E' meglio "sporco negro" o uno zigomo rotto?
Ragazzo Spazzola Per capire i motivi di tale urgenza bisogna raccontare gli antefatti. Nel corso di Lazio-Arsenal, quasi a dar corpo ai cori razzisti cui un nutrito gruppo di tifosi biancazzurri da tempo ama dedicarsi quando i loro beniamini affrontano avversari di pelle nera, Mihajlovic aveva chiamato "negro di merda" il centrocampista francese Patrick Vieira. Una settimana dopo, nel corso di Juventus-Amburgo, Zidane aveva dal canto suo colpito con una testata in faccia il difensore tedesco Jochen Kientz quando questi si trovava già a terra, fratturandogli lo zigomo sinistro e provocandone il ricovero all’ospedale in stato commotivo. Mihajlovic aveva concluso la partita senza sanzioni ma poi era stato squalificato per due giornate. Zidane era stato espulso dal campo quale preludio a una punizione destinata a essere molto più severa di quella toccata al serbo. Il doppio pentimento, dunque. Mihajlovic si è pentito a scoppio ritardato. Il giorno dopo il fattaccio aveva già ammesso tutto ma aveva anche sostenuto, nell’ordine, che: a) il primo insulto razzista era stato di Vieira ("zingaro di merda"); b) non era certo colpa sua (di Mihajlovic, cioè) se Vieira aveva la pelle nera; c) certe cose succedono spesso, fra avversari, ma a fine partita ci si stringe la mano; d) anche se non ci stringe la mano, quanto avviene in campo deve restare un segreto fra uomini veri. Ecco perché c’è voluto tanto tempo per convincerlo a recitare un pubblico "mea culpa" attraverso gli altoparlanti dello stadio. Ma alla fine il pentimento ha se non altro incluso le scuse a Vieira e un appello ai tifosi perché la smettano una volta per tutte con i cori razzisti. Zidane, invece, si è pentito subito. Ma le scuse non le ha rivolte all’avversario da lui massacrato. Le ha riservate, tramite il sito Internet del club torinese, soltanto alla Juventus e ai compagni di squadra, da lui costretti a giocare con un uomo in meno (che poi sono diventati due perché anche un altro bianconero, Edgar Davids, si è fatto espellere per gioco violento). Sul suo sito Internet personale, peraltro, "Zizù" s’è guardato bene dall’esprimere il benché minimo segno di pentimento. Anzi: "Sono stato provocato e mi sono fatto giustizia da solo", ha scritto. Bene. Come si sono comportati, di fronte a questi fatti, i media italiani? Il caso-Mihajlovic, inizialmente minimizzato dalla stampa specializzata, è fragorosamente finito in prima pagina sia sul "Corriere della Sera" che sulla "Repubblica", ispirando articoli che senza troppi giri di parole hanno esteso l’accusa di razzismo, e dunque di fascismo, a tutto l’ambiente della Lazio, società e tifosi inclusi, e di lì tracimando su teleschermi e sugli altri giornali. Il caso-Zidane in prima pagina c’è invece finito soltanto sui quotidiani sportivi, e per di più spiegato e archiviato come "gesto di follìa" del giocatore, follìa stigmatizzata più per i danni arrecati alla Juventus che per quelli arrecati a Kientz. A dispetto delle differenze sostanziali fra il comportamento dell’uno e dell’altro giocatore, infine, il "pentimento" dei due è stato accomunato da molti titoli e da molti giudizi. Ora, è bene che sappiate che Ragazzo Spazzola non è una mammoletta. Vive di sport e di informazione da troppi anni per non sapere come vanno certe cose. Però, essendo stato prima atleta e poi giornalista di dignitoso livello, non sempre gli riesce di ingoiare e far finta di niente. Ecco perché ha sentito tutta quell’urgenza di dire la sua. Ragazzo Spazzola si ostina infatti a ritenere che insultare un avversario anche in maniera atroce sia meno grave che spaccargli la faccia o una gamba (quando giocava, almeno, lui preferiva beccarsi una raffica di parolacce piuttosto che una di calci o di pugni), e che, accada quel che accada, a fine partita si ritorna fratelli anche del più sanguinario degli avversari. Avete mai visto una partita di rugby (e sottolineo rugby)? Quando le squadre abbandonano il campo, gli sconfitti fanno ala ai vincitori battendogli le mani. Ecco: Ragazzo Spazzola è talmente reazionario da pensare che le cose dovrebbero andare così anche in sport meno seri del rugby. E pur di sostenerlo è pronto a farsi dare del laziale e del fascista sebbene la sua squadra neppure giochi in Serie A ed egli sia stato fra i fondatori di "Stella Rossa". Aggiunge inoltre che ritiene sconfortante accorgersi di come l’obbligo conformista di apparire "politically correct" abbia una volta di più spinto tanti suoi bravi colleghi ad accantonare il pensiero critico e a scrivere per la millesima volta lo stesso pezzo anche se da almeno venticinque anni il razzismo ha smesso di essere un problema dello sport. Il risultato? Due pesi e due misure. Alla Lazio il gesto di un solo giocatore è costato un’infamante etichetta (magari parzialmente meritata, ma non è questo il punto) mentre il ripetersi di comportamenti violenti da parte degli juventini, (è la terza volta, nella neonata stagione 2000-2001, che nei primi 45’ di una partita la squadra della Fiat subisce due espulsioni per gioco violento) viene attribuito a "inspiegabili raptus" dei singoli e lungi dall’apparire una colpa è diventato addirittura un alibi per le sconfitte sportive della società. P.S. – Chi volesse leggere qualche giudizio serio sul comportamento
di Zidane e della Juventus compri un giornale francese,
uno qualunque…
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