Il Santuario
di S. Antonio Abate

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"A Grottole,  piccolo paese della Basilicata ricco di tradizioni, credenze e leggende nate dalla fantasia popolare, nel passato ogni   ragazza, divenuta donna, sognava un marito, senza il quale era votata  quasi sicuramente ad una vita stentata o condizionata dalla presenza autoritaria di un padre, di un fratello o di un qualsiasi altro congiunto.

Questo  era il motivo  per cui la ricerca del marito e la  stessa cerimonia nuziale erano accompagnati  da riti propiziatori che comunque erano presenti in ogni momento della vita della persona..

Le prime notizie riguardanti il rito del matrimonio, a Grottole, risalgono al sec.XVII e riguardano il periodo in cui veniva celebrato. Infatti i contadini si sposavano generalmente nei mesi in cui non erano impegnati  nei campi  ovvero a Natale, a Carnevale e a Pasqua. Si evitavano i periodi d’Avvento e di Quaresima, il mese di Novembre (indicato come il mese dei morti), il mese di Maggio (indicato come il mese degli Asini) e il Martedì e di Venerdì. Ci si sposava preferibilmente di Domenica, per consentire a tutti di partecipare alle nozze.

Era uso che fossero i parenti a combinare il matrimonio e solo da quel momento lo sposo (zito) iniziava a frequentare la casa della sposa (zita). Intanto le famiglie dei due fidanzati provvedevano a stipulare il contratto nuziale, che veniva depositato presso una persona di fiducia, che prevedeva anche l’esplicitazione del corredo nuziale. Questo, qualche giorno prima del matrimonio, veniva portato in casa dello sposo in grosse ceste da giovani fanciulle e in grossi bauli da animali ornati di campanelli, affinché tutti avessero la possibilità di ammirarlo.
Nel  frattempo  nella  casa degli sposi  quattro   giovani  ragazze vergini preparavano il letto nuziale, disseminandolo di confetti.

Il  giorno delle nozze la sposa,   vestita con abiti nuovi e ornata di gioielli d’oro, insieme a parenti, amici e curiosi aspettava gli invitati, tra cui il "compare d’anello" scelto tra le persone più importanti del paese.  Quanto tutto era pronto la sposa,   al braccio del "compare", si avviava in corteo verso la chiesa madre, seguita dallo sposo, da amici e parenti.

In  chiesa la  cerimonia si   svolgeva  davanti all’altare maggiore, mentre per quelli che si sposavano in seconde nozze davanti all’altare minore.  Lo sposo si inginocchiava alla destra della sposa mettendo sotto il suo ginocchio sinistro un lembo del vestito di lei.   Era questo un procedimento magico di difesa per impedire alle streghe di passare in mezzo alla coppia  mettendo così in pericolo  la stessa unione, in seguito tale gesto assunse il significato di sottomissione della moglie al marito. Terminata la cerimonia religiosa gli sposi, in corteo, si recavano a casa della sposa o dello sposo o in  un’altra  casa preparata per occasione. Qui, al loro arrivo,  venivano  rivolte  frasi augurali dalle donne di casa e dalla gente del vicinato, aveva così inizio "u c mplment" (il rinfresco) che consisteva nella distribuzione  di dolci e di "rosolio"  agli invitati seduti intorno agli sposi.

Subito dopo cominciava, annunziato da forti colpi di fucile e dallo sparo di mortaretti, il pranzo nuziale che consisteva per lo più in maccheroni fatti in casa chiamati "fricieddi" (maccheroni fatti in casa con il ferro da calza) conditi con molto formaggio e con   "zuchillo di ragù" (sugo con carne), pollame arrostito, insalata, "fellata di sauzizza" (fette di salsiccia), noci e fichi secchi, il tutto innaffiato da buon vino paesano. Ma la sposa doveva mangiare poco, per non essere giudicata mangiona, mentre lo sposo poteva rimpinzassi e bere a volontà, fino a diventare brillo. Durante il pranzo si soleva rompere un piatto in segno di allegria e felicità mentre una serie di brindisi, più o meno improvvisati, auguravano agli sposi buona fortuna, salute e numerosa prole.

A sera dopo un breve intervallo tutti gli invitati, anche quelli che non avevano preso parte al pranzo nuziale, partecipavano al festino serale fatto di balli e danze che venivano aperte dagli sposi.  Ma, dopo il primo ballo, la sposa si fermava al centro della sala mentre il suono di un organetto dava l’avvio alla tarantella, iniziava così il "ballo della sposa" in cui il "compare", che aveva il compito di dirigere la festa, invitava a ballare con la sposa prima la mamma della sposo, poi il padre, poi i genitori della sposa, infine gli amici che chiedevano l’onore di ballare con lei. Questi, a turno, si avvicinavano e le appuntavano sul petto delle banconote come dono di nozze. Solo al termine del ballo la sposa, ricoperta di danaro, ritornava dallo sposo che l’aveva attesa per tutto il tempo, da quel momento tutti potevano ballare fino a tarda notte.

Conclusasi la festa gli sposi, al suono di un organetto, venivano accompagnati nella loro casa dove si ritiravano nella stanza nuziale. Il mattino successivo, al loro risveglio, il "chiascione" (lenzuolo) del letto nuziale veniva ispezionato alla ricerca di segnali che testimoniassero che il matrimonio era stato consumato. Se questi segni non venivano trovati lo sposo diventava oggetto di scherno, da parte dei paesani, per non aver sposato una ragazza vergine.

Ma ormai, da molti anni, il rito delle nozze è cambiato ed ha perso alcuni dei suoi aspetti più tradizionali, propri della vita contadina di un tempo, uniformandosi così in gran parte alle usanze del mondo d’oggi. Oggi non si parla più di "contratto nuziale" ma di corredo, inoltre la scelta dei giorni in cui avverrà il matrimonio non è più condizionata dal lavoro dei campi o da credenze e superstizioni, ma da esigenze di ordine pratico quali la disponibilità della sala per il ricevimento nuziale o della chiesa scelta per il matrimonio. Inoltre a "combinare" il matrimonio non sono più i genitori ma i giovani che scelgono liberamente chi sposare e quando. E’ scomparsa la figura "del compare di anello" sostituita dai testimoni, mentre ad accompagnare la sposa all’altare è il padre della sposa, inoltre il corteo nuziale non si snoda più a piedi per le vie del centro ma le attraversa in macchina. La sposa dal canto suo, vestita con un sontuoso e costoso abito da sposa, non viene più adornata di gioielli, e conclusa la cerimonia non resta più in paese ma parte in "luna di miele" con lo sposo", brano tratto da "Il matrimonio a Grottole: immagini e memorie del tempo passato", a cura dei docenti e degli alunni della Scuola Media Statale di Grottole, anno 1997, ed. Quaderni Grassanesi.

 

Stemma di Grottole

 

Le ragioni di una ricerca

 

Proverbi e brindisi che proclamavano
sul matrimonio

 

Trascrizione di un "contratto di nozze"
datato 1923

 

Il matrimonio a Grottole
nelle fotografie d'epoca

 

 

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