CRITICA LETTERARIA: IL QUATTROCENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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LA PREDICAZIONE DEL SAVONAROLA

di
GIORGIO BERZERO



Nella sua predicazione il Savonarola non si attiene agli schemi del procedimento scolastico, ma si riaccosta al tipo dell'omelia; egli infatti svolge la sua predica con il continuo ricorso a passi dell'Antico Testamento, che egli mette a riscontro, con appassionata veemenza e impeto profetico, con gli avvenimenti della realtà contemporanea.

Le prediche del Savonarola, esaminate dal punto di vista letterario, non rendono che in parte l'idea fedele del tessuto genuino con cui il predicatore le ha pronunciate dal pergamo. Molte di esse sono riassunti e compendi (pervenutici dai tachigrafi, in modo particolare da Lorenzo Violi) o si tratta di versioni e di amplificazioni degli schemi lasciatici in bozza dal grande oratore. Ciononostante costituiscono un importante monumento di eloquenza sacra e formano un anello assai importante nella serie delle prose che seguono a quelle del Trecento e precedono quelle del Cinquecento.
Sarebbe quanto mai interessante studiare comparativamente, dai due punti di vista contenutistico e formale, la produzione in volgare del Savonarola e quella del Machiavelli. Ne uscirebbero risultati culturali assai interessanti. Come già fu osservato, le prediche del Savonarola, per la loro struttura si accostano di più al tipo dell'omelia sacra che non alla trattazione tematica di carattere missionario. Mancano nella sua produzione oratoria le parti classicamente disposte ed architettate: l'esordio, la tesi o proposizione del tema, il rigoroso sviluppo dell'enunciato, la frequenza delle citazioni dotte, il finale sostenuto ed appassionante.
Fissava, è vero, prima di salire sul pulpito i capisaldi del suo sermone; ma, raramente, vi si atteneva con fedeltà. Parlando, passava ben presto da un motivo all'altro, secondo che lo trasportava il volo del suo estro veemente. Non si conteneva lungo i binari del raziocinio pacato e compassato proprio della scolastica. Ben presto veniva investito da un interiore fuoco travolgente. Mosso da questo soffio bruciante, dava luogo ad una predicazione rivoluzionaria. È vero che anche lui, come i predicatori del suo tempo, indulse all'interpretazione allegorica della Sacra Scrittura con un fare, a volte, bizzarro e cervellotico, cadendo in esagerazioni di pessimo gusto. Anch'egli cita filosofi e poeti, ma non è serrata in questi termini l'ossatura della sua predicazione. Citazioni, allegorie, esempi, similitudini, racconti, sillogismi e forme ben note alla filosofia e alla teologia degli ecclesiastici, sono elementi accessori nella sua predicazione. La base essenziale di questa, invece, sta nell'interpretazione del Vecchio Testamento, applicata alle condizioni della Chiesa, alle vicissitudini storiche e politiche dell'Italia, alle esigenze ed agli eventi della città di Firenze. La sua parola sgorga viva e penetrante dal suo prendere immediato contatto con la folla dei suoi ascoltatori consenzienti o dissenzienti. In ciò consiste la spiegazione e la ragione del suo procedere a bagliori e a scatti, in dialoghi drammatici di forte rilievo e di marcato chiaroscuro. In ciò la sua popolarità, in ciò il suo innervarsi ed innestarsi, Sacra Scrittura alla mano, nell'ingranaggio degli avvenimenti contemporanei, nel groviglio dei problemi dell'umanità traviata e travagliata. Con sguardo acuto scorge l'elemento universale e categorico, predicabile tanto per il popolo ebraico dell'antichità quanto per la vita e i costumi dei suoi contemporanei, vicini a lui o lontani da lui; onde il passato nella sua morale ed ideale consistenza non solo si identifica con il presente, ma anche si proietta nell'avvenire e quasi lo anticipa.
Da questo contenuto profetico-biblico del suo parlare, si dilatano gli orizzonti della sua chiaroveggenza. Al lume delle verità rivelate che non falliscono e non conoscono tramonti, egli misura persone e cose e fatti contingenti; ne svela il significato profondo alle moltitudini che si sentono da lui mosse, comprese, interpretate e direi anche liberate da un gorgo di tenebre e di angoscia. Mai come nel Savonarola, il popolo ha intuito che predicazione ed azione sono una stessa realtà vivente ed operante, un'assoluta esigenza di fede e di grazia, il vivificatore alito di Dio.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.itì