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25
Gennaio 2001
Gli
obblighi del mestiere e i voleri del diretùr mi impongono un’intervista col
candidato premier dell’Ulivo Francesco Rutelli. Mi riceve nel salotto buono
della sua nuova casa all’Eur.
“Rutelli
buongiorno”.
“Bzz,
grr, uss, vexx, grrr, nmmmun”.
“Prego?”
“Aggr,
srrr, buzz, frrgl, drtzd”.
Sento
dei passi alle mie spalle.
“Mata,
tesoro, da quanto tempo non ci vediamo? Sei in gran forma”.
“Barbara,
che piacere, anche tu sei splendida. Ma gli anni non passano mai per te? E
quel giro collo, assolutamente delizioso”.
“Ma
dai, è una cosina, un Cartier che uso solo per casa. Fuori sono tutta acqua,
sapone e vestitini da due lire. Figurati il casino se me lo vedono addosso.
Sono mica scema come D’Alema che si è fatto beccare con scarpe da due
milioni”.
“Barbara,
posso parlare?” Interviene Francesco.
“Stai
zitto. Non vedo Mata da tre anni, avrò il diritto di fare due chiacchiere o
no?”.
Poi
rivolta a me.
“Ti
ha detto qualcosa?”.
“No;
l’avevo salutato ed ha cominciato ad mandar fuori rumori senza
significato”.
“Meno
male che ogni tanto ubbidisce. Gli ho vietato di aprire bocca con i
giornalisti se io non sono presente, per cui cerca di parlare tenendo le
labbra chiuse. Emette solo suoni inconsulti ma almeno non fa danno”.
“Barbara,
la dottoressa Hari è qui per un’intervista”. Implora Rutelli.
“Francesco
deciderò io quando sarà il momento”.
Poi
rivolta a me.
“So
che sei al Barbiere, come te la passi?”.
“Mica male. Il giornale sta crescendo, direttori ne ho avuti di
migliori, ma tutto sommato non è malaccio. Tu piuttosto trasferendoti al
Corriere hai fatto bingo. E meno male che hai lasciato la Repubblica per non
interferire con la campagna elettorale!”.
“Credimi,
è stata una scelta di vita”.
“Ma
dai Barbara, mi prendi in giro? Ci conosciamo da sempre, dai tempi di
Panorama, no, che dico, dell’Europeo, e vieni a raccontare proprio a me la
storia della scelta di vita? Quanto ci guadagni?”.
“Detesto
parlare di soldi perché lo trovo volgarissimo ma a te lo posso dire: me ne
hanno dati una paccata, quasi il doppio di quanto prendevo da quegli spilorci
di piazza Indipendenza, ma, ripeto è stata una scelta di vita”.
“Ma
dai!”.
“Non
fraintendere: una scelta di Vincenzo Vita. Mi ha detto: Lascia la Repubblica
perché tanto è allineata, coperta e prende ordini da noi Ds. Vai al Corriere
che romiteggia sempre di più e vedi di piantare un ramoscello d’ulivo anche
lì e poi con quello che ti danno pensa ai Cartier che ti puoi comprare!. È
stata proprio una scelta di Vita. Io non volevo”.
“Barbara,
l’intervista”. Supplica Francesco.
“Non
ne posso più, mi sfinisce. Dai fagli quattro domande e così ci lascia in
pace”.
Leggermente
imbarazzata tiro fuori il taccuino.
“Rutelli,
qualcosa sul programma dell’Ulivo”.
“Programma?
Non abbiamo nessun programma, Anzi l’abbiamo, no, non l’abbiamo. Insomma
l’abbiamo e non l’abbiamo”.
“L’avete
o non l’avete?”.
“L’abbiamo
e non l’abbiamo. Vede, il Polo ha tanti di quei quattrini che non sa dove
metterli, noi non abbiamo una lira. Allora ho detto: copiamo paro paro il loro
programma, risparmiamo e li battiamo sul loro stesso terreno. Loro insistono
sul tema sicurezza? E io li copio, il mio primo slogan, l’avrà visto sui
muri, è più cittadini per la sicurezza”.
