla testata, a caccia di nuovi volti, è diventato velocemente un evento mediatico da far impallidire il nostro Grande Fratello (o le elezioni politiche), ripreso da televisioni e giornali che hanno seguito passo per passo le 10.000 ragazze in gara e l’immancabile viaggio premio in Italia offerto alle vincitrici. Sull’onda del successo vietnamita, Rcs
sta sviluppando iniziative analoghe in tutto l’Oriente, mercato
potenzialmente molto vasto e ancora tutto da conquistare: dalla
Cina all’Indonesia, dalla Thailandia alla Corea
del Sud. Riusciranno i nostri eroi a sbarcare persino a Pyongyang?
Sembra che i primi contatti ci siano già stati… Se non è globalizzazione
questa!
Cambio della guardia a il Cittadino. Il quotidiano
della diocesi di Lodi (veleggia sulle sei, settemila copie di venduto) ha
un nuovo direttore: Ferruccio Pallavera sostituisce don Attilio
Mazzoni che da sette anni lo guidava. “Basta direttori con la
tonaca” è stata la decisione
della Curia lodigiana proprietaria della testata nata 111 anni fa come
settimanale e che nel 1989 è stato trasformato in quotidiano, dando ampio
spazio alla cronaca del sud Milano. Il neodirettore – con alle spalle una carriera tutta
interna al foglio lodigiano – ha già ottenuto il gradimento dei 16
redattori e annunciato novità sia nell’aumento della filiazione sia
dell’organico. Ma per il Cittadino le novità non finiscono qui:
dal 18 maggio la redazione si trasferisce in una nuova sede a fianco degli
studi di Telepace e di Lodi on line, il portale curato dalla
stessa redazione del quotidiano.
Quarantamila copie. Le vendite di Libero pero’ non
bastano a garantire il futuro del giornale diretto da Vittorio Feltri.
L’ingresso nell’assest della casa editrice dell’imprenditore
turistico riminese Stefano Patacconi è stato solo una boccata
d’ossigeno. La pubblicità continua a scarseggiare e Feltri è
deciso a non mollare. Così, il Direttore per garantire più forza al suo
giornale è a caccia di un editore con due caratteristiche: che non sia
troppo potente e che abbia tanti, ma tanti quattrini. L’imprenditore contattato, sarebbe, secondo indiscrezioni,
Sergio Zuncheddu che Feltri ben conosce sia attraverso l’esperienza
del Foglio di Giuliano Ferrara sia attraverso il suo
‘figlioccio’ Mario Sechi, vicedirettore dell’Unione Sarda,
quotidiano edito da Zuncheddu. Intanto, tra un incontro e l’altro, Feltri ha deciso di
candidarsi per l’Ordine che lo radiò. Lui, che vorrebbe l’eutanasia
per l’Ordine dei giornalisti, scende in campo contro Franco
Abruzzo. A sostenerlo il movimento Libero Giornalisti
sponsorizzato da Giuseppe Gallizzi e Maurizio Andriolo.
Ne volete sapere una graziosa, che spiega
molto sul Mentana vado-resto-no vado?
A poche ore dal voto, Radio Capital, l'emittente del gruppo Espresso, si
prepara a seguire la tornata elettorale con un conduttore d'eccezione:
Vittorio Zucconi, inviato di Repubblica e direttore della Radio.
