Sindrome dei Balcani:
e se fosse un'immane bufala?
5 Gennaio
2001 Caro Figaro, dopo qualche tempo di assenza rieccomi a scriverti spinto ancora una volta dall'indignazione verso la nostra categoria. Vorrei sfogarmi - almeno con te - dopo aver letto per il decimo giorno consecutivo inconsistenti resoconti sulla "sindrome dei Balcani" convicendomi che ciò che davvero è impoverito non è il maledetto uranio ma il reportage italiano. Non so quanto tu abbia seguito la vicenda, ma ti assicuro che le cose che si stanno scrivendo (e che milioni di italiani stanno leggendo) talvolta sfiorano il ridicolo. Devo premettere per onestà di cronista che non appartengo alla categoria di coloro che negano a priori la pericolosità di questi proiettili, chè tali sono e non "bombe". (La differenza, come vedremo più in là, ha la sua importanza, non foss'altro perché la bomba esplode comunque e sempre mentre il proiettile no). Allora, la storia comincia credo un anno fa quando la Nato riferì al governo italiano che sì, proiettili all'uranio impoverito (32mila se non ricordo male) erano stati effettivamente utilizzati durante le incursioni aeree sul Kosovo e che le aree colpite erano quelle a ridosso del confine con l'Albania, quasi per intero finite in seguito sotto il controllo dei soldati italiani. La storia viene trattata con scarso interesse dai nostri giornali che ne scrivono per un paio di giorni e poi niente più. Fino alla fine di settembre, quando qualcuno denuncia che due giovani soldati di leva sono tornati in patria colpiti dalla leucemia. Cioè si sarebbero ammalati sul campo e "fulminati" da una malattia che, al pari di ogni altro cancro, è micidiale proprio perchè normalmente protetta da una silenziosa e spesso lunghissima incubazione. Il procuratore militare Intelisano annuncia di aver aperto un'inchiesta preliminare, il che vale a dire: stanno indagando per accertare se è successo qualcosa di anomalo. Ma la lezione di mani pulite non ci ha insegnato nulla, e così come ai tempi di Di Pietro-giudice un'avviso di garanzia era una prova di colpevolezza, così oggi l'inchiesta preliminare diventa la prova che lo scandalo esiste davvero. Poichè molto giornalismo italiano (non tutto per fortuna) continua a credere che "fare lo scoop" è semplicemente scoprire quello che sta scoprendo il magistrato e non il contrario come dovrebbe essere, così l'annuncio di Intelisano si trasforma nella fiamma tra i barili di polvere. Evviva: cominciano a defluire fiumi di inchiostro compiaciuto, vergato non da uno, ripeto, non da un solo inviato in Kosovo ma dai soliti analisti-poltroni che da Roma o da Milano scrivono le cronache del mondo. La storia torna a spegnersi e a fine d'anno riesplode chissà perchè. Questa volta con rullo di tamburi e fragore di bombe: persino il presidente del consiglio, per non parlare di tutti-i-politici-tutti e naturalmente ciascun giornalista, si lanciano sulla carneficina che l'uranio impoverito HA già commesso a dispetto di ogni elemento di fisiologia e di logica. (Abbiamo assistito poche settimane fa a un fenomeno identico: l'incubo della mucca pazza che oggi, misteriosamente, non uccide e non spaventa piu'. Tutti sapevamo per averlo ascoltato dagli esperti medici che l'encefalopatia spungiforme puo' essere contagiosa soltanto se si mangia il cervello dell'animale ammalato e poche altre parti del sistema nervoso, ma noi abbiamo scritto che persino il filetto, e il latte, e le uova e poi addiritura il formaggio potevano uccidere. Una vergogna per la nostra intelligenza e il nostro mestiere!!!!!). Ma dalla mucca impoverita torniamo all'uranio pazzo. Che non ha contaminato solo il Kosovo ma, si scopre, anche la Bosnia. Ora non mi voglio dilungare sulle cronache pietose di una morte, o di un'altra, ricostruite con dovizia di lacrime da ciascuno dei paesini italiani in cui un giovane che aveva indossato la divisa, e' stato stroncato dalla leucemia. Tutti questi sono