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Visto il clamoroso successo
ottenuto dalla sua prima novella ("Io
lavoro al desk, di un portale a ore..."), abbiamo chiesto naturalmente
a Ivan Denisovic, un vero talento narrativo, di inviare al Barbiere qualche
altro scritto. Detto, fatto. Ecco Ivan che ci racconta la festa natalizia
aziendale a cui ha felicemente partecipato. Felice di aver acquisito una
nuova e brillante firma, il Barbiere ringrazia Ivan per la sua collaborazione.
Bds
22 Dicembre 2000
“Allora tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse
parole. Ora avvenne che, emigrando dall'oriente, gli uomini trovarono una
pianura nella regione di Sennaar e vi abitarono. Si dissero quindi
gli uni agli altri: "Venite, facciamo dei mattoni e cuociamoli al fuoco".
Il mattone servì loro da pietra e il bitume servì loro
da calce. Dissero ancora: "Venite, fabbrichiamoci una città e una
torre la cui cima tocchi il cielo; facciamoci così un nome
per non disperderci sulla faccia della terra".
Ora il Signore scese per vedere la città e la torre
che i figli dell'uomo stavano costruendo, e il Signore disse: "Ecco, essi
sono un popolo solo ed hanno tutti una medesima lingua; questo è
l'inizio delle loro opere. Ora dunque non sarà precluso ad essi
quanto è venuto loro in mente di fare. Venite, scendiamo e proprio
là confondiamo la loro lingua, perché non capiscano
uno la lingua dell'altro".
Per questo la si chiamò Babele, perché
là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là
il Signore li disperse su tutta la terra”.
Genesi, XI, 1-9
Ore 20. Un altro turno alle spalle, per oggi al portale
ho chiuso. Stasera la donna s’è data. “Vado con le amiche”.
Vai, cara. E vaiii… è venerdì sera e c’è la
festa aziendale di Natale. Alle amiche ce penso io.
“Ahò, che fai stasera?”, spara il solito collega, alquanto
inacidito dalla prospettiva di una nuova chiusura antelucana.
“E che vuoi che faccia? C’è il party dell’editore”
“Seeee, beato te, noi qui a spalare merda e tu nel bel mondo dietro
alle
sgallettate! ”
“Domani ti racconto, così rosichi meglio. Contento?”
“Te possino…”
Scatta il fugone. Vai!
Ore 20.10 Metropolitana. Ore 20.40 uscita della metropolitana.
Ore 20.50 casa. Ore 21 doccia. Ore 21.15 vestizione. Ore 21.25 auto.
Ore 21.55, finalmente in zona. Dopo dieci minuti di giro-giro-tondo,
un parcheggio. Era ora! Ed eccole. Sono proprio loro, le milanesi,
davanti all’ingresso del palazzo, a due passi dalla Domus Aurea,
verso via Merulana.
Le problem solver della new economy, le manager
in tailleur d’ordinanza e pantalone a sigaretta tattico, tacco modello
stiletto di quindici centimetri. Altezza media 1.80, zigomo alto geneticamente
modificato, capello biondo liscio decolorato, eyeliner da marine
in pattugliamento nella giungla vietnamita… A la guerre comme a la guerre…
La vecchia guardia muore ma prima…
“Ciao. Sono Ivan, uno dei ripohrtah [reporter, pronuncia
puro stile Wohl Striit Giurnahl [Wall Street Journal] della redazione
economica. Mi sembra di avervi intravisto durante lo startap [start
up] del portale.”
“Ciao Ivan, io sono Claudia” “Ciao, Elena” “Ciao Claudia,
ciao Elena.
Vogliamo entrare? Qui tira ‘na giannella…”
“Scusa-a-a?”
“Volevo dire: c’è un freschetto…”
“Beh, sì, ma sai, mica come a Mila-a-ano”
“Eh lo so, sai, sono spesso a Milano” (ma quanno mai?)
“per gli incontri dell’Aiaf”
“Aiaf?”
“L’associazione degli analisti finanziari”.
“Ah, allora tu sei quello che si occupa di Borsa. Carino.
Hai qualche consiglio?”
“Certo… Se entriamo te lo spiego” (ormai sono bluastro per l’intirizzimento)”
“Vabbé, entriamo. Tanto quei due, eh Claudia…?”
“Senti Elena, la Giorgia mi aveva detto che il Roby
e il Bruno sarebbero arrivati… Se si sono persi mica è colpa
mia…”
(Evvvai, “il” Roby e “il” Bruno sono
fuori tempo massimo e io ultimo uomo mi involo verso la rete… dell’acchiappo!)
