Le 5 W della corretta informazione (who, where, when, what, why):
roba che si mangia?
Certo che se uno si sbatte a organizzare un convegno – magari per
l’Enciclopedia Treccani – e gli riesce anche di cucinare un buon
sugo, se poi si vede completamente segato non gli viene più
da ridere. Eppure è così per noi degli uffici stampa.
(Nel frattempo Dimitri Buffa mi segnala convegni inutili con capiredattori
inflessibili che ti obbligano a seguirli anche contro la calura, magari
per omaggiare Formigoni e Bassolino).
Tornando a noi. Ci occupiamo, a volte, perfino delle bollicine
dell’acqua minerale mentre tutto si gioca invece in un forsennato e improvviso
galoppo del politico di fama. Scorta cattiva incorporata – con lampade
e operatori tv annessi, quasi mobili abat-jour -, il politico attraversa
lo spazio pubblico della nostra fatica, e tutto travolgendo spara una cazzata
alla qualunque.
Però la spara in mezzo alle luci e con gente che si picchia intorno mentre ha in mano quello strano gelato che si chiama microfono. Roberto Alatri (ufficio stampa Treccani) ha ragione. Voi vi dannate l’anima a cercare la piega dei significati e loro ve la stirano subito: come cavallette alla disperata ricerca di una battuta, i giornalisti ignoreranno domani il contesto della dichiarazione. Il convegno? Quale convegno? Il titolo? E gli organizzatori? Ma perché, quella roba che ha detto Mastella in quella sala con quel pannello e quel logo l’ha organizzata qualcuno?
Sono venuti in massa lì da voi e magari ai vostri capi luccicano
gli occhi (mai vista tanta televisione!). Ma quelli sono lì per
caso e voi siete soltanto il loro autobus. D’ora in poi , Roberto, spara
il logo Treccani sulla fronte degli ospiti illustri (sceglili calvi se
puoi), così “di riffe o di raffe”, almeno con l’adesivo sociale,
andiamo comunque in televisione.
El (pobrecito) siglo de los Genoveses.
Qui, invece, la scena c’è: aeroporto di Fiumicino, domenica
mattina. Al banco del l’enoteca “Marchese di Frescobaldi” due personaggi,
l’aria severa e preoccupata. Uno è sicuramente David Sassoli
(non parlerà mai), l’altro – calzoni verdi, giacca blu, barba e
occhiali da intellettuale stampati sulla fronte – parla dei DS, il suo
partito, sembrerebbe, e poi del referendum: ”Non hanno fatto manco un manifesto”.
E’ vero ma visti i risultati hanno almeno risparmiato – dirà
certamente il visitatore genovesizzato del siglo..
Ma il bello deve ancora venire, caro Arnaldo Bagnasco (è
lui l’artefice della mostra genovese di Palazzo Ducale El siglo de los
Genoveses : il ‘500).
Infatti il nostro intellettuale-calzoni-verdi molla gli ormeggi
e confessa la sua condanna: è in transito per Genova, per una mostra
(ne scandisce il titolo storpiato a Sassoli in uno spagnolo improbabile)
che non è “manco buona per la notte”. Insomma condannato ad un servizio
da sbadiglio per un TG dedicato alle giornata genovesi di Ciampi. Chissà
Arnaldo…
Uffici stampa della prima, e della seconda repubblica.
Questa ce la dobbiamo dire, frankly speaking. “Allora si decideva
noi quando fare notizia. Oggi, d’accordo – ripetiamoci la rava e la fava
dei new media e di un’informazione h24 – ma perché il politico deve
parlare a tutti i costi? E invece di farsi inseguire dai media non impara
a decidere lui quando e se lasciare il segno.?
Colleghi della politica, trovate un qualche metadone per le tossicodipendenze dei vostri capi! E se per una battuta si volessero vendere la mamma (capita, purtroppo) siate piccoli capitani coraggiosi e tessete l’elogio del silenzio.
L’esternazione quotidiana ( per chi non abbia incarichi istituzionali)
è decisamente dannosa. Per chi magari è anche ministro mi
sembra poi stia diventando rischiosa. Ci sono persone troppo conosciute
ormai, che troppo si fanno conoscere.
Di questo passo l’unico buon curriculum sarà solo il silenzio.
Jocelyne Pardo. Al banco AGI della sala stampa della Camera
dove trovi Eminente, ma anche Riccio (e non solo loro) c’era
anche lei. E a Telecamere. Ora non c’è più.
L’ultima volta che ci siamo sentiti – più di un anno fa
– trattò la liberazione di una sua incauta collega che si era forse
troppo avvicinata ai bastioni di Forte Braschi (erano i tempi di Ocalan).
Che potevamo farci?
Il Comitato di Controllo sui Servizi ha già così pochi poteri… Potevamo mettere almeno una mano sul fuoco (per la collega si intende), sembrava chiedermi Jocelyne? Certo – facevo io -, ma non sarebbe bastato: non sarebbe stato forse meglio lasciare alla fantasia dei carabinieri il compito di mettersi loro quella stessa mano sulla coscienza?
La collega fu liberata: ci siamo fatti delle risate, lo so,
sulla paura fottuta di una persona e sulla sua evidentemente incauta interpretazione
del ruolo.
Poi più niente. Non l’ho più vista né sentita
e se qualcuno mi dice che non c’è più continuo a credere
che non sia vero.
“Abbasso le esclusive”. Novella soffre per Frattini.
“Brutto brutto dover piegare alle esigenze scoopistiche di questa
o quella testata il giusto e sacrosanto diritto di informazione – dice
con un po’ di enfasi Novella Onofri, ufficio stampa di Frattini.
“Sì lo so che il discorso eticamente è ineccepibile,
ma praticamente inapplicabile. Lo so, lo sappiamo tutti noi che facciamo
parte dell’ingranaggio….Ne vale davvero la pena?” .
La richiesta di esclusiva – effettivamente – è un poco figlia
dei vecchi ritmi lenti di una comunicazione limitata alla pagina scritta
e appena increspata da una tv di stato.
Oggi che la comunicazione non conosce sosta dovremmo inventare
l’esclusiva temporanea ( o limitata al mezzo che te la chiede). E di fatto
è già così: non dai a Repubblica quel che ti ha chiesto
il Corriere ma cedi volentieri al TG1 certo di non avere sconfessato un
impegno. E come regolarsi col quotidiano on line ?