"Il contratto, questa inutile chimera"
7 Dicembre 2000 "Ci conosciamo? La prima volta qui da noi?". "Sono Bologna, ma potrei anche essere a Firenze, dove ho le redazioni degli Esteri, Cultura, Spettacoli e Sport, o alla Redazione di Roma – qui ho anche la mia attività di insegnante alla Luiss – o a quella di Milano, dove il lunedì partecipo anche al Processo…Sa' com'e' la vita del giornalista. Un giorno qui,uno li'..." E come se non lo so. Ma si', ora la riconosco, lei e' Italo Cucci, direttore del Quotidiano Nazionale del gruppo Riffeser. Spuntatina alla barba?. "Perche' no?". Caro direttore, quale onore. Lei ha fama di gran lavoratore, anche nei giorni di sciopero della categoria, o mi sbaglio?". "Ah, anche lei con questa storia. Guardi, io sono un professionista con quarant’anni di lavoro alle spalle e tratto le mie faccende contrattuali direttamente col mio editore. E sono sicuramente un aziendalista". Lo sappiamo, caro direttore, abbiamo visto la lettera che lei insieme a un altro direttore ha inviato a tutti i redattori alla vigilia dello sciopero scorso. Non le sembra un po' troppo? "Sinergie aziendali. Queste posizioni io le ho prese ormai da molti anni, diciamo trenta, quando mi sono reso conto che il sindacato ci prendeva per i fondelli. Insomma, mi chiedo, in tutte queste vertenze, dove sono i soldini? E poi, voglio tornare su un punto, siamo professionisti o impiegati? Scusi, caro Figaro, ma non e' proprio il sindacato che si e' fatto affibbiare le nuove tecnologie? E se le nuove tecnologie mi consentono di fare un giornale con poche persone perche' non dovrei farlo? Io credo che queste agitazioni siano scellerate, si continua a inseguire la chimera del contratto nazionale". Capisco, direttore. Scusi, puo' togliersi gli occhiali? Dunque diceva che il contratto nazionale e' una chimera? "Ma si', non ha piu' senso. L'editoria e' fatta di realta' cosi' diverse ormai... C'e' il giornalone, e il giornale piccolo, ci sono gli accordi integrativi.. al massimo il contratto puo' stabilire qualche norma di fondo, per il resto si dovrebbe discutere caso per caso...trattative dirette". Scusi se mi permetto, ma lei, quando manda quella lettera ai redattori alla vigilia dello sciopero nazionale non si sente un po' crumiro? "Macche' crumiro! Nessuno mi ha mai trattato da crumiro. Io spiego solo perché lo sciopero e' a mio avviso inopportuno e non faccio nessuna pressione. Nessuno ha mai preso una mia comunicazione come una pressione indebita. Mica mi segno sul taccuino quelli che fanno sciopero e quelli che non lo fanno, i fedeli e gli infedeli. Sono io il primo a occuparmi, da sempre, dei problemi dei miei redattori". Ma uno sciopero e' uno sciopero. E' anche un atto simbolico. "Bravo. E qui la volevo. Mi spieghi lei perche' tanti picccoli giornali
si sentono autorizzati a uscire lo stesso. Non parliamo poi di una realta'
come quella in cui lavoro io. Gazzette e corrierini sparsi
su tutto il territorio, noi scioperiamo e quelli escono mordendo il nostro
osso, le pare carino? I miei giornali hanno il diritto di difendersi, non
crede? Direttore, lei e' iscritto al sindacato? "Alla Stampa romana, per la precisione. E' vero, sono un cattivo iscritto. Mi hanno anche ammonito". Insisto, cosi', colpendo a caso. Prego, puo' rimettersi gli occhiali. Lei pensa che i giornalisti che lavorano nei portali Internet debbano avere il contratto giornalistico o no? "Quelli mi fanno venire i nervi. Ti salutano da un giorno all'altro, senza un minimo di correttezza, perche' hanno spuntato un'offerta migliore, magari delle stock options e tanti saluti. Una volta esisteva il preavviso, almeno. Oggi se ne infischiano. E perche' dovrei preoccuparmi tanto per loro? Se vanno a lavorare altrove, nel Nuovo Mondo, avranno i loro buoni motivi, contratto giornalistico o no. Funziona cosi': chi ha piu' frecce al suo arco, le usa. Non e' più il contratto nazionale il collante professionale dei giornalisti". Collante? "Ma si', intendo dire una cosa molto semplice. Ci vuole piu'concretezza.
Si crea un'occasione di lavoro, poniamo, in un nuovo piccolo portale Internet.