In
tutti i venticinque anni della sua storia, mai a Repubblica la
tensione era stata così alta fra giornalisti e azienda. Parlare
di alta tensione è anzi un eufemismo. Di fatto, le relazioni sindacali sono state rotte. L'azienda ha spedito una
lettera di fuoco al Comitato di redazione, e l'assemblea ha
reagito proclamando 3
giorni di sciopero, da attuarsi in tempi brevissimi. La
causa scatenante è sempre Pietro D'Ottavio, il collaboratore a cui è stato negato il permesso
di entrare al giornale alcune settimane fa, con tanto di
irruzione della polizia. Per solidarietà con D'Ottavio, i
giornalisti attuarono un giorno di sciopero: era il 14 aprile. Passano
ben 18 giorni ed ecco che Fabrizio Grassi, vicedirettore generale, ispirato - si dice - dal
grande capo Marco
Benedetto, fa arrivare la citata letterina. Due cartelle, la
cui sostanza è questa: avete diffamato il giornale e l'azienda,
sostenendo che eravamo stati noi a chiamare la polizia, cosa che
non risponde a verità. Fate marcia indietro e chiedeteci scusa,
o sarà la rottura dei nostri rapporti. La
lettera viene presentata in assemblea venerdì 4 maggio e scatta
la risposta: tre giorni di sciopero. Sembra che l'azienda voglia
attribuire la richiesta dell'intervento della polizia allo
stesso D'Ottavio, che in questo modo otterrebbe più facilmente
la procedura d'urgenza per la vertenza che quasi certamente
avvierà. Ma
l'impressione è che Pietro D'Ottavio sia semplicemente un
pretesto: l'obiettivo vero di Marco Benedetto sarebbe quello
di far saltare l'attuale Comitato di redazione, considerato troppo
battagliero. Si spiega solo così quell'intervento così
tardivo. D'altra parte il mandato del Cdr scadrà fra qualche
settimana, e il rischio per l'azienda è che l'assemblea lo
riconfermi, affidandogli
la trattativa per il nuovo contratto integrativo. In
particolare a Benedetto sembra che non vada giù il vaticanista Marco Politi: non è forse un caso che, prima di consegnare la
lettera, l'azienda ha
atteso che il vaticanista partisse per la Siria al seguito del
papa. A reggere il Cdr, in questi giorni così difficili, è
praticamente il solo Giampaolo Cadalanu, visto che Carlo
Picozza è in convalescenza per un grave incidente, e per
partecipare alle trattative di una vertenza interna si è
letteralmente staccato la flebo, Corrado
Sannucci è in ferie e Patrizia
Capua, che rappresenta le redazioni locali, è
dimissionaria. Tenere
l'unità della redazione è dura: i più intransigenti volevano
scioperare addirittura domenica 13 maggio, per non far
uscire il giornale con i risultati elettorali. Il progetto stava
quasi per andare in porto quando una
cinquantina di colleghi delle redazioni locali, Bari in testa,
poi Napoli, Milano, Bologna e Torino hanno spedito dei fax in
cui chiedevano di attuare lo sciopero dopo il 18 maggio. Bari, da cui è partita la protesta, con la prima
firma del caporedattore Ettore
Boffano, è la redazione che più ha bisogno dell'appoggio
del sindacato, perché ha solo 12 colleghi (metà articoli 1,
metà collaboratori) per fare ben 20 pagine al giorno. Fra gli
anti-Cdr vi è pure Luigi
Vicinanza, capo della redazione napoletana. Alla
fine si è deciso di ricucire l'unità della redazione, e di
attuare la protesta dopo le elezioni.
Vittorio
Feltri fa scendere l’ascolto di Studio Aperto. Il
direttore di Libero da poco meno di una settimana lancia
strali e accuse dopo l’edizione serale del tg di Italia 1.
Novanta secondi dalla parte della Casa della Libertà e del suo
leader maximo. Ma
i risultati sono deludenti. Feltri non riesce a superare il
milione di ascoltatori e fa cadere lo share – già modesto di
Studio Aperto – sotto quota 6%. Un dato che non rallegra Mario
Giordano, direttore del tg di Italia Uno: ai tempi di Paolo
Liguori lo share
era al 12%. Svanisce
così per Feltri la possibilità di poter competere con Il
fatto del “suocero” Enzo Biagi, suo diretto
concorrente su Raiuno alla stessa ora. Negli
studi di Cologno Monzese tira dunque una brutta aria. Per
Giordano si parla di un ritorno alla carta stampata come
editorialista de Il Giornale e, secondo indiscrezioni,
subito dopo le elezioni la trasmissione di Feltri sarà chiusa. Un
insuccesso che rischia di incrinare i buoni rapporti tra Feltri
e il leader della Casa delle Libertà. Nelle ultime settimane
Berlusconi ha, infatti, ‘aiutato’ pubblicitariamente il
foglio feltriano con pagine a pagamento del gruppo Mediolanum.
