Ricominciamo da Feltri
22 Novembre 2000 E’ bene dire subito le cose piu’ sgradevoli sul caso Feltri, cosi’, dopo, con la coscienza a posto, si puo’ discutere meglio. 1) Per favore non facciamo come i soliti politici che starnazzano di complotti e cospirazioni non appena qualcuno pesta loro un callo. Vittorio Feltri e’ stato giudicato dall’Ordine professionale dei giornalisti, organismo la cui ragione di esistere e’ molto opinabile, ma i cui componenti sono di nomina elettiva. Li abbiamo votati e ce li teniamo. Quindi, siamo poi tenuti anche a rispettare le loro decisioni, senza, appunto, starnazzare. Da questa discussione poi, vorremmo davvero sbattere fuori i politici che (Gianfranco Fini) denunciano l’attacco a un "personaggio scomodo", o che (Fabio Mussi) approvano la radiazione di Vittorio Feltri. Sono fatti nostri, non loro. 2) Prima di intervenire sulla questione ci siamo sobbarcati la breve odissea della lettura integrale, con conseguente meditazione notturna, del testo integrale della sentenza emessa dall’Ordine milanese. E’ una lettura tanto noiosa quanto interessante perche’ snocciola le norme e le sentenze della Corte Costituzionale o della Corte di Cassazione in base alle quali e’ stata decisa la radiazione di Feltri dall’onorato club dei giornalisti. Quelle leggi ci sono, esistono, sono scritte. Alcune di esse, a leggerle, hanno il chiaro sapore del ridicolo. Ma ci sono e vanno rispettate (e probabilmente cambiate, visto che risalgono al 1948). Sorvoliamo sulle disposizioni di legge che tuonano di "dignita’ e decoro professionale", perche’ non ci pare davvero il caso di invocare questi pur rispettabili valori, e ricordiamo solo che, sempre la legge italiana sulla stampa, proibisce di "illustrare con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale e l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti".... E’ reato, dicono ancora i nostri giudici, dare in pasto roba simile nella "cosciente volonta’ di pubblicare immagini impressionanti e raccapriccianti ed e’ irrilevante lo scopo perseguito dall’autore di mantenere viva l’esecrazione e la condanna per il fatto a cui le immagini si riferiscono". (Per essere precisini: da una sentenza del Tribunale di Roma del 3 febbraio 1995, che interpreta la legge 8 febbraio 1948 sulla stampa) Punto. Quindi, sul piano del diritto, gli elementi per una condanna di Vittorio Feltri sembrano esserci tutti. Ma quale sanzione? Delle quattro possibili a disposizione (avvertimento, censura, sospensione dall’Albo e radiazione) l’Ordine ha scelto la piu’ severa. Come mai? Otto fotografie valgono davvero un ergastolo professionale? Non sarebbe stato sufficiente comminare, per esempio, una semplice sospensione? Ne discutera’ l’Ordine nazionale al quale Feltri fara’ ricorso in seconda istanza. Ora che abbiamo parlato di legge e ci siamo atteggiati a legulei
possiamo dedicarci a quella bella cosa che si chiama buon senso,
che all’interpretazione della legge non dovrebbe essere estranea. Non possiamo escludere, almeno, che lo abbia fatto per fare un po’ di caciara, com’e’ nel suo eccellente, ancorche’ molto aggressivo stile, e per lanciare una campagna di cui avrebbe certamente beneficiato il giornale che dirige. Feltri dice che non e’ cosi’ e ne prendiamo atto, tenendoci i nostri dubbi. Gli crederemo di piu’ quando vedremo su Libero anche le fotografie dei bambini al lavoro nei cantieri edili del milanese o le foto dei piccoli immigrati che chiedono l’elemosina ai semafori, a contorno di vigorose inchieste di denuncia sullo sfruttamento del lavoro minorile o sul racket dell’accattonaggio. Sempre il buon senso ci dice che l’Ordine dei giornalisti ha bisogno, quantomeno, di recuperare la sua credibilita’ se una sua decisione cosi’ importante