Balordi, secondini e bacchettate.
Perfino Enrico Mentana parla ogni tanto di "balordi". A
voler restituire dignita’ a questa parola, viva soltanto nella lingua occasionale
della cronaca giornalistica nera (e perciò morta), dobbiamo riandare
alla Milano della prima Vanoni, ai testi di Fo, mentre Jannacci
si scalda a bordo campo.
"Balordi" dunque i figli del raptus improvviso – diseredati, perché orfani anche di una sociologia che ne alimenti e ne spieghi la follia –, ma soprattutto "toghe" i magistrati, soliti "bacchettare" i politici della prima repubblica prima di riuscire a incarcerarli. E’ Giorgio Frasca Polara – nella sala stampa della Camera, al tavolo che fu di Vittorio Orefice - il più solerte collezionista di quelle che un genovese stimerebbe vere e proprie belinate, pietre angolari di un’archeologia del linguaggio che nemmeno il web scalfirà .
E che dire dell’uso del termine "giudici"? Non c’è redattore che non abbia alimentato questo giustizialismo delle parole spacciando per giudice imparziale e imperscrutabile la follia mediatica di una parte in tutti i sensi della pubblica accusa italiana, parte parziale del rito processuale.
Però di "secondini" non si parla quasi più e se Francesco Di Maggio fosse vivo (lui si incazzava, giustamente) credo che ne avrebbe motivo di conforto. Colleghi facciamo un elenco di queste cattive parole? Certo non per purismo.
Boatos.
Anche noi ne siamo sfiorati. Per quanto l’informazione sia libera
il terremoto politico di questi ultimi mesi non potrà non avere
conseguenze. Sia sul fronte dei fiancheggiatori dell’attuale maggioranza
sfibrata (e si parla di Anselmi a Repubblica come di
cosa fatta), sia su quello storicamente "indipendente" (e De Bortoli
sembrerebbe esser prossimo a pagare l’indubbio supporto al governo D’Alema
e l’abbandono del fronte garantista in materia di giustizia) . La svolta
politica delle regionali farebbe definitivamente tramontare le chances
(o i desideri) di Recanatesi al Tempo.
La seconda guerra civile americana.
Il bel film di Joe Dante ha in James Coburn
un gustoso consulente di immagine che spiega al presidente degli Stati
Uniti come gli elettori americani preferiscano "votare il fumo piuttosto
che l’arrosto". Dovremmo meglio e di più saper utilizzare questa
moderna letteratura che si chiama cinema e trarre da essa spunti per riflettere
sul nostro lavoro e per meglio insegnarlo. "Cinema e informazione" è
un capitolo divertente che potremmo scrivere con le immagini.
Chi mi aiuta a censire titoli, personaggi e sequenze?
Gay pride.
Dove sono finiti gli esperti di comunicazione (ma anche la sensibilità
a come e cosa comunicare) in questo che non per caso è diventato
un vero e proprio culo di sacco?
Giuliano Amato prima e Rutelli poi hanno malamente
cavalcato un difficilissimo argomento sul quale molti pensano a questo
punto si giochino le chances di candidatura alla premiership (Repubblica
poi con quella foto in prima di un Rutelli a muso duro: è
proprio sbagliata perché vuole comunicare un’autorevolezza che si
costruisce negli atti non nella postura del corpo).
Poi le storie private e gli eroismi della pubblicità: Pecoraro Scanio, Ventola. Il giorno prima il presidente della Regione Toscana aveva raccontato dell’amore perduto.
Un tempo l’assenza di leadership politica si manifestava in una miriade di contraddittorie dichiarazioni politiche (ognun per sé): le famose "alla qualunque". Oggi l’ultima chance del "politico per caso" è nell’uso pubblico del proprio privato. Tutto il contrario di una vera politica.
Ai tempi del pentapartito il pensiero laico e le istanze libertarie
avevano una seria cittadinanza e solidi difensori, non il mondo di pippicalzelunghe
e di quellicheilcalcio.