|
4 Gennaio 2001
E’ un bel po’ di
tempo che cerchiamo di capire se l’Unita’ riuscira’ a risorgere
oppure no. Di tanto in tanto facciamo una telefonata a un paio di amici per
sapere se ci sono novita’ e la risposta e’ sempre piu’ o meno la stessa.
“Dipende”. Da che? “Dalle garanzie che i Ds daranno
a Dalai sui debiti accumulati nel passato dall’Unita’”. E che
garanzie hanno dato? “Boh…”. Vabbe’, ma Dalai e i soci della sua
cordata che ne pensano? “lo diranno nei prossimi giorni…”.
I “prossimi giorni” sono diventati mesi. E a questo punto, senza entrare
nel labirinto di documenti legali, accordi sindacali e fideiussioni
bancarie, desideriamo riassumere la vicenda in termini semplici per i lettori
del Barbiere. Perche’ la storia dell’Unita’, a questo
punto, suggerisce riflessioni che vanno oltre il destino di un
giornale.
La situazione e’ dunque questa.
Una cordata di imprenditori guidata dall’editore Alessandro Dalai (Baldini
e Castoldi) vuole comprare la testata dell’Unita’ e rilanciare il
quotidiano nelle edicole italiane. Il piano Dalai e’ ormai noto e prevede
che il giornale torni alla vita con una cinquantina di redattori. Dalai
e i suoi soci tuttavia, vogliono solo comprare la testata dell’Unita’ per 30
miliardi. Non vogliono, invece, accollarsi i debiti accumulati dai
Ds nella passata gestione del giornale. Dice Dalai: “Quelli son fatti che
non ci riguardano. Ai debiti del passato, pensi la precedente proprieta’, e
cioe’ i Ds”.
In poche parole ci sono una cinquantina di miliardi che qualcuno dovra’
prima o poi pagare.
I Ds dicono a Dalai & company: “Ci pensiamo noi, non vi
preoccupate”.
Dalai risponde: “Perfetto, mettetelo per iscritto e dimostrateci che avete i
soldi, le proprieta’ immobiliari ovvero le fideiussioni bancarie giuste e
cosi’ si puo’ procedere verso la rinascita dell’Unita’”.
I Ds scrivono qualche lettera, producono qualche documento, chiamano in causa
la Banca di Roma che a sua volta attiva i suoi legali che producono
anche loro un bel po’ di carta. Poi Dalai e i suoi esaminano i documenti e
rimangono perplessi.
Non si sentono abbastanza sicuri. Temono, per qualche motivo, di poter esser
chiamati, in futuro, a far fronte a debiti fatti da qualcun altro. Temono che,
acquistando la testata dell’Unita’ oggi e nelle presenti condizioni,
questo acquisto possa un giorno essere invalidato. E prima di scucire 30
miliardi ci vogliono pensare bene.
Ora, noi non sappiamo quale sia la documentazione presentata dai Ds a garanzia
del debito (e anzi ci piacerebbe saperlo). Ma abbiamo capito che la
cosiddetta cordata Dalai non la ritiene sufficiente.
Sembra quasi che i Ds vogliamo dire: “Fidatevi della nostra parola” e che
Dalai e i suoi rispondano: “Col cavolo. Vogliamo tutto nero su
bianco e ben chiaro”.
Per finire il riassuntino ricorderemo che il 10 gennaio prossimo gli azionisti
della societa’ Nuova Iniziativa Editoriale si riuniranno per decidere
cosa fare. Per decidere cioe’, se fidarsi della documentazione presentata
dai Ds o no. In quest’ultimo caso, non restera’ che la rinuncia
all’acquisto della testata dell’Unita’. Staremo a vedere.
Ma nel frattempo possiamo abbandonarci a qualche esercizio di dietrologia,
tentando di rispondere alla domanda semplice semplice. “Come mai una vicenda
che e’ stata data per felicemente conclusa mille volte (e dallo stesso
segretario Ds Walter Veltroni) ancora si trascina cosi’ penosamente?
.”
Ipotesi
1 – Alessandro Dalai e i suoi soci ci hanno ripensato. L’idea
di acquistare l’Unita’ e di rilanciarla era nata in un retrobottega
politico diessino – veltroniano. Ora che Veltroni se ne va a
fare il candidato sindaco di Roma e che D’Alema forse tornera’ a
impadronirsi del partito, l’aria e’ cambiata.
Magari Dalai e i suoi volevano garanzie di tipo politico che
oggi nessuno e’ piu’ in grado di dare. E quindi fanno la manfrina:
dicono che le garanzie dei Ds non sono sufficienti e si sfilano dall’affare.
Ciao ciao.
Ipotesi 2 – Effettivamente le garanzie offerte dai Ds a copertura dei
debiti passati non sono sufficientemente chiare. Il che porta a tre
possibili conclusioni logiche.
a) I Ds possono rendere le loro garanzie piu’ solide e quindi
convincere Dalai & C. Basta scrivere la lettera giusta o
lavorare ancora sulle fideiussioni bancarie.
b) I Ds non possono rendere le loro garanzie piu’ solide per
l’ottimo motivo che non hanno i soldi per pagare i debiti.
c) I Ds non hanno nessuna voglia di impegnare una cinquantina
di miliardi per coprire il buco dell’Unita’ quando si avvicina una
campagna elettorale contro Silvio Berlusconi, ovvero l’uomo piu’
ricco d’Italia che puo’ schierare in campo centinaia e centinaia di
miliardi e, se vuole, anche migliaia. Quei soldi servono altrove.
