Dai nostri inviati |
Voci, rumori, "boatos". E qualche onesto, innocente e gustoso pettegolezzo sul mondo dei giornali. Intendiamoci subito: i malintenzionati che vogliono offrire al Barbiere non saporite notizie, ma perfide insinuazioni, saranno fermamente respinti. Chi ha qualcosa di interessante da raccontare e' invece il benvenuto. Manda dunque le tue notizie al Barbiere della Sera |
C’è, nella
redazione milanese del Giornale, una storiella di cui pochi
sanno e nessuno vuol parlare. Da un po’ di tempo Marcello Chirico,
al Giornale da undici anni, non si occupa più della politica milanese
come ha fatto per anni, ma lavora al desk. Perché? Qualcuno dice
che tutto sia cominciato in un pomeriggio di inizio settembre, con una
telefonata dell’amico Luigi Crespi, patron di Datamedia,
l’istituto demoscopico che ha tra i principali clienti Silvio
Berlusconi. Il pezzo esce
sul Giornale il 13 settembre, tutte le richieste soddisfatte.
Chirico chiama Crespi per fare due chiacchiere di commento, ma
lui non vuole parlargli. Lo chiama invece furente la leggendaria Miti
Simonetto, esperta che cura il look del Cavaliere: “Come?, io
non sono citata in questo pezzo, sono io quella che ha scelto le
immagini di Berlusconi”. Dopo una
settimana Andrea Marini, il socio di Crespi, presenta un esposto
all’Ordine nel quale afferma che Chirico gli ha attribuito falsi virgolettati
(tra i quali il fatto di aver consigliato al Cavaliere di abbandonare
la grisaglia per il maglioncino di cotone) che ritiene
“lesivi della sua professionalità”. Gli amici di
Chirico sostengono che questo sia stato il primo episodio, l’inizio.
Dopo ne sarebbero accaduti altri.
Anzitutto, quello dell’assessore al traffico, Giorgio
Goggi, il quale intorno a febbraio riferisce al pm Paolo Ielo
il suo sospetto circa una mazzetta da 150 milioni che Chirico e
Nicola Forcignanò (ora direttore del Giornale di Toscana)
avrebbero preso dall’Atm. Sta di fatto
che qualcuno mette sull’avviso Chirico: “non rompere troppo le
scatole al sindaco”. Lui non segue granché il consiglio. Alla fine
di aprile, alla convention preelettorale al Teatro Dal Verme, per via
di una battuta provocatoria sul fatto che Berlusconi non ha trattato
poi così bene Albertini, si scontra violentemente con suo portavoce, Roberto
Gelmini. Passa qualche
giorno e Sergio Rotondo, capo della cronaca milanese, gli
comunica che è sospesa la rubrica settimanale nella quale Chirico da
un anno e mezzo commentava l’operato di un politico a sua scelta e
gli dava un voto. Poco
prima, aveva dato una pesante insufficienza (la seconda) al sindaco. Emanuele
Fiano, capogruppo ds a Palazzo Marino, presente quando la pagella
è arrivata davanti agli occhi dello staff di Albertini, ricorda una
reazione “molto, molto indispettita”, così almeno ha
riferito al Barbiere. Passa poco più di un mese e Sergio
Rotondo comunica a Chirico il suo trasferimento dal politico. Secondo Fiano, “la ‘sparizione’ di
Marcello Chirico va messa in relazione al fatto che ha dimostrato di
essere un giornalista indipendente”. Qualche suo amico sottolinea
invece che, dato il carattere “non facilissimo” di Chirico,
il provvedimento potrebbe dipendere anche da incomprensioni interne al
Giornale. Costanza
Poco dopo il 13 maggio quell’essere che porta il nome di Prof.
Magrit, in barberia per la solita spuntata ai suoi quattro peli,
aveva scommesso con tutti noi che, col governo Berlusconi, sarebbe
finalmente rinata la satira.
L’ho sempre preso in giro per questo, al punto da giocarmi
persino la vacanza in Trentino
per ritirare il premio che spetta al Barbiere della Sera. Avverto gli organizzatori che, senza un loro intervento
diretto, in Val di Sole verrà quell’essere. Ho perso. Da quanto ho
capito, ascoltando di nascosto due giornalisti (uno mi pareva più un fumettaro,
però) appollaiati al bancone, prima che il governo Berlusconi compia
il primo mese di vita uscirà ‘Il
Cuore’. Ignoro i nomi dei cospiratori, ma posso garantire
che avevano l’aria di essere particolarmente feroci. Posso anche
aggiungere che nessuno dei
due somigliava a Claudio Sabelli
Fioretti, ma, data l’età e lo stato in cui erano ridotti,
sembravano dei sopravvissuti ad ogni attacco di ‘Cuore’,
gente in grado di superare ogni ‘Male’. Sparlottavano di barbarie. Mi sembravano sinistri.
