"Le vacanze intelligenti".
Non ricordo se succede ancora, ma l’Espresso era solito
sostituire sotto gli ombrelloni dell’estate la lista dei libri a quella
della spesa. Così farò io in queste puntate che ci separano
dalle vacanze di presskit. Cominciando con La realtà dei media di
Niklas
Luhmann. Scomparso due anni fa, il sociologo tedesco ha dedicato molte
brillanti analisi ai temi della comunicazione pubblica.
Il saggio qui proposto, di Franco Angeli, è la trascrizione, ampliata, di una conferenza con lo stesso titolo tenuta da Luhmann il 13 luglio 1994 a Dusseldorf.
Inizia così: "Ciò che sappiamo della nostra società, e in generale dal mondo in cui viviamo, lo sappiamo dai mass media. D’altra parte sappiamo abbastanza dei mass media per non poterci fidare di questa fonte (…) Attribuiamo a tutte le conoscenze il marchio del dubbio, ma ciononostante dobbiamo basarci su di esse e collegarci ad esse. La soluzione del problema non può essere trovata (come nei romanzi dell’orrore del XVIII secolo) immaginando un personaggio sullo sfondo che regge di nascosto le fila – anche se agli stessi sociologi piacerebbe molto crederci".
"Chi è Figaro? E’ Bettanini".
La caccia senza soste allo smascheramento redazionale trova, finalmente,
una risposta su "Il Diario". Sarei io il tessitore de Il Barbiere
della sera. E se invece fossi un più modesto Corriere
di Siviglia?
Chiara Borghese.
Dagli affumicati spazi che circondavano la sala rossa di Palazzo
Tursi a Genova, al Transatlantico di Monte Citorio. Poi un braccio
di ferro con il suo ex-giornale (Il Secolo XIX), la decisione di lasciare
ed il coraggio di cominciare daccapo. Ma dall’altra parte della barricata:
come portavoce del ministro dei Trasporti. Benvenuta nel mondo di press
kit.
Time out con "Mad city"(1997).
Il film di Costa-Gravas, con Dustin Hoffman e John Travolta,
ci offre moltissimi spunti interessanti sulla costruzione di una notizia.
Ma anche sulla vita di relazione e i rapporti interni al mondo dei media
(da confrontare con Giornalisti, il flop Mediaset).
Hoffman-Max Brackett, giornalista tv ex-affermato, capitato
a lavorare in un network di serie B cerca disperatamente lo scoop. Vuole
incastrare un maggiorente locale con ogni mezzo, ma il suo capo-direttore
lo blocca e lo dirotta – umiliazione! – sullo sciopero dei dipendenti del
museo locale, licenziati.
Gli affianca una giovane collega, Laurrie, alle prime armi.
Ecco il dialogo: "Adesso io chiamo il direttore e gli dico di dirci come
e perché il museo debba affrontare tagli di budget così drastici
...Chiaro?... E poi troviamo un paio di persone del posto che ci dicano
che senza un museo questa città è solo un canile…e per finire
se vuoi fare un minimo di carriera mi porti fuori a pranzo… mi devi dare
una risposta…".
E Roberto Jezzi?
Press kit o l’arte delle citazioni. Non saprete mai, navigatori-navigati,
se le citazioni siano gocce preziose e distillate da una straordinaria
essenza o l’ingegnosa deviazione di un fiume in piena. Molti propendono
– per dirla con Guzzanti-figlio – per "la seconda che ho detto".
Dopo Landi e Cesaretti ora è il turno di Roberto
Jezzi, colonna di Radio Radicale. Stile e postura alla Daniele
Piombi – tutto il contrario dell’immagine radicale: e dunque geniale
- , Jezzi ha intervistato agli angoli delle strade migliaia di signor "chiunque".
Abbiamo spesso sospettato che dietro quelle interviste da strada (con scampanellare
di tram, stridìo di freni, inconfondibili rumori di autobus) si
celasse uno di quei dischi-nastri da colonne sonore, dal titolo "effetti
di strada". E che il buon Jezzi facesse finta di sfidare la calura estiva
intervistando la zia, a casa, con i piedi a bagno. Ma non era così.
Non è così nel Transatlantico: qui regna incontrastato nel raccogliere i pareri di altri signor chiunque, i cosiddetti parlamentari-peones. A loro Jezzi regala qualche minuto di celebrità e e loro reganalo a lui un probabile consenso quando l’annosa questione della radio arriverà in Parlamento.