CRITICA LETTERARIA: IL SEICENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Il concetto di barocco

Definizioni del barocco

Il barocco come nuova concezione del mondo

Limiti ed equivoci della poetica barocca

La novità del mondo barocco

Il significato della civiltà barocca

Autobiografia e storia nella poesia del Campanella

La poesia dell' "Adone"

Temi e motivi nella poesia dei marinisti

La virtù poetica del Chiabrera

I limiti della "Secchia rapita"

Il teatro barocco del Della Valle

L'azione culturale di Galileo

La prosa galileiana

Vigore intellettuale e passione culturale in Paolo Sarpi

Bartoli e Segneri

Francesco Redi, uomo di scienza e letterato

Lorenzo Magalotti, scrittore "esquisitissimo"

 

 

 


IL CONCETTO DI BAROCCO

di B.  CROCE



Il Croce, al quale si deve un decisivo impulso nell'indagine sulla letteratura e sulla cultura del seicento in Italia, è ancora decisamente legato a un giudizio negativo sul barocco. Il barocco è per lui una manifestazione del brutto, che non può portare a nessun risultato d'arte: alla base di ciò che il seicento ha prodotto nella letteratura non c'è un'intenzione di fare poesia, ma il desiderio puramente pratico e utilitario di costruire opere gradevoli, intese soltanto a dare diletto e piacere. La caratteristica che distingue il barocco dalle altre categorie di brutto artistico è la ricerca continua della meraviglia, dell'effetto nuovo e imprevisto, che suscita il diletto proprio con la sorpresa che determina nel lettore.

Il barocco è una sorta di brutto artistico, e, come tale, non è niente di artistico, ma anzi, al contrario, qualcosa di diverso dall'arte, di cui ha mentito l'aspetto e il nome, e nel cui luogo si è introdotto o si è sostituito. E questo qualcosa, non obbedendo alla legge della coerenza artistica, ribellandosi a essa o frodandola, risponde, com'è chiaro, a un'altra legge, che non può essere se non quella del libito, del comodo, del capriccio, e perciò utilitaria o edonistica che si chiami. Onde il barocco, come ogni sorta di brutto artistico, ha il suo fondamento in un bisogno pratico, quale che questo sia, e comunque si sia formato, ma che, nei casi come questo che si considera, si configura semplicemente in richiesta e godimento di cosa che diletta, contro tutto, e, anzitutto, contro l'arte stessa.
Per distinguere il «barocco» tra le altre sorte del brutto o dell'impoetico bisogna perciò cercare a quale soddisfacimento edonistico esso corrisponda: non senza avvertire per altro che la ricerca in questa materia non può mirare se non a una classificazione empirica, a causa della varietà infinita, delle infinite tonalità o sfumature dei modi del piacere. S'intende anche che le varie classi o tipi del piacere che è sotto l'impoetico non si escludono e anzi spesso si mescolano tra loro e l'una si tira dietro l'altra, come il Manzoni notava del suo immaginario «Anonimo» secentesco, che sapeva riuscire, nella prosa che componeva, «rozzo insieme ed affettato».
E veramente non c'è difficoltà alcuna ad additare la caratteristica del barocco, quella che lo distingue dall'«accademico», per es., o dal «sentimentalistico» o dallo «svenevolo», e che consiste nel sostituire la verità poetica, e l'incanto che da essa si diffonde, con l'effetto dell'inaspettato e dello stupefacente; che eccita, incuriosisce, sbalordisce e diletta mercé la particolare forma di scotimento che procura. Non c'è difficoltà, perché, com'è notissimo, tale caratteristica fu programmaticamente esposta dai letterati di quella scuola, e dal principale di essi, il Marino, che dié al poeta per «fine» la «meraviglia», ammonendo che «chi non sa far stupire» lasci di fare il poeta e «vada alla striglia», vada a fare il mozzo di stalla.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it