la cucina:
Primi
piatti
PASTA CHI SARDI
Ingredienti:
finocchietti selvatici, cipolla, acciughe salate, olio, sale, pepe,
uva passa, pinoli, graniglia di mandorle, zafferano, sarde fresche,
pangrattato, pasta.
Si fa lessare per 15 minuti un mazzetto di finocchietti in abbondante
acqua salata (che si terrà poi da parte); a cottura si sgocciola e si
tagliuzza finemente. Si trita una cipolla piccola che si farà
imbiondire in un tegame con mezzo bicchiere di olio; si aggiungono 4
acciughe salate, pulite e spinate, che vanno sfaldate con la
forchetta, 440 grammi di sarde fresche (decapitate, spinate e tagliate
a tocchetti), sale, pepe, 25 grammi di uva passa, 25 grammi di pinoli,
20 grammi di graniglia di mandorle tostate. Si mescola delicatamente
per far amalgamare il tutto e si fa cuocere per 10 minuti; si unisce
il finocchietto, una presa di zafferano diluita in poca acqua, si
mescola ancora e si fa cuocere per altri 10 minuti a fiamma bassa.
Questa salsa deve risultare morbida; se occorre si può unire un po'
di acqua di cottura dei finocchietti. Aprire a libro 6 sarde fresche e
friggerle nell'olio. Cuocere 500 grammi di pasta (ideali gli "ziti"
o i "pirciatini"), scolarla e condirla con la salsa,
sistemarla in una pirofila, spargervi sopra del pan grattato e passare
al forno caldissimo per 8-10 minuti. Servire con le sarde fritte a
copertura.
CUSCUS
Etimologicamente la parola
"cuscus" indica un particolare tipo di impasto che si
ottiene lavorando del materiale con poca acqua; ad esempio i muratori
della zona trapanese chiamano così una mescola di acqua, cemento e
sabbia dalla grana grossa, usata come manto di posa per i pavimenti.
Gastronomicamente parlando, la parola cuscus si riferisce al tipo di
lavorazione cui viene sottoposta la semola di grano duro, che del
cuscus è l'ingrediente principale. Questa viene infatti
"incocciata" ovvero ridotta in cocci (grani) nella "mafararda"
(recipiente di terracotta dalla forma svasata) spruzzando dell'acqua,
con un movimento rotatorio della mano destra. La semola così
"incocciata" viene condita solo con olio in Tunisia, con
olio, prezzemolo, pepe, sale, cipolla, foglie di alloro, cannella,
buccia di limone in Sicilia e cotta al vapore nella "cuscusera"
(una specie di scolapasta in terracotta o metallo), incastrata su una
pentola con acqua che bolle (o fumetto di carne o di pesce secondo la
variante) per circa un'ora. Per sigillare la "cuscusera"
alla pentola si prepara un impasto di farina, acqua e sale, chiamato
"cuddura"; con ciò che avanza dalla cuddura si formano le
"cudduredde", piccoli anelli di pasta che si dispongono sul
cuscus e cuociono anch'esse al vapore. L'usanza vuole che le
cuccuredde condite con il brodo vengano date ai bambini impazienti di
attendere la seconda fase della preparazione del cuscus. Infatti, la
semola cotta a vapore si rimette nella mafararda, si condisce con il
brodo di proprio gradimento contemporaneamente preparato, si copre con
una coperchio e una coperta di lana ("il cuscus si mette a
dormiri"), e si mette a riposare almeno per mezz'ora; poi si
serve con il rimanente brodo ed il pesce o la carne.
In Sicilia il cuscus fiorisce soltanto nel trapanese; viene preparato
soprattutto con il pesce, ma si trova anche con carne di agnello e di
maiale, le verdure, le fave ed il finocchietto selvatico. L'abilità
della cuoca sta soprattutto nella fase della "incocciata",
consistente nel saper dosare la giusta quantità di acqua in rapporto
alla grossezza della grana che si vuole ottenere, e in una
particolarità relativa alla preparazione della zuppa di pesce: un
pesto ottenuto con spicchi d'aglio, prezzemolo abbondante e mandorle.
La preparazione di questo piatto era un rito che coinvolgeva per
diverse ore della giornata (almeno quattro) una piccola comunità: dal
contadino al pescatore, dalla massaia ai bambini
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