La
sfida al labirinto
Un neoilluminista inquieto, un razionalista tenace e battagliero, scettico
e ironico, un narratore e un intellettuale ancorato ai valori di un
moderno umanesimo laico e aperto come pochi altri alle novità culturali
del proprio tempo, per quarant'anni < una presenza indispensabile della
nostra cultura... un punto di riferimento sollecitante e rassicurante al
tempo stesso» (Pampaloni). Questo (ed altro) fu Italo Calvino. Di lui qui,
in limine, importa soprattutto ricordare che, se maturò progressivamente
una profonda e disillusa consapevolezza di quanto di negativo, di
"labirintico" c'è nel mondo contemporaneo, si mantenne fedele a quella che
egli stesso definì la «sfida al labirinto», cioè la ricerca di soluzioni
razionali ai problemi dell'uomo o almeno di «un ordine mentale abbastanza
solido per contenere il disordine», nella speranza di «saper riconoscere
chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e
dargli spazio», come scrive nelle Città invisibili.
Resistenza, impegno, Casa Einaudi
Italo Calvino nasce a Santiago de Las Vegas (Cuba) nel 1923, ma poco dopo
si trasferisce con la famiglia a San Remo. I genitori, una naturalista e
un agronomo che costituiscono il più remoto contatto di Calvino con il
mondo della scienza, che avrà una parte cospicua nella sua più recente
narrativa - gli danno un'educazione rigorosamente laica e poi lo avviano
agli studi di Agraria che egli intraprende ma non porta a compimento. Si
intromettono a interromperli la guerra e l'esperienza partigiana da un
lato (nel 1943 raggiunge la brigata comunista Garibaldi per evitare
l'arruolamento nell'esercito della Repubblica Sociale) e gli interessi
politici, culturali e letterari dall'altro. Rientrato nel 1945 a Torino
collabora a vari giornali (soprattutto a «l'Unità», dal 1946 al 1956),
aderisce al PCI, si iscrive alla Facoltà di Lettere, collabora al
«Politecnico» di Vittorini ed entra a far parte del gruppo redazionale
della Einaudi. «Casa Einaudi» - dirà - «ha un posto molto grande nella mia
biografia, è stata la mia università. Ho cominciato a lavorarci quando ero
un ragazzo senza arte né parte, e trovarmi in un ambiente
interdisciplinare, aperto alla cultura mondiale, ha avuto un'importanza
decisiva nella mia formazione». Qui appunto matura la sua vocazione a
«scrivere pensando uno scaffale di libri non solo di letteratura» e nutre
la sua nativa inclinazione a una cultura enciclopedica.
Esordio narrativo
Frattanto Calvino si laurea con una tesi su Conrad ed esordisce come
scrittore. Dopo qualche prova minore (in parte ancora inedita), la sua
carriera di narratore può farsi incominciare con la pubblicazione del
romanzo d'argomento resistenziale Il sentiero dei nidi di ragno (1947),
cui seguono i racconti di Ultimo vene il corvo (1949). Sono opere che
nascono nel clima culturale del neorealismo, ma che si distinguono subito,
fra l'altro, per la natura "fiabesca" del realismo calviniano. L'opera
palesemente "neorealista" e "operaia" - e decisamente fallimentare - di
questo primo Calvino è un romanzo, I giovani del Po, edito solo in rivista
(«Officina») e solo vari anni più tardi (1957-1958).
L'impegno culturale e politico "militante" ha un corrispettivo in sede di
poetica nella ricerca di una scrittura oggettiva e tesa alla definizione e
chiarificazione della condizione dell'uomo nel proprio tempo: «Noi
crediamo che l'impegno politico, il parteggiare, il compromettersi sia,
ancor più che dovere, necessità naturale dello scrittore d'oggi, e prima
ancora che dello scrittore, dell'uomo moderno. [...] Noi pure siamo tra
quelli che credono in una letteratura che sia presenza attiva nella
storia, in una letteratura come educazione, di grado e di qualità
insostituibile». Così nell'importante saggio Il midollo del leone del
1955.
Due svolte
Nel 1952 però Vittorini «gli consiglia di abbandonare la linea "realistico
socialpicaresca" del primo romanzo e di abbandonarsi alla sua vena di
affabulatore» (Benussi): nasce così Il visconte dimezzato (1952), prima
parte di quella trilogia fantastica e allegorica sull'uomo contemporaneo
(1 nostri antenata; 1952-1959) che segna effettivamente una svolta nella
carriera di narratore di Calvino. Un'altra significativa svolta ideologica
e pratica è costituita dall'abbandono del Pci dopo i fatti di Ungheria del
1956 (i cui riflessi si colgono nel secondo volume della trilogia, Il
barone rampante, 1957), che progressivamente lo porterà a rinunciare in
quanto scrittore a un preciso e diretto impegno politico. In questi anni
pubblica varie altre opere narrative, raccoglie e traduce le Fiabe
italiane (1956) e svolge un'intensa attività saggistica su numerosissime
riviste, dal «Contemporaneo», a «Società», da «Passato e presente» a
«Nuovi Argomenti». Tra il 1959 e il 1967 dirige con Vittorini l'importante
rivista culturale e letteraria « Il menabò», in cui pubblica alcuni
interventi fondamentali: Il mare dell'oggettività (1959) e La sfida al
labirinto (1962), dove enuncia le ragioni di un impegno che ora può
definirsi etico-conoscitivo. A questi si possono accostare anche i
successivi interventi del 1965 (ad esempio L'Antilingua) nell'ambito di
una polemica linguistica. Nel 1963 pubblica La giornata di uno scrutatore,
che chiude il ciclo apertosi circa un decennio prima.
Il periodo parigino
Il trasferimento a Parigi nel 1964, dopo il matrimonio con Judith Ester
Singer, apre un'altra fase della carriera di Calvino. Il contatto diretto
con la cultura francese è assai fertile: « si trovò proiettato nel
crocevia tra scienza e letteratura, e in quel paesaggio inestricabile e
infinito sembrò ritrovare una seconda patria della sua fantasia» (Pampaloni).
L'interesse per le scienze naturali e quelle umane (ora in particolare
strutturalismo e semiotica), da sempre coltivato, si intensifica ed
esercita un consistente influsso sulla narrativa: nascono prima Le
cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967), di ispirazione originalmente
fantascientifica, poi IL castello e La taverna dei destini incrociati
(1969 e 1973), Le città invisibili (1972), che appartengono alla fase
cosiddetta "combinatoria".
L'ultimo Calvino
Da Parigi continua la collaborazione con la Einaudi, e pubblica
numerosissimi interventi, prefazioni, traduzioni. Tra il 1974 e il 1984
riprende un'organica collaborazione ai quotidiani, prima al «Corriere
della Sera», poi alla «Repubblica». Nel 1979 pubblica Se una notte
d'inverno un viaggiatore, un romanzo combinatorio che diventa un best
seller, e poco dopo raccoglie i suoi più importanti saggi nel volume Una
pietra sopra (1980). Nel 1980 si trasferisce a Roma. Nel 1983 pubblica i
racconti di Palomar, l'ultimo suo libro einaudiano. Nel 1984 cambia
editore, passando a Garzanti, presso cui pubblica Collezione di sabbia.
Nel 1985, ricevuto l'incarico di tenere una serie di conferenze
all'università di Harvard, prepara le Lezioni americane (edite postume nel
1988), ma non fa a tempo né a tenere le lezioni né a terminare la stesura
del testo, perché colpito da un'emorragia cerebrale muore all'ospedale di
Siena.
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