E ridevano…mamma mia se ridevano…il ghigno delle iene,
non quelle della tivù, quelle vere che ho visto allo zoo di Roma… Ho proprio paura che in Val di Sole ci andrà quella pizza
di Magrit. E io porterò caffè e cappuccini ai giornalisti
impegnati nel dibattito sulla rinascita della satira. Però mi
dispiace.
Ciao! ho notizie da La Voce di Cremona... Insomma
dopo che ho letto quelle sulla sua "sorella" di Rimini -
fughe a non finire, giornalisti itineranti, sinergie con Gazzetta,
ecc. - eccovi qualche notizietta sulla mitica redazione di piazza
Gallina, dove di volatini ce ne sono eccome... Primi decolli e prime fughe prima che uscisse in edicola
(18 aprile 2001), un record. Sono scappati due collaboratori. Poi è
stata la volta di una grafica. Infine, altre tre collaboratori non si
sono più fatti vedere: sarà perchè non sono stati pagati
abbastanza??! La domanda che ci si pone in città è questa: qual'è il
senso dell'operazione La Voce di Cremona? Riuscite a rispondere. Noi,
per ora, siamo nel buoi più totale.
Fernanda Alvaro, inviata de IlNuovo.it
è finita con un suo pezzo – per giunta firmato – su “Libero”.
Che
follia, qui a Saxatraz, ragazzi !!!!! Nel carcere - lager per
giornalisti (pomposamente ribattezzato "cittadella
dell'informazione") la fibrillazione cresce ogni giorno che passa
in attesa del cambio dei secondini.
Che
succede a Onda Tv Magazine? Il magazine del Gruppo Riffeser
(Il Giorno+La Nazione+Il Resto del Carlino) nasce più di dieci anni
fa con il nome di Onda Tv e la missione di settimanale tv, una fascia
di mercato abbastanza piena ma comunque variegata.
Acque
agitate al Tempo. Il
quotidiano di piazza Colonna, diretto da Giuseppe
Sanzotta, continua a traccheggiare. L’editore Domenico Bonifici è sempre alle prese con problemi finanziari
legati alla testata. Nei
giorni scorsi una prima iniziativa: la storica Editrice Romana che editava il giornale è stata sostituita dalla Colonna
2000 spa con amministratore unico Carlo
Simoncelli. In redazione questa mossa viene letta come un primo
atto per la futura cessione del quotidiano. Le
vendite sono sempre stabili. I due settimanali allegati, “TelevisOre” e “Il mondo
del Lavoro” non hanno dato i risultati sperati e, secondo
indiscrezioni, l’editore starebbe approntando - nella sede di viale Parioli - un nuovo inserto dedicato all’enigmistica.
Vita
raddoppia.
Il settimanale del no-profit - diretto da Riccardo
Bonacina e Giuseppe Frangi
- lancia un inserto: EF
ovvero Etica & Finanza.
Otto pagine dedicate all’impatto sociale ed ecologico
dell’economia e della finanza. Lo realizza Avanzi,
agenzia di rating ambientale.
Gennaro
Sangiuliano lascia la
direzione del Roma di
Napoli. Sangiuliano assume l’incarico di direttore editoriale.
Direttore responsabile della testata è Gigi
Casciello, affiancato da due vice: Antonio
Sasso e Francesco Landolfo. Si
chiude così - a tarallucci e vino - un periodo di tensione tra
Sangiuliano, candidatosi alla Camera con Forza Italia ma senza
successo e l’editore Italo
Bocchino, deputato di An.
"Ma chi comanda a Mediaset? Pier Silvio
Berlusconi, è evidente. Così come in Fininvest Marina. Ci sono dubbi
in proposito? Nessuno, dicono gli interessati. "Papà ormai da anni si disinteressa delle sorti aziendali: conflitto
di interessi? Ma quale conflitto, papà si occupa di cose ben più
importanti (le sorti degli italiani, la globalizzazione, i Paesi più
"fortunati" e ...)". Allora cosa è saltato in mente a Maurizio
Costanzo, venerdi 22 giugno, sul Corriere della Sera, a pagina 26,
quando, a proposito di "8 anni di idee per Mediaset"si
lascia scappare che:"Qualche tempo fa Maria
aveva inventato il format "Corteggiami", ma qui a Mediaset
non interessava. Allora lei l'ha mostrato a Freccero (direttore di
Rai2). Il quale ha detto:"Lo prendo, ne voglio 130 puntate".