Mille
copie.
Questo il dato di vendita della Voce di Cremona dopo
quindici giorni. Il giornale del gruppo Donati è
lontano dal break even delle cinquemila copie che il direttore
Piero Piccioli si era prefissato. Mille
copie contro le millecinquecento della Cronaca,
l’allegato del Giorno che continua a dare buchi al
concorrente di piazza Gallina. E alla Voce il malumore è in
crescita. Anche perché nella mazzetta quotidiana manca
proprio la Voce: “il giornale ce lo compriamo in edicola”
dicono con rabbia i redattori. Per
rialzare le vendite sono però allo studio abbinamenti con la Gazzetta
dello Sport e la Stampa.
Non
temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me" E
dunque, tempo una settimana, ed è finita. Gli istituti di
sondaggio sciorineranno grafici e tabelle, il Viminale arrancherà,
opinionisti di lustro, politici di seconda e terza grandezza,
preti, nani e ballerine daranno il peggio di loro stessi nelle
mille e mille trasmissioni di commento elettorale che andranno
in onda, per giorni, sulla Rai come su Mediaset, sulle private
locali consociate e persino sulla nuova Tmc, i leader - quelli
veri - saranno attorniati per giorni e giorni da selve di
microfoni e di telecamere per strappare loro inutili e
ripetitive dichiarazioni. Insomma, tempo una settimana e il
tormento finirà. Tanto
vale, nel frattempo, buttare
l'occhio anche su chi, tra i giornalisti, si è candidato a
queste elezioni (politiche come amministrative). E
ricordarsene dopo, quando i candidati - o almeno alcuni di loro
- saranno diventati degli "eletti del popolo". E
proporranno leggi, faranno dichiarazioni, organizzeranno sit-in
di protesta, cambieranno casacca e faranno nascere o cadere
governi e sindaci. Magari raccontandocelo pure dalle colonne dei
"loro" giornali o dagli schermi delle "loro"
tv, che nessuno di questi signori si sarà ben guardato dal
lasciare. Assommando ai primi tre poteri, cioè, il quarto e il
quinto. E poi ci si lamenta di Berlusconi... Ps.
Dalla "lista" abbiamo escluso alcuni che, oramai, il
mestiere dei giornalisti puri (o presunti tali) non lo fanno più
per scelta e da tempo, ma proprio perché si sono dedicati anima
(e corpo) alla politica pura, dai portavoce ufficiali dei due
leader, Paolo Gentiloni (imposto
da Rutelli come capolista della Margherita nel proporzionale di
Piemonte 2 e Sicilia 1) per Francesco Rutelli e Paolo
Bonaiuti (candidato nel proporzionale di Toscana XII per
Forza Italia) per Berlusconi, a degli ex giornalisti ormai veri
politici come Antonio Tajani (Fi), Gustavo Selva (An) e altri. GLI
ASPIRANTI DEPUTATI AZZURRI, NERI O GIU' DI LI'. Paolo
Guzzanti. Il padre di Corrado e Sabina (forse uno degli
ultimi meriti rimastigli), è candidato per la Casa delle Libertà,
quota Forza Italia, nel collegio senatoriale 22 di Brescia. En
passant, continua a fare il vicedirettore del Giornale: ne consegue che tuona, tutti i giorni, ma proprio tutti i
giorni, contro l'Ulivo, i comunisti (cripto, ex e post) e
chiunque s'interponga tra Berlusconi e palazzo Chigi. Ma
cos'importa? Guzzanti sarà senatore (il collegio è di quelli
"blindati") e scrive molto meglio di un cavallo. Ferdinando
Adornato. L'ex intellettuale del Pci, l'ex intellettuale
della sinistra dei club, l'ex intellettuale fondatore di