Ore 22.15 consegno l’invito al marcantonio all’ingresso,
auricolare fisso nel padiglione destro manco fosse ‘dda Cia. Finalmente
al caldo! Le due giannizzere vanno “un attimino” al bagno.
Picchetto l’ingresso della toilette delle signore manco fossi un
corazziere davanti al Quirinale.
Ma presto s’imporrà una scelta. O “la” Claudia, o “la” Elena.
Spero ardentemente che Claudia trovi un cavaliere. Elena m’intrippa
troppo…
Ore 22.25 eccole. Altra dose di eyeliner. Rossetto a cascata, mascara
modello fila-e-fondi.
“Ragazze, entriamo?”
“Guarda Ivan, io aspetto qui, non si sa mai, se arriva Roby…”.
Me so giocato Elena… Vabbé, facciamo buon viso a cattiva
sorte e di necessità virtù.
“Claudia?”
“Eccomi”.
Chissà perché, ma ho la nettissima sensazione di
essere stato oggetto di una trattativa serrata… Ma non realizzo se per
vincere o per perdere. Vedremo.
Ore 22.35. Entriamo nel salone. Una folla di sconosciuti si accalca
intorno al buffet manco fosse l’ultima scialuppa che sta per lasciare il
Titanic
che affonda. Camerieri del catering s’aggirano con vassoi carichi di tartine.
I tavoli sparsi nel salone settecentesco dai soffitti stuccati sono lordi
di bicchieri mezzi pieni, piatti infracicati, mozziconi di sigaretta spenti
nei bicchieri o sui piatti.
In giro non c’è un portacenere che sia uno: è la new
economy, ufficialmente nessuno fuma più – non è trendy
-, ufficiosamente sembra di stare in una ciminiera. Getto da lontano uno
sguardo alle offerte della casa. Salmone di colore improponibile. Fritti
di altre ere geologiche. Tartine che hanno conosciuto anni migliori. Pizzette
stantie. E proprio là in mezzo, isolato in un’insalatiera gigante,
modello coppa Davis, zeppa di ghiaccio che sembra proprio l’iceberg del
Titanic, un gambo di sedano per il pinzimonio, unico rimasuglio dell’assalto
ai forni.
Cerco di condurre la figliola verso la mangiatoia, c’ho le traveggole
dalla fame, oggi non mi sono fatto nemmeno il panino prosciutto e mozzarella…
“Mangi qualcosa, Claudia?”, butto là con nonchalance.
“No. Ho un’intolleranza e non so ancora a cosa. Non mi hanno ancora
dato l’esito degli esami. Non è il caso”, ribatte sdegnata, manco
le avessi proposto un vigoroso avvinghiamento proprio lì,
coram populo.
E te pareva! Lancio uno sguardo d’addio alla gamba di sedano:
adieu ma cherie, non sarai mai mia, è la crudité
del destino.
Basta, mi dico: è ora di fare scattare il fluido erotico!
Invece no. Manco il tempo di lanciare uno sguardo infuocato a Claudia,
che s’avanza verso noi uno stuolo di Lothar modello Bruce Willis,
balestrati, in blazer e jeans firmati. A bellicapelli, stateve manzi.
Macché…
“Ciao Gianniiii! Ciao Enzo. Luca…”, gorgheggia
la silfide al mio fianco. Per fortuna ne conosce solo tre. Ma chi sso questi?
E che vonno?
“Ciao. Io sono Ivan”. Cominciamo bene. “Gianni”. “Luca”.
“Enzo”. Tre strette di mani modello boa constrictor. Ciao,
ciao stocazzo! Ma le mejo anime de li peggio morti vostra…mica se
ne vanno questi! Ma proprio tutte a me, tutte stasera me dovevano capità!
Ore 22.45. Nell’altra sala impazza la trip hop, un dj modello
Er Monnezza spara “Play” di Moby a tutta callara mixato con inserti
di
Madonna e Nusrah Fateh Ali Khan. Ci mancano solo le Voci bulgare,
il coro della Sat e i Vianella…
I Lothar belli capelli sembrano insensibili alla dance, li
vedo indicare a Claudia una saletta meno affollata, luci soffuse
e flute sui tavolini bassi. Ormai è assalto alla baionetta: o la
va o la spacca. Ma prima di farmi capitolare, cara Claudia, ce ne vò.
Annamo.
Ore 22.50. Seduti. Luca estrae un sigaro dal taschino della giacca.
Lo decapita. Lo accende. Ridivento bluastro, non per l’intirizzimento
stavolta ma per la sbuffata di fumo, denso come lo scappamento di un autobus
urbano, che Luca – che pare essere il capo- spara tutt’intorno ma soprattutto
in faccia a me. Mi anestetizzo gli alveoli con una sigaretta.