Io per correttezza ne parlai con Pier Silvio e lo avvisai di questa trattativa inoltrata.
La sera a casa mi arrivò una telefonata amichevole di suo padre che
mi chiedeva di non farlo".
E’ nata a La Repubblica una nuova
figura professionale: quella della redattrice interni promossa a
termine inviata, con l’inclusione delle notti. La
fortunata che almeno fino a settembre potrà godere
di questa singolare formula contrattuale è Concita De Gregorio.
E’ noto che ogni promozione crea malumori più o meno
giustificati. Questa ha l’incommensurabile pregio di aver messo di
cattiva vena tutta la redazione
interni di Repubblica, compreso la diretta interessata.
Anche perché, in questo caso, per alcuni il problema
è la mancata promozione, per altri quello delle notti (tenuto presente che si tratta di un giornale e non del Policlinico
Gemelli). Da tempo l’impero
debenedettiano ha messo fuori legge tutto ciò che possa minare il
profitto aziendale, promozioni, assunzioni e sostituzioni. Alcuni
storici parlano persino di una silloge (ordine di servizio) del CIR
che ratificherebbe una decisione in virtù della quale nemmeno Marco
Benedetto è autorizzato ad assumere. In questo contesto il primo di giugno il direttore promuove
Concita De Gregorio, selezionandola in una rosa di quattro nomi, tra
cui figurano anche Alessandra
Longo, Antonello Caporale
e Umberto Rosso. Le ‘notti’ a Repubblica sono diventate particolarmente
pesanti da quando l’azienda ha introdotto il nuovo sistema
editoriale che, nonostante i solleciti richiami di Mario
Orfeo alla chiusura e incentivi vari, non permette al giornale di
andare in stampa prima delle undici e mezza, mezzanotte. Il giornale,
in pratica, da ‘prodotto dell’ingegno collettivo’ sta diventando
un ‘miracolo collettivo di volontariato’,
in testa l’instancabile Barbara
Jerkov. Giovedì sera le urne per l’elezione del nuovo Cdr
saranno aperte e inizieranno i conteggi. Salvo sorprese gli exit polls
danno per eletti Mazzocchi,
Politi, Catalano, Picozza,
Gerino.
In via Rizzoli 2, sede storica della Rcs
(oltre alla Periodici ci sono gli uffici della presidenza) é tempo di
malesseri e attese, invariabilmente accompagnate da rumors e boatos
(non solo) di corridoio.
Domani, al direttivo della Confindustria
voleranno gli uccelli paduli. Crediamo di far cosa grata ai lettori
del Barbiere della Sera riassumendo in poche righe l’essenza
dello scontro che oppone il presidente dell’organizzazione degli
industriali D’Amato all’entourage nobile
dell’imprenditoria italiana con in testa naturalmente la Fiat
di Gianni Agnelli. Poi pero’, Auci ha telefonato a D’Amato per dirgli: “Ci avrei ripensato. Non se ne fa niente”. E D’Amato si è un po’ incazzato. Cose che capitano , ma che finiscono per produrre situazioni imbarazzanti. D’Amato a questo punto non puo’ cedere, pena una figuraccia barbina (anzi, le dimissioni) e deve portare avanti il cambio di direzione con Gentili, visto che il presidente di Confindustria e’ l’azionista del Sole 24 Ore. Ma nemmeno l’area Fiat puo’ incassare una seconda sconfitta senza essere sommersa di pernacchie. E allora? E allora e’ verosimile che si tenti di trovare un terreno di mediazione. Tutto sta a capire quale puo’ essere lo scambio praticabile. Se D’Amato non molla sulla direzione Gentili al Sole, Ernesto Auci deve pur trovare una seggiola presidenziale di forte visibilità. A questo proposito vale la pena di ricordare che ancora e’ tutta da giocare la partita della presidenza della Rai che ben varrebbe una compensazione congrua e accettabile. In seconda battuta, nel giro delle pedine, puo’ entrare anche l’università della Confindustria, la Luiss, un po’ in ribasso nell’ultimo periodo. Insomma, i giochi possono comporsi solo se anche la vecchia guardia dell’imprenditoria italiana con l’avvocato Agnelli otterrà qualcosa di buono da poter esibire come simbolo di ritrovato peso in Confindustria. Senno’, son botte. Domani vedremo. Bds
Doveva essere la giornata delle dimissioni, è stata la
giornata in cui il Cdr del Gazzettino si è salvato. Dopo una riunione durata alcune ore, il Comitato di
redazione ha emesso oggi un comunicato unitario in cui
afferma di "proseguire nel proprio mandato". Ma dal
comunicato stesso (dove si parla di "idee e differenti
posizioni di ognuno") si evince che la decisione non è
stata unanime e che i dissensi interni non sono stati
saldati, tanto che il documento è stato approvato a
maggioranza.
