LETTERATURA ITALIANA DEL 900
Jean-Paul Sartre


 

Luigi De Bellis

 


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Jean-Paul Sartre







Jean-Paul Sartre (Parigi 1905-1980) studiò alla Scuola normale superiore e si laureò nel 1926. Insegnò filosofia nei licei, dedicandosi nel contempo alla letteratura. Nel corso di un viaggio in Germania studiò il pensiero di Husserl e di Heidegger. Nel 1938 ottenne una prima clamorosa affermazione col romanzo La nausea, che descriveva quello stato d'animo di angoscia che rese popolare, specialmente tra i giovani, il nuovo indirizzo esistenzialistico. Alla letteratura Sartre continuò a dedicare per tutta la vita gran parte dei suo lavoro, confermandosi scrittore originale, provocatorio ed eclettico. Scrisse infatti per il teatro e nel contempo saggi e romanzi la cui apparizione sollevava immancabilmente accese discussioni (Il muro, 1939; Le mosche, 1943; L'età della ragione del rinvio, 9945; La sgualdrina timorata e Morti senza tomba, 1946; Baudelaire e Che cos'è la letteratura, 1947; Le mani sporche,. 1948; La morte nell'anima, 1949; Il diavolo e il buon Dio, 1951; I sequestrati di Altona, . 1960; Le parole, 1964; L'idiota di famiglia: Gustave Flaubert, 1971). Nel 1964 gli venne conferito il Premio Nobel per la letteratura, che Sartre però rifiutò per ragioni politiche. Da  tempo infatti aveva preso partito per la sinistra e affiancava con la sua opera (e tuttavia non senza interne polemiche e rotture) il partito comunista francese. Alla filosofia dedicò dapprima alcuni saggi di carattere fenomenologico (L'immaginazione, 1936; Immagine e coscienza, 1940) e poi L'essere e il nulla, 1943, uno dei capolavori dell'esistenzialismo. Non meno importante è però la Critica della ragione dialettica, 1960, con la quale Sartre passa dall'esistenzialismo a una piena adesione al marxismo. Questa adesione, via via radicalizzata, lo portò negli ultimi anni a sostenere i movimenti dell'estrema sinistra con i quali si era schierato nei corso della contestazione studentesca dei '68. Il suo impegno politico trovò espressione anche nella rivista da lui fondata nel '46, «Les temps modernes». L'itinerario sartriano dall'esistenzialismo al marxismo è intimamente coerente. Il tema centrale dell'esistenzialismo di Sartre è la "dialetticità" dell'essere umano, cioè la sua contrastata, possibilità di essere libero. L'uomo è l'essere che deve scegliere. Ma la scelta è a sua volta condizionata dalla situazione in cui l'individuo si trova a vivere. Questa alternativa tra libertà e condizionamento genera angoscia e con essa la tentazione di liberarsene affidando a immaginarie realtà metafisiche (Dio, la razionalità del mondo e della storia e simili) la soluzione del problema umano. Questo è ciò che Sartre chiama "malafede": tratto che è tipico della "coscienza borghese". L`esistenzialista invece non vuole illusorie liberazioni dall'angoscia. Accetta la situazione problematica dell'uomo, la sua esigenza di libertà, e si dedica totalmente all'impegno". L'esistenzialista, cioè, deve "sporcarsi le mani" con la realtà e immergersi nella storia concreta del suo tempo. È a questo punto che il suo impegno si incontra con il marxismo, che a sua volta concepisce la storia come il processo della progressiva liberazione umana dal bisogno e dalla sopraffazione. La libertà morale invocata nella prima fase esistenzialistica diviene così, nel Sartre maturo, esigenza di libertà storica, lotta per il riscatto del proletaria del terzo mondo dallo sfruttamento capitalistico.

Esistenzialismo come umanismo

L'esistenzialismo è un umanismo di Sartre è stato giustamente definito il manifesto dell'esistenzialismo "ateo". Col suo stile vivace e diretto Sartre delinea i principi essenziali dell'atteggiamento esistenzialistico, e cioè il suo impegno morale e sociale. Questo impegno è per Sartre l'unica risposta efficace alla problematica "libertà" che caratterizza l'essere umano, il quale è l'unico in natura a dover decidere della sua essenza, cioè a progettare al "senso" della sua esistenza. 

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it