E io che volevo fare il signore ed evitare di fumare. Addocchio
una flute.
Chiamo il garçon: “Avete Roeder Kristal?”.
“No dottò, er bicchiere è dde vetro”.
Buonanotte! Mi serve un Franciacorta che giro a Claudia e
che bisso. Meglio di niente. “Il“ Gianni s’alcolizza con un Glenn qualcosa
dodici anni. Enzo me pare un po’… vabbé. Enzo insomma è salutista.
Ci guarda sdegnato, accavalla le gambe e inclina la testa. Okkio bello,
statte a cuccia!
Poi, tutto d’un tratto, entro in zona esoterica. La diritta via
è smarrita.
Luca: “Allora, Enzo, come va con le API?” (Api? Ma non erano
della Net&Net? Ma sì, la società di new economy
che crea siti, portali, piattaforme, sailcazzo insomma… Che
c’entrano gli alveari? Vo’ vedé che c’ha la mamma in Sabina? A boroooo)
Enzo: “Guarda Luca, il JDBC non riesce a strutturarmi
le query con il bridge ODBC. Un casino. Ma io dico
– e accavalla le gambe dall’altra parte, verso di me: OKKIO!!! –
nemmeno
l’Sql risponde”.
Cominciamo bene. Che cazzo stanno a dì questi?
Claudia: “Ma il DKNF l’avete raggiunto o no? Perché
se il database non è normalizzato è inutile parlare
di JDBC. Bisogna partire dal basso!”.
Seeee, basso… Tera tera occorre partire. E chi cazzo
ve capisce se no? Credo di guardarli come un pesce rosso guarda fuori dalla
boccia: co’ du occhi a palla.
Gianni: “Macché. Claudia, è un problema di filosofia
costruttiva. Avete voluto lavorare con la logica vostra. E adesso pagate.
Ci voleva l’OODBMS. Ve l’avevo detto io! Dovevate leggere il Manifesto!”
(Ahò, finalmente te capisco, compagno! Sei della famiglia
de Parlato… e allora parla come magni no?) “The Object-Oriented
Database Manifesto”, il libro di Malcolm Atkinson. Ma
voi no, tutti in acido per quei cazzoni che credono di lavorare ancora
con gli spazi vettoriali…”
So annato. Altro che acido… Questi so’ carichi come la batteria
de’n camion… Mortacci…
Io: “Ragazzi, mi sembra di capire che nel sistema c’è qualcosa
che non quadra…” (timido tentativo di entrare in discussione…).
Claudia: ”Ecco, lo vedete? LO VEDETE? Lo ha capito anche
Ivan! Ha ragione! E’ il sistema il problema. C’è poco da sbattersi
sul
software! Ma se le macchine che ci hanno dato non hanno nemmeno
la DDR SDRAM! Se i pistoni grippano, inutile fare il pieno!”
Io: “Ecco, appunto, la benzina, i pistoni…”
Luca: “Macché pistoni e benzina. Claudia, guardiamo
in faccia la realtà!” (sarà bella la facciaccia tua, bellicapelli!)
“Se i consulenti del cliente avessero scelto LINUX per il BEOWULF…
Invece no, tutti dietro la Microsoft, tutti dietro ‘sto mostro di
Gates!”
Adesso so’ proprio arrivato. Linus? Ma Linus non è
‘na
rivista de fumetti? E il Beowulf che cazzo c’entra? Mi ricorda
qualcosa di letteratura… Inglese, uno dei primi testi scritti… Un mostro…
Vabbé, Bill Gates non sarà un bell’uomo, ma chiamarlo Beowulf…
Poi mi attraversa un pensiero. Poco poco questi ‘so affiliati a
qualche loggia? Eggià. Gates, Windows 666,
il numero della Bestia, Beowulf, le api, chissà che
vvor dì sto linguaggio per iniziati. A frammassoni, v’ho
sgamato!!!
Un’ora e mezza più tardi.
Luca: “Allora siamo d’accordo. Il problema è l’hardware
e la scelta del sistema operativo. Mi raccomando. L’errore non è
stato nostro. Non sbrachiamo col cliente. Altrimenti ci azzannano alla
gola. Specie tu, Claudia, eh? Che sei nel frontline… Ricordatevi
che in ballo non c'e' solo la fatturazione dei vostri servizi al cliente,
a botte di tre milioni al giorno. Ci sono anche le vostre diarie, i rimborsi
spese per le cene, gli alberghi cinque stelle che vi piacciono
tanto… il primo che molla siamo fatti. Tutti quanti”.
