MARCEL PROUST: MECCANISMO DEL RITROVAMENTO DEL TEMPO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Il tempo ritrovato
 
 

Proust ha affermato che il suo romanzo avrebbe dovuto portare il titolo Les intermittences du coeur: un titolo, certo, più che allusivo del segreto meccanismo del ritrovamento del tempo, ma suscettibile di false interpretazioni. Abbiamo già ricordato com'egli respingesse l'asserzione che il suo fosse un libro di memorie, costruito secondo le leggi dell'associazione di idee; il che, per lui, era evidentemente fraintenderne l'essenza stessa. Questa è nel dramma dell'essere che cerca di sfuggire alla morsa distruttrice del tempo, rubandogli quegli istanti eterni ed indistruttibili, che, come le anime dei defunti nelle leggende popolari, si incarnano e si nascondono in qualche oggetto materiale (Proust dixit). È l'incontro fortuito con quell'oggetto - per Proust si tratta di sensazione - che suscita la resurrezione del passato, rendendolo attuale ed evidente in tutte le sue componenti: in ciò si estrinseca l'«intermittente du coeur». Non, dunque, associazione di idee, poiché il meccanismo ruota fuori degli ingranaggi dell'intelligenza e della memoria cosciente o volontaria (egli dirà che non l'intelligenza può restituirci il nostro vero passato), ma sensazioni e impressioni in cui si fondono, miracolosamente - per un «simple hasard» è l'espressione proustiana -, materia e memoria, indipendente da ogni determinazione volontaria.

Nel corso della Recherche la legge delle intermittenze condiziona il tempo nel suo fluire, vivifica la materia che ne è investita, dandole come l'impulso per la sua rotazione cosmica; essa è sempre presente, anche se lo scrittore, quasi a porre nella sua opera dei «jalons» a lunga distanza su un percorso fatale, ne dà poi le applicazioni più evidenti in episodi ormai famosi ed esemplari: la «madeleine» inzuppata nel tè; i campanili di Martinville; il «petit pavillon treillissé de vert» dei Champs-Elysées; i tre alberi e poi la siepe di biancospini presso Balbec; l'episodio degli stivaletti di nuovo a Balbec (particolarmente suggestivo, e importante per la riaffermazione che «la réalité vivante n'existe pas pour nous tant qu'elle n'a été recréée par notre pensée»; i « pavés assez mal équarris» del cortile dei Guermantes: supremo paradigma, questo, delle «intermittences», perché rivelatore al poeta del proprio genio e della sua sola felicità possibile: il ritrovamento, fuori del tempo, di sé negli esseri, nelle cose, nei luoghi e in una gioia tale, da rendergli indifferente anche la morte
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