Che strana aria si respira a Saxa
Rubra. Tutti fanno finta che nulla sia accaduto, che le elezioni
non ci siano state, che nulla cambierà. La frase più ricorrente è
“Cosa ce ne frega della politica, noi siamo qui per
lavorare”. Da far schiattare d’invidia nella tomba il buon
Totò. Tutti fishes in barrel nel migliore stile saxarubrese.
Ma le voci (e che voci) girano. L’ultima è di quelle destinate (se
l’operazione andrà in porto) a sparigliare tutti i giochi sino ad
oggi ipotizzati. Nino Rizzo Nervo avrebbe ricevuto un’offerta
da La Sette dove diventerebbe il vice di Gad Lerner. L’interessato
nega con troppa sospetta veemenza perché la smentita non venga
interpretata per quello che spesso è: una notizia data due
volte. La direzione del Tg 3, da sempre
orientata a sinistra, è molto appetita dal Polo, non tanto per l’edizione
nazionale che, negli ultimi tempi soprattutto, ha un’audience
più o meno pari a quella che facevano anni addietro le pecore dell’intervallo,
ma perché controllare il Tg 3 significa fare e disfare le ventidue edizioni regionali,
appetiti centri di potere e prebende. Se il Tg 3 passa al Polo tutte le
carte si sparigliano, a cominciare dal Tg 2, dove era dato per certo l’arrivo
di Mauro Mazza (An). Anche perché a complicare le cose ci si
è messa la Margherita con un ragionamento che, più o meno,
recita così: nell’era del centro sinistra noi vi abbiamo lasciato
il Tg 2, adesso, centro destra imperante, il Tg 2 datelo a noi. Cosa
che il Polo non può rifiutare; a maggior ragione se si cucca il Tg
3. La notizia ha gettato nel panico Mimunlandia
e il perché è comprensibile: il Tg 2 è un monolite polista.
Tutti indistintamente, dai vice direttori, ai redattori capo centrali,
ai capi redattori dei desk appartengono a un’area politica ben
definita. Certamente la loro vita si complicherebbe se al Tg 2
arrivasse per esempio (è un nome che butto lì per caso, tanto si sa
che io non sono una persona seria) Paolo Ruffini. In più c’è anche da tener conto
che il sor Clemente lascerà dopo otto anni la poltrona. I suoi
desiderata sarebbero quattro. Nell’ordine: diventare il padrone
della Lazio, ma Cragnotti ha fatto sapere di non essere d’accordo; aprire un albergo per cani e gatti abbandonati
ma la Società per la protezione degli animali ha fatto sapere
che non se ne parla nemmeno; fare il direttore della Rete uno
ma è improbabile; dirigere il Tg 1, cosa di cui si dovrà
accontentare. Altro motivo perché il Tg 2 assuma un colore verde
oliva: il Polo non può avere tutti e tre i telegiornali nazionali. Né vivono sonni tranquilli i conduttori
del Tg 2, tutti attaccati al gobbo come le patelle allo scoglio. Anche
lì la fede politica è compatta. I primi risultati delle elezioni si
sono già visti. Il 13 maggio non si erano ancora spenti gli echi
degli exit polls che Attilio Romita è passato dall’edizione
delle 13 a quella ben più ambita delle 20,30 e che Francesca
Nocerino venisse catapultata dall’edizione del mattino (che ha
un’audience pari a quella delle già citate pecore) a quella delle
13. E che dire poi, passando ad altre
testate, di Angela Buttiglione, attualmente direttore delle
Tribune politiche. Vedrete che prima o poi qualche becero comunista
comincerà a tirare fuori un conflittino d’interessini.
Date retta alla vecchia Mata
che è ignorante ma ha la saggezza della contadina siciliana:
aspettate qualche giorno e al confronto di Saxa Rubra la striscia
di Gaza sembrerà un parco giochi per bambini.