Alleanza democratica (ed eletto dai Progressisti in un
blindatissimo collegio umbro, nel 1994), l'ex intellettuale
liberale (e già: oggi infatti è tutto pappa e ciccia con i
ciellini), ritenta l'avventura elettorale in un collegio non
sicurissimo, ma buono: il 7 di Portogruaro-Venezia, e mira più
che a diventare deputato di Forza Italia, a fare addirittura il
ministro. Dei Beni Culturali (o della Cultura tout court) nel
prossimo governo Berlusconi. Per ora, il fondatore del mensile
prima, settimanale poi e bimestrale oggi Liberal,
al proporzionale si è fatto collegare a una lista civetta,
quella "Per l'abolizione dello scorporo". Piero
Testoni. L'ex capo della redazione milanese del
"Messaggero" nonché intervistatore ufficiale di suo
zio, Francesco Cossiga, sul quale ha anche scritto una
biografia, è uno dei "Quattro gatti" dell'ex
presidente del Consiglio, tutti in quota Polo. Testoni lo hanno
messo in un collegio abbastanza tranquillo, il 26 di
Monterotondo (Lazio), formalmente come candidato alla Camera
dell'Upr (Unione per la Repubblica) di Cossiga, in pratica
"in carico" a Forza Italia. Lista collegata, ça va
sans dire, quella civetta o meglio la "Lista per
l'abolizione dello scorporo"... Chissà ora, però, che lo
zio a mandato a quel paese Berlusconi... GLI
ASPIRANTI DEPUTATI ROSA, ROSSICCI E ROSSASTRI. GLI
ESCLUSI
(DI TUTTI GLI SCHIERAMENTI...) e i "DIARI" (DEI
DEPUTATI E CANDIDATI "FUORIGIOCO"). Niente
seggio né candidatura, infine, per il direttore di Liberazione
Alessandro "Kojak"
Curzi, ex direttore del Tg3 e soprattutto ex Pci di lungo
corso, che pure aveva osato sfidare - per Rifondazione - Antonio
Di Pietro nel collegio del Mugello, nel 1996, pur se in
compagnia del suo amico-nemico di sempre, il direttore del Foglio
(ed ex Pci) Giuliano Ferrara. Neanche a parlarne, di un seggio, infine per i
giornalisti "amici dei giudici" e tra gli animatori
del "partito dei giustizialisti", dal direttore di Micromega,
Paolo Flores d'Arcais,
inviso a metà sinistra, al suo amico Corrado
Stajano, ex senatore per i Progressisti che, eletto nel
1994, ha tracciato di quei pochi (e un po' oscuri) anni passati
in Parlamento, o meglio nel "Corridoio dei Passi
Perduti" un lucido e amaro ritratto nel bel libro Promemoria
(Rizzoli). Oggi
di "diario" - ma su Internet, e per la precisione sul
sito www.clarence.it
<http://www.clarence.it> - ne gira un'altro,
quello del candidato-giornalista Maurizio
Baruffi, direttore responsabile del mensile sulle droghe
Fuoriluogo e del suo omologo sulla rete, www.fuoriluogo.it
<http://www.fuoriluogo.it> , che si candida -
alle elezioni comunali, però - per i Verdi
a Milano. E che,
ogni giorno, su Internet, appunto, racconta di quanto sia
difficile (e anche divertente) fare il "candidato
fuoriluogo". Anche se giornalista. Chissà se, come Stajano
nel Parlamento della Repubblica, si sentirà anche lui,
all'interno del consiglio comunale di Milano - dove pure gli
auguriamo di riuscire ad andare - un po' fuoriluogo...
Ci sono voluti mesi per la
raccolta delle domande, per la formazione di una sorta di
commissione e per delle tormentatissime, quanto chiacchierate
"selezioni". Alla fine, il Senato sembrava comunque
essere riuscito a partorire il suo nuovissimo ufficio stampa di
veri giornalisti doc. |