viene coperta di pernacchie e improperi. Perche’ sui giornali di oggi tutti i pezzi da novanta, ma anche da dieci, del giornalismo italiano manifestano il loro dissenso, quando non il disprezzo, per la decisione dell’Ordine milanese? Forse perche’ l’Ordine dei giornalisti, quando interviene su un punto cosi’ delicato com’e’ quello della moralita’ del comportamento nel nostro lavoro, non ha piu’ sufficiente credito. Ed e’ un peccato, perche’ l’Ordine (finche’ non inventeremo qualcosa di nuovo e di meglio) dovrebbe, in tema di deontologia professionale (com’e’ allappante questa parola...), poter dare lezioni a tutti: a quelli che sfruttano le indiscrezioni di borsa per far soldi, a quelli che hanno la macchina targata Torino, a quelli che si fanno regalare il casco per il motorino dall’azienda che presenta un nuovo scooter, a quelli che non rispediscono i regali di Natale al mittente (non il panettone, beninteso), a quelli che non hanno ancora imparato a considerare il lavoro del giornalista come un semplice lavoro da fare con onesta’, quelli che dicono di essere giornalisti (D’Alema, Fini, eccetera) e fanno un altro mestiere, a quelli che prendono lo stipendio da un’azienda giornalistica e che nel tempo libero (cioe’ a tempo pieno) fanno i portavoce di un politico o di un industriale. Avrete notato che abbiamo usato la parola "lavoro" e non "professione". Sarebbe tuttavia ingiusto affermare che su questi punti l’Ordine dei giornalisti sia stato del tutto assente. Non e’ vero. Ma la sua voce non si e’ mai levata alta e forte, o forse siamo noi che non l’abbiamo sentita. E soprattutto non l’hanno sentita coloro che cosi’ generosamente affidano ai giornalisti il compito di informarli e comprano i nostri giornali. E’ nei loro confronti che l’Ordine ha un debito di credibilita’. Nei confronti dei lettori. Oggi Vittorio Feltri e’ in prima pagina per aver pubblicato
fotografie che non andavano pubblicate. D’accordo. La radiazione dall’Ordine
e’ una sanzione assai dura e sulla quale si continuera’ a discutere. Non
tanto per il suo valore concreto ma per quello simbolico. Un giornalista
che non puo’ piu’ fare il giornalista non dovrebbe piu’ scrivere sui giornali
e questo e’ intollerabile. Nel caso di Feltri poi, lo e’ a maggior
ragione. Tutto si puo’ dire del direttore di Libero meno che non
abbia la capacita’ di farci accapigliare per benino. Fare a meno dei suoi
articoli sarebbe davvero un peccato.
No. Non e’ cosi’. Feltri e’ in prima pagina solo perche’ oggi piu’ che mai e’ un personaggio, non semplicemente un giornalista punito per una obbiettiva scorrettezza. Qualche settimana fa il presidente di un ordine regionale della nostra riverita categoria (ci scusiamo se non ne ricordiamo il nome, credeteci, non e’ reticenza) ha patteggiato una pena giudiziaria a un anno e otto mesi di reclusione per aver rubato alle casse dell’Ordine circa 400 milioni. Qualcuno ha notato un titolo in prima da qualche parte? La notizia e’ finita nella cenere della cucina giornaliera, forse anche sepolta da un malinteso pudore della corporazione, scambiato per dignita’. Se l’Ordine dei giornalisti vuole davvero recuperare credibilita’,
davanti ai lettori, prima che all’interno della categoria, deve forse dedicarsi
a un esercizio di maggior trasparenza. E noi, visto che mettiamo
in pagina i nomi dei tangentisti e dei rapinatori, dei truffatori e degli
evasori, bene, cominciamo davvero a pubblicare in prima pagina (e non in
sedicesima) anche i nomi dei giornalisti che imbrogliano, che rubano, che
si fanno corrompere e tradiscono la fiducia dei loro lettori, e non solo
di quelli, famosi, che pubblicano fotografie. Forse, dopo, chi ci legge
sara’ un po’ piu’ tranquillo.
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