Il
Cdr del Gazzettino va verso le dimissioni che probabilmente
saranno formalizzate lunedì. A causare l'interruzione del mandato (la
scadenza era marzo 2002) saranno alcune nomine annunciate dal
direttore Luigi Bacialli all'inizio della settimana e che sono
piaciute poco sia al corpo redazionale sia ad alcuni membri dello
stesso Cdr.
Entro
la fine di quest'anno la diffusione complessiva dei quotidiani diffusi gratuitamente
potrebbe sfondare lo storico tetto di 1
milione di copie al giorno. Un risultato davvero straordinario, se
si pensa che dodici mesi fa la "free press" nel nostro paese
neppure esisteva. I primi ad arrivare sul mercato sono gli svedesi di Metro, che hanno conquistato le stazioni della metropolitana di
Roma, distribuendo 200 mila copie al giorno. Poi è stata la volta di Leggo,
quotidiano del Gruppo Caltagirone, che si è assicurato il monopolio
della diffusione alle stazioni delle Fs. A Roma, sua prima esperienza,
distribuisce ben 250 mila copie, e c'è chi dice che sia
"frenato" dal bisogno di non danneggiare il concorrente di
famiglia, "Il Messaggero".
A Milano, sua seconda uscita, Leggo conta già 200 mila copie, e in
programma è la conquista di altre stazioni, da Napoli a Firenze a
Torino.
Altre
200 mila le diffonderà City del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera che, come ci informa il
nostro Shampoo, ha vinto alla metropolitana di Milano. E, con queste,
arriveranno già quest'anno a 850
mila le copie diffuse in Italia gratuitamente. Ma se aggiungiamo
altri prodotti in "dumping" come i giornali-panino (ne paghi
uno e ne aprendi due) e il crescente numero di copie omaggio per
esigenze di cortesia (i quotidiani distribuiti in aereo, su alcuni treni
rapidi, recapitati a casa alle "persone che contano") siamo
sicuri che già nel 2001 si supereranno 1 milione di copie al giorno.
La
domanda è: siamo sicuri
che l'editoria italiana debba
rallegrarsi di tutto questo? A prima vista sì: questi fogli fanno
incetta di pubblicità (questa non bada tanto alla qualità del prodotto
su cui investire, quanto piuttosto al numero di copie diffuse) e costano
poco, perchè una redazione di cinque o sei unità basta e avanza per
mandare avanti la baracca. Sono, dunque, una miniera d'oro. E se il 2000
è stato "l'annus horribils" per i giornali italiani, con lo
storico record negativo di 5
milioni di copie diffuse al giorno, è probabile che il 2001,
proprio grazie alla "free press", ci riporti in alto. Ma
potrebbe trattarsi di una pura e semplice bolla, un momentaneo rigonfiamento. Il
timore è che, alla lunga, i giornali gratis faranno una
concorrenza spietata a
quelli venduti in edicola, i cui costi di produzione risulteranno al
confronto esagerati. Un futuro immediato niente affatto allegro, quindi.
Chi ne farà le spese? Sicuramente la nostra categoria, perché negli
anni a venire risparmi di personale e prepensionamenti torneranno a
farla da padrone. E certamente anche la qualità dei giornali, che
saranno sempre più infarciti di notizie d'agenzia e di "service"
e, con redazioni più deboli, sempre più ligi all'interesse di bottega
dei padroni del vapore. In una parola, saranno
meno credibili. Tutto questo, naturalmente, non potrà che
accelerare il processo di disaffezione già in atto presso i lettori. Sursum
corda!
City.
Questa la testata del free press
di casa Rcs. Il quotidiano gratuito che verrà distribuito nelle stazioni
della metro milanese. Rcs ha, infatti, vinto la gara d’appalto.
Vittoria scontata dopo l’uscita di scena di 20
Minuti (cordata Il Giornale
e norvegesi) a causa di problemi legali. L’uscita del giornale -
affidato a Rcs dall’Atm in
trattativa privata - e’ prevista per la metà di luglio. Ma,
secondo altri rumors, potrebbe anche esservi un rinvio ad ottobre. Direttore del quotidiano sarà Lanfranco
Vaccari che, secondo indiscrezioni, potrebbe pero’ lasciare la
testata dopo il suo avviamento per altri incarichi interni a Rcs.
Intanto, gli altri due quotidiani gratuiti, Metro
e Leggo, continuano a occupare saldamente la piazza milanese: anche
se, Leggo, free press di casa
Caltagirone, mostra la propria debolezza redazionale rispetto
all’altro concorrente che dovrebbe aumentare la filiazione.