Quello e' lavoro, mica da buttar via di ‘sti tempi. Se cominciamo a porre
vincoli di ogni tipo, contratti, rappresentanze sindacali in realta' dove
non ce n'e' motivo, mandiamo tutto in malora. Ah, direttore, fossero tutti come lei... "Lei, caro Figaro, mi prende in giro..." Ci mancherebbe, direttore, qui il cliente ha sempre ragione. Quasi sempre. "Io ho fatto il direttore del Corriere dello Sport, giornale fortemente sindacalizzato. Non passava uno spillo senza che il Cdr non fosse d'accordo. Ma ero io a pensare, per esempio, alla cosiddetta tutela delle professionalità, alla qualita' della vita di cui tanto si parlava…. Sei stato troppo tempo a romperti le corna al desk? Bene, ora ti mando a fare un po' di servizi fuori. Guardi, le diro' di piu', io rimpiango i vecchi abusivi, gente che lavorava sodo e poi, alla fine, meritava davvero un'assunzione e non si sedeva in un angolo. Ora le racconto una storiella". Sentiamo. "Un giorno del '75 mi chiama un editore che aveva comprato la testata del Guerin Sportivo. Il giornale era ai minimi termini. Ma per me era una testata importantissima. Be', ho chiamato quattro sciagurati come me e in pochi anni ne abbiamo fatto un miracolo editoriale. Guadagnandoci. Sarebbe stato possibile tutto questo in un contesto lavorativo supersindacalizzato? Non credo. E’ da quei tempi che mi fregio di una qualifica professionale originale: direttore operaio. Le piace? ". Be', di storie eroiche ce ne sono tante, se e' per questo. Ma lei,direttore, non farebbe sciopero, che so, magari per semplice solidarieta' con i giornalisti impegnati nello scontro con gli editori? "Figaro, lei mi meraviglia davvero. Il sindacato dei giornalisti
non si occupa delle cose davvero importanti. Si fanno migliaia di convegni
ma nessuno ne organizza uno per capire com'e' cambiata e come cambiera'
in futuro la nostra figura professionale, la professione stessa. Per esempio? "Per esempio delle nuove tecnologie che avanzano. Per esempio dei costi di questa attivita', l'attivita' editoriale e la nostra. Costi monetari, costi sul piano della vita privata e familiare. Invece mi vengono un giorno a proporre la storia del pullman della Federstampa che viaggia per l'Italia. Ma andateci voi sul pullman. Ma vi siete mai chiesti perche'la gente non ci manifesta alcuna solidarieta'quando raccontiamo le nostre storie? Come impiegati guadagniamo abbastanza, no? Io voglio di più, e faccio il professionista? E perche' non vogliamo ammirare il coraggio di quegli editori che continuano a fare i giornali in un paese che non legge?". Un coraggio ben ripagato, direttore, i giornali scoppiano di salute in questo periodo e sono gonfi di pubblicita'. "Gia'.La pubblicità, non le vendite. E domani chi ce lo dice che sara' ancora cosi'? I giornalisti devono farsi valere sul mercato, punto e basta. Mi vuoi perche' sono bravo? Pagami, valgo tanto, se vuoi la qualita'. Punto" . Abbiamo quasi finito, direttore. Barbetta un po' imbiancata eh? "Che vuole, caro Figaro, gli anni passano. La vita e' un contratto a termine, non quelli che si fanno nei giornali". Troppo giusto. Ma visto che lei ha tirato in ballo l'argomento, che ne pensa dei contratti a tempo determinato per i graduati? Non c'e' per esempio il pericolo che un caporedattore, in vista della scadenza del suo contratto, si trasformi in un tappetino del direttore facendo venir meno il suo contributo, magari "fuori linea", alla confezione del giornale? Insomma, se mi devono rinnovare il contratto, meglio che me ne sto zitto e non contraddico il grande capo. "Figaro, lei comincia a deludermi. Lei sta descrivendo non un caporedattore ma uno che se ne sta per andare in pensione e che non vuole grane. Se uno si porta appresso queste debolezze, sono fatti suoi. E poi basta ricontrattare il rapporto di lavoro prima, magari a meta' del mandato e non alla scadenza, quando uno, effettivamente, puo' sentirsi piu' debole. Vede, il punto e'proprio questo. Siamo noi i primi a non credere in noi stessi". La barba e' a posto, chiamo il Ragazzo Spazzola. Ultima nota: lei direttore parla di un universo di editori buoni e comprensivi. E' sicuro che sia sempre cosi'? "Mah, sara' perche io vivo in un'azienda che, almeno per quanto
mi risulta, non ha mai cacciato o rovinato nessuno. Si, lo so, lei , Figaro,
mi considera un vecchio paternalista. Che vuole, io sono fatto cosi'". Bds
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