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di Antonio Bettanini

 Antonio Bettanini e' un esperto "uomo comunicazione". Incorreggibile genovese, oggi Bettanini cura la comunicazione aziendale della Piaggio Aereo Industries e insegna teoria e tecnica della comunicazione. Gli abbiamo chiesto, nel nostro spazio riservato al mondo degli uffici stampa, di spedirci qualche notarella in libertà. Tonino ha gentilmente accettato e il Barbiere lo ringrazia.

11 Settembre 2000 - Ma a Rutelli serve un portavoce?

Il portavoce di Francesco (ma ne ha bisogno?)
1. L’esperienza radicale: i radicali sono stati la prima formazione partitica italiana a saper mediatizzare la politica; 
2. Il passaggio con i Verdi: sono il movimento che ha obbligato il mondo dell’informazione a tematizzare l’ambiente; 
3. Una moglie giornalista, eccellente nelle relazioni; 
4. Una progressiva istituzionalizzazione dei comportamenti: dal motorino al matrimonio in chiesa, dal tennis (non ci gioco più dalla fine degli anni '80, ma garantisco che ha tecnica e miglior tocco di Amato) al golf, alla postura del corpo nelle foto, con un tentativo non riuscito di giocare il messaggio decisionista. 
Francesco Rutelli conosce tutte le armi della comunicazione: nei suoi anni di sindaco è riuscito anche a soffocare qualsiasi vera critica. Nemmeno quella più evidente è riuscita a passare: aver buttato l’occasione del Giubileo per risolvere il disastro del trasporto urbano. Non è necessario essere di destra per ricordare straordinarie promesse non mantenute. C’è chi dice vi sia riuscito con qualche giornalista consulente di troppo, c’è chi gli riconosce al contrario una sapiente regìa nella costruzione del consenso. Probabilmente vere entrambe le cose. Chi sarà il suo portavoce? 

Portavoce della verità
Francesco Pira dedica alcune pagine del suo "Come creare un ufficio stampa "(Sperling & Kupfer, giunto alla 2° edizione) alla nascita del GUS (gruppo Giornalisti Uffici Stampa). Lo fa intervistando Gino Falleri a cui dobbiamo non soltanto le prime attente riflessioni sulla professione, continuamente rivisitate, ma anche un intenso e appassionato impegno associazionistico. 

Dice Falleri degli addetti stampa: "Non sono uomini che operano per magnificare questo o quell’altro personaggio, ma perché la notizia abbia sempre un contenuto di interesse pubblico, a valenza collettiva. L’affidabilità, l’autonomia, la trasparenza, questi sono elementi fondamentali che gli uomini del GUS hanno stampato sulla pelle, in quanto l’addetto stampa è un professionista all’interno della professione: oltre a essere esperto dei mezzi tecnici (…) deve essere anche esperto del settore di cui è portavoce(…) tutto quello che esce dalla sua voce deve avere un requisito fondamentale: deve essere affidabile, deve rispondere alla verità" (p.89).
Sottoscrivo, sottoscriviamo, e senza voler apparire bacchettoni, interroghiamoci sulla nostra personale interpretazione.

Provocazione
Esistono giornalisti la cui identificazione nel contenuto o nel personaggio della notizia è tale da farli ritenere – anche impropriamente rispetto alla professione (vedi Falleri) - dei veri e propri addetti stampa? 

Riformulo una domanda a cui mi è difficile rispondere (aiutatemi!): è naturale o contraddittorio il fatto che esistano giornalisti – delizia dei loro direttori, del prestigio della testata e forse anche del mercato – che hanno un rapporto esclusivo con un personaggio pubblico? 

Comincio a rispondere: è naturale che un giornalista impegnato in un segmento – istituzionale o meno – dell’informazione quotidiana, nella continuità di relazioni e scambi di informazioni, maturi un rapporto di reciprocità con la fonte (l’ufficio stampa, se esiste; il personaggio direttamente) e che questa reciprocità sia sinonimo di stima e di affidabilità. 

Ma, ferme restando le delizie sopra elencate, come la mettiamo con il lettore (senza scomodare la parola verità)? Siamo troppo portati alla routine (intesa come attività che ci fa risparmiare tempo e preoccupazioni) per desiderare – dalla cabina di un ufficio stampa – un giornalista diverso da quello con cui abbiamo ormai costruito una certa familiarità e che è pure simpatico alle persone per cui lavoriamo. Questa è la routine, quella (probabilmente un diverso comportamento) è la direzione della deontologia. Ma il pubblico, tutto questo, lo sa? (ammesso che si scriva per un pubblico universale e non per quei determinati lettori ).

Il miracolo della campane. 
E’ un film del 1948 (regia di Irving Pichel) con Fred Mac Murray, Frank Sinatra ed una bellissima Alida Valli. Una campagna di comunicazione in nuce perché si parli di un centro minerario, piccola città natale di una sfortunata stella del cinema. 

Tonino Bettanini

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