Trionfo del direttore di Gente alle elezioni del fiduciario sindacale. Sandro Mayer ha raccolto 11 voti su 14 diventando così, oltre che direttore del settimanale Rusconi Hachette, anche il rappresentante sindacale dei "suoi" redattori. Vi assicuriamo che non è uno scherzo, ma una notizia: le votazioni si sono svolte davvero così. Nessun dubbio sulla regolarità della
consultazione. Un Comitato elettorale ha lavorato con scrupolo,
consentendo persino il voto telefonico e dando regolare
preavviso. Qualche dubbio in più suscita invece la prospettiva del
primo incontro che il nuovo fiduciario Mayer chiederà al direttore
Mayer.
Caro Bds, non so se sia
un caso ma tant'è. La Voce di Rimini è l'ultimo prodotto
giornalistico quotidiano uscito in città dall'ottobre '98.
Una miss per vendere più copie. Accade a Cremona. La Voce di
Cremona, il quotidiano del gruppo Donati, arranca e le cinquemila copie
previste per il pareggio dei conti sono ancora un miraggio. Dal primo numero ad oggi, la Voce ha, infatti, pubblicato, tutti i giorni i tagliandi di partecipazione al concorso integrandoli con interviste, appunti e curiosità. Nei giornali concorrenti (La Provincia e la Cronaca) le cose vanno meglio. Entrambi hanno guadagnato copie puntando sulla cronaca.
Corrispondenti pancia a terra in tutta la provincia per portare a casa
servizi e inchieste. E Andrea Riffeser, alleato della Cronaca, ha
già deciso di puntare sulla redazione cremonese per conquistare altri
territori limitrofi.
Un'altra firma "pesante" va
ad aggiungersi a quelle già presenti su Amica, il news magazine
femminile della Rcs. È quella di Ugo Bertone, già
inviato e redattore capo de La Stampa; una new entry di cui ad
Amica sono molto fieri.
Rumors milanesi sulla prossima uscita de La Notte. Il quotidiano del pomeriggio potrebbe tornare in edicola dopo l’estate. A lavorare al progetto sarebbe un service che già opera per il gruppo Riffeser, l’editore del Giorno-Nazione-Resto Carlino. La storica testata diretta da Nino Nutrizio potrebbe essere utilizzata per il giornale del pomeriggio che l’editore bolognese ha in mente di mandare in edicola. Condizionale d’obbligo e bocche cucite all’interno del gruppo. Ma i boatos non si fermano qui. Si parla di un ritorno nel gruppo di Alessandro Sallusti, attuale vice di Vittorio Feltri a Libero, che – secondo indiscrezioni – non sarebbe soddisfatto del suo attuale incarico. Si deve a Sallusti la nuova linea del
giornale di via Merano che ha portato il quotidiano a quota 47mila
copie. Ma capita che, talvolta, Feltri ci metta mano: in quel caso,
pagine sbaraccate di continuo, temi forti e attenzione solo per la
politica e la cronaca. Come dire:
Feltri non ammette intromissioni. Lo (ri)disegna a sua immagine e
somiglianza.
Un
ristorante elegantissimo, il
Caffè Veneto Asador in cima a via Veneto, a Roma. Cinque tavoli da otto persone,
con tovaglia damascata di color rosso cardinalizio e posate d'argento, e
un tavolone da venti. Un'occasione speciale:
Cesare Cursi, assessore al Bilancio della Provincia di Roma, ringrazia
gli amici e i collaboratori più intimi, che lo hanno aiutato ad entrare
alla grande nel Parlamneto italiano. Sì, perchè quello che fu per anni e
anni il segretario particolare di Amintore Fanfani, alle elezioni del 13 maggio è
diventato senatore della Repubblica per Alleanza
Nazionale, sbaragliando gli avversari nella Circoscrizione di Roma
Uno, centro storico. Ma non è che l'inizio, perché adesso è in lizza
con molte possibilità di successo per un posto da sottosegretario nel
governo Berlusconi. Aperitivo
di champagne, che scorre a fiumi anche alla fine, antipasto con pizzettine
e palline di riso con funghi e piselli, di primo un risotto ai fiori di
zucca e gnocchetti al pomodoro e basilico, poi un carrello di arrosti e
infine un dolce fatto a budino di cioccolata con sopra frutti di bosco e
crema di vaniglia. A mangiare di gran gusto c'è l'attore Enrico
Montesano, con un cappellino
biancoceleste a provare la sua fede di tifoso laziale. Non c'è verso
di farglielo togliere,
se lo tiene stretto in testa durante tutto il pasto. Ma, by the
way, non girava dalle parti della sinistra, qualche anno fa, l'attore? Ha
dunque cambiato casacca? E
di politici, chi c'è alla cena di ringraziamento? Doveva venire il Grande
Capo, il segretario di Alleanza Nazionale Gianfranco
Fini, ma alla fine ha dovuto declinare. Altri non si notano
che...che...Ma no, quella è Giovanna
Melandri con il suo bel marito! Il ministro
dei Beni Culturali del governo uscente, la parlamentare diessina che vorrebbe la presidenza della Commissione di vigilanza
sulla Rai, è qui, ad alzare i
calici per Cesare Cursi, assieme ad altri sessanta suoi intimi. I
camerieri non ci credono, noi neppure. Giovanna, proprio ad una cena di
ringraziamento di An, dovevi farti vedere?
