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8 Marzo 2001
E cosi’ le Camere si avviano ad
essere sciolte senza che sia stato regolamentato in alcun modo il conflitto
di interessi per coloro che, come Silvio Berlusconi, governando
un impero industriale (ed essendo per di piu' titolari di pubbliche
concessioni), vogliano candidarsi anche al governo del Paese.
Non c’e’ davvero di che
esserne soddisfatti ma e’ fuor di dubbio che una battaglia parlamentare
in zona Cesarini sul conflitto di interessi non sarebbe stata
compresa dagli italiani.
In questo ha ragione il leader della Casa delle Liberta’: il
problema del conflitto di interessi per i leader politici sta a cuore a un’infima
minoranza di nostri concittadini (lo hanno spiegato bene Renato
Mannheimer e poi Piero Ostellino qualche giorno fa sul Corriere
della Sera) e a un pugno di intellettuali e “would - be - opinion
- makers” di ceppo liberale. Gente, ahinoi, da riserva indiana.
Tra questi vani sognatori dobbiamo purtroppo notare (ammesso che a
qualcuno la cosa importi) che non si distinguono i giornalisti di importanti
testate di informazione che oggi prendono lo stipendio dal capo
dell’opposizione (o al massimo da suo fratello) e domani forse lo
prenderanno dal capo del governo (o, sempre, da suo
fratello).
Lasciamo pure da parte quelle testate giornalistiche di proprieta’ di
Berlusconi, i cui direttori, cosi’ servizievoli nei
confronti del centro destra, hanno ormai barattato la loro credibilita’
non si sa bene con che cosa.
Ma se pensiamo a giornali come Panorama, o a telegiornali come il Tg5,
non possiamo fare a meno di chiederci quali inquietudini attraversano la
zucca dei colleghi che vi lavorano.
E ci torna alla mente l’espressione un po’ smarrita della brava
conduttrice del tg5 intervistata sull’argomento. Davanti a un microfono
del Raggio Verde, la collega, in visibile imbarazzo, non
e’ riuscita a dire altro che “Be’, si’, effettivamente il
conflitto di interessi e’ un problema”.
Capiamoci. Nessuno pretende che i colleghi del Tg5 o di Panorama
organizzino digiuni nei cortili di Segrate per denunciare il
rischio di diventare giornalisti stipendiati dal presidente del
consiglio.
Ma tra la protesta di piazza e il silenzio degli indifferenti,
forse una via di mezzo si puo’ trovare. Perche’ il rischio che questi
colleghi corrono, secondo il nostro umile giudizio, e’ di saltare loro
malgrado il fosso che separa l’identita’ politica di
un giornale di informazione dalla sua credibilita’.
Un settimanale autorevole come Panorama, un telegiornale cosi’
vitale come il tg5, sono prodotti editoriali di grande livello che,
proprio grazie all’impegno dei loro giornalisti, hanno conquistato
importanti fette di mercato.
Non esitano, se ritengono che ce ne sia motivo, a dar voce a ogni
possibile critica nei confronti delle forze politiche che oggi
governano il Paese. Nell’eventualita’ di un ritorno del loro
editore Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, e in assenza di una
regolamentazione certa del conflitto di interessi, come si
comporteranno questi grandi organi di informazione?
Nelle scorse settimane abbiamo letto una grintosa inchiesta
pubblicata dalla Repubblica, su un losco traffico di quote
societarie tra Stet International e Telekom Serbja.
L’inchiesta ha tirato in ballo senza tanti complimenti il ministro degli
esteri dell’Ulivo, Lamberto Dini, che a questo punto,
quand’anche l’Ulivo dovesse vincere le elezioni, mai piu’
potra’ tornare a fare il ministro degli Esteri.
La verita’ e’ che Repubblica l’ha fatto secco.
Eppure tutti sanno che il cuore del quotidiano di Ezio Mauro batte
a sinistra. Un buon esempio di stampa indipendente, ci pare, reso
possibile dalla circostanza che nessuno dei giornalisti del gruppo Repubblica
– Espresso prende lo stipendio da Giuliano Amato, o da
Romano Prodi, o da Walter Veltroni.
Vorremmo esser certi che in circostanze simmetriche le piu’ autorevoli
testate di proprieta’ di Silvio Berlusconi saprebbero scoperchiare
una analoga pentola cosi’ fastidiosa per il Centro destra.
Per dirla piu’ terra terra, con Berlusconi presidente si potra’
ancora gridare, in compagnia di Panorama o del Tg5, “piove, governo
ladro”? Insomma, che Silvio Berlusconi faccia il finto
tonto quando si parla del conflitto di interessi si puo’ anche
capire. Che anche i suoi giornalisti (le prime vittime di questa
situazione) guardino da un’altra parte, e’ inaccettabile.
E infatti sappiamo che
non e’ cosi’, sappiamo che molti colleghi e amici che lavorano
nelle piu’ influenti testate berlusconiane vedono con chiarezza il
rischio, e si interrogano sul modo migliore per mettersi al riparo da una perdita
di credibilita’ e di fiducia da parte dei lettori.
Noi del Barbiere, ci mancherebbe altro, non abbiamo ricette da
offrire ne’ consigli da dare. Ancora non siamo diventati cosi’ presuntuosi.
Ma almeno, ragazzi, fateci sentire che ne discutete, dimostrate a
tutti che non siete disposti a chiudere gli occhi, fate un po’ di
rumore, dite qualcosa.
In ogni giornale il direttore e’ pagato per fare un bel giornale e
vendere un sacco di copie, per interpretare una linea politica
concordata con l'editore, ma anche per tenere al riparo la sua redazione
da indebite pressioni e influenze esterne, tutelandone l'autonomia
professionale.
Quando e se l’editore Silvio Berlusconi sara’ a Palazzo Chigi,
saranno capaci Carlo Rossella e Enrico Mentana di dire no al
portavoce del Cavaliere Paolo Buonaiuti?
Mancano solo un paio di mesi per capirlo.
Figaro
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