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Grecia
 

IL GRECO

 Lingua che appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee. È una lingua flessiva, che raggiunge una grande varietà d’espressione mediante radici, prefissi e desinenze.

Koinè. L’epoca della koinè, mescolanza di diversi dialetti greci dei quali l’attico costituiva il nucleo fondamentale, va più o meno dal 300 a.E.V. al 500 E.V. La koinè divenne la lingua internazionale. Aveva sulle altre lingue del tempo il netto vantaggio di essere quasi universalmente conosciuta. Koinè significa lingua o dialetto comune a tutti. Quanto fosse esteso l’uso della koinè greca si comprende dal fatto che i decreti dei procuratori imperiali e del senato romano venivano tradotti in koinè per essere inviati in tutto l’impero romano..

Alfabeto. Tutti gli alfabeti europei moderni derivano direttamente o indirettamente dall’alfabeto greco. Tuttavia i greci non inventarono il loro alfabeto, ma lo adottarono dai semiti. Questo è reso evidente dal fatto che le lettere dell’alfabeto greco (del VII secolo a.E.V. circa) erano simili ai caratteri ebraici (dell’VIII secolo a.E.V. circa) e seguivano, con poche eccezioni, lo stesso ordine generale. Anche la pronuncia dei nomi di alcune delle lettere è molto simile: per esempio, alfa (greco) e ´àlef (ebraico), beta (greco) e behth (ebraico), delta (greco) e dàleth (ebraico) e molte altre. La koinè aveva 24 lettere. Vocabolario. Il vocabolario greco è assai ricco e preciso. Lo scrittore greco ha a disposizione parole sufficienti per entrare nei particolari ed esprimere proprio le sfumature volute.

Nomi. I nomi in greco si declinano secondo il caso, il genere e il numero. Anche i pronomi e gli aggettivi si declinano in modo da concordare con il termine a cui si riferiscono.

Caso. In genere si ritiene che la koinè greca avesse cinque casi. (Alcuni linguisti ne distinguono otto). In italiano i nomi cambiano desinenza solo secondo il genere e il numero. Invece nella koinè ciascun caso richiedeva di solito una forma o desinenza diversa, e ciò rendeva la lingua molto più complessa dell’italiano sotto questo aspetto.

Articolo. In italiano ci sono articoli determinativi (“il, lo, la, i, gli, le”) e articoli indeterminativi (“un, uno, una”). Nella koinè esiste solo l’articolo determinativo, È (ho), che si declina secondo il caso, il genere e il numero, come i nomi.

L’articolo greco viene usato non solo per mettere in risalto i sostantivi, ma anche verbi all’infinito, aggettivi, avverbi, espressioni, proposizioni e interi periodi.

Verbi. I verbi greci si coniugano secondo la voce, il modo, il tempo, la persona e il numero, aggiungendo a una radice verbale prefissi, suffissi e desinenze.

Voce. I verbi greci possono avere voce attiva, passiva e media. Quest’ultima indica un’azione che il soggetto compie con riferimento a sé, o un’azione che si riflette sul soggetto, oppure che il soggetto compie nel proprio interesse.

Tempi. Un’altra importante caratteristica del greco, che contribuisce alla sua esattezza, è l’uso dei tempi del verbo. I tempi esprimono due concetti: la qualità dell’azione (la cosa più importante) e il tempo dell’azione (di minore importanza). Nella lingua greca la qualità dell’azione è vista sotto tre aspetti principali, ciascuno con caratteristiche proprie: (1) azione durativa, espressa fondamentalmente col presente, che indica soprattutto un’azione in corso, abituale o ricorrente; (2) un’azione compiuta, espressa particolarmente col perfetto; (3) un’azione puntuale o momentanea, rappresentata con l’aoristo. Ci sono naturalmente anche altri tempi, come l’imperfetto, il piuccheperfetto e il futuro.

Traslitterazione. Trascrizione dei termini greci con lettere del nostro alfabeto. Nella maggioranza dei casi ciò avviene lettera per lettera: b per b, g per g, ecc. Questo vale anche per le vocali greche, a per a, e per e, e per h, i per i, o per o, y per u, o per w.

Dittonghi. Il criterio generale di sostituire lettera per lettera si applica anche a gran parte dei dittonghi: ai per ai, ei per ei, oi per oi. La lettera u (ypsilon), normalmente traslitterata con y, fa eccezione nei seguenti casi: au è au, non ay; eu è eu, non ey; ou è ou, non oy; ui è ui, non yi; hu è eu, non ey.