"Ma non ci posso credere!". Un urlo lancinante ha rotto la pace laboriosa della bottega, giovedì mattina. Lo ha emesso Don Basilio e prima di allora altro non si sentiva che lo sforbiciare di Figaro sulle basette di un cliente. Ci siamo avvicinati tutti al nostro amico che sembrava caduto in catalessi, occhi sbarrati, bocca spalancata e la mazzetta dei giornali scivolata a terra, con gran frastuono. Aveva "Il Messaggero" in mano, Don Basilio. Una
veloce ispezione della prima pagina non ci spiegava il perché di
tanto sbalordimento. Beh, sì, mancava
il titolo su Kyoto, che tutti gli altri avevano, e la polemica
Polo-Ulivo sul firmare o non firmare l'accordo assieme ai partners
europei. Ma si sa, meno nomini l'ambiente e meglio è, in quel
giornale. Maledetto Cederna e il Cedernismo! Il
pezzo su Kyoto era relegato all'interno e affidato, per giunta, ad
Amedeo Cortese, firma convenzionale del servizio Politico. No,
con faticosi movimenti delle orbite, Don Basilio cercava di indicarci
l'articolo di fondo del giornale. Autore, il
magistrato Carlo Nordio. Titolo, moderato: "Tangentopoli fu anche
patologia giustizialista". Ma dentro, che
mortaretti, cari clienti. Si cominciava "con la teoria
del filosofo Hegel, della
cosiddetta Astuzia della
Ragione". Si proseguiva con "il
compianto on.Craxi" che quella teoria espose. Si passava poi
"attraverso antitesi e sintesi" , "alla più
schiacciante, limpida e stabile vittoria del centrodestra dalle epiche
elezioni del '48". Si assicurava quindi che la sacrosanta
commissione di inchiesta su Tangentopoli verrà fatta. Perché? "Perchè la nuova
maggioranza possiede i tre requisiti del governo: le idee per
decidere, il coraggio per risolversi e la forza per eseguire". "Credere,
obbedire, combattere!" stava sussurando Don Basilio, che adesso
scuoteva la testa ripetendo, "Ma...Un magistrato...un
magistrato!". Poi a bottega tornò il buonumore, con Figaro che
sottolineò ancora una volta la grande abilità di chi aveva fatto il
titolo. Quello esatto, più rispondente ai contenuti, doveva
sostituire un "anche" con un "solo", così:
"Tangentopoli fu solo patologia
giustizialista". La corruzione? Ce la siamo inventata noi.
Iacopino ce l'ha fatta. Ultimo degli eletti, con tre voti in più del primo degli esclusi, il presidente della stampa parlamentare entra nel Consiglio nazionale dell'Ordine. Risultato di prestigio, visto che era sostenuto ufficialmente solo da 'Punto e a capo'. Ma
accanto alla soddisfazione c'è per Iacopino un cruccio, legato ai 49
voti che lo hanno separato da Nicola
Graziani, rieletto con 417 voti (contro i 368 di Iacopino). Con i
Graziani (cinque giornalisti, fra papà Pierino e quattro figli) non
corre buon sangue, e Vincenzo sarebbe stato contento di prevalere sul
rappresentante più illustre della nuova generazione della famiglia. All'origine
c'è l'episodio del 13 febbraio 1998 nella redazione romana del 'Mattino',
quando Chiara Graziani,
secondo la sua versione, è stata maltrattata da Iacopino, oppure
(versione di Iacopino) ha maltrattato il redattore capo. Come
se non bastasse, fra Iacopino e Nicola Graziani c'era
già della ruggine, per colpa dell'associazione dei giornalisti
quirinalisti, di cui il più illustre fra i giovani Graziani è fra
i promotori. Iniziativa che per Iacopino è fumo negli occhi, perché ha
tolto spazio alla "sua" Stampa parlamentare nei rapporti col
Quirinale. All'epoca, Iacopino affrontò Nicola Graziani, diffidandolo (inutilmente) dal proseguire nell'iniziativa se non
voleva essere espulso dall'Asp.