“Francesco
è il contrario: più sicurezza per i cittadini”, lo corregge
Barbara.
Poi
rivolta a me.
“Ieri
sera l’ho costretto a scriverlo cinquanta volte ma non c’è niente da
fare, è proprio di coccio”.
“E
poi”, prosegue il candidato premier “ho deciso di attaccare Berlusconi con
le sue stesse armi. Lui ha pochi capelli? Bene, ho ordinato una lozione che me
li farà cadere tutti. Calvo lui? Più calvo io. Lui usa scarpe col rialzo? Ho
ordinato scarpe con il ribasso che mi accorceranno di venti centimetri. Glielo
farò vedere io chi è più nano. Meno tasse per Totti? Ho già pronto il
manifesto: piu' festa per Nesta e così mi becco i voti laziali”.
“Il
suo punto debole sono i rapporti con la Lega” chiedo. “Perché non
attaccarlo lì?”
“Lo
slogan è già pronto. Lui dice avanti con la Lega? Ed io ribatto avanti con
il Lego”.
“Non
capisco”.
“Regalerò
il Lego a tutti i bambini, così voteranno per me”.
“Francesco”
interviene Barbara desolata “i bambini non votano”.
Cerco
di allentare la tensione.
“Ma
dai Barbara” dico ridendo “Francesco ha la vista lunga. I bambini di oggi
sono gli elettori di domani”.
“Mata
piantala. Non ti ci mettere anche tu, non c’è bisogno che tu dica
stronzate, non ti pare? Piuttosto, perché non
ti fermi a mangiare due spaghetti con noi”.
“Non disturbo?”.
“Ma
scherzi, due spaghettini e poi restiamo un po’ a spettegolare. Tanto dopo
pranzo Francesco guarda i
cartoni
animati”.
Poi
rivolta al candidato premier.
“Francesco
apparecchia, metti su l’acqua per la pasta e quando bolle chiamami per il
sale”.
“È incredibile” dice. “Vuole guidare il Paese e non ha ancora
imparato quanto sale ci va nell’acqua”.
Ho
una domanda sulla punta della lingua e non riesco a stare zitta.
“Scusa
Barbara, adesso che siamo sole, mi spieghi perché mai si è dimesso da
sindaco? Anche se mi auguro il contrario non penso che abbia molte chances”.
“Chiariamo
una cosa: lui non si è dimesso da nulla, sono stata io che l’ho fatto
dimettere. Quanto al resto sei proprio un’inguaribile ottimista. Tu dici che
ha poche chances, io dico che non ne ha nessuna”
.
“E
allora?”.
“E
allora mi ero rotta le palle. Io mi faccio un culo a randa: i pezzi, il sito
internet, le rubriche, le interviste televisive e via andare. E poi, quando
era sindaco, scrivere i suoi discorsi, rileggere le delibere prima che le
firmasse, controllare tutto.
Non ti dico, una volta per tagliare il nastro ad
una inaugurazione, invece delle forbici si era portato il coltello elettrico
perché Bassanini gli aveva suggerito di modernizzare le procedure. Un
inferno. Così invece avrò un po’ di tranquillità. Niente Campidoglio, di
Palazzo Chigi non se ne parla nemmeno se piange in turco e finalmente potrà
rendersi utile per me, per la famiglia e
per fare ciò per cui è portato”.
“Cosa?”.
“Accompagnare
i bambini a scuola, portare a spasso i cani, controllare che la filippina non
rubi sull’orario, pagare le bollette, giocare con i Pòkemon. Sai, io lavoro
quattordici ore al giorno”.
Si
sente un urlo dalla cucina.
“Barbara
mi sono scottato, per vedere se l’acqua era pronta ci ho messo un dito
dentro. Bolle. Aggiungo il sale?”.
“No
Francesco, arrivo io”.
Barbara mi guarda.
“Ho
ragione o no?”.
Mata Hari
Le interviste di Mata Hari a: Silvio
Berlusconi, Walter Veltroni
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