CRITICA LETTERARIA: IL QUATTROCENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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La scoperta dei codici

Concezioni e ideali dell'Umanesimo

L'Umanesimo e la filologia

Origine e diffusione della filologia umanistica

Il volgare italiano dopo la crisi dell'Umanesimo

La pacata prosa dell'Alberti

Intenzioni e caratteri dell'arte di Masuccio

La varia poesia del Pulci

Il gusto della vita attiva ed energica nell'Orlando Furioso

Lorenzo "dilettante" di genio

L' "ottava" del Poliziano

La lingua poetica del Poliziano

La polemica antiletteraria di Leonardo

La predicazione del Savonarola

Malinconia e idillio nell'Arcadia

 


ORIGINE E DIFFUSIONE DELLA FILOLOGIA UMANISTICA

di PAUL OSKAR KRISTELLER



La filologia umanistica si costituisce, differenziandosi dalla tradizione medievale, per l'incontro di tre elementi essenziali: la retorica formale delle artes dictaminis medievali, lo .studio della latinità classica e della lingua e letteratura greca. Il successivo diffondersi negli altri paesi europei dell'Umanesimo rivela una sostanziale dipendenza da quello italiano. Nel più maturo Umanesimo le tracce della filologia umanistica si ritrovano anche in tutti i campi dell'attività 'filosofica, scientifica ed artistica e persino nella vita sociale e politica.