Come la mettiamo? La mettiamo male, malissimo. Perche’ se la
situazione non si sblocca entro il 10 gennaio 2001, almeno pare, gli scenari
rischiano di complicarsi notevolmente. Vediamo come.
1) Il fallimento. Anche questa e’ un’ipotesi possibile. Se non si
riesce a portare a termine la liquidazione “in bonis” come dicono i
legulei, il liquidatore Victor Uckmar dovra’ consegnate i libri
contabili nella mani del tribunale civile. E interverra’ cosi’ la magistratura.
l’intervento di questo nuovo soggetto, ovvero il giudice,
difficilmente sarebbe indolore. Un magistrato chiamato a ficcare il naso
nei conti dell’Unita’ dovrebbe innanzi tutto verificare che non ci sia
traccia di una bancarotta fraudolenta. Dove sono andati questi 100
milioni? A fronte di quale fattura sono stati pagati? Come mai questa uscita
non ha una pezza d’appoggio? Non e’ che i contributi dell’editoria per
il giornale sono stati usati per altri scopi? Qualcuno e’ stato pagato in
nero? E come mai?
Ci siamo capiti. Se vi ferma la polizia stradale e decide di farvi la multa,
una magagna ve la trova sempre. Figuratevi cosa puo’ succedere nei
conti di un’azienda editoriale con una storia cosi’ complicata come quella
dell’Unita’. Il fallimento
e’ davvero un’ipotesi che non conviene a nessuno. E comunque non certo ai Ds.
C’e’ inoltre da dire che il crollo dell’operazione Dalai sarebbe un
brutto colpo per molte persone. Walter Veltroni e Pietro Folena, per
esempio. Quante volte il segretario Ds, e quello che oggi si candida a
diventarlo, hanno annunciato il ritorno in edicole dell’Unita’? Come
farebbe Veltroni a fare una campagna elettorale da sindaco di Roma con una
figuraccia del genere sulle spalle? Dura…
Altri personaggi che non ne uscirebbero bene. Il liquidatore Victor Uckmar,
principe dei commercialisti italiani che nel dicembre scorso annunciava all’Ansa
la felice conclusione della “liquidazione in bonis” e il ritorno
dell’Unita’ in edicola per la prima meta’ di gennaio. E vogliamo
chiederci anche qual e’ stato il ruolo in tutta questa vicenda del fine
giurista Andrea Manzella, consigliere del Quirinale e di
numerosi presidenti del Consiglio, oggi presidente del consiglio di
amministrazione della Nuova iniziativa Editoriale?
2) Altro scenario. Potrebbe spuntare una nuova cordata e un imprenditore che
ha voglia di prendere per buone le garanzie di cui i soci di Dalai oggi
diffidano. E tutto ricomincerebbe daccapo.
3) I giornalisti dell’Unita’, o parte di essi, decidono di prendere
l’iniziativa e di far uscire il giornale da soli, senza editore, rischiando
il loro lavoro i loro soldi.
E’ la proposta che ieri l’altro ha ventilato all’assemblea dei
giornalisti l’ex condirettore Piero Sansonetti.
“Io ho fatto solo due conti”, ha detto Sansonetti al Barbiere.
“Se e’ vero che l’Unita’ puo’ ripartire da 30 o 40 mila copie di
venduto in edicola, con un po’ di pubblicita’ ce la possiamo fare anche da
soli. O almeno si puo’ tentare”. Sansonetti e’ il primo a sperare che
l’operazione Dalai vada in porto, ma, nel caso, e’ pronto a giocare
anche la carta dell’autogestione. Che bello sarebbe. Noi, qui a bottega,
quando sentiamo parlare di giornali gestiti da giornalisti, ci viene
l’acquolina in bocca. Ma per realismo, speriamo davvero che l’Unita’
trovi un editore.
Insomma, come avrete capito e’ proprio un labirinto. Oggi, il Foglio
di Giuliano Ferrara, strapazza i Ds per il modo con cui hanno
gestito la vicenda dell’ Unita’. Difficile dargli torto.
E tuttavia, se ci permettete un’osservazione conclusiva, a noi sembra che
l’odissea dell’Unita’ sia il buco della serratura dal quale guardare a
una situazione assai piu’ preoccupante che non la chiusura di un
pur glorioso giornale.
L’Unita’ ancora non riapre perche’ non si capisce se il partito di
maggioranza relativa della coalizione di governo ha i soldi o no per far
fronte ai suoi impegni. I Ds, in altre parole, stanno alla canna del gas,
mentre l’aspirante premier del centro destra Silvio Berlusconi
dispone di un patrimonio di migliaia di miliardi che puo’ in ogni momento
impiegare nella campagna elettorale. Lui, la faccenda del giornale fondato da
Antonio Gramsci, l'avrebbe risolta in mezz'ora con un fruscio di assegni.
A noi dispiace per l’Unita’ e per la sorte di tanti amici e
colleghi ai quali ci sentiamo vicini. Ma vorremmo dedicare un pensiero lievemente
preoccupato anche all’equilibrio della democrazia italiana.
Bds
|
|