Date
queste premesse, la candidatura contemporanea di un Graziani e di
Iacopino era di fatto anche un duello. Nicola Graziani aveva il vantaggio di appartenere a una famiglia
numerosa, e di partire con quattro voti in in più. L'appuntamento
è ora per il 2 ottobre, quando Giovanni
Graziani, testimonierà nella causa promossa da Iacopino contro
Chiara Graziani. Testimonianza che la difesa di Iacopino aveva cercato di evitare, presentando un'istanza di non ammissione
(respinta). Dei fratelli Graziani, Giovanni
è il meno diplomatico, e non è escluso che quel giorno ci possano
essere scintille. Se così
sarà, i lettori del 'Barbiere' ne saranno informati.
Filtrano
nelle redazioni, rimbalzano nei salotti, fuggono in libera uscita su
qualche giornale straniero, come "Le Figaro" di due
mercoledì fa, aleggiano di sala in sala nella sede della Federazione
degli editori, appena conquistata da Luca di Montezemolo. Figurarsi se le
voci attorno al fantapiano del Cavalier Silvio Berlusconi per "riorganizzare"
l'intero sistema televisivo non erano arrivate sino alla nostra
bottega. Lo
schema di intervento sarebbe in tre punti: 3)
Scatterebbe contemporaneamente una grande
alleanza con la famiglia Agnelli, con acquisizioni e scambi di
pacchetti azionari, che avrebbe per protagonisti soprattutto gli eredi. I
rapporti fra il Cavaliere e
l'Avvocato, del resto, sono diventati negli ultimi tempi molto
affettuosi, e i contatti, praticamente quotidiani. Liberata dai
vincoli della legge Mammì, la famiglia Agnelli, proprietaria di giornali,
potrebbe possedere anche
televisioni, e in qualche modo, il problema del conflitto di interessi
verrebbe risolto. Per
la verità, esiste anche una variante del piano, considerata meno
credibile. Quella secondo cui il Cavaliere privatizzerebbe
la Rai, cedendo un canale agli Agnelli e un altro a De Benedetti.
Un'azione, secondo vari osservatori, che porterebbe Mediaset alla rovina.
La principale conseguenza della privatizzazione sarebbe infatti che,
perdendo il canone pubblico, le due reti non
avrebbero più, come accade oggi, un tetto all'affollamento pubblicitario.
E beneficerebbero di volumi incrementali di pubblicità che oggi
venivano suddivisi sulla carta stampata. Per questo gli editori, specie i
piccoli e medi, sarebbero incazzati assai. Resta
infine il problema, ancora tutto da risolvere, di Retequattro che
trasmette senza concessione, mentre Europa 7 ha la concessione ma non può
trasmettere perché è priva di frequenze. Qui, nel giro di un mese è
annunciata una seconda sentenza
della Corte costituzionale, che segue a quella del 1994. E' probabile
che il Cavaliere aspetti questa, prima di riorganizzare in qualche modo il
settore.
Cambio
della guardia al “Giornale del Piemonte”. Pierluigi Coscia se ne va. A
dirigere il quotidiano panino del “Giornale” di Paolo Berlusconi
arriva Massimo Tesio, pubblicista e consigliere comunale (area Forza
Italia) di Rivoli. Questione
di soldi. E a occuparsene in prima persona – con tagli e
razionalizzazioni – sarà proprio il neodirettore che è pure
vicedirettore generale della società che edita il quotidiano.
“Guiglia
non ci convince”. E’ questo il refrain che i redattori del Secolo
d’Italia vanno ripetendo all’editore. Già due anni fa, Federico
Guiglia (ex Giornale e il Borghese) fu ‘bocciato’ come caporedattore
del quotidiano ex missino. Poi,
la sua direzione – questa la tesi dei redattori del quotidiano di An –
sarebbe troppo sbilanciata rispetto a quella di Gegé Malgieri. Meglio
dunque scegliere un Direttore più allineato: Mario Landolfi che come
Malgieri avrebbe lo stesso aplomb lavorativo. Il
Secolo d’Italia si rivela quindi come quotidiano ultrasindacalizzato,
dove la scelta di cambio del Direttore passa prima dalla redazione che
dall’amministrazione. Vai a "spie in campo" di Maggio 2001 |