Nella loro qualità di insegnanti di rettorica, di segretari di príncipi e repubbliche, di autori di orazioni e lettere di stato, gli umanisti furono senza dubbio gli eredi e successori dei dictatores medievali. Mi piace indicare, come conferma di questa mia opinione spesso criticata, che ho ritrovato recentemente un'ars che fece parte integrale della cultura d'un autore che si conosce da tempo come uno dei rappresentanti più notevoli del cosiddetto preumanesimo, amico di Dante e del Mussato, commentatore di Ovidio e professore di poesia all'università di Bologna [Giovanni del Virgilio]. Ma Giovanni del Virgilio illustra già una trasformazione importante che la tradizione italiana del dictamen subí verso la fine del Duecento, ed è appunto questa la trasformazione dalla quale deriverei l'origine dell'umanesimo o preumanesimo italiano. Cioè i dictatores o retori allora cominciarono a essere convinti che il loro scopo di scrivere bene le lettere e le orazioni e anche poesie fu raggiunto nel modo migliore con lo studio e l'imitazione dei poeti e prosatori latini dell'antichità classica. Secondo i fatti noti finora possiamo suggerire che fu la combinazione tra la retorica formale del Duecento italiano e lo studio dei classici latini ciò che caratterizza la prima fase dell'umanesimo italiano, fase ché comincia con i preumanisti veneti, come il Lovato e il Mussato, si estende attraverso tutto il Trecento e culmina nel Petrarca che viene spesso considerato il padre o fondatore dell'umanesimo mentre in realtà ne è già il suo primo rappresentante grandissimo. Quando avviciniamo poi la fine del Trecento, si aggiunge un terzo elemento che sarà decisivo per le fasi più mature e posteriori dell'umanesimo, cioè lo studio della lingua greca, e della letteratura greca dell'antichità classica. Se cerchiamo dei precedenti medievali per questo elemento importante della cultura umanistica, non li troveremo nell'occidente medievale, ma piuttosto nell'oriente bizantino, specialmente a Costantinopoli dove lo studio della letteratura e filosofia greca dell'antichità fu raramente interrotto e dove gli studiosi italiani riuscirono ad ottenere i testi dei classici greci, e impararono i metodi della loro interpretazione, proprio all'ultimo momento prima della conquista turca. L'umanesimo italiano raggiunse la sua maturità appunto nel Quattrocento che si chiama spesso, specialmente in Italia, l'età dell'umanesimo. In quel secolo la cultura umanistica venne a dominare la scuola secondaria, l'insegnamento universitario d'elle materie umanistiche, e le cancellerie. A quel secolo appartiene il numero vastissimo di insegnanti, scrittori e studiosi alcuni dei quali sono famosi e hanno avuto il biglietto d'ingresso ai manuali di storia della letteratura, della pedagogia o della filosofia mentre gli altri sono stati trascurati più o meno giustamente e aspettano ancora uno studio e una valutazione più fondata. Infatti la loro vastissima produzione che comprende opere di erudizione e componimenti letterari, dorme ancora nei manoscritti e incunabuli delle biblioteche italiane e straniere, e le scoperte da fare sono ancora numerose e sorprendenti. Infatti se negli anni recenti si sono ritrovati degli scritti inediti del Poliziano e del Barbaro, del Ficino e del Pico, non c'è da meravigliarsi se il patrimonio letterario degli umanisti minori è stato e ancora sarà arricchito di molte opere nuove.
Dopo la metà del Quattrocento, l'umanesimo italiano assunse un significato ancora più grande con la diffusione del suo influsso diretto negli altri paesi europei. Infatti l'umanesimo europeo fuori dell'Italia raggiunse il suo sviluppo maturo soltanto nel Cinquecento. Gli storici recenti hanno insistito sulle forme nuove che l'umanesimo assunse nei paesi settentrionali e occidentali e che lo distinguono dall'umanesimo italiano del Quattrocento, e questo contrasto è stato accentuato specialmente negli studi su Erasmo. Ma abbiamo anche imparato che i tratti fondamentali che caratterizzano l'umanesimo italiano nel Quattrocento non si persero interamente neppure nel Nord, e che anche Erasmo ebbe il suo forte debito verso l'Italia dove spese alcuni anni importanti della sua vita. In Italia poi come negli altri paesi l'umanesimo si diffuse dai suoi centri d'origine, dalle cancellerie, dalle scuole e dalle cattedre universitarie degli studia humanitatis, in tutti gli altri strati :della cultura e della vita del periodo e venne a fondersi con tradizioni diverse di origine medievale o popolare in una grande varietà di combinazioni e di compromessi. Nell'ultimo Quattrocento e nel Cinquecento incontriamo le tracce del classicismo umanistico nella teologia e nella metafisica, nella logica e filosofia naturale, nelle matematiche e nella medicina e giurisprudenza, nella letteratura volgare, nelle arti figurative e nella musica, e perfino nella vita sociale e politica. Insomma non c'è quasi angolo della cultura del periodo che non ci mostri le tracce e gli effetti dell'influsso umanistico. Nelle sue manifestazioni dirette e nelle sue ripercussioni indirette, l'umanesimo fu probabilmente l'elemento culturale più penetrante e più diffuso di quei secoli. Noi moderni possiamo trovare la cultura umanistica più o meno simpatica nei suoi vari aspetti, ma certamente non possiamo farne a meno se vogliamo capire il periodo del rinascimento nella sua fisionomia speciale e caratteristica.
Nel campo degli studi latini, come si sa, gli umanisti riscoprirono o rivalutarono parecchi autori quasi dimenticati nei secoli precedenti, tra i quali vi furono autori di prima importanza come Lucrezio e Tacito. Ma a parte le scoperte, alcune delle quali sono state messe in forse da storici recenti, fu merito indubitabile degli umanisti di rendere i classici latini generalmente accessibili sia con l'insegnamento che con le copie manoscritte, poi con le edizioni a stampa, e con i commenti vasti e dotti. Sfogliando i cataloghi dei manoscritti come ho dovuto fare per molto tempo, fa impressione il numero enorme di copie dei classici latini scritte nel Quattrocento, e la loro proporzione numerica sia di fronte alle copie dei secoli precedenti che ai testi religiosi o scientifici scritti nel Quattrocento. Si aggiunge poi lo studio attento della grammatica, ortografia, metrica e stilistica dei classici latini e della storia, mitografia, archeologia ed epigrafia. Nello studio dei classici latini, gli umanisti svilupparono poi per primi i metodi tecnici della critica filologica e storica, preparando la strada ai metodi più perfetti e raffinati dei secoli successivi. Ancora più originale fu il contributo degli umanisti allo studio del greco. Introdussero e diffusero lo studio della lingua e letteratura greca nelle scuole e nelle università, e per la prima volta resero accessibile al pubblico occidentale il volume intero della letteratura greca antica, con le copie manoscritte e le edizioni a stampa dei testi originali, ma anche con le numerosissime traduzioni latine e volgari dal greco. Infatti non fornirono soltanto delle traduzioni nuove e ritenute migliori di quegli scritti filosofici e scientifici greci che erano stati noti al tardo medio evo attraverso le traduzioni dal greco o dall'arabo, ma introdussero per la prima volta il volume intero della poesia, oratoria e storiografia greca, e anche della teologia patristica greca. Quanto poi alla filosofia, gli scritti nuovamente tradotti inclusero la maggior parte delle fonti greche della filosofia platonica, stoica, epicurea e scettica, e perfino una larga proporzione dei commenti greci a Aristotele. Anche lo studio dei testi greci come quello dei latini fu poi accompagnato dall'interpretazione filologica, e dalla critica testuale e storica. I metodi della critica filologica e storica sviluppati nello studio degli autori classici vennero poi applicati alla Bibbia e ai Padri della Chiesa, al Corpus juris, e alle fonti antiche dell'astronomia, delle matematiche e della medicina. Cosí si intravede già l'influsso indiretto ma importante dell'umanesimo sugli studi teologici, giuridici e scientifici.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it