CRITICA LETTERARIA: IL DUE E IL TRECENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Il "Libro delle meraviglie" di Marco Polo
di L. FOSCOLO BENEDETTO



La personalità di Marco Polo è quella del mercante, tutto attento alla concretezza delle cose, e dell'esploratore, guidato dall'entusiasmo della scoperta di nuove terre e costumi; ma, accanto, il Benedetto ne sottolinea la capacità di poetica meraviglia nel raccontare le esperienze vissute.

Marco Polo non è un viaggiatore che ci racconti un suo viaggio. È un uomo che, per specialissime fatalità famigliari, è cresciuto e vissuto in Oriente, che è stato per lunghi anni alla corte mongola, al servizio del piú grande impero che allora esistesse, in diretto e continuo contatto perciò colla immensa e molteplice Asia. Quando, nel 1298, a 44 anni, nelle carceri di Genova, strappato alla sua vita consueta di uomo d'azione, inganna i suoi ozi scrivendo, lo scopo che si propone è quello di dare all'Europa un quadro complessivo del mondo asiatico, di far sentire agli occidentali che intensa mirabile vita palpitasse di là dalle steppe e dalle chiostre montuose oltre cui noi non vedevamo allora che solitudini e mostri. Benché l'ampiezza e la novità della materia lo obblighino ad una distribuzione analitica e impongano spesso al suo libro le apparenze di un semplice itinerario, il suo libro è una sintesi. Come tutte le sintesi, è unificato da un sentimento: l'orgoglio di avere appartenuto ad una potente realtà e di rivelarla.

Il suo libro è un inventario delle ricchezze orientali. Con accento d'intenditore, spesso con espressione commossa, Marco ricorda i tappeti magnifici, i bei tessuti d'oro e di seta, le perle, i rubini, gli zaffiri, i topazi, i coralli, gli avori, le mille carrettate di seta che entrano giornalmente in Cambaluc, i fiumi che menano oro, le miniere d'argento e di lapislazzuli, i legnami preziosi, le spezie, le finissime pelli, gli aromi... Esce dal libro come un barbaglio di tesori infiniti. Alcune di quelle ricchezze sono come rinchiuse in isole remote a cui non si lascia approdare nessun mercante straniero: cosí nel Cipangu, dove sono d'oro i tetti della reggia e dove ogni morto è seppellito con una perla in bocca. Altre sono come perdute in montagne inaccessibili, ove nessun forestiero può avventurarsi per l'ostilità degli indigeni e la micidialità dell'aria. Ma talune hanno già una espansione mondiale. Il mercatante europeo le trova già negli empori di Egitto, di Siria, del Mar Maggiore, senza immaginare però in che prodigiosa abbondanza ed a che prezzo incredibilmente mite le possegga la loro patria lontana, e senza rendersi esatto conto dei miracoli di coraggio, di abilità, di tenacia che è costato il loro arrivo. Marco ci porta ai mercanti di origine: nel paese, ad es., ove per un grosso di Venezia si possono avere tre delle piú belle porcellane cinesi; in quello ove si danno per la stessa moneta quaranta libbre di zenzero fresco del migliore; in quello dove con cinque saggi d'argento o con pochi grumi di sale si può avere un saggio d'oro fino... C'informa dei monopoli, dei tributi, dei noli, delle dogane, dei vari tipi di moneta in uso nelle diverse regioni, della maggiore o minore accoglienza degli abitanti. Plaude ai re che sono ospitali verso il mercante e chiama « indegna di re » la complicità del re di Tana con i corsari. Riconosce ammirativamente la sincerità commerciale dei bramini. Segue gl'intrepidi mercatanti sui mari infidi, nelle navigazioni interminabilí, alla mercé dei venti, dei pirati, delle popolazioni selvagge o feroci; li segue nelle non meno interminabili e paurose marce terrestri, attraverso i deserti desolati, pei monti inospiti, per le foreste popolate di fiere e di mostri umani, con l'incubo assiduo che piombi sulla stanca carovana qualche banda di ladroni. Le immense città orientali, su cui si trattiene con tanto entusiasmo - Cambaluc. Chinsai, Zaitun - sono per lui soprattutto dei magnifici empori. In una vera gloria di luce esse ostentano le loro vie e le loro piazze affollate, i loro fondachi, i loro porti dalle migliaia di navi.