Claudia: “Luca, sta tranquillo. La linea è la linea.
Ragazzi, però adesso stop. Potrò divertirmi una sera che
sono a Roma?”.
E mi lancia uno sguardo.
Io riemergo di colpo in superficie dalla boccia nella quale
so’ stato ammollo per du’ ore.
La guardo. Ci alziamo, saluto “Ciao Gianni Luca Enzo, alla prossima,
discussione interessante, grazie, ho capito un po’ meglio il vostro
lavoro” (ma quanno mai!!!!). Prima che ricomincino, prendo sottobraccio
Claudia e la trascino via. Ci incamminiamo a passi svelti verso la postazione
der
dj Monnezza…
Claudia a me: “E’ bello trovare qualcuno che capisca il linguaggio
universale”… (ANVEDI!!!!! Stavolta è fatta, aspetta
che mò to faccio vede’ io il linguaggio universale).
“Eh beh, sì, il linguaggio universale - butto
lì io -… D’altronde, sai, ho avuto anch’io le mie esperienze”.
“Davvero?”, mi spara lei e sorride tutta contenta.
“Certo, scusa, mica crederai che sono arrivato qui per caso… Senti,
ti va di ballare?”.
“No, ma dai, ho i tacchi, non vedi?” e mi sfodera uno scosciamento
da spaccata stile ginnasta sovietica.
”Senti, allora ti va di fare qualcosa?”, butto là guardandola
negli occhi, “magari un giro? Sai, qui mi sembra che ormai la gente se
ne vada…”.
“Ma sì. Dai, fammi vedere i lati nascosti
della tua città.” (Stavolta ce siamo…)
“Ma certo! Sei mai stata al Gianicolo, di sera? C’è
una vista splendida.”
“No, mai. Perché non mi ci porti?” (E’ FATTA!!!!!)
“Andiamo. Scusami solo un attimo, saluto l’ospite, sai com’è…”
“Certo, fai pure” (Faccio faccio… tu lassame fa’ e vedrai che
tte faccio io…)
“Eccolo. Torno subito”.
Volo sul capo delle relazioni esterne del portale.
“Ciao Enrico senti salutami tu il direttore sto scappando vado di
corsa sai ho un impegno bella serata riuscitissima auguroni a te e a tutti
mi raccomando salutami Lucio”…
Zuuummmmm e vvia… Abbranco sottobraccio Claudia,
la riporto al volo all’ingresso. All’uscita sfioriamo Elena, ammutolita
per l’incazzatura… Vorrebbe avvicinarsi ma si vede che le rode… A bella,
hai perso il giro.
Ore 1.30. Dopo una folle corsa a 100 all’ora sul Muro Torto,
l’attraversamento del biondo Tevere e la salita da Trastevere
modello gara di rally, finalmente sul Gianicolo! Accosto la macchina
appena prima del monumento ad Anita (Sant’Anita famme ’sta grazia…).
Scendiamo. Conduco Claudia verso la balaustra. Roma si distende
sotto di noi in tutta la sua maestosa bellezza.
M’improvviso Cicerone: “Quel catino rovesciato è
il Pantheon, là a sinistra c’è Trinità
dei Monti, ancora di fianco l’Accademia di Francia. Quella
a destra invece è la Torre delle milizie, lì ci sono le quadrighe
sopra la macchina da scrivere, cioè l’Altare della Patria,
e dietro si vedono i pinnacoli di San Giovanni…” La cingo col braccio.
“Bello”, mi spara lei. “Ma io ho freddo. Che ne diresti di portarmi
in un posticino al caldo? Dovevamo discutere del linguaggio universale,
no?”
AMMAZZA!!!! Diretta la ragazza!!!
“Come no? Vieni Claudia, andiamo”.
SEI ORE DOPO.
Come no, andiamo… All’alba del sabato la riporto in albergo.
“Ciao Claudia, alla prossima”. Bacetto sulla guancia, “Ciao,
è stato bello”.
Sì, bello, bello un par di… Ma vaffan… Siamo stati
a casa mia sei ore. E non hai taciuto un istante. Algebra vettoriale,
sistemi binari, algoritmi, statistica, logaritmi,
frazioni,
potenze, numeri razionali e irrazionali, reali e immaginari…
Il linguaggio universale? LA MATEMATICA… era la matematica il linguaggio
universale…
M’hai ammosciato l’anima… Sto’ a morì de sonno… Chi cazzo
ci torna tra cinque ore al portale?
Buon Natale Claudia. Che il linguaggio universale te possa strozzatte…
Ivan Denisovic
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