A volte però due vocali che solitamente formano un dittongo devono essere pronunciate separatamente; in questo caso si pone una dieresi (%) sulla seconda lettera, ad esempio: , , , , , , . La dieresi su iota (´) o ypsilon (µ) indica che non forma dittongo con la vocale precedente. Perciò ypsilon con la dieresi viene traslitterato y, non u. Gli esempi menzionati sopra sarebbero rispettivamente ay, ey, oy, ey, oy, ai, oi.

Alcune vocali (a, h, w) hanno sotto un piccolo iota (¡) (detto iota sottoscritto). Nel traslitterare questi dittonghi impropri lo iota (o i, anche se non va letto) si mette subito dopo la lettera sotto cui compare. Quindi ¢ è ai, ¤ è ei, e ¥ è oi.

Accenti. In greco ci sono tre tipi di accenti: l’accento acuto (#), l’accento circonflesso (&), e l’accento grave ($). Tuttavia per praticità nelle traslitterazioni che compaiono in questa pubblicazione viene indicato unicamente l’accento tonico sulla vocale da accentare. Quindi l¬goV viene traslitterato lògos; z¸on, zòion.

Sillabe. Un vocabolo greco ha tante sillabe quante sono le vocali o i dittonghi. L¬goV (lògos) ha due vocali e perciò due sillabe. Le due vocali di un dittongo formano un’unica sillaba, non due. PneÖma (pnèuma) ha un dittongo (eu) e un’altra vocale (a) e quindi ha due sillabe.

In greco le sillabe si dividono come in italiano secondo le seguenti regole: (1) Una sola consonante fra due vocali fa parte della sillaba che segue; quindi patªr va diviso pa-tèr. (2) A volte un gruppo di consonanti compare in mezzo a una parola. Se in greco ci sono parole che iniziano con quel determinato gruppo di consonanti, questo appartiene alla sillaba seguente. Per esempio, k¬smoV si divide -smos, poiché in greco parecchie parole — come Smyrna — iniziano con le due consonanti sm. Quando nel mezzo di una parola compaiono due consonanti uguali o una combinazione di consonanti diverse che non si trova mai all’inizio di una parola, esse vengono separate. Perciò b¨ssoV viene diviso bys-sos.

Spiriti. Su ogni vocale in inizio di parola si pone un segno detto “spirito” (lat. spiritus, aspirazione), che può essere “dolce” (') o “aspro” ((). Nella traslitterazione non si tiene conto dello “spirito dolce” ('), mentre per indicare lo “spirito aspro” (() si aggiunge la lettera h all’inizio della parola. Se la prima lettera è maiuscola il segno dello “spirito” la precede. In questo caso 'I diventa I, mentre (I viene traslitterato Hi. Quando la parola inizia con una lettera minuscola, il segno dello “spirito” si pone sulla prima lettera, o, nel caso della maggior parte dei dittonghi, sulla seconda lettera.

Anche la lettera greca rho (r), traslitterata r, all’inizio di parola richiede sempre uno “spirito aspro” ((). Perciò Ãabbe« è traslitterato rhabbèi.

Lettera

 Nome   

Traslitterazione  e pronuncia 1

 

A    a

  alfa

a

 
B    b beta   b  
G    g  gamma   g, dura, gutturale 2  
D    d  delta   d  
E    e   èpsilon     e, breve  
Z    z  zeta            z  
H    h eta e, lunga  
Q    q theta th  
I    i iota  i  
 K    k kappa k  
L    l lambda l  
M    m my m  
N    n ny n  
X    x xi  x  
O    o òmicron o, breve  
 P    p pi p  
R    r rho r  
S    s, V 3 sigma s  
T    t tau t  
U    u ypsilon y oppure u, 4 come “u” francese  
F    f fi  f  
c chi ch, aspirata  
Y    y psi ps  
W    w omèga o, lunga  

 1 La pronuncia qui indicata differisce da quella del greco moderno.

  2 Davanti a k, x, c, o a un’altra g, è nasale e si pronuncia come n in angolo.

  3 Usata solo in fine di parola.

  4 Ypsilon è u quando fa parte di un dittongo.

 
 
 
 

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