diventati ''i casi'' che provano l'esistenza della strage, dimenticando però quei due che per primi ne avevano segnalato l'avvio. Mi soffermo solo su un paio di ''storie'': quella di un soldato spagnolo (''L'uranio impoverito uccide anche tra le fila dell'esercito di Spagna" è stato titolato), che si scoprirà dopo due giorni (ma solo in tre righe) che il poverino era stato sì nei Balcani ma non in Kosovo, piuttosto in Macedonia dove la guerra non è ancora scoppiata. Eppoi l'ultima di due giorni fa, il ''sesto caso'', quella del ragazzo morto al ritorno dalla Bosnia. ''E' stato contaminato maneggiando le bombe all'uranio impoverito perchè faceva l'armiere'' leggo in prima pagina: importa che l'esercito italiano per fortuna i proiettili all'uranio non li usa e che quindi il poverino non può averli maneggiati? No, non importa. Quello è il sesto caso, punto e basta. Importa riflettere su come mai tra la popolazione albanese del Kosovo non ci sia un solo caso di contaminazione e che quindi appare strano che restino contaminati solo i nostri militari? No, non importa. E' utile segnalare che i proiettili all'uranio se non impattano la corazza del carro armato contro cui sono mirati non esplodono e quindi restano, inoffensivi, conficcati a venti metri di profondità nel terreno? No, non è utile. Sarebbe opportuno ricordare (ma non fu un'altra polemica del dopo-guerra?) che in tutto il Kosovo sono stati colpiti dai mediocri mitraglieri della Nato solo dieci carri armati serbi e che quindi in fondo quelli e non altri possono essere gli obiettivi contaminati? No, non è opportuno. Sarebbe corretto sottolineare che l'uranio impoverito semmai si annida e colpisce i reni e i reni c'entrano poco o punto con la leucemia che invece è una malattia del sangue? No, non è corretto. E sarebbe onesto ripercorrere le casistiche della leucemia in Italia, che colpisce 5-7 persone ogni 100mila abitanti e quindi i sei casi tra le decine di migliaia di soldati che si sono mossi tra Bosnia e Kosovo in questi anni costituiscono la conferma della media? No, non è onesto. Eppure io vorrei leggere la verità, ma qualche volta la verità non non è opportuno, non è corretto, non è onesto, non è utile raccontarla. La "sindrome dei Balcani" è un bel titolo, e l'argomento e' talmente complesso e sensibile che nessun politico potrebbe osare negarlo. Ecco partorito così il mostro perfetto, imbattibile perchè impalpabile. Ora io ti chiedo: ma perchè non si è letto un solo reportage condotto dal fronte alla ricerca di elementi che confutino o confermino una tesi che fino a questo momento resta precostituita e come tale indimostrata? Può essere "fonte" il parente del soldato morto? Per ragioni umane è inevitabile che almeno lui si convinca di aver perso un figlio ucciso nell'adempimento del proprio dovere. Un eroe caduto in servizio è pur sempre meglio di un ammalato defunto da piangere soli. E invece le fonti dei reportage letti in queste settimane sono state in gran parte proprio i parenti delle presunte vittime: è come pretendere di fare un'inchiesta sull'opportunità della pesca intervistando i pesci in padella. Non voglio apparire cinico, ho grande rispetto per i morti e per il dolore dei loro parenti, ma il giornalismo deve essere un'altra cosa: non posso di fronte alla vittima di un incidente stradale annoverarla tra i martiri della mafia, solo perchè lo scontro è avvenuto a Catania. Leggo solo una campana, mio caro Figaro, e questo mi insospettisce. E la conferma ai miei dubbi l'ho avuta quando ho proposto al mio direttore una riflessione di questo tipo e lui mi ha risposto che no, faremmo ridere se in questo momento scrivessimo che l'uranio impoverito è una bufala. ''Le prove - mi ha detto - portami le prove. Ma più in là''. Fammi barba e capelli oggi, adorato Figaro, così il tuo Re Pubblico ha più tempo e almeno ci pensa un po' su. Re Publico |
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