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Il 19 luglio 1998, l'EZLN firma la "Quinta Dichiarazione della selva Lacandona", che è la riconferma dell'identità indigena degli zapatisti. Essa chiamava alla "Consultazione Nazionale per il Riconoscimento dei Diritti e contro la Guerra di Sterminio", che ebbe luogo il 21 marzo 1999 con una mobilitazione senza precedenti di 5000 indigeni ribelli che si recarono in tutti i municipi della Repubblica Messicana. Con oltre 2.854.000 voti ottenuti, gli zapatisti riuscirono a portare in primo piano nel dibattito politico nazionale la legittimità delle loro richieste e dei diritti indigeni. Prima di emettere la Quinta Dichiarazione, il panorama nel Chiapas era incerto. Il dialogo con il governo era stato sospeso davanti all'inadempienza dei primi accordi di pace. Nel settembre 1997, 1111 zapatisti marciarono pacificamente su Città del Messico per esigere che venissero rispettati gli accordi di San Andrès. Al ritorno dei delegati nelle loro comunità, la violenza paramilitare si inasprì, principalmente nel municipio di Chenalhò. Nel luglio 1998, con la Quinta Dichiarazione della selva Lacandona, l'EZLN spezza il silenzio in cui era rimasto per sette mesi.
Nella Quinta Dichiarazione, l'EZLN esige una riforma costituzionale in materia di cultura e diritti indigeni che non sia unilaterale, "deve essere integrata con gli accordi di San Andrès e riconoscere quindi gli aspetti fondamentali delle richieste delle popolazioni indigene: autonomia, territorialità, popoli indios, sistemi normativi. Negli accordi si riconosce il diritto all'autonomia indigena e al territorio, in conformità con l'accordo 169 dell'OIT, firmato dal Senato della Repubblica. La ribellione zapatista iniziata nel 1994, continua ancora oggi.
L'EZLN, per la prima volta nella storia, riesce a riunire in una stessa ribellione le principali etnie del Chiapas: tzeltal, tzotzil, chole, tojolabal, mame e zoque. Vi piace ancora la globalizzazione!? |
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