Fallendo e fallendo che male ti fo?
Figaro
22 Giugno 2000
Sempre piu' spesso, leggendo i commenti pubblicati dai quotidiani, e conoscendone spesso personalmente gli autori, a noi del Barbiere vien da dire: "Ma come, cosi' giovani e gia' cosi' tromboni?".
Il contrabbasso suona ormai da parecchi anni per Ferdinando Adornato, che mercoledi' 21 giugno ha scritto una delle sue partiture sul Giornale di Maurizio Belpietro, rispondendo a un brano per oboe spennellato su Repubblica di domenica scorsa da Eugenio Scalfari, il quale (avendo almeno l'attenuante dell'eta' e di una certo diversa autorevolezza) quasi sicuramente controrispondera' a sua volta. Stiamo a vedere come va a finire.
Intanto, pero', vediamo di che si tratta. Tanto per cominciare, Adornato offre davvero un discutibile esempio di giornalismo costringendo il lettore a quaranta righe di brodaglia per dire, di Scalfari, cio' che avrebbe potuto dire in cinque parole. E che cioe' Scalfari "predica bene e razzola male".
E invece Adornato costruisce una complicata parabola indicando il fondatore di Repubblica come portatore di una "doppia morale", identificandolo nella tipologia, peraltro sconosciuta in letteratura, di "moralista amorale". Insomma, per farla breve, il candidato ministro della cultura del venturo governo Berlusconi, e ora editorialista del giornale del Cavaliere, rimprovera a Scalfari di avere inventato lui quel modello di giornalismo contro il quale ora punta l'indice, quel giornalismo, per intendersi, che racconta la politica vista dal buco della serratura, l'articolismo del "chi e' andato a cena con chi e dove", che ha sollecitato il voyeurismo di massa cedendo alla dittatura dello show televisivo. "Medice, cura te ipsum", latineggia Adornato rivolto a Scalfari. Se oggi ci sorbettiamo il Truman Show formato Rondolino, lo dobbiamo proprio a te.
Adornato in parte ha ragione, ma come capita a tutti coloro che vogliono dire qualcosa per guadagnarsi la pagnotta, pur avendo poco da dire, dimentica l'aspetto piu' importante della questione. Non c'e' dubbio, e pare anche a noi del Barbiere, che l'informazione spettacolare abbia generato nel pubblico e in chi lo serve (i giornalisti) una sindrome diffusa da Lady D (ahinoi, ora diventata la sindrome di Camilla Parker Bowles).
L'inventore di questo tipo di giornalismo, che oggi mostra segni di logoramento, non e' stato Eugenio Scalfari, bensi' il grande Lamberto Sechi, fondatore di Panorama. Sechi, e molti di quelli che hanno lavorato con lui lo ricordano, spaccava le palle ai suoi redattori per sapere con esattezza quale marca di sigarette fumava Donat Cattin e qual era la fantasia disegnata sulla cravatta di Andreotti, e voleva sapere se il pesce mangiato alla Rosetta al Pantheon da Cirino Pomicino era stato condito con l'olietto a crudo o col limone.
Era un impazzimento, ma, probabilmente senza saperlo, Lamberto Sechi stava facendo la rivoluzione, quella stessa rivoluzione poi proseguita da Eugenio Scalfari e portata a compimento dal "mielismo". Il principio della rivoluzione era: "anche il presidente fa la cacca". I potenti non vanno piu' raccontati con l'ossequio e il timore di un tempo, ma nella loro dimensione piu' umana e talvolta piu' volgare.
Se saremo capaci di raccontare gli aspetti e i particolari apparentemente insignificanti della giornata di un ministro, si pensava, impareremo a trattarlo come un tizio qualunque, con i suoi vizi e le sue virtu', e non come un totem. Scusate se e' poco. Diremo di piu': se oggi e' possibile che un giornalista come Gad Lerner conquisti la direzione del Tg1, il piu' paludato degli organi di informazione italiani, lo si deve proprio a quella rivoluzione.
Col senno di poi, tutto questo appare ovvio. Ma oggi quella rivoluzione viene liquidata come "colore", dimenticando troppo presto che quel colore, appunto, ha colorato di nuova liberta' i giornali italiani. Ora si puo' discutere naturalmente delle sue degenerazioni, ma e' davvero ingeneroso, oltre che stupido, non capirne l'importanza.
Tanto piu' se lo fa uno come Ferdinando Adornato che, mentre Sechi faceva la rivoluzione e Scalfari fondava il secondo giornale piu' importante d'Italia, si lanciava in una folle corsa per diventare il giornalista piu' palloso del mondo.
Anzi, in una inquietante miscela, Adornato e' riuscito a coniugare (operazione tutto sommato, a pensarci bene, non difficile) la pallosita' dei suoi articoli (ma ve li ricordate quei fondi su Repubblica in cui Nando strombettava di riforme istituzionali? Questa si' che non si puo' perdonare a Scalfari) con il tracollo dei giornali e delle iniziative che ha avuto la sventura di governare.
Citta' Futura? Chiuso. E grazie, con quelle articolesse da maniaci di Agnes Heller! Alleanza Democratica? Ci sembra di rivederlo, Adornato, che metteva insieme la crema della sinistra liberale e tuonava da qualche podio che "bisogna imparare a pronunciare la parola 'licenziamento'", con la giovane Melandri che lo osservava rapita. E anche Alleanza Democratica e' colata a picco. E che dire di Liberal? In gara per il titolo di giornalista piu' palloso del mondo, Adornato non poteva che editare il giornale piu' inutile del mondo, spingendo in una voragine un sacco di soldi non suoi e lasciando con il culo per terra un bel po' di colleghi. Il bello e' che ora ci riprova con una nuova rivista!
Ora, sempre mercoledi' scorso, sul Giornale, Adornato ci informa che Fedele Confalonieri ha reagito con entusiasmo alla sua idea di un festival della poesia. Ci risiamo. Confalonieri, ma allora non avete capito niente voi di Mediaset.
Esiste una categoria di persone, molto diffusa all'interno della categoria dei giornalisti, che di fallimento in fallimento costruisce la propria fortuna. Adornato e' tra questi. "There's no success like failure", cantava Bob Dylan. Non c'e' successo migliore del fallimento. Il vecchio Bob si riferiva naturalmente all'anima e al cuore, per spiegare che spesso il fallimento e' piu' vicino alla verita'. Nel caso di Adornato invece e' proprio cosi': piu' vai giu' e piu' lo tirano su. E se davvero, come si vocifera, ce lo troveremo ministro di un governo Berlusconi democraticamente eletto, che almeno la memoria non ci tradisca. Buona fortuna, cavalier Berlusconi.
Figaro