Proust ha affermato
che il suo romanzo avrebbe dovuto portare il titolo Les
intermittences du coeur: un titolo, certo, più che allusivo del
segreto meccanismo del ritrovamento del tempo, ma suscettibile di
false interpretazioni. Abbiamo già ricordato com'egli respingesse
l'asserzione che il suo fosse un libro di memorie, costruito secondo
le leggi dell'associazione di idee; il che, per lui, era
evidentemente fraintenderne l'essenza stessa. Questa è nel dramma
dell'essere che cerca di sfuggire alla morsa distruttrice del tempo,
rubandogli quegli istanti eterni ed indistruttibili, che, come le
anime dei defunti nelle leggende popolari, si incarnano e si
nascondono in qualche oggetto materiale (Proust dixit). È
l'incontro fortuito con quell'oggetto - per Proust si tratta di
sensazione - che suscita la resurrezione del passato, rendendolo
attuale ed evidente in tutte le sue componenti: in ciò si
estrinseca l'«intermittente du coeur». Non, dunque, associazione
di idee, poiché il meccanismo ruota fuori degli ingranaggi
dell'intelligenza e della memoria cosciente o volontaria (egli dirà
che non l'intelligenza può restituirci il nostro vero passato), ma
sensazioni e impressioni in cui si fondono, miracolosamente - per un
«simple hasard» è l'espressione proustiana -, materia e memoria,
indipendente da ogni determinazione volontaria.
Nel corso della Recherche la legge delle intermittenze condiziona il
tempo nel suo fluire, vivifica la materia che ne è investita,
dandole come l'impulso per la sua rotazione cosmica; essa è sempre
presente, anche se lo scrittore, quasi a porre nella sua opera dei
«jalons» a lunga distanza su un percorso fatale, ne dà poi le
applicazioni più evidenti in episodi ormai famosi ed esemplari: la
«madeleine» inzuppata nel tè; i campanili di Martinville; il
«petit pavillon treillissé de vert» dei Champs-Elysées; i tre
alberi e poi la siepe di biancospini presso Balbec; l'episodio degli
stivaletti di nuovo a Balbec (particolarmente suggestivo, e
importante per la riaffermazione che «la réalité vivante n'existe
pas pour nous tant qu'elle n'a été recréée par notre pensée»;
i « pavés assez mal équarris» del cortile dei Guermantes:
supremo paradigma, questo, delle «intermittences», perché
rivelatore al poeta del proprio genio e della sua sola felicità
possibile: il ritrovamento, fuori del tempo, di sé negli esseri,
nelle cose, nei luoghi e in una gioia tale, da rendergli
indifferente anche la morte.
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