CRITICA LETTERARIA: IL CINQUECENTO MINORE - TASSO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Giudizi e testimonianze attraverso i secoli

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Le "Rime" del Tasso

La sensualità della poesia tassiana

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Struttura e poesia nella "Gerusalemme liberata"

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La poesia del Tasso e la pittura del Tintoretto

Caratteri e limiti del "Dialoghi" del Tasso

L'ispirazione religiosa dell'ultimo Tasso

 


LA PAZZIA DEL TASSO

di GIOVANNI GETTO



Al di là della preoccupazione di definire in termini medici la reale natura della malattia del Tasso, ciò che conta per comprendere certi aspetti dell'opera del poeta è il riconoscere con quanta intensità agiscano sulla sua fantasia motivi di allucinazione e di angoscia. Si può cosí meglio comprendere la ragione biografica che detta le pagine più tormentate e inquiete della poesia tassiana.

Nessuna dimostrazione in favore o contro la tesi della pazzia, come nessuna classificazione del tipo e dei caratteri di questo male, può in sé capovolgere le linee fondamentali del ritratto del poeta e della sua opera. Resterebbe infatti sempre oltre questa infermità, e inviolata da essa, un'attività di scrittore e di poeta che si sviluppa con un suo alto valore e una sua legge ferma e sicura. E, d'altra parte, si offrirebbe ugualmente, entro queste carte, la testimonianza di una sensibilità inquieta e anormale, il segno di una fantasia che lievita in regioni di smarrimento e di allucinazione. Si tratta piuttosto di accettare tranquillamente (superando dunque le reazioni delle varie culture, romantica, positivistica, idealistica) i dati relativi alla pazzia, che nessuno in fondo penserebbe più oggi di mettere in dubbio, per vedere in questo male, non piú una offensiva deturpazione della figura del poeta o una matematica soluzione della relativa problematica o un fastidioso ed inutile inciampo nella interpretazione di essa, ma una fondamentale componente biografica che si traduce in una fonte di esperienza del tutto eccezionale. Quel che a noi interessa è la proiezione psicologica, il riflesso in dati di sentimenti e di immagini di questo male sofferto dal poeta. In ultima analisi è ancor sempre la sensibilità dolente e turbata del Tasso quel che costituisce un motivo di richiamo per il critico, e non la causa più o meno materiale di essa. La pazzia, dunque, come dato psicologico e sorgente di immaginazioni, e non come referto medico, vuol esser qui tenuta presente.
Perciò, additata la pazzia, e distinte le due opposte zone di influenza dello psichiatra e del critico, su cui essi si muovono con mezzi e finalità diverse, si offre come ineliminabile residuo quel fondo umano di universale interesse che nella pazzia mora. Si apre cosí nel quadro biografico del Tasso, composto per altri lati di ordinati piani e di precise linee, questo squarcio di sconvolta e aggrovigliata sensibilità e di complesse e misteriose interferenze di sfondi e di prospettive: dall'ambiente tetro dell'ospedale-prigione di Sant'Anna, sotto quel cielo rannuvolato di solitarie angosce del poeta avido di evasione, alla confusa lontananza animata di intrigo e di preoccupazione politica e religiosa della corte estense; tra i sospetti dell'inquisizione sul figlio di Renata di Valois (con le pretese curiali sul feudo di Ferrara ) e i sempre insorgenti scrupoli d'ortodossia del poeta cortigiano, e il rinnovato assillo delle leggi del poema eroico. In questo nodo complesso, in cui si raccolgono i fondamentali temi biografici sotto il vaneggiante segno della pazzia, trova il suo momento centrale e piú riassuntivamente drammatico la vita del Tasso.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it