Mercante, dunque. Ma perché la parola si adegui alla figura di Marco bisogna pronunciarla con rispetto, non sentirvi nessuna antitesi colle virtú piú elette dello spirito, ridarle soprattutto il poetico prestigio di cui poteva essere circonfusa, per una tempra magnanima, in tempi di vita gagliarda, quando commercio significava ricerca eroica di nuove strade, faticosa conquista sulla natura e sugli uomini. È necessario non dimenticare che lo spirito commerciale di cui Marco è animato è quello stesso che ha trasformato le nostre piccole città marinare in grandi potenze europee. E che in lui, come nei famigliari non meno grandi che gli furono precursori e maestri, come nella città di cui incarna la tradizione secolare e di cui rispecchia magnificamente il carattere, quello spirito è improntato della raffinata genialità che fa del nostro Duecento uno dei piú grandi secoli della nostra storia.

Si aggiunga che questo mercante veneziano è anche un grande, un autentico esploratore. Il suo libro è virilmente conciso ed impersonale, senza tracce di esibizionismo, schivo di confidenze e di sfoghi; ha quelle sole particolarità autobiografiche che all'autore sembrarono necessarie per ottener fede al racconto. Ma, benché le esperienze eccezionali che gli hanno procurato la sua grandiosa documentazione sieno lasciate nell'ombra, esse s'intravedono anche cosí come le profonde invisibili assise di un edificio imponente. Basterebbe elencare i luoghi da lui visitati, quelli di cui ha parlato a noi occidentali pel primo, per mostrare che il suo posto è vicino ai Colombo e ai Vespucci: tra gli animosi, in tanta parte italiani, che hanno allargata la nostra conoscenza della terra. Dell'esploratore egli possiede tutte le piú nobili doti. Senti in lui il fascino dei viaggi lontani, il senso delle originalità paesistiche ed etniche, l'amore a tutto ciò che è caratteristico e singolare. Lo attraggono le religioni, le tradizioni, le costumanze. Ha il potere, cosí raro, dell'ammirazione. È felice di cogliere, di misurare, nelle sue infinite espressioni, il palpito della vita. Poiché non certo per sola avidità di mercante si esalta dinanzi a certi spettacoli. Il fervore dei traffici, l'abbondanza ed il pregio delle mercanzie, l'entità dei guadagni privati e delle riscossioni statali sono, è vero, i suoi indici di osservazione. Ma al disopra del lucro e della ricchezza si sente ch'egli ama l'azione. Ci tratteggia l'intensa attività commerciale di cui fervono le popolose città della Cina, ricorda i mercanti ricchissimi dall'esistenza regale, ma non dimentica il povero monello buttato per tempo nel vortice perché impari il mestiere, e che correndo tutto il giorno riesce anche lui a concludere qualche baratto e a guadagnarsi la vita.

Il libro di Marco Polo non è soltanto una rivelazione geografica. Esso rivela ed esalta l'Asia di Kubilai: una realtà politica e storica che aveva del sovrumano. Ha come centro e come culmine la descrizione dell'organismo imperiale. Alla piccola Europa, sempre dilaniata dalle dissensioni feudali nonostante la formazione dei grandi stati unitari, sempre piú lontana - nella pratica, se non nel sogno - dalla superiore e universale unità romana, esso dava una lezione potente di forza e di ordine.

Per di piú Marco è uno scrittore. Qualunque sia lo scopo o il contenuto apparente del suo libro, esso ha la magnifica originalità delle opere in cui si è riassunta una esistenza e si è espresso un carattere. Si delinea realmente dall'insieme del libro un profilo spirituale preciso. Ed al libro rimando chi voglia veramente conoscere il gran viaggiatore: sapere di quali forze essenziali fu armato il suo spirito, quale ideale lo ha sorretto nelle peregrinazioni avventurose, alla luce di quali verità ha osservato i mille aspetti nuovi , che gli offrivano la